41 - Blu profondo 🔞

Che bell'inizio c'era in quella fine
Tocchiamo il cielo come le altalene
Sfidando il vuoto prima di cadere
Saremo liberi come una nuvola
Che ha imparato a convivere con le vertigini

Crisalidi - Mr. Rain

«Muoviti piano e stai sempre appoggiato alla roccia».

Mic fissa i gradini che scendono verso il basso con aria scettica. «Sei sicura di sapere dove andiamo?»

A pranzo, mentre mangiavamo una pizza seduti sul cofano bollente dell'auto, gli ho domandato: «Cosa vuoi fare, adesso?»

Il suo sorriso aperto, il primo da un po' di giorni, mi ha scaldato il cuore. Finalmente mi ha lasciato intravedere qualcosa dentro di lui. «Vorrei andare in un posto dove non sia così caldo. E dove possa dimenticare che compio gli anni». Ha sollevato un sopracciglio in una smorfia dispettosa, crede che non possa soddisfare la sua richiesta. Si sbaglia.

Mi ha comunque lasciata senza parole. Il giorno in cui Vanessa ha fatto per me una torta lilla, neanche due mesi fa, sembra lontanissimo ed è l'unico ricordo che ho di un compleanno sereno dopo la morte di mia madre. Quello che faccio per vedere le cose dal suo punto di vista è uno sforzo che mi richiede tutta la mia capacità di adattamento, forse posso capire, ma manca sempre una tessera, un mistero, a questa storia. Pezzi che mi rifiuto di mettere insieme perché scriverebbero una storia che non sarei in grado di reggere. Su Mic c'è un incanto che non so svelare perché lui non me lo permette, ma lo vedo bruciare in fondo allo sguardo e lo sento sbattere dentro di lui come una farfalla in trappola, che respinge e affascina mentre finisce in cenere.

Gli ho preso la mano e l'ho tirato verso di me. Preso alla sprovvista, si è lasciato andare e i nostri corpi si sono scontrati, accaldati in una giornata che si preannuncia torrida, infiammati da una scintilla che, incontrollata, genera fuoco. Ho allungato una mano e spostargli i capelli incollati alla fronte. «So dove andare».

Ora siamo appiattiti contro la roccia e non mi sembra più un'idea così brillante. Sono sicura che Mic si sia pentito di avermi chiesto il fresco e che pensi che sia impazzita.

«Vuoi arrivare al centro della terra?» Si sporge a guardare giù e perde il contatto con la roccia, gli slitta un piede e mi fa perdere dieci anni di vita.

«Stai indietro, accidenti!» lo rimprovero. Sbuffa, ma fa come gli dico. «Non manca tanto. Se vuoi il fresco, devi andare al centro della terra...»

«Non c'è un nucleo di fuoco?»

«Mi fermerò prima, allora» scherzo.

Scendiamo lungo la montagna, la roccia calcarea è friabile e ci dà un'appiglio precario. Più di una volta Michele si è allungato su di me per evitarmi di cadere. Venivo qui quando mia madre era ancora viva se volevo distrarmi dai problemi, ed è proprio quello che lui mi ha chiesto. In basso si intravede una lingua di sabbia bianca e l'ingresso alla grotta blu.

Come i suoi occhi, mi trovo di nuovo a pensare, come i fiori al giardino notturno, come quelli nella serra, di colpo in tutto quello che mi circonda vedo qualcosa che mi fa pensare a lui. Rischio di cadere e Mic mi afferra il braccio con forza. «Vuoi stare attenta? Dove hai la testa?»

Mi giro appena per quello che mi permette la roccia e gli prendo la mano. Continuiamo la discesa in silenzio e arriviamo sulla spiaggia, entriamo attraverso gli altissimi archi bianchi che danno accesso alla penombra delle grotte. La lenta erosione del mare ha creato anfratti e rientranze. La strada è stretta tra file di stalagmiti e si apre su un'ampia stanza dove il vento resta imprigionato, gioca sulle pareti e crea echi lontani come voci di inesistenti creature marine.

La stanza è in penombra e Michele alza lo sguardo sulle tende di stalattiti: sono tutte diverse tra loro e creano un labirinto meraviglioso. Le più lunghe sono unite alle stalagmiti sul terreno e formano dei pilastri che danno accesso a una seconda stanza, dove la luce del giorno filtra a fatica. Lui resta immobile a guardare uno splendore che, a giudicare dall'espressione sul suo viso, non aveva mai visto, anche se si trova a poca distanza da casa sua.

«Fa abbastanza freddo?»

Si riscuote al suono della mia voce che rimbalza cristallina tra le pareti come se si svegliasse da un sogno, si strofina con le mani la pelle increspata dai brividi sulle braccia. Mi guarda con curiosità. «Sei una fonte continua di meraviglia, Samantha, e non ne sono stupito».

