60 - Rosso
«Vuoi davvero sapere perché con te non ho mai parlato della morte e della paura?»
Camminiamo all'alba sulla spiaggia, nel vento gelido di dicembre. Quando Mic andava a correre non ho mai pensato di accompagnarlo, adesso si sveglia a orari impossibili, ma è così tanta la voglia di sfruttare ogni singolo istante, che funziono al suo ritmo, con i suoi tempi. Quando non ci riesco, è lui che rimane a guardarmi dormire.
Le nostre scarpe da ginnastica pestano la sabbia bagnata, il tempo dei piedi nudi è passato.
«Lo voglio sapere».
Un colpo di vento forte solleva la sabbia e ci copriamo gli occhi. Mic dice che è la Tramontana, un vento freddo dal nord che rende limpida l'aria, così tanto che riesco a scorgere la costa al di là del mare.
Lui si ferma e guarda l'orologio. «Farai tardi a scuola».
«Domani iniziano le vacanze di Natale, non credo che sia un problema. Tu hai lezione?»
Scuote la testa. «Resti con me?» mormora. Con quella voce ottiene sempre ciò che vuole.
«Non dovrei».
«Ma lo farai?» Gli brillano gli occhi chiari, sembrano cristalli rubati dalla grotta blu.
La mia mente, il mio cervello, ogni zona, anche la più recondita del mio corpo, rispondono al suo richiamo. «Solo se andiamo alla grotta». Gli regalo un sorriso innocente e lui mi afferra il viso e lo solleva. «Per favore, Mic» continuo.
Estrae il cellulare e manda un messaggio a suo padre. Da quando è uscito dall'ospedale, Zanna vuole che gli dica dove si trova in ogni momento della giornata e io condivido la sua preoccupazione: se non fossi quasi sempre insieme a lui, farei la stessa cosa.
Chris non si fa vedere quasi mai. Quando Aria sta insieme a lui, la porta fuori. Mangia a orari diversi dai nostri. Mic non ne parla, se affronto l'argomento si innervosisce e litighiamo.
In classe Chris si è spostato vicino a me, mi aiuta nei compiti ed è sempre gentile. Non è una cosa tanto normale per uno come lui. In certi momenti lo sorprendo a fissarmi e so che si trattiene dal compiere gesti che peggiorerebbero la frattura con il suo amico.
Michele mi prende la mano e inizia a salire lungo gli scogli per andare nella grotta, il vento soffia forte e rischiamo di perdere l'equilibrio, poco prima di arrivare all'entrata, senza alcun preavviso, inizia a piovere forte, poi a grandinare. Grossi sassi di ghiaccio. Mic mi stringe la mano e accelera. Arriviamo sotto l'arcata bagnati fradici. L'acqua del mare è bassa e l'accesso alla seconda parte è molto più ampio della prima volta. La luce è più fredda e i cristalli brillano di un azzurro chiaro, quasi trasparente. Il rumore della grandine all'esterno arriva attutito e ipnotico. Mi siedo in un angolo; il freddo umido attraversa i giubbotti pesanti e raggiunge la pelle.
«Era meglio in agosto, vero?»
Lui si china su di me e mi morde piano il labbro inferiore. «È sempre il nostro posto migliore».
Ricambio il suo bacio e la grotta non mi sembra più così fredda.
«Non mi sono dimenticato» dice.
Non smette di baciarmi e il mio interesse per la domanda che mi ha fatto sulla spiaggia è passato in secondo piano rispetto alla fiamma che mi balla dentro, ma lui continua. «Quando sono con te e posso sfiorare la tua pelle, sentire il tuo odore, avere intorno un piccolo uragano che accende ogni mio recettore, io dimentico sia la morte che la paura. Esisti solo tu. Ecco perché non ne ho parlato, perché mi riempi i pensieri».
Si apre il giubbotto. Sparisco tra le sue braccia, mi avvolge completamente. Il mio posto migliore è lui, tra le sue braccia ritrovo me stessa e riparo le mie ferite un giorno dopo l'altro.
