64 - Avrai sempre il mio

«Non è la serata giusta, Elena».

«Ti senti bene?»

Non riesco a trovare Sam in sala, sento un groppo di ansia in gola, poi penso che sarà di nuovo in cucina a parlare con Christian e l'ansia si trasforma in rabbia. «Sto bene».

«Allora balla con me, dai».

Devo smettere subito di prendere in giro Elena e me stesso. «Possiamo andare un attimo fuori? Ti devo parlare». La conduco per un braccio sul terrazzo e sento che lei già sa cosa le dirò. «Ti voglio bene. Non voglio farti soffrire». Ma lei ha già capito, è inutile parlare ed è molto arrabbiata.

«È colpa della puttana che hai in casa?» scatta. La gente intorno a noi si volta. Elena non ha mai digerito la presenza di Sam in questa casa, soprattutto la sintonia che si è creata subito tra di noi.

«Non chiamarla così!»

«Ormai lo sanno tutti».

«Ha avuto una vita difficile, ma no. Non è per lei».

Elena mi conosce e non crede a quello che dico. «Finché non c'era, tu e io stavamo bene insieme».

«Mi dispiace». Non ho altro da dire. Due anni sfumano così, tra i nostri sguardi che si evitano, e fissano il buio del giardino.

I suoi occhi si riempiono di lacrime di umiliazione, tristezza e rabbia. «Le farai del male, Mic».

Sgrano gli occhi. È proprio la mia principale paura: ferire a morte Sam che già porta cicatrici invisibili sulla pelle. «Non è vero».

«Invece sì. Te ne andrai e lei resterà sola».

Le scappa dalla bocca prima che possa trattenersi e si copre le labbra con le dita smaltate di viola. Stringo i denti, ma capisco cosa sta cercando di dirmi. In fondo, prima di stare insieme, Elena era la mia migliore amica e lo è ancora, a modo suo. «Mi dispiace, Mic. Scusami. Non volevo dire...»

«Ho capito. Adesso vai». Le giro le spalle con le sue ultime parole che mi bruciano dentro e la sento rientrare a piccoli passi nella sala affollata. Di colpo non mi va più di stare con gli altri. 

Scavalco il balcone e supero la distanza di poco più di un metro dal prato sottostante con un salto. Ci sono momenti in cui vorrei sparire nel buio, almeno non causerei più dolore a nessuno.

Ora sono io a rifugiarmi in cucina, dove non trovo più nessuno. Mi siedo sul bancone da lavoro e oltre i vetri, nel giardino, Chris è immobile a scrutare nell'oscurità, poi lo raggiunge anche mia madre. Non so cosa, nell'immagine di quei due sotto la neve, mi spinga a uscire.

***

Sono cinque minuti che corro in cerca di Aria. L'espressione smarrita non si addice al viso arrogante e sfrontato di Chris e quando lo spingo in direzione del bosco cede con troppa facilità. Ritorno al punto di partenza con un senso di frustrazione: se davvero la bimba gira da sola nel bosco sarà impossibile trovarla senza dare l'allarme. E bisogna fare in fretta perché la neve si attacca al suolo e il freddo è davvero intenso. Sprofondato in questi pensieri, quasi finisco addosso a Chris che stringe sua sorella tra le braccia. Dice a Vanessa che l'ha trovata Sam, ma lei non c'è. Mi resta il dubbio su chi abbia portato Aria fuori di casa: non sarebbe mai uscita da sola, non sa neanche aprire la porta.

«Dov'è?» domando a Chris. Il suo sguardo vacilla, sa che qualcosa non torna e non vuole ammetterlo. Si passa due dita sulla bocca e poi risponde. «È venuta a cercarti».

In quel momento vedo l'oggetto che Aria stringe in mano e qualcosa nel colore dei capelli, nel sorriso cucito o nel suo aspetto sgualcito, mi colpisce forte allo stomaco. Sollevo il viso alla neve e so dove si trova Sam, ma questa volta ho paura di andarci.

