32b - Famiglia
Salgo sull'auto di pattuglia con un senso di angoscia. All'improvviso penso che se lui volesse portarmi direttamente in riformatorio, potrebbe farlo senza neanche dirlo a Vanessa. Non sarebbe da Zanna, non credo abbia mai mentito a quella donna. Eccetto quella notte, quando Mic sanguinava addosso a me e io non sapevo proprio chi chiamare. Lei ha fatto finta di niente quell'estate perché è impossibile che non si sia accorta delle crisi di astinenza che straziavano suo figlio. Sono state giornate eterne: il sole a bruciare fuori e il desiderio distruttivo di Mic a ustionare da dentro.
Lancio un'occhiata a Zanna che guida senza degnarmi di uno sguardo. Svolta a sinistra e inizia a scendere verso il fiume. «Controllo che sia tutto in ordine e ti lascio dalla tua vicina. Non posso fare di più. Va bene che vedano le nostre auto girare sotto casa tua, almeno possono pensare che anche tu sia coperto».
Guardo fuori dal finestrino dove i palazzi diventano costruzioni più basse, deformi, grigie. Ci avviciniamo a quella che io chiamo casa e che lo è stata davvero finché c'era mia madre a sostenere la strana famiglia che eravamo. Dopo mi è rimasta solo Aria; lei è svanita tra le grida, il sangue e tantissimo dolore. Qui alle baracche si partorisce come gli animali e se sei fortunato te la cavi e ti trovi tra le mani un'altra bocca che non saprai come sfamare, ma se sei come mia madre non va così. Ti sfibri e ti dissangui fino a morirne mentre tuo marito passeggia sbronzo giù al fiume. E non c'è una levatrice ad aiutarti, perché l'unica povera anima che dava una mano alle partorienti è morta di overdose anni prima. E da allora nessuno ha preso il suo posto.
Mi sono perso nell'orrore di un ricordo che sempre più spesso mi torna in mente, come immagini di un brutto film che non riesco a dimenticare, quando la voce di Zanna mi riporta al presente. «Ma non lo sei...»
Il caldo nell'auto è soffocante e mi stordisce. «Non sono cosa?»
«Non sei protetto. Non abbiamo abbastanza uomini per fare da scorta anche a te. Soprattutto in questa zona dove siamo visti con sospetto e paura».
Il cellulare inizia a squillare e lui risponde secco. «Zanardi».
La voce all'altro capo parla, ma non riesco a capire cosa dice. Lui rallenta e mi lancia un'occhiata soprappensiero. «Abbiamo bisogno dei nomi. Ci servono quelli, e i luoghi che usano. Dobbiamo lavorare sul loro stesso terreno».
Resta di nuovo in silenzio, mentre la voce parla ancora, poi risponde di nuovo secco, freddo. «Esco solo. No. Non voglio nessun altro». Poi chiude la conversazione e si accorge che lo sto fissando. «Non l'hanno ancora trovato» dice.
Non so se mi dispiace, Jack ci ha reso la vita impossibile, ha messo i suoi vizi al primo posto e si è accorto di me solo nel momento in cui gli potevo procurare soldi per pagare i debiti.
Zanna si sforza di dire qualcosa in più: «Hanno trovato la ragazza che era con lui».
«È...»
«No. Vagava lungo la provinciale. Le hanno dato qualcosa perché era stordita. Dice che li hanno separati subito e non sa dove abbiano portato Jack. Ha segni di violenza, ma non ricorda niente di quello che è successo». Continua a fissare la strada e batte nervoso sul volante. «Come ho fatto a non capirlo? Quando ha detto di coinvolgere te, un ragazzino, per distrarre Frog... dovevo pensarci».
Schiocco la lingua sul palato e lui mi lancia un'occhiata storta. «Non potevi. Sai bene che non sono mai stato un ragazzino e l'idea era ottima se lui non mi avesse indirizzato verso gli uomini di Frog. E non ti mentirò dicendo che non ne sapevo niente. Ero consapevole di ogni cosa, ma l'unico pensiero era mia sorella. Sono colpevole, hai ragione, ma lei deve avere una vita migliore della mia e se mai Jack dovesse tornare e io non fossi in grado di oppormi, non dovrete lasciarla a lui, in nessun caso».
«Jack non tornerà, Chris. Non tornerà più». Parcheggia sotto casa e le sue parole mi grattano sulla pelle come carta vetrata. «Il debito non è stato saldato e sono passati troppi giorni».
Abbasso gli occhi sulle mie mani. Vorrei che Aria fosse con me, invece apro lo sportello e scendo da solo. Sono a metà del sentiero battuto che porta alla baracca della vicina quando Zanna mi chiama. Percepisco gli sguardi nascosti dietro vetri sporchi che spìano lo sbirro e controllano che si allontani in fretta. Mi giro a incrociare il suo sguardo preoccupato e lui si porta due dita all'orecchio destro. Vuole il segnale che nella baracca sia tutto a posto. Si tratta di un codice personale che gli invio tramite sms e poi cancello. Annuisco con un sorriso e lo saluto con la mano libera dal tutore.
La porta di lamiera della baracca è socchiusa, ma non ci faccio caso perché la vicina fa fatica a fare scattare la serratura e la lascia spesso così. Entro e con il cellulare in mano digito il codice perché Zanna se ne vada. Non è una zona sicura per un poliziotto da solo.
Mi blocco con il dito sul tasto di invio mentre la porta alle mie spalle si chiude di botto. La signora che mi ospita è legata a una sedia. Il nastro adesivo blocca i gomiti, le caviglie e va da un orecchio all'altro a tapparle la bocca. Non riesco a capire se sia ancora viva. Mi giro per scappare e mi trovo davanti i due uomini che mi hanno aggredito nel vicolo.
«Bentornato, ragazzino. L'ultima volta ci eravamo dimenticati di farti saltare la testa» ride il primo. Arretro fino a sbattere contro il tavolo, cerco alla cieca dietro di me e la prima cosa che mi capita tra le mani è un barattolo di salsa al pomodoro. La stringo forte e la sbatto in testa al primo che si avvicina. Il pomodoro schizza su di noi e imbratta le pareti grigie. Lui non si aspettava che fossi così idiota da reagire e il mio colpo va dritto a segno. L'uomo si afferra la fronte con un grido di rabbia e mi prende la spalla del braccio rotto. Stringo i denti per il dolore, lui lo vede e aumenta la forza della stretta. Brucia come fuoco fino alle dita della mano e sento cedere le gambe. «L'hai fatto grossa, ragazzino. Frog vuole a tutti i costi sua figlia indietro e ce l'hai fatta scappare da sotto il naso». Crollo in ginocchio e mi trovo il tondo freddo della pistola del secondo uomo puntata alla nuca.
Aria è al sicuro.
Quello che mi arpiona la spalla passa un cuscino all'altro uomo. «Usa questo per il rumore e muoviti, non abbiamo tutto il giorno».
Mic sta bene. Sam è al sicuro. Aria resta con loro.
Il dolore al braccio mi rende impossibile ragionare. Stringo gli occhi al rumore della sicura e aspetto.
Il colpo nell'ambiente ristretto esplode come una bomba.
🦋 🖤Spazio Fede 🖤 🦋
Volete sapere cos'è successo?
Vi aspetto nel prossimo capitolo.
Fede
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