Appoggio la testa al suo petto e guardo l'acqua ferma. Unisco i pollici, poi gl'indici e Michele appoggia il mento tra i miei capelli e ride. Volto la mia immaginaria macchina fotografica e fermo un'istantanea perfetta. Lui mi solleva di peso e mi fa girare, sorride ancora quando mi apre il cappotto. Mi sposto indietro, contro la roccia, lui abbassa lo scollo del maglione di lana e la sua bocca percorre le clavicole. Il gelo si stringe intorno a noi e le sue labbra spargono fuoco sulla mia pelle. Appoggio la fronte alla sua e lo spingo piano a terra. Sollevo la maglia e lui la sfila dalla testa, la sua pelle si ricopre di brividi. Passo le mani sull'addome e su fino al collo, lui chiude gli occhi e si punta sui gomiti. È la prima volta che facciamo l'amore dopo la sua dimissione dall'ospedale e i miei movimenti cauti si scontrano con la sua impazienza. Ho dovuto calmarlo parecchie volte in questi mesi; il cardiologo ha detto che deve stare a riposo e ha fatto un preciso elenco delle attività vietate. Il riassunto è che non potrà più correre o nuotare, nessuna attività fisica stressante. Compresa l'attività sessuale.
«Non mi trattare come se potessi rompermi».
«Allora tu non esagerare».
«Amami, Sam. Come quando non conoscevi il mio cuore».
Gli accarezzo il viso e scendo con le dita lungo la schiena. «Quello lo conosco da sempre».
Ha la capacità di prendermi in modo così assoluto che infrangere la regola dell'astensione dall'attività sessuale è uno dei nostri peccati più frequenti di quel giorno e lo sarà dei seguenti.
***
Rientriamo a casa prima di pranzo e Vanessa ci aspetta in cucina.
«Non dovresti essere a scuola?» mi domanda.
«Sì, dovrei...»
«È colpa mia, mamma. Non ho lezione e le ho chiesto di stare con me».
«Sam deve prendere la scuola sul serio, ha recuperato a fatica e non dovresti distrarla».
Penso a quello che abbiamo appena fatto alla grotta e se Mic mi distrae in quel modo non ho nessuna obiezione da fare.
«Hai ragione. Non lo farò più».
«Meglio se mandi un messaggio a Chris, Sam. È preoccupato e continua a telefonare per sapere se stai bene».
Lancio un'occhiata a Mic e lui schiocca la lingua con un'espressione cattiva. «Non è mica la sua guardia del corpo».
«Dovresti essere contento che stia attento a lei».
«Sta fin troppo attento».
Vanessa ignora l'ultima frase, apparecchia la tavola solo per noi tre e ci sediamo a mangiare.
«Papà non torna?»
Lei sembra triste, ma si riprende subito. «Vuole proteggerci e ora ha in mano qualcosa che gli dovrebbe essere utile. Sai che non parla del suo lavoro a casa».
«L'operazione lieto fine?»
«Se riescono a muoversi bene, dovrebbero sgominare l'intero traffico che viaggia sopra e sotto al fiume. E tutto grazie a Sam».
«A me?»
«Lui dice così, ma non ha voluto spiegarmi perché».
«E se fallisce?» domando. La paura mi incrina la voce. Non voglio che Mic abbia altri scossoni nella sua vita. Il suo cuore non reggerebbe.
«Ci penseremo insieme, come sempre». Lei sorride e si alza. «Potresti darmi una mano con le fasciature?»
Alcune ustioni fanno fatica a rimarginarsi e sono ancora coperte. Avvolgo la benda intorno al torace di Vanessa con attenzione e lei sospira. «Credo che dovremmo fare un po' di posto in questa stanza anche per te, Sam. Non sono pronta a togliere tutte le cose di Lucia, ma possiamo sistemare meglio, in modo da darti più spazio».
Quando parla così, non riesco a trattenere l'emozione di sentirmi parte di questa famiglia, la gioia di avere qualcuno che mi ama e che desidera il mio bene senza doppi fini. «Non devi togliere niente. Mi piace così». Fermo la benda con un gancio di metallo e Vanessa si alza.
Un lato del viso ha una larga striscia di pelle rosso fuoco, diventerà meno visibile con il tempo, ma non sparirà mai del tutto. Uno dei primi giorni, mente le cambiavo le bende, mi ha confessato che ha paura che Zanna non la guardi più allo stesso modo, dopo l'incidente. Capisco cosa intende, ma non è una reazione che mi aspetto da lui. Quando li vedo insieme penso che una coppia così non si veda tanto spesso.
«Guarda. Possiamo liberare questo ripiano. Non so neanche cosa ci sia».
Sposta scatole di bambole, vestiti e un mucchio di libri. Dal fondo all'armadio rotola un contenitore azzurro con un grande cuore rosso disegnato a pennarello, era coperto da una vecchia benda. Sopra, in una scrittura arrotondata e infantile, c'è scritto Christian. Vanessa la tira fuori con cautela e la appoggia sulla scrivania. «Vorrei che quel ragazzo avesse un po' di serenità, sai?»
