49 - In una goccia di cristallo
Sam è immobile davanti allo specchio, ho forzato la serratura con il cuore in gola, annaspavo nella mancanza di respiro e non solo per l'espressione di Chris. Da questa mattina mi sento soffocare. Il cuore salta battiti, rallenta e sono incapace di pensare, addirittura di muovermi, in certi momenti. Non è facile e nessuno può capire. Dalla finestra l'ho vista scendere in spiaggia con Chris e ho pensato che sarebbe meglio se il suo amore lo regalasse a lui: lo merita e lo può gestire.
Non sarà così. Lo sento sulla pelle quello che Sam prova ed è la stessa cosa per me. Come se fosse parte di quello che sono, anche ora che è lontana.
Dopo pochi minuti l'ho vista tornare verso casa e quando sono uscito dalla mia stanza ho trovato Chris dietro alla porta del bagno, chiusa a chiave, mentre cercava di distruggersi una spalla, sempre quella che non è ancora guarita del tutto, per aprire. Mi ha guardato nel panico e sono corso da lui.
Adesso mi sento inerme, impotente di fronte allo sguardo smarrito di una ragazza che mi sembra di conoscere da sempre e di cui non so niente. In un lampo Sam cambia, assume un'espressione fredda, di difesa, fa una battuta che non ascolto. Non posso lasciare che si chiuda così, non con me. Allora la abbraccio e, quando la sento abbandonarsi contro di me, le prendo la mano e la porto in spiaggia.
Devono capire tutti che io e lei siamo la stessa cosa, che la amo più di me stesso e che darei tutto, solo per vederla serena.
Per una volta Christian sembra avere perso le sue battute sarcastiche e ci segue in silenzio, parla solo una volta, per scusarsi con Sam di averla lasciata sola. Lancio un'occhiata a Elena, so che è mortificata, ma sono così arrabbiato che evito di rivolgerle la parola. Ha fatto qualcosa per provocare Sam, altrimenti non si sarebbe mai tolta i vestiti.
Forse dovrei ringraziarla, non ne potevo più di quelle maniche lunghe sotto il sole di agosto. Il suo corpo, fasciato in quel costume nero, mi fa impazzire. Entriamo in acqua e subito mi assale il solito senso di panico, moltiplica il malessere che mi squassa il petto, ma lei deve vincere, quindi mi obbligo a proseguire, la porto dove nessuno ci può vedere. Quegli occhi neri, smarriti nei miei, e il suo corpo, mi attraggono e abbattono ogni autocontrollo. Non abbiamo più fatto l'amore dopo quella prima volta alla grotta blu. La spiaggia è ormai invisibile, per la bassa marea l'acqua mi arriva allo sterno, ma siamo lontani da riva.
Le entro dentro con urgenza, senza controllo, nella mente batte l'ansia che mi ordina come sempre di fuggire fuori dal mare, che l'acqua ucciderà anche me come ha fatto con Lucia. Sam stringe le sue gambe intorno ai miei fianchi, aderisce lenta al mio corpo, in un movimento profondo che mi svuota la mente. La spingo contro lo scoglio senza delicatezza, lei è quello che mi serve, l'assenza di pensiero. Vedo solo i nostri corpi che si muovono come se si conoscessero da sempre e il mio desiderio di farle provare un piacere che le è sempre stato negato. Mi obbligo a rallentare, a darle spazio, tempo, respiro, a muovermi in armonia con le sue esigenze. Anniento la paura, il panico, l'ansia del mio cuore sempre in ritardo. C'è solo Sam, come se ci fosse sempre stata, ed è il centro del mio universo.
La porto dove desidera perché è diventata il mio obbiettivo primario, l'aggancio che mi distoglie dallo scivolo su cui mi trovo e di cui conosco la destinazione. Vivo, grazie alla sua presenza nella nostra casa. Amarla è solo una parte di una dedizione così totale che quasi spaventa.
Per poco tempo siamo staccati dalla realtà, dal mio tempo instabile, dal terrore del mare, della morte, dell'assenza, dalla sua convinzione di non essere adatta, pulita, perfetta. Assorbito in maniera totale da quel corpo speciale, che porta le ferite della vita con un'eleganza quasi impossibile.
E il mio cuore fibrilla. Sfarfalla e sbatte, s'inceppa, riparte, accelera, il senso di morte mi opprime ed è impossibile da descrivere, so solo che, per quanto Sam rappresenti la mia vita, di colpo la lascerei senza pensarci un attimo per raggiungere la riva. Perché la morte mi attende qui, immersa nell'acqua dove l'ho sentita arrivare, dove ho guardato quello che lascia a noi umani, dove mi ha stretto le viscere mentre la imploravo di lasciarla andare, di non portarla via.
