37 - Falla nel Sistema

«Ti posso accompagnare io domani mattina mentre vado in centrale».

Mi appoggio alla parete stremato. Prima ero stanco, adesso ho forzato i miei limiti e dovrei solo andarmene a dormire, ma non ci riesco. «Non andrò all'esame. Non mi serve».

Mia madre ha smesso di parlare e guarda fuori dalla finestra. «Ho visto un movimento» dice stringendo gli occhi.

«C'è un gatto che gira qui intorno» rispondo cercando di cambiare argomento.

«Certo che ti serve. Cosa pensi di fare nella vita?» sbotta mio padre.

Gli lancio un'occhiata divertita. «Aspettare?»

Si alza in piedi e mi si piazza davanti. «Non ti nascondere dietro alla malattia. Hai dei doveri verso te stesso e verso di noi».

Stringo i denti a trattenere parole cattive. Esco sul giardino sbattendo la porta. Il sonno è svanito, la stanchezza sostituita dalla rabbia. Questa giornata sembra non finire mai.

Mi stendo sulla sabbia che butta fuori il calore accumulato durante la giornata. È piacevole contro la schiena, si sente anche attraverso il tessuto della giacca. Il mare è agitato, le onde si incontrano e schiumano in un rumore in grado di abbracciare i miei pensieri e renderli muti.

Spalanco gli occhi quando l'acqua del mare mi sfiora il piede nudo. Tremo dal freddo mentre le prime gocce di pioggia mi cadono addosso. Devo essermi addormentato.

Sollevo lo sguardo alle finestre buie del primo piano mentre mi alzo e mi avvio verso casa. In camera di Chris c'è una luce da notte ancora accesa. Mi incanto a guardarla. Illumina un angolo della stanza e si riflette sulla parete, poi aumenta di intensità e un velo di fumo nero esce dalla finestra aperta. Allora inizio a correre, veloce come se fossi in grado di volare.

Appoggio i soldi sulla scrivania e Zanna non alza neanche gli occhi dai documenti sparsi davanti a lui. Ho chiuso la porta alle mie spalle.

«E questi cosa sono?» domanda.

«Soldi, sono puliti». Ci tengo a specificarlo, non ho fatto del male a nessuno per averli. Eccetto a chi si scontrava con me sul ring, ma quello non conta, no?

«Sono quelli che guadagni facendoti picchiare?»

Rimango di sasso. «Lo sapevi?»

Sogghigna e finalmente mi guarda negli occhi. «So quasi tutto quello che succede in questa dannata città, ma non vuol dire che lo approvi».

«E comunque non mi faccio picchiare. Sono io a picchiare». Subito dopo mi sento un po' stupido.

«Questo dovrebbe farmi felice, Chris?»

«Tienili. Se mi succede qualcosa, basteranno per mantenere Aria tutta l'estate. Poi troverò il modo di farne altri».

«Non puoi andare al Black Bridge. Ti fanno fuori».

Deglutisco nel sentirgli dire ad alta voce quello che già so. «Troverò qualcos'altro».

«Tienili. Non mi servono. Ho bisogno di tutto quello che sai su Frog e dell'aiuto di Sam». Non l'ho mai visto così determinato. Ho sempre pensato che ci fosse un equilibrio tra la malavita organizzata vicino al fiume e le forze dell'ordine e che non andasse alterato o avrebbe causato guai a tutti.

Sam ha rotto gli equilibri e Zanna ha perso la ragione, di sicuro. Non vorrà certo attirarsi tutti i criminali della città sotto casa.

«Lo voglio prendere: ha superato tutti i limiti, ma lo voglio incastrare senza farmi ammazzare». Resta un attimo in silenzio e so cosa gli passa per la testa. «Li voglio prendere tutti. Il Nod deve sparire».

So che pensa a Mic, a quella notte, sull'auto di pattuglia, quando l'ha portato dal suo amico chirurgo per salvargli la vita. Il viso bianco, la pelle ricoperta di sudore e il cuore che cede sotto l'effetto della droga. Io invece ho negli occhi il bicchiere di Lucia, le pupille dilatate, i bottoni slacciati dei suoi pantaloni...

Il nostro silenzio è spezzato dalla porta di casa che si spalanca, dal rumore concitato di qualcuno che passa davanti alla nostra stanza e sale al piano di sopra. Salta quattro gradini a ogni falcata, a giudicare dal suono.

