(9)
Wooyoung
Durante la cena, quella sera, non riuscii a far altro che a pensare agli esami che a breve avrei dovuto tenere. Giugno era sempre più vicino e il pensiero di quello che sarebbe successo una volta uscito da questa scuola mi mangiava vivo.
C'erano state delle uccisioni di babbani nell'ultimo periodo e temevo per i miei genitori. Mia madre era una maga, mezzosangue da quando un suo avo si era sposato con una donna non strega, mentre mio padre era un babbano. Si erano incontrati per puro caso, in un ristorante un giorno d'estate, ed era stato amore a prima vista per loro due. Tante volte li invidiavo, perché anche io volevo quello che avevano loro.
E, proprio mentre stavo pensando a questo, non riuscii a fare a meno che non alzare la testa e guardare la tavolata dei Serpeverde, più specificamente una persona.
Poi, quando mi accertai di averlo inquadrato, spostai lo sguardo sulla sorella.
Volevo convincermi del fatto che avevo preferito le attenzioni che mi aveva rivolto quest'ultima ma mi veniva fin troppo difficile farlo, soprattutto dopo l'ultima volta che ero stato vicino al capitano della squadra di quidditch dei Serpeverde.
Mi faceva strano anche dire il suo nome, da quando mi aveva toccato in quel modo durante la lezione di Difesa contro le Arti Oscure.
Ancora non riuscivo a credere a come si era avvicinato a me quella notte alla festa, e a come mi aveva afferrato la gamba quella mattina a lezione, l'unica cosa però che mi era chiara era una: ero gay, ero maledettamente gay. E il fatto di avere la conferma di ciò soltanto grazie a quel dannato ragazzo mi faceva innervosire ancora di più.
Avrei dovuto odiarlo, non sentirmi attratto da lui. Mi aveva insultato, mi aveva picchiato addirittura, e oltretutto sicuramente sarebbe diventato un Mangiamorte dopo la fine della scuola, una persona contro la quale avrei combattuto con anima e corpo fino alla fine.
Perciò l'attrazione doveva finire, si, doveva terminare del tutto.
«Tic toc, è tutto okay amico?»mi chiese Yunho, dandomi una spallata e facendomi svegliare da quella specie di trans in cui ero finito. Scossi la testa e guardai dritto davanti a me, dove vi trovai dei biscotti e una fetta di torta al cioccolato pronta ad essere mangiato.
«Si, si, scusate ragazzi, ultimamente sono tra le nuvole a causa degli esami.»mi scusai con i miei amici che in quell'esatto momento stavano finendo di cenare insieme a me, anche se in realtà loro avevano già finito. Inoltre, avrei voluto aggiungere che non solo ero soprappensiero a causa degli esami ma anche a causa di quella sorta di attrazione che provavo per il "nemico" ma in quel momento preferivo tenermela per me.
«Già, ti capisco, sto sperando davvero che qualche meteorite colpisca la Terra piuttosto che dare quei maledetti esami.»confermò Mingi di fronte a me, masticando l'ultimo boccone di torta e poi bevendo un bicchiere d'acqua.
«Beh, vorrei poter dire lo stesso ragazzi.»commentò Jongho con le labbra tese in una linea dritta, Mingi al suo fianco gli diede un pugno sulla spalla al quale il più piccolo rispose con un grugnito.
«Stai zitto, per favore.»gli disse, probabilmente per fargli capire di non prenderci in giro per la nostra situazione e Jongho semplicemente abbassò la testa per poi alzarla subito dopo quando sembrò ricordarsi di qualcosa.
«Hey, ma tu stasera non hai la ronda?»mi chiese infatti e io, subito dopo, mi diedi uno schiaffo sulla fronte per essermene scordato.
