55 - Come d'autunno

L'aria è fredda quando scendo sulla spiaggia, mi sento bene come da tempo non mi capitava. Al mio risveglio Sam dormiva contro la mia schiena. La coperta attorcigliata intorno alle gambe, un braccio sotto al cuscino e l'altro allungato sulla mia spalla. Ho ascoltato il suo respiro leggero e ho fatto fatica a credere alla mia fortuna. Ammetto di averlo pensato: se morissi in questo momento, potrei dire di essere stato davvero felice.

Lei si è mossa nel sonno e la sua mano ha cercato la mia.

Voglio vivere. Voglio respirarla ancora per tantissimo tempo. I piedi battono veloci la sabbia compatta, corro forte e a lungo. Quando il mio cuore smette di battere non me ne accorgo.

Sento solo una gamba che non sostiene il peso, si piega e mi trascina in ginocchio. Allora è così, Luce. Succede quando meno te lo aspetti. Quando pensi di essere felice e ti senti bene. L'ironia nera della morte. Resto in bilico sulle ginocchia, poi crollo a terra. Il mare è piatto e indifferente.

Sam mi aspetta sullo scoglio, con la tazza di caffè tra le mani, quella con la farfalla celeste. La tazza di Lucia. La immagino andare in pezzi, lei e la tazza, ed è quella l'immagine finale prima che tutto si spenga.

Ho dei lampi di lucidità alternati al buio. Il cardiologo che mi dice di ringraziare i due ragazzi sulla spiaggia, soprattutto quello che mi ha tirato un pugno. Il viso di Elena che si china su di me. Mio padre che chiede qualcosa sul libro di Sam. Chris che riesce a fare battute anche quando sono appena morto.

Poi capisco di essere vivo e insieme si risveglia un dolore profondo in tutto il corpo e la consapevolezza che questa volta è andata bene, ma la prossima non sarà così. Faccio fatica a respirare, annaspo e sento un movimento accanto a me.

Sposto gli occhi. Chris dorme appoggiato al copriletto, le braccia incrociate sotto la testa. Sul comodino mio padre ha lasciato da mangiare per lui. Di sicuro non per me. Il dottore dice che dovrò fare degli accertamenti per capire il danno che l'arresto ha causato al ventricolo. Dice che è un miracolo che sia ancora qui. Non è un'informazione che mi solleva il morale.

Chris si agita nel sonno. «Sveglialo, Sam» mormora.

Chiudo gli occhi per levarmi dalla mente il viso di Sam sull'ambulanza. Ho ripreso conoscenza per qualche istante prima di perdermi di nuovo. Lei aveva le mani strette tra le ginocchia, la schiena piegata, il viso basso e lo sguardo puntato sullo schermo che segnava la mia attività cardiaca. Quando si è voltata ho chiuso gli occhi per non incontrare il suo sguardo. Sono un egoista, Sam. Te l'ho detto tanto tempo fa e forse ora ne capisci il motivo.

Sollevo la mano e passo le dita tra i ricci dorati di Chris, lui sorride. Gli accarezzo la testa per qualche minuto e alla fine si sveglia. «Hey, Scorpio. Non sembri un gran guerriero, ridotto così». È l'alba e una pallida luce si infila nella stanza. Zanna è tornato due volte durante la notte, ha controllato che stessimo bene e ha cercato di non svegliarci.

«Buongiorno, piccolino» risponde Chris con un sorriso di scherno.

«Per quanto ancora mi prenderai in giro?» Ho la voce bassa e roca, ma è migliorata da ieri sera.

Chris solleva la testa dal letto con uno sbadiglio. «Per sempre, credo». Lancia uno sguardo alla persiana. «Mi dispiace aver dormito».

«Secondo me sei svenuto dalla fame. Zanna ti ha lasciato qualcosa» dico. Ha il viso pallido e non mangia da ieri, forse dal giorno prima. Divora tutto quello che trova sul comodino in pochi minuti.

«Chris, voglio sapere dov'è Sam».

Il mio cuore accelera e un allarme dal monitor suona. L'infermiera si affaccia alla stanza, controlla i miei parametri e mi chiede come sto. «Niente emozioni forti» si raccomanda.

«È da Vanessa. Credo che abbia passato la notte nella sua stanza». Chris si rende conto di aver detto troppo e mi studia come se potessi rompermi da un momento all'altro. «Il dottore si è raccomandato di tenerti tranquillo, quindi ti dico la verità solo se stai calmo. Se ti fai venire un altro attacco mi avrai sulla coscienza perché tuo padre mi ucciderà».

Annuisco, anche se il peso sul petto è diventato un dolore continuo. «Facciamo così. Dimmelo come farebbe una persona gentile, con attenzione e calma. Non come fai di solito».

«Mi scoppia la testa, Mic». Si gratta la fronte e cerca le parole. «C'è stato un incidente. Tua mamma si è ferita in maniera lieve e la tengono sotto controllo». Sorride e gli parte un tic all'occhio destro. Faccio finta di non vederlo; è chiaro che mente, ma penso che se mi dicesse qualcosa di più pesante potrei non reggere. Nella stanza la luce cala all'improvviso, cerco di sollevarmi a sedere e non riesco.

«Mic, vuoi che chiami il dottore?»

Lo sento, ma non riesco a rispondere. Non è stata una sincope sulla spiaggia, quelle le conosco. Mi si confondono i pensieri e quando riesco a parlare Chris non è più accanto al letto, cammina avanti e indietro nella stanza con un passo nervoso. Fuori dalle persiane è notte. 

«Sono morto davvero?» gli chiedo.

Fa una rista isterica. «No, cretino. Non vedi che sei in ospedale?»

Chiudo gli occhi di nuovo. Li riapro e Zanna che parla con Chris. «Cosa vuol dire che è in sala d'attesa ma non vuole entrare?»

«Forse dovremmo sentire il parere dello psicologo».

«Vado a parlare con lei».

Sam non c'è mai e Chris non mi ha risposto quando gli ho chiesto come sta. Un nodo di paura mi stringe la gola, mi sento soffocare. Le voci si fanno lontane e il maledetto allarme accanto al letto suona di nuovo.

«Non ce la fa, Chris. Non vedi? Non ce la fa». Questa volta sono accanto al letto, lui ed Elena, e Chris sta per scoppiare. Sibila a bassa voce con la rabbia che esce come vomito. «Cazzo, Elena. Perché non stai in sala d'attesa, invece di venire qui a dire stronzate?»

Voci, solo voci. Il mio unico pensiero è lei, ma non la vedo mai. Tento di parlare e mi esce solo un rantolo. Nel panico allungo una mano e Chris la stringe. Lui è qui più spesso di tutti.

«Ce la fai, Mic. Pensa solo a respirare e a far funzionare quel motore scassato».

Muovo le labbra nella speranza che lui mi capisca. Sam. Ho bisogno di lei. Appoggia la fronte alle nostre mani unite, poi muove la testa in un cenno d'assenso e se ne va.

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