36 - Un solo cuore
Il sudore si congela sulla pelle bruciata delle spalle, me ne accorgo solo quando mio padre ci appoggia sopra la sua giacca. Le ore mi sono scivolate addosso inascoltate, come il sole che mi ha ustionato la pelle. Mi giro verso il bosco e lui è fermo lì, guarda tra gli alberi. Piccole luci tremano poco lontano.
Io sono lì con loro, ad appoggiare quelle candele, anche se resto qui.
Mi stringo nella giacca di jeans e aspetto che mi chieda di tornare a casa, invece dice solo: «Ricordati di respirare».
Guardo la sua figura imponente, le spalle larghe, le braccia forti, allontanarsi da me a passi lenti lungo la spiaggia e non capisco le sue parole finché non tiro dentro aria con fatica. Ero in apnea da un po'. Respirare è un tormento, una condanna che prende in giro il ricordo del corpo immobile di Lucia.
Quando nuotavo ero in grado di restare in apnea per due minuti, lei solo trenta secondi. Se facevamo una gara, però, Lucia vinceva sempre perché faceva strane smorfie sott'acqua, perdevo la concentrazione e spesso mi entrava l'acqua nel naso quando scoppiavo a ridere prima di riemergere.
Con il tempo andrà meglio. Non ricordo chi l'ha detto. Forse succederà, ma io mi sento sempre in apnea, come se avessi bisogno di qualcuno accanto che mi ricordi di respirare. Forse è perché non ho il diritto di sopravviverle.
Elena arriva poco dopo che mio padre se n'è andato e mi stringe da dietro. Sentivo il bisogno della sua comprensione, del suo abbraccio. Lei conosce ogni cosa, è in grado di contenere tutto il male che mi corre nelle vene, lo mitiga. Non ci siamo quasi più rivolti la parola dal giorno dei fuochi sulla spiaggia. Mi rendo conto adesso di quanto il mio comportamento l'abbia confusa. Vorrei provare per lei lo stesso brivido che sento quando Sam mi sfiora, ma non c'è nessuna scintilla nel buio, non c'è quella chimica che mi rende incapace di ragionare, che mi trasforma in puro istinto. Rimane solo un affetto infinito per la mia migliore amica ed è quello che mi tiene ancorato alla realtà quando mi sento svanire. Ho paura di perderla e di perdermi.
Mi libero con delicatezza dalla sua stretta e mi alzo in piedi. La schiena è dolorante e devo muovere le gambe per far passare l'intorpidimento e il freddo. Non vede nei miei occhi l'amore che cerca, non c'è traccia della passione che ci spingeva uno contro l'altro fino a poco tempo fa, a divorarci in un intreccio indissolubile. Lo capisco dalla sua espressione delusa.
«Vieni a casa mia, stasera. Ti accompagno io domani mattina a scuola per l'orale».
Mio padre dice che l'esame di maturità è una tappa importante nella vita di un ragazzo. Forse per gli altri è così, io invece me ne ero quasi dimenticato. Ho dato gli scritti senza accorgermene e lo stesso farò con l'esame orale. La vita mi passa addosso come se fossi già morto.
Faccio un sorriso ed Elena arretra. Non mi deve essere venuto bene. «Mic, mi vuoi dire cosa ti passa per la testa?»
«Perché devo fare l'esame? Per iscrivermi all'università? E per quanto? Qualche mese?»
«Non fare così. Lo sai che...»
«Sai cos'ha detto il cardiologo la prima volta che ha visto l'immagine del mio cuore?»
Lei deglutisce e si allontana ancora. Le parlo sottovoce, con una rabbia ingabbiata a stento. La spavento e non riesco a calmarmi. La morte di Lucia non è un lutto per me, ma uno specchio in cui guardarmi riflesso. «Ha detto che metà è completamente andata, che la mia età mi concede più tempo, ma è questione di mesi».
«Sei ancora qui».
«No, Elena. Non sono qui». Le afferro le mani calde con le mie gelate. «Ci sono le ossa, i muscoli, i miei apparati vitali, ma io non ci sono più». La sento trattenere un sospiro e cacciare giù per la gola le lacrime. Si costringe ad essere più forte di me perché l'ha giurato a se stessa. Ci sono io, Mic. Ci sarò sempre per te. «Esistono i bypass...»