«Vieni». Gli prendo la mano e lo trascino nella seconda stanza, vittima di un'improvvisa euforia. Era qui che volevo fargli dimenticare del suo compleanno e adesso che la vedo di nuovo, dopo anni, so che sarà proprio così.

È più piccola della precedente, più buia, e la luce che filtra dalla stretta apertura tra i pilastri si riflette sui cristalli di quarzo che brillano di blu profondo. Al centro c'è un piccolo lago sotterraneo, alimentato da una fonte calda di acqua dolce che arriva da qualche parte nel cuore della montagna attraverso una piccola cascata da una fenditura nella roccia. Lui fissa il riverbero blu. Io solo i suoi occhi. Catturano la luce e diventano grigi, poi splendono nei riflessi azzurri del quarzo. Capisco solo adesso che l'affinità che ho sentito subito, l'intimità che gli concedo, il sentimento che diventa ogni giorno più intenso, quasi logorante, vengono da dentro di lui, da quell'anima che non riesce ancora a mostrarmi ed è blu, limpido, intenso blu, come i miei luoghi più belli. Michele è il luogo migliore dove fermare lo sguardo.

Gli passo le braccia intorno alla vita e lui sospira stupito. Si volta verso di me e l'espressione con cui mi scruta è la stessa che ha quando guarda i cristalli di quarzo, accesa da un desiderio che ha imbrigliato dall'ultima volta che l'ho bloccato alla serra. Io e i miei fantasmi.

«Sai cosa vorrei?»

Lui si fa attento, mi viene vicino e appoggia le mani sulle mie braccia, bruciano e mi ruba il respiro.

«Vorrei che qui sotto, noi due, fossimo liberi. Spogliati da traumi passati, pensieri esplosivi, tristezze soffocanti. Solo tu e io. Insieme».

«Nudi?»

Immagino che parli in senso figurato, ma la sua espressione scaltra non mi tranquillizza per niente. Mi sfiora una spalla con il dorso delle dita e scende lungo la manica, fino al polso.

«Vorrei esserne capace» gli dico.

Lui sorride. Le sue mani scivolano a stringermi con più insistenza. Le fermo.

«Ti prego, Sam» geme.

Ricomincia il senso di costrizione che non mi permette di farlo avvicinare, non voglio allontanare le sue mani, sono quello che desidero di più in questo momento, ma il mio corpo ha una memoria istintiva che respinge quel tipo di contatto. «Mi serve tempo» sussurro.

«Il tempo». Ripete lui con la voce bassa, e gli scappa un respiro frustrato, di rabbia trattenuta. «È l'unica cosa che non posso prometterti. Non ce l'ho, il tempo».

Mi spinge contro la parete, la roccia punge la schiena e mi strappa una smorfia. Lui se ne accorge e mi protegge con il braccio, poi scosta i capelli e inizia a baciarmi intorno all'orecchio e giù, lungo la gola. «Per quello che vale, ti regalo tutto il tempo che ho». Ma non si ferma, anzi, i baci si fanno intensi, profondi, voraci.

La sua voce infiamma i pensieri e le sue parole vanno ad aggiungersi ai pezzi che la mia mente si rifiuta di incastrare. Cerco di allontanarlo. «Cosa vuol dire?»

Mi ferma il braccio sopra la testa e le sue labbra cercano la mia bocca con un'urgenza insopportabile. «Dimentica quello che ho detto». Mi bacia con un trasporto totale, che esclude qualsiasi pensiero. Michele annienta le mie difese come nessun altro.  «Solo io e te. Insieme». Ripete le mie parole come un incantesimo che esorcizza la cruda verità che le sue labbra hanno lasciato sfuggire. E io dimentico. Perché sono sotto il suo potere, sua come mai sono stata di nessun altro.

Mic sorride contro le mie labbra e parla senza il coraggio di staccarsi da me. «Sei pronta per un'altra vittoria?»

Libera le mani dall'intreccio delle nostre dita e si scosta controvoglia, sento il bisogno di averlo di nuovo addosso e mi avvicino, ma lui me lo impedisce. Ha gli occhi ben aperti su di me, lucidi, spaventati e vivi. Il dubbio gli attraversa il viso e ferma le mani, strette sul bordo della mia maglia. «Ti fidi?»

E vorrei dire sì, ma non mi esce niente, neanche un fiato. Controllo il mio istinto per non ferirlo, ma vorrei fuggire. E lui non sa quali sensazioni mi soffocano. Infila le dita sotto il bordo della maglietta e la fa scivolare in su. Chiudo gli occhi. Ho paura di scorgere sul suo viso il rimprovero, il disgusto, l'orrore. Tesa come sono basterebbe che mi domandasse perché ho fatto tutto questo al mio corpo. E io non avrei una risposta, potrei mostrargli solo il mio senso di inadeguatezza, di disagio e la certezza di essere una creatura sporca, adatta solo al degrado in cui ero legata e abbandonata.