Lascio Chris, con quello sguardo smarrito che non gli si addice, e mia madre per correre al giardino notturno. Un sottile strato di neve copre il paesaggio e lo rende desolato come un luogo dimenticato nel passato. Mancano cinque minuti alla mezzanotte e Sam è seduta sulla panca di pietra. Le braccia scoperte, il vestito scollato e il volto stretto tra le mani. Una macchia rossa sulla neve candida.

Mi guardo intorno con un senso di costrizione. Non c'è nessuno, eccetto noi due. «Sam».

Scatta in piedi, di colpo spaventata e, quando si accorge che sono io, sorride. Non mi dà tempo di domandare, mi bacia con forza, infila la lingua tra le mie labbra, e mi lascia senza fiato. Un bacio strano, violento, profondo, improvviso. Le sue guance sono bagnate di lacrime ghiacciate e la sua bocca sa di sale. Mi stringe forte il polso e con un dito mi graffia la pelle.  Guardo in basso, ma lei me lo impedisce. Incatena i miei occhi e appoggia la fronte alla mia. È bollente. «Cosa succede?»

Stringe le mie mani: il viso terreo e gli occhi enormi. La ragazzina spaventata della prima notte è tornata e non so come aiutarla. «Parlami. Non lasciarmi fuori, Sam».  

Le scappa una risata amara, quasi un singhiozzo. «Sei fin troppo dentro». Si batte sul petto con violenza per spiegare le sue parole. Le fermo la mano perché non si faccia male e riprende a piangere, le spalle scosse da singhiozzi incontrollati.

«Andiamo a casa» le sussurro tra i capelli.

«Vai avanti. Io ti raggiungo tra poco».

Non posso lasciarla in questo stato, la stringo in un abbraccio e lei mi respinge. «Ti amo, Mic. Dal primo istante fino all'ultimo continuerò a farlo». Fa due passi indietro ed entra nel bosco. «Vai a casa».

Penso che voglia calmarsi prima di tornare e che le sia necessario farlo da sola, ma non ha mai avuto bisogno di nascondersi da me, neanche nei momenti peggiori di crisi. Mi ha sempre cercato. Così, invece di andarmene come vorrebbe lei, la seguo.

L'ombra emerge dal buio all'improvviso e le circonda la gola con un braccio. «Tempo scaduto, principessa» dice.

Mi getto avanti con l'unica idea di stappare Sam dal bosco e da quella creatura, ma la canna corta di una pistola mi preme sulla tempia.

«No. Lascialo andare» grida lei. «Vengo con te».

Quella frase mi distrugge e sento le porte aprirsi sulla vecchia vita di Sam, sul passato da cui avevo giurato di difenderla. Ho fallito. La rabbia mi spinge in avanti, a premere contro il tondo freddo della canna contro la pelle. «Non la porterai via».

Frog, che la tiene ferma da dietro, ride. «Hai coraggio» sibila. Ha un viso comune, nei tratti somiglia a Sam, ma l'espressione non ha lo stesso fascino, la stessa carica di energia. In lui c'è solo oscurità e forse un amore malato verso l'unica figlia, che gli impedisce di piantarmi subito una pallottola in testa. «Mi fermerai tu?» domanda spingendomi contro con forza.

Non ho paura di una pistola, scendo a patti ogni notte con la morte e il mio cuore danza a ritmo col nulla. Frog non sa che tutto quello per cui vivo, ora, ce l'ha tra le mani e me lo sta portando via. Non farò neanche un passo indietro, senza Sam. «Dovrai uccidermi, se vuoi portarmela via».

«Va bene» conclude lui con semplicità. Stringe la presa su di lei e con l'altra mano preme il grilletto senza esitare. Chiudo gli occhi al rumore assordante e un vetro della serra va in frantumi. Sam ha deviato con un gomito il colpo che mi avrebbe ucciso.

«Tu devi essere il figlio del poliziotto che mi sta facendo incazzare da un po'. Sei furba, bambolina». Le stringe il viso. «Hai scelto uno ricco. Possiamo sfruttare la situazione a nostro vantaggio».

«Mi fai schifo» mormora lei, così piano che quasi non la sento.

«Oppure torni a prostituirti. A te la scelta».

Lei chiude gli occhi e Frog mi punta la pistola al cuore. Arretra fino alla serra. Mi sposto con loro: dove va lei, vado io, nessuna scelta.  Non ci sono io, senza Sam.