Le esplodo in faccia una risata cattiva. Si ricorderà questo, di me, quando non ci sarò più? Questo momento gelido di panico che le mozza il respiro? «Il bypass non terrebbe perché il ventricolo è troppo compromesso. Ho un cuore nero, si vede bene nelle immagini, è chiaro anche per chi, come me, non ci capisce niente di medicina».
«Vieni da me, Mic. Sei distrutto. È stata una giornata pesante e sono successe troppe cose in questi mesi». Cerca sul mio volto il permesso e, quando mi vede attento alle sue parole, continua: «La presenza di Sam ha destabilizzato tutti, in questa casa. Hai bisogno di staccare un attimo».
«Ho bisogno di staccare da quello che è successo in questo periodo o da Sam?» le chiedo secco.
«La tua vita è stravolta da quando è arrivata lei».
Abbasso gli occhi. È solo una parte della verità, l'altra è che da quando fa parte della nostra famiglia, io vivo di nuovo. Il mio silenzio scatena in Elena la rabbia e il dolore. Mi legge dentro come nessun altra. «Cosa le puoi dare, Michele? Io ti conosco, so tutto e accetto la situazione. A lei hai parlato del tuo cuore?»
«Non deve saperlo».
Lei fa una risata amara. È ferita e ferisce, si avvicina e mi mette le braccia sulle spalle, mi accarezza il collo e con dolcezza affonda le unghie alla base della nuca. «Lo saprà nel peggiore dei modi. Come te con Lucia».
Mi scosto da lei di scatto e per qualche secondo i nostri sguardi si incrociano e bruciano. Sa di avere superato un limite ben tracciato e siamo su un terreno minato, se la discussione prosegue rovineremo quello che resta tra noi. Elena sospira, mi abbraccia e stringe forte. «Scusami».
«Niente». Deglutisco a vuoto con la gola arida.
Si stacca di poco per guardarmi in faccia. «Ti concedo l'estate per chiarirti le idee su di noi. Resti comunque il mio migliore amico quindi sai che non puoi chiedermi di non vederci più. Ho bisogno di te, ma non mi metterò in mezzo, se decidi di stare con lei».
Le accarezzo il viso con un dito e scendo sulle labbra. Sono stanco. Questa giornata mi ha lasciato addosso uno strato denso e vischioso di fastidio sulla pelle. Non riesco a mandarlo via. Elena si alza in punta di piedi e appoggia le labbra sulle mie. Resto fermo senza respingere quell'ultimo bacio che sigla un accordo basato su mesi che non sono sicuro neanche mi appartengano.
Oltre gli occhi chiusi di Elena, al di là del suo viso contro il mio, del suo calore che mi preme addosso, oltre la spiaggia, sollevo lo sguardo e incontro lei. È ferma al limitare del bosco, vicino a Chris, ma è troppo buio per vedere la sua espressione.
Mi stacco di colpo e le corro dietro. Di nuovo la mia separazione da Elena è come uno strappo, in questo modo farà appena meno male. Niente ha più importanza se non raggiungere Sam che si allontana piano per mano con la sorellina di Chris.
Camminano attraverso il bosco e le affianco. Aria mi afferra la mano e sorride felice. Le accompagno fino alla villa, poi su per le scale fino alle camere.
«Cosa fai?»
«Addormento Aria». Ha la mano sulla maniglia della porta e si fissa le scarpe.
«In camera di Chris?»
Alza gli occhi su di me e qualcosa nella stanchezza che mi vede addosso, nella mia espressione, la fa esitare. Nei suoi occhi emerge un desiderio profondo di starmi accanto come alla serra, come in camera mia quando sono preda degli incubi, ma poi il suo viso torna freddo, duro. «E dove, se no? È anche la stanza di Aria». Apre la porta e la bimba si infila dentro, poi mi lancia un'ultima occhiata. «Ti dà fastidio?» domanda con un angolo della bocca sollevato in un sorriso di scherno.
«No, figurati». Mi allontano da lei che entra nella stanza, ma fermo l'anta con la mano. «Solo che... se vuoi, puoi farla dormire anche in camera mia. Anche tu, voglio dire...» Sei sempre la benvenuta in camera mia. Davvero è quello che sto dicendo? Spero che capisca, ma è troppo arrabbiata.
«Preferisco di no. Tu ed Elena potreste avere bisogno di un letto, no?»
Mi chiude la porta in faccia e rimango solo in corridoio come l'idiota che sono.
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