Mi stacco. È doloroso, ma non posso farne a meno, e cerco di andarmene, ma Sam mi trattiene. Lasciami. Non sai, non capiresti. Lasciami scappare. Lasciami un'ultima speranza. E il desiderio di stringerle la mano che mi avvinghia al collo, di farle male per essere libero annebbia il cervello. Pianto le unghie nella carne della mano di Sam, lei non si muove, non sposta gli occhi dai miei. Mi attacco, come un naufrago, a quelle poche parole. E se non lo fai, se non esci dal mare, cosa succede? Rispondo con l'unica mia certezza. Se non esco subito muoio.
Le nubi si addensano, non mi volto, le sento nella corrente fredda che arriva dal largo, come la mano della morte che mi artiglia la schiena. Così diversa dal calore della pelle di Sam, che mi stringe il petto e mi accarezza la nuca. Respiro la mia ansia, la ingoio e mi brucia la gola, entra nel mio corpo, lo fa tremare. Ma lei non molla, resta lì, e allora non muoio. Alla fine l'artiglio mi abbandona e si allontana, anche se il vento è cambiato, è freddo. Sam ha vinto, ma questa volta mi ha portato con sé e dopo tanto tempo mi sento come quando arrivavo primo in fondo alla vasca olimpionica e sollevavo il braccio con un senso di libertà infinito. Mi sento vivo.
Sam aggancia la goccia al nastro che porto sul polso, e mi lascia andare. «Fammi vedere, adesso, se sei davvero veloce come dici».
Allora le mostro quello che da due anni temevo di fare perché ricordava troppo mia sorella e le nostre giornate insieme, soprattutto riapriva la ferita bruciante di quell'ultimo pomeriggio, in questa stessa acqua salata.
Il mio corpo conserva alla perfezione il ricordo di ogni movimento, le gambe danno propulsione, le braccia tagliano l'acqua, perfette, veloci, e spingono con forza. I muscoli si contraggono a ritmo mentre mi allontano da lei e ritorno indietro.
Quando Sam e io usciamo dall'acqua è quasi sera e sulla spiaggia sono rimasti solo Chris ed Elena. Avrei preferito che lei fosse andata via, ma il nostro scontro è inevitabile. Chris rimane seduto su uno scoglio, mi guarda a lungo, e alla fine solleva un angolo delle labbra in un mezzo sorriso.
Elena si avvicina a Sam e si ferma a distanza di qualche passo. È a disagio come non l'ho mai vista. Ha perso l'aria sicura e un po' sfacciata che la contraddistingue. «Ti odio perché hai preso il mio posto nel suo cuore. Ma non volevo farti del male».
Sam la supera e si dirige verso casa. Prima di essere troppo lontana, si volta a fissare Elena, bellissima nel suo copricostume aderente: «Ci vuole molto di più per farmi male. Tu mi hai dato la spinta che mi serviva, quindi...» Torna a voltarsi. «Grazie». Mentre noi restiamo lì a bocca aperta, se ne va.
Christian ride e si stende sulla sabbia. Le prime stelle si accendono nel cielo grigio, le nuvole sono ancora sull'orizzonte, ma si avvicinano veloci. «Io, una così, non la lascerei mai» mormora.
Rivolgo la mia attenzione verso Elena, che è ancora voltata verso il cancello che Sam ha lasciato socchiuso. La mia rabbia non è sfumata, anche se Sam ha fatto finta di stare bene. Poteva farsi del male in quel bagno, e il pensiero mi riempie di paura. Elena lo legge nei miei occhi. Mi sfiora un braccio e il senso di fastidio che mi arriva è quasi insopportabile. Sto per scoppiare e non voglio farlo, non con lei che mi ha sempre supportato, amato e aiutato in ogni giorno della mia vita.
«Parlami, ti prego».
Ho stretto così forte la mascella che i denti mi fanno male. Mi volto e d'istinto lei si fa indietro.
«È meglio se non ci vediamo per un po'». Mitigo le parole, ma la rabbia s'insinua nella mia voce.
Chris solleva la testa. «Sam sta bene. Elena non pensava...»
«Non sta bene, ed Elena deve iniziare a pensare» ringhio con rabbia.
«Mic...»
Mi rivolgo di nuovo alla ragazza di fronte a me. Mi sembra di non conoscerla più. «È meglio se per qualche tempo stiamo lontani».
Lei si volta e alle orecchie mi arrivano le parole che tace. Qualche tempo potrebbe essere tutto il tempo che mi resta. Deglutisco. «Ele», allungo la mano a stringerle piano il braccio. Ha il viso rigato di lacrime. La tiro contro di me, la stringo forte e sento il suo cuore battere agitato contro il mio. «So che non volevi. Non sono arrabbiato».
«Allora non mandarmi via».
«Non lo farò. Te lo prometto».
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