La mia maglia cade a terra, la guardo con la gola chiusa dal pianto, poi alzo gli occhi su di lui. È in ginocchio davanti a me e le sue labbra seguono i segni che mappano le mie braccia. Ferite vecchie e nuove, cicatrici in rilievo, segni fatti con il primo oggetto che mi passava tra le mani, cordoni duri che deturpano la pelle e la rendono disgustosa. Mic li guarda e li percorre uno a uno, fino ai due tagli sui polsi. «Sei bellissima, Sam. Sei la creatura più straordinaria che abbia mai incontrato».

I brividi salgono dalle mani e invadono il mio corpo. «Non prendermi in giro».

Mi lancia un'occhiata risentita e ignora le mie parole. Risale dall'ombelico, lungo l'addome, sulle costole in rilievo. Sgancia il reggiseno con due dita e anche quello cade a terra. Guardo l'ingresso alla grotta, ma so che è solo una scusa, nessuno scende mai fin qui. Siamo in un luogo inviolato. Le sue mani mi stringono i seni e lascio sfuggire un ansito di piacere tra le labbra socchiuse. Gli slaccio la camicia con le mani che tremano. Scivolo con le dita sulla sua pelle bianca, percorro l'addome e la cicatrice della ferita che l'ha quasi ucciso.

Siamo segnati in modi diversi, ma il suo cuore nero risuona in armonia con la mia dannazione.

Quando slaccia i miei pantaloni ho smesso di pensare. Michele ha fatto impazzire la mia intera rete neurale. «Hai vinto, Sam». La sua voce roca mi vibra nel petto. «Ho dimenticato anche chi sono».

Mi libero dei pantaloni che lui ha gettato in un angolo e mi avvicino al lago blu. Entro nell'acqua. Esce calda dalla montagna ed è bollente sulla pelle ricoperta di sudore ghiacciato. Mic mi guarda con un sorriso provocante, il calore si diffonde ovunque e le vertigini mi fanno tremare. Non avevo mai conosciuto sensazioni del genere.

Scende anche lui nell'acqua e le sue braccia mi circondano. S'immerge e lo sento sfilarmi piano gli slip. Riemerge a un respiro dal mio viso. La mano stretta tra i miei capelli mi trattiene con dolcezza, poi esita di nuovo. Penso al tempo. È l'unica cosa che non posso prometterti. Lo accolgo dentro di me come se avessimo atteso da sempre di incontrarci. Il movimento agita l'acqua che si accende di celeste e mentre facciamo l'amore Mic non distoglie gli occhi dai miei. Registra ogni respiro, ogni incertezza, tutte le paure che emergono e diventano polvere, fino alla fine, quando mi stringe al petto in silenzio. Ascolto i battiti concitati del suo cuore che si calmano piano e il suo respiro tra i miei capelli farsi leggero mentre si guarda intorno.

«Hai visto?» domanda incredulo.

Il plancton dell'acqua, turbato dal movimento, emette luce e rende l'acqua di un colore celeste brillante. Si chiama bioluminescenza, l'ho cercato in internet quando l'ho visto la prima volta, ma a Mic rispondo solo: «Due oscurità in collisione creano una scintilla».

Lui riflette sulle mie parole e chiude gli occhi. Il silenzio è rotto solo dall'eco di uno sgocciolio lontano. La voce di Mic, urgente e seria, mi arriva così vicina che mi riempie di nuovi brividi. «Ti dono ogni cosa» dice. «Pelle, muscoli, tendini, nervi. Ti regalo il mio corpo e la mia anima. Finché ne sono in grado, Sam, ti lascio anche il mio cuore nero. Custodiscilo e cerca di perdonarlo, prima o poi».

«Riuscirai mai a dirmi qual è l'incanto che ti rende così triste?»

«Lo conosci già e fingi di non vedere perché hai paura di non essere in grado di sopportare un'altra ferita».

«Sono le ferite a renderci forti».

«Non tutte. Certe ci uccidono poco per volta».

Guardo il suo viso perfetto, gli zigomi alti, l'espressione dolce con cui mi sorride e tronca il discorso. Le sue mani che mi cercano, mi avvolgono, e insieme guardiamo quello strano fenomeno che incendia l'acqua. La fluorescenza riluce sui nostri corpi abbracciati.

Credevo che non mi sarei mai legata tanto a qualcuno da innamorarmi, ma forse sbagliavo.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top