Frog si gira verso il bosco e io mi muovo di lato. Gira la pistola su di lei. «Fai un altro passo e la ammazzo davanti a te».

«Uccideresti tua figlia?»

«Vuoi scommettere con me, ragazzino?»

Lo farebbe senza neanche pensare. Sam ha smesso di piangere, è assente, spenta, poi incontra i miei occhi e mi regala un'ultima scintilla in un addio muto. Quanto hanno fatto insieme le nostre due oscurità. Che scintilla siamo stati in grado di creare. Scopro così che l'idea di un futuro in cui lei non c'è è ben peggio della morte. Le spinge la pistola contro la gola. Faccio un passo indietro e lui la porta via.

Le parole che dice prima di andare sono peggio di vederla svanire nel bosco. «Avrai sempre il mio». Il suo cuore.

Se non la seguo ora non la vedrò più. Inizio a correre, giro l'angolo della serra e un colpo forte e molto vicino mi fa fischiare l'orecchio. Sento il sangue scendere lungo una guancia. Qualcuno da sinistra mi spinge a terra e alla cieca lo colpisco con un pugno prima di accorgermi che si tratta di Chris. Si alza, ma resta accovacciato, e mi tiene giù con una mano. L'altra massaggia il viso. «È il secondo Zanardi. Vedi di non farci l'abitudine».

Mio padre è in piedi, protetto dalla parete della serra. Scoppi e bagliori si accendono dentro al buio del bosco. «Dov'è Sam?» chiede.

L'impotenza che trova sul mio viso dice tutto, ma rispondo lo stesso. «Con lui».

Zanna si stacca dalla parete e ci fa segno di seguirlo. Corriamo bassi tra gli alberi. Incrociamo due agenti in borghese che lo riconoscono e ci lasciano passare. Alla villa le luci sono tutte accese e Vanessa fa del suo meglio per tenere gli ospiti tranquilli.

«Entrate e vi blindate dentro con tua madre e Aria. Non aprite a nessuno».

«Devo trovare Sam».

«Tu stai a casa, Mic. Non costringermi ad ammanettarti al gabinetto». Mi scappa un sorriso e lui mi afferra la spalla. «Non la lascio con lui. Te lo giuro».

Sale sull'auto d'ordinanza, abbassa il finestrino e fa un segno a Chris.

«Niente stronzate. Se torni al fiume ti fanno fuori».

Lui solleva le spalle e si stringe nel giubbotto. Sembra rassegnato, ma so che ha già deciso cosa fare, e non coincide con gli ordini di Zanna. «Hai una taglia sulla testa. Non fare sciocchezze».

Chris allora si allunga e lo stringe con un braccio, un gesto veloce e breve, ma che non gli avevo mai visto fare. Si allontana mentre Zanna avvia il motore. «Non farmi preoccupare anche per voi due, Mic».

I fari si allontanano sulla strada e mi giro verso il garage. Mi arrampico accanto all'entrata, lungo la grondaia, e stacco il mazzo di chiavi di riserva della moto di mio padre da un chiodo nascosto. Salto giù e la porto sul piazzale. Mentre accelero mi accorgo del graffio che ho sul polso; è stata lei quando mi ha baciato. Agganciato al nastro nero c'è il rubino intagliato a cuore che le avevo lasciato come ultima vittoria. Ricordo con amarezza le sue dita tremare mentre lo sfiorano il braccio. Avrai sempre il mio. Stringo i denti per trattenere la rabbia e parto sgommando lungo il sentiero di sassi. Le modifiche di Chris hanno reso il motore potente, la ripresa è rapida, e quando lui mi si para davanti devo inchiodare e sterzare di colpo per non colpirlo in pieno. «Sei cretino?»

«Non la sai guidare».

«Spostati».

«Fammi salire».

«Hai sentito mio padre. Ti fanno fuori appena ti vedono o ti consegnano subito a Frog».

Sale dietro di me senza ascoltarmi, come sempre. Solleva il cappuccio della felpa che ha messo tra la giacca di pelle e la camicia, senza indossare il casco. «Non importa. Non la perderemo così, Mic. Andiamo a prenderla».

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