18b - Chris


Il mare è un immobile e gonfio animale pericoloso. La pioggia batte la spiaggia deserta con forza rabbiosa. Sono già passato da casa e mia madre dice che lei non è ancora tornata. No, infatti è seduta su uno scoglio, i capelli fradici che le scendono ai lati del viso come ali nere. Si tiene le ginocchia con le braccia e guarda l'orizzonte spezzato dal temporale. Una figura nera in perfetta sintonia con questo panorama infernale.

Mi introduco nel triste dipinto come un'anomalia: con i miei pantaloncini di jeans e la maglia gialla spezzo la sua continuità e ne sono felice. Mi avvicino, incapace di entrare in un mondo che non mi appartiene, e apro l'ombrello rosso sopra di lei. Non sembra accorgersi di me, se non quando le gocce smettono di scivolarle lungo il collo. Alza gli occhi. Scuri, di un nero che inghiotte e incatena. Non trovo le parole per portarla dalla mia parte, perché il buio è ovunque e non ho il potere di trovare l'uscita. Spesso mi ci perdo anch'io.

Allora le prendo la mano e spero che lei si fidi di me, ma si tira indietro con uno scatto e si alza dallo scoglio. Adesso l'acqua la bagna di nuovo; il vento le sbatte i capelli sul viso e io mi sento sempre risputato all'inizio di questo strano gioco.

«Non toccarmi». Singhiozza e si sposta ancora più indietro, ma la trattengo per i gomiti. La tiro verso di me. Sbatte contro il mio petto e rimane ferma. Non mi respinge. L'ombrello cade sulla sabbia e rotola lontano. La pioggia ci stringe in uno spazio che è solo nostro.

«Non è quello che faccio» le dico. Mi chino vicino al suo orecchio. La lascio andare e lei rimane contro di me, come se non avesse la forza di spostarsi. Piange. Lo so perché su di me le sue lacrime hanno una consistenza diversa di quella del temporale. 

Alzo la mano, le stringo una ciocca di capelli, gliela metto dietro l'orecchio e le scopro il viso. Trema. Io non ti voglio toccare, Sam. Ti voglio spingere sulla sabbia e baciarti le labbra. Voglio afferrare i tuoi capelli e annusarli fino a perdermi dentro di te come in un abisso sconosciuto. Voglio te, Sam. Da quando sei piombata nella nostra famiglia, anche se l'ho sempre negato, sei stato l'uragano che ha spezzato le gambe alle mie convinzioni, che mi ha costretto a guardare la mia vita perché dentro, ora, ci sei anche tu.

Ho dimenticato di pensare al mio ultimo respiro, mentre inseguivo il tuo ansimare spaventato. «Questo». Accarezzo il mento bagnato di lacrime e pioggia. A lei forse fa bene questa sofferenza, ma mi distrugge. «E questo». Mi chino a baciare le sue lacrime e spero che smetta. Lei trattiene il respiro e solleva appena il viso verso il mio. «Non è toccarti». Sono ancora incatenato dai suoi occhi e in fondo, molto in basso, vedo una scintilla che si riaccende. «Non come lo intendi tu» continuo.  Le sfioro le labbra con un dito e lei le socchiude.

Un pensiero le passa nello sguardo e cerca di nuovo di respingermi. «Non lo è?» domanda scettica.

Le sfioro le labbra. Brucia nel gelo improvviso di questo mese strano, con lo stesso fuoco che mi consuma e non si spegne mai. Resto in silenzio a guardarla: i capelli sciolti sulle spalle lasciate nude dal collo largo della maglietta. Non l'ho mai vista tanto bella come ora. «Questo non è toccarti». So di sbagliare nel momento stesso in cui apro bocca. «Questo è amarti».

Appoggia la fronte al mio petto e sento qualcosa che mi entra dentro. Un morso che stringe forte fino a togliermi il respiro. Le passo le braccia intorno alla schiena e so benissimo che non potrò proteggerla per molto tempo, ma il presente è tutto quello che mi interessa. Il presente. E Sam.