Il pensiero di Chris e quella scatola mi chiudono la gola. «Non è facile, nella sua situazione».
«Qualche volta guardo Aria, i capelli chiari, lo stesso sguardo di Christian, e immagino che sia la mia nipotina. Se le cose fossero andate diversamente, forse la figlia di Lucia sarebbe stata così».
«Lo credo anch'io». Allungo a Vanessa la sua maglietta e apro l'armadio per sistemare alcuni vestiti.
L'abito rosso salta all'occhio subito. Mi fermo con l'anta a metà e Vanessa ride.
«Non avevi un abito per la festa di fine anno» si giustifica.
«Un abito? La festa?»
«L'ultimo dell'anno invitiamo qualche amico di famiglia e qualche collega alla villa. Quest'anno Zanna avrebbe voluto evitare, per quello che è successo a Mic e a me, ma credo possa essere una distrazione e un motivo di svago per tutti. Magari anche un'occasione per lui e Chris di riprendere a parlarsi».
«Forse è meglio che io non partecipi» tento.
L'idea di una festa mi mette agitazione. Dopo l'attentato a Vanessa i giornalisti si sono interessati alla storia e qualcuno ha parlato anche di me, di quello che facevo prima che Zanna mi prendesse in casa sua. Le voci sono diventate ipotesi, le ipotesi si sono trasformate in castelli in aria. Hanno romanzato le notizie e per qualche settimana i telegiornali hanno parlato del giro di prostituzione giù al fiume. Andare a scuola non è stato per niente facile, ho dovuto fingere di non sentire i mormorii e i commenti mentre camminavo per i corridoi e in classe. Frida mi è rimasta accanto, ma mi guarda come se fosse risentita perché non le ho raccontato nulla del mio passato. Non capisce cosa significhi per me parlare di quei tre anni.
Non è stato un periodo pesante solo per me. Christian è diventato il mio angelo custode. È finito in presidenza tre volte per avere innescato risse in corridoio. L'anno scorso c'era Mic a sistemare le cose, lo riusciva a contenere, lo copriva. Invece quest'anno la sua rabbia ha raggiunto un livello incontrollabile e se qualcuno osa avvicinarsi troppo a me, lui scatta. Un commento, uno sguardo strano, un contatto non proprio pulito, e il malcapitato si ritrova in infermeria. Il preside ci ha convocati entrambi e ha detto che la situazione è faticosa, ma che i pettegolezzi si spegneranno prima, se facciamo finta di niente. La conclusione è stata che se Chris prende a pugni qualcun altro verrà espulso.
«Invece tu sarai l'ospite d'onore. Siamo fieri di averti qui e coglieremo l'occasione della festa per annunciare che diventerai nostra figlia».
Abbasso il viso per nascondere l'emozione e gli occhi lucidi. Lei me lo solleva. «Se vuoi» aggiunge.
«È tutto un sogno, mi sveglierò e non sarà vero niente». Lei ride e io supero la timidezza. «Ho un solo dubbio. Io e Mic...»
Vanessa tira fuori il vestito dall'armadio e me lo mostra. Non indosserò mai un abito del genere. «Diventerai nostra figlia. Quello che tu e Mic fate nel vostro tempo libero, a meno che non siano attività illegali o dannose per altri, non mi riguarda» taglia corto.
Vanessa solleva il vestito davanti a me: è corto, davanti si ferma sopra le ginocchia e dietro scende fino al polpaccio. Sono strati di chiffon sovrapposti che si incrociano e segnano il punto vita. «Cosa ne pensi?»
«È rosso acceso».
«Il colore che ti dona di più».
«E la gente? I pettegolezzi?»
Solleva le spalle. «Non voglio forzarti a indossare qualcosa in cui non ti senti a tuo agio, Sam».
Passo la mano sull'abito. È meraviglioso e vorrei avere la forza per metterlo.
«Sarai bellissima comunque. Non dimenticarlo». Vanessa esce con la scatola di Lucia sottobraccio e resto sola nella stanza.
Mi stendo sul letto, chiudo gli occhi e lascio che mi scorrano in mente tutte le istantanee felici di questi giorni. Ho talmente tanta gioia dentro che non riesco a trattenerla e mi fa sorridere sempre. Voglio essere la nuova Sam, quella che è capace di indossare un abito rosso perché non ha niente più da nascondere.
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