56 - Resilienza

Sam è seduta sulla stessa sedia da tre giorni. Aiuta Vanessa, torna qui. Stesso corridoio, stesse scale e stessi vestiti. Non entra da Mic, si ferma in sala d'attesa. Mi spaventa il suo sguardo assente, si ritira in se stessa, sempre più, ogni momento che passa e nel turbine delle disgrazie che ci sono piovute addosso. Nessuno se ne accorge. L'unico che l'ha sempre aiutata non riesce a rimanere cosciente per più di cinque minuti di seguito e ha trovato comunque la forza di chiedermi di lei. Mic va e viene in una nebbia di confusione e mormora il suo nome neanche fosse una preghiera.

Mi fermo accanto al distributore di caffè e l'odore mi fa venire la nausea. Non è solo quello, è la sensazione che qualcosa di pericoloso sia ancora in agguato.

Sam è sulla solita sedia, si gira tra le dita una pallina attaccata al portachiavi. Sono le chiavi di casa di Michele. Perché le tiene sempre in mano? La mia nausea aumenta.

Elena è ferita da Mic, da questa situazione imbarazzante, dalla sua incapacità ad arginare i sentimenti, ma il suo taglio stilla veleno e per lei sedere vicino a Sam è come mescolare candeggina e acido muriatico. Producono insieme un gas tossico che satura l'ambiente.

«Mi meraviglio di lui. Tacerti una cosa così importante» dice Elena. È impeccabile anche oggi: pantaloni eleganti, maglietta attillata e capelli che scendono ordinati dietro le spalle. Lo odio, in questo momento, vorrei appenderla al muro, ma so cosa porta dentro.

Sam sembra non sentirla neppure. Ha i capelli raccolti di fretta sulla testa, naviga nella felpa troppo larga e si stringe le braccia al petto. Se potesse diventare invisibile lo farebbe.

«Noi ne abbiamo parlato spesso insieme, della fine».

Al suono dell'ultima parola Sam ha un sussulto impercettibile, Elena non lo nota e insiste: «Ha paura della morte, sai?»

Sam si morde un labbro. Non è la prima volta che lo fa in questi giorni e ha due tagli su quello inferiore. Distolgo lo sguardo dalle sue labbra. «La smetti?» sbotto.

Elena tace indispettita e incrocia le gambe.

Sam si osserva le dita e parla piano, con una voce neutra, come se si rivolgesse a se stessa. «Noi abbiamo vissuto, Elena. In questi mesi abbiamo parlato di vita, di posti da vedere e di cose fare. Avevo capito, certo, che un problema c'era, ma l'ho aiutato a non pensarci. Ho fatto finta di non vedere finché lui ha voluto così e finché è stato possibile».

Sam si alza in piedi e mi lancia un'occhiata. «Gli hai chiesto di cosa ha bisogno?»

Gli servi tu. Ce l'ho sulla punta della lingua, ma non lo dirò qui, non davanti a Elena. «Mic fa fatica a concentrarsi stasera. Ci guardiamo io e te quando siamo a casa».

Due minuti dopo siamo sulla porta della stanza di Vanessa. Zanna le accarezza i capelli in un lungo gesto lento e le racconta qualcosa che la fa ridere. Gli chiedo le chiavi dell'auto, mi guarda indeciso e mi allunga i soldi per il taxi. «Sono stanco, non rimbambito» è il suo commento. Poi abbassa la voce in un sussurro e lancia un'occhiata a Sam. «Falla mangiare e non lasciarla da sola». Ha ragione. Quando le chiedo se ha mangiato, Sam risponde sempre di sì, ma non so se dica la verità. «Resta con lei stanotte e falla dormire. Attivate tutti gli allarmi».

***

Aria ha spogliato tutte le Barbie di Lucia. Le mette in fila davanti al mio piatto. «Pappa» dice. Sorride e scopre una fila di piccoli denti bianchi. Ha la faccia di un angelo.

«Ti somiglia molto» dice Sam.

Faccio un cenno alle bambole che mi guardano sedute intorno al mio piatto. «Anch'io sono bravo a togliere i vestiti. Vuoi provare?».

Sam socchiude gli occhi. «Sei impossibile» sbuffa.

«Hai il piatto ancora pieno».

«Non ho fame».

«È cattiva? Sono abituato a far da mangiare ad Aria e lei non si lamenta della mia cucina, ma è ancora piccola».

Mia sorella solleva una Barbie e la scuote. «Pappa buona» dice. Riempie per metà la bocca e per metà il pavimento.

Sam fissa un punto indefinito, è tutta la sera che si estrania. Avrei fatto meglio a portarla a mangiare fuori, qui dentro ci sono troppe cose che le ricordano lui.

«Vado a preparare una borsa per Mic. Quando Aria dorme torno in ospedale, se hai ancora dei soldi per il taxi». Si alza e le metto le mani sulle spalle, la costringo a sedersi.

«Metà piatto e ti lascio andare. Stanotte stiamo qui e tu dormi».

«Sono prigioniera, quindi». Sam non sorride, ma si mette a mangiare svogliata. Gioca con la pasta e la gira nel piatto da cinque minuti, quando Aria inizia a piangere e la prendo in braccio. «La porto a dormire». Sono sulla porta, mi giro a guardarla, ma non se ne accorge. «Sam...»

Alza gli occhi dal piatto, percorre il mio viso, sorride ad Aria, ma non è davvero presente.

La luce che le brillava in fondo allo sguardo non c'è più. È morta tre giorni fa, sulla spiaggia.

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