Zanna mi passa davanti e si precipita su per le scale. «Chris, chiudi la porta d'ingresso» mi ordina. Faccio come mi ha detto e mi precipito di sopra.

Vanessa è in piedi sulla soglia in vestaglia, Michele ha tolto la maglietta e si è fasciato la mano per aprire la porta della mia camera. La spalanca e una vampata di calore mi investe togliendomi il respiro. Il tempo di capire, e lui è già dentro alla stanza.

«Mic!» grido.

Zanna si butta dentro e lo tira indietro. Il calore è quasi insopportabile, ma la finestra aperta lascia uscire il fumo e riesco a vedere. Padre e figlio stanno pestando con una coperta sul fuoco e l'hanno quasi domato. Il copriletto è andato, e anche parte del materasso è bruciata. Meno male che ero rimasto in piedi per parlare con Zanna, oppure avrei fatto la stessa fine.

Sento la voce di Michele, rotta dall'ansia, poco lontano da me. «Dov'è Chris?»

«Non era nella stanza. Parlava con me di sotto».

«Sono qui» gli dico.

Allunga un braccio e mi stringe veloce la spalla, poi mi gela il sangue: «Sam? E Aria? Ha detto che l'avrebbe addormentata nella tua stanza».

Mi guardo intorno con il cuore in gola, ma la camera è vuota. Faccio mille ipotesi nel tempo di un secondo, finché una voce inconfondibile parla dalla soglia. «Siamo qui».

Le vado incontro e lei indovina il mio desiderio. Mi mette Aria ancora addormentata tra le braccia. La mia paura più grande è quella di non essere abbastanza bravo da proteggerla dal mondo. Esco dalla stanza mentre Sam entra.

Michele inizia a tossire e si piega in due, appoggiato alle ginocchia. Zanna lo afferra prima che crolli. «Esci di qui. Stai respirando troppo fumo».

Sam lo fissa concentrata, attenta, in un modo che mi stringe lo stomaco perché so cosa significa.

«Stai bene?» le chiede lui continuando a tossire.

Lei annuisce e lo accompagna fuori. «Hai detto che potevo stare in camera tua» ammette. Solleva le spalle in un movimento impercettibile e Mic accenna a un sorriso sollevato.

«Come ti sei accorto che andava a fuoco?» chiede Zanna.

«L'ho visto dalla spiaggia. Pensavo fosse una luce da notte, ma dopo ho visto il fumo. Credevo ci fossero Sam e Aria dentro». Mi lancia uno sguardo storto. «E anche Chris».

Sorrido controvoglia e mi porto una mano al petto. «Giuro che non dormo con Samantha».

Lei ride per scaricare la tensione.

Zanna, che era rientrato nella stanza, torna in corridoio con il viso teso. «Hanno gettato un oggetto in fiamme attraverso la finestra». Un incendio doloso. Non siamo al sicuro da nessuna parte, e sono già arrivati, nonostante gli agenti circondino tutta la casa. Afferro il gomito di Zanna e lui si irrigidisce d'istinto. «Sono l'unico che vogliono far fuori. Tenete Aria. Io me ne devo andare».

«Non se ne andrà nessuno» mi blocca lui. E imbocca le scale.

Vanessa gli corre dietro: «Dove vai?»

«A fargliela pagare».

Nessuno osa replicare mentre ascoltiamo il rumore dei suoi passi scendere e poco dopo lasciare la casa. Mi attacco con forza alle ultime parole che mi ha detto. Lo voglio incastrare senza farmi ammazzare. Spero con tutto il cuore che sia così.

Vanessa ci guarda con la disperazione sul volto. «State tutti bene?»

Ci scrutiamo uno con l'altro e no, non stiamo bene, ma non siamo feriti e il caso ha voluto che nella stanza non ci fosse nessuno. Mi accorgo di avere le dita intrecciate a quelle di Sam.

«Andate a dormire. Domani sistemeremo la stanza di Chris, per oggi può dormire con te, Mic, se vuole».

Chris annuisce e le sorride appena. «Torna a dormire, Vanessa. Ci organizziamo noi».

Quando lei chiude la porta, si gira a fissarmi. Ha gli occhi stanchi e la voce incrinata. «Vorrei dormire con Aria nella stanza di Lucia stanotte». Solleva un sopracciglio, per un attimo l'espressione arrogante gli attraversa il viso, e mi sorride. «Ha bisogno di dormire, Sam» dice prima di entrare da Lucia.