«Chi è Chris, per te?»

Lo chiede senza staccarsi. Vorrei mentire, nascondermi, cancellare il mio rapporto con lui e non ci riesco. «Il mio migliore amico».

«È uno stronzo».

«Lo so». Resta in silenzio, come se non si aspettasse quella confessione.

«Però l'hai protetto stamattina».

«Non tutti gli stronzi meritano di essere abbandonati». La discussione diventa scomoda. La mia ammissione di debolezza nei confronti dei comportamenti di Chris porta a un tempo che vorrei spazzare via e lei non insiste.

«Ti ho cambiato il banco» dico.

Si irrigidisce, è distante mentre la pioggia rallenta fino a fermarsi. «Quelle come me non devono mischiarsi a quelli come te».

«E come sono, quelle come te

La vedo fare un passo indietro e storcere il naso. Ripete parole non sue e nella sua bocca hanno il sapore del fiele. «Merce avariata».

«E quelli come me?»

Accenna un sorriso a cui non riesco a rispondere. «Perfetti» mormora.

«Non sai quanto io non lo sia, in realtà». A partire dal centro di me, a partire dal mio cuore.

Il sole scende lontano, fa brillare l'ultimo tratto di mare prima dell'orizzonte e penso a quello che ho fatto in queste ultime settimane. Credo che sia il momento di fare un nuovo regalo a Sam. Mi chino su di lei, sembra molto più piccola della sua età quando sta male, quasi uscisse fuori una bambina terrorizzata dalla vita. «Vieni».

«Dove andiamo?»

«Alla serra».

***

«Chris ha un occhio nero».

«Lo so. Non sono stato io, anche se avrei tanto voluto».

«Mic...» Mio padre mi lancia un'occhiata furiosa. Siamo seduti a tavola e sono felice di non essere di fianco a lui. «Non è il tuo migliore amico?»

Annuisco e sento il peso degli occhi di Sam piantati sulla nuca. «Lo è ancora». Infilo una forchettata troppo piena di spaghetti e impiego un po' prima di riuscire a parlare di nuovo. «Ogni tanto anche i migliori amici hanno bisogno di pugni in faccia».

Zanna si sposta accanto a me, ha il viso preoccupato. Mi fermo e sollevo lo sguardo su di lui. Di colpo non ho più voglia di mangiare. «Dici che suo padre ha ricominciato?» domando prima di riuscire a trattenermi.

«Sul lavoro è impeccabile».

«Sì, ma a scuola viene pieno di lividi. E dove non gliele dà suo padre, le cerca dai soggetti peggiori che incontra».

«Sabato sera non eravate a scuola, però, e neanche a casa di Chris. Dove ti sei fatto quel livido?»

Indica il punto dove Sam mi ha dato la crema: il segno è ormai svanito.

Scuoto la testa e lancio un'occhiata a lei che resta ferma con la forchetta a mezz'aria. «Eravamo giù al fiume». Le baracche sul fiume, da dove viene Sam che Ingoia a vuoto e stringe le labbra.

«Non dovete andare là, lo sai».

Abbasso ancora di più la voce: «Ho smesso».

«È pericoloso lo stesso. C'è un giro di spaccio e...» Mio padre guarda Sam in un modo strano, stira le labbra in quello che sembra un sorriso, ma non lo è. E fa paura. «Li prenderemo tutti. Tutti».

Lei abbassa gli occhi, la mano con la forchetta trema. Non sta più parlando con me: ha fatto una promessa a lei. 

Il campanello di casa suona proprio in quel momento, mi alzo per andare ad aprire e davanti a me c'è Chris. Ha un occhio nero e un livido su una tempia. Provo una stretta al cuore nel vederlo ridotto così, poi lui parla e il dispiacere diventa rabbia.

«Devo parlare con Sam» dice.

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