Lei mi tira verso il bagno senza una parola. Apre il rubinetto dell'acqua fredda e me la passa sulla fronte e sul viso. Il suo tocco è deciso e rapido, ma delicato.

«Ti ho sentito litigare con i tuoi, prima».

«È per l'esame, niente di importante» rispondo. Chiudo il rubinetto e mi asciugo la faccia. Nello specchio incontro il viso di uno sconosciuto. Ho gli occhi rossi, la pelle pallida e il respiro ancora alterato. Sono un disastro.

Sam mi prende la mano e la porta sotto la luce dello specchio. Ho strie rosse da ustione su entrambi i palmi e non mi ricordo in che momento me le sono procurate. «Pensavi che fossi nella stanza» dice. Disinfetta il palmo e ci avvolge intorno una benda sterile.

La guardo lavorare. I capelli neri brillano alla luce del neon. Le maniche lunghe della maglia le scendono sulle mani. «L'hai presa tra le mie?»

Lei mi lancia un'occhiata divertita. «Spero che non ti dispiaccia».

Avere l'odore di Sam dentro una maglietta e poterlo tenere sempre addosso è una delle cose che potrei amare. «Affatto».

Finisce di chiudere la fasciatura e si porta una delle mie mani alle labbra. «Grazie».

«Per aver salvato una stanza vuota?»

«Per come sei».

L'impulso a stringerla forte contro di me è quasi incontrollabile, invece mi alzo a lascio il bagno. «Andiamo a letto».

Non importa cosa ho deciso. Neanche se le farò del male. Questa notte la voglio accanto a me. Ho bisogno di sentirla al sicuro, di avere il suo calore a incendiarmi il respiro.

«Perché non vuoi andare all'esame, domani?»

«Non mi serve».

«Io ti ho visto studiare, hai un metodo e un'intelligenza che ti permetteranno di fare ciò che vuoi. Non buttarli al vento».

Con gli occhi della ragazzina che invece di passare le giornate sui banchi di scuola veniva venduta come oggetto sessuale a chissà quali mostri piantati in faccia mi è impossibile rifiutarle qualsiasi cosa. «Ci penserò. Adesso voglio solo dormire».

Le sfioro il confine tra la spalla nuda e la maglia sformata che indossa. Sam sospira e si gira su un fianco. «Non posso essere come lei» mormora nel sonno. Corruga la fronte. Le sposto i capelli dal viso e lei si rilassa.

Mi allungo verso il comodino, prendo un quaderno che tengo nel cassetto e inizio a scrivere qualcosa che possa resistere quando io non ci sarò più.

Ciao Sam,

mi piace pensare che sia successo per caso, una curva strana della mia vita, un brivido destinato a spegnersi dentro questo vento e nel tuo uragano. E mi concentro, davvero, per far sì che il mio desiderio non diventi tanto potente da spingerti contro quel muro e trasformarmi in quello che non sono. Qualcuno che ti farebbe paura. Ma c'è qualcosa, Sam, che brucia quando ti guardo. Non riesco a farne a meno. La tua pelle mi chiama.

Amo Elena. Stiamo insieme da due anni e prima siamo stati migliori amici, confidenti. Ha raccolto i miei pezzi quando Lucia se n'è andata. E tante altre volte, dopo. Ha sopportato i miei silenzi, il mio buio. L'idea della mia morte. L'ha sopportata meglio di me che la fuggo anche ora, mentre ti scrivo.

Leggerai queste righe quando non potrò più vedere il tuo sorriso o le tue lacrime. Questo mi dà il coraggio vigliacco di dirti la verità. Non so se avrò mai sfiorato la tua pelle. Se ti avrò fatto del male con il mio cuore.

Ho solo una certezza, in questa notte buia. Quella mattina sulla spiaggia, quando ti ho teso la mano, ho sbagliato. Era meglio non conoscere neppure il tuo nome perché si è inciso sotto alla pelle e non lo dimenticherò più. Neanche dopo. Si trova memorizzato in un luogo che non muore mai.

Mi stendo accanto a lei e la guardo dormire fino al sorgere del sole. Insieme al suo respiro profondo, il mio cuore impazzito, anche questa volta, si calma.

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