La "troupe" di noi Prefetti e Caposcuola consisteva in due prefetti ad anno a partire dal quinto anno per ogni casata, perciò i prefetti dei quinti erano otto, quelli dei sesti erano altrettanti e quelli del settimo erano in sei dato che gli altri due prefetti (tra i quali c'ero anche io) erano diventati Capiscuola. In totale perciò eravamo in ventiquattro e per sei giorni a settimana (la domenica era il turno dei professori) dovevamo dividerci e fare la ronda notturna, ovvero dovevamo controllare che tutto fosse okay nel castello. Ogni sera eravamo in tre e sapevo soltanto che avrei dovuto farla con un prefetto dei Serpeverde e uno dei Corvonero. Non sapevo chi fossero, dato che non ricordavo la lista dei turni a memoria.
Anzi, fino a quel momento non mi ricordavo nemmeno che dovevo essere io a farla quella sera.
«Che palle, ricordatemi perchè sono Caposcuola.»brontolai prendendo un sorso di succo di zucca e posando rumorosamente il bicchiere sul tavolo. Ovviamente nessuno dei miei amici rispose all mia domanda chiaramente retorica e io semplicemente mi alzai e iniziai ad indirizzarmi verso l'uscita della Sala Grande.
Ci saremmo dovuti contrare proprio in cortile, ora che era arrivata la stagione calda non era un problema stare all'aperto anche la sera tardi, e perciò mi fu facile raggiungere gli altri due prefetti che mi stavano aspettando, essendo loro le uniche due persone in vista.
Quello che però non mi aspettavo e che avevo momentaneamente rimosso era che il ragazzo che da poco tempo a questa parte aveva invaso i miei pensieri era anche lui un Prefetto e per non so quale brutto scherzo del destino, quella sera era proprio lì.
«Ma guarda un po' chi abbiamo, il Caposcuola in persona!»esclamò quando si rese conto del mio arrivo, voltandosi con un ghigno e iniziando ad incamminarsi verso di me. Dietro di lui la ragazza prefetto di Corvonero lo seguì sui suoi passi, tenendo però la testa bassa.
«Al tuo posto non sarebbe dovuto esserci un Serpeverde del sesto anno?»chiesi acidamente al ragazzo dai capelli neri che continuava a tenere i suoi occhi addosso a me. Durante le ronde ci dovevano essere un ragazzo appartenente ad ogni annata e, avendo riconosciuto che la ragazza Corvonero era del quinto, ero rimasto piuttosto confuso.
«Il Prefetto del sesto si è sentito male all'ultimo e quando ho saputo che stasera ci saresti stato anche tu non ho potuto dire di no alla proposta di fare scambio.»mi spiegò in breve con una scrollata di spalle, io sgranai gli occhi sentendolo parlare in quel modo e rivolsi immediatamente lo sguardo verso la ragazza, con la paura che si facesse una strana idea ascoltando quello che aveva detto. Sembrava però non curarsi del nostro discorso ed io in un primo momento potei anche rilassarmi.
«Allora, dividiamoci, io mi occupo dei primi quattro piani, Choi degli altri tre, e tu controllerai i sotterranei, è tutto chiaro?»spiegai brevemente ai due i quali annuirono e poi, tutti e tre insieme, ci indirizzammo all'interno del castello, dove la ragazza svanì nel momento in cui iniziò a scendere le scale. Certo, sapevo perfettamente che facendo così mi ero messo nei guai da solo, ma non potevo permettergli di controllare i sotterranei, dal momento che la Sala Comune dei Serpeverde si trovava proprio lì, ed io di lui non mi fidavo affatto.
«Wow, mi hai scelto come compagno notturno, non fai altro che confermare le mie ipotesi.»esordì il moro accanto a me, avvicinandosi poi per darmi una leggera spallata, al che io mi spostai subito per evitare ogni minimo contatto.
«Ho deciso così soltanto per non farti simpatizzare coi tuoi amichetti di casata.»gli risposi sinceramente a quella provocazione e lui fece un risolino nel sentire quelle parole.
«Che c'è "Oreo"? Non ti fidi di me?»corrucciai le sopracciglia nel sentirlo parlare in quel modo e mentre camminavamo sulle scale mi fermai un attimo per guardarlo, lui fece lo stesso ma rimanendo un paio di gradini più sopra rispetto a me.
«Primo: no, non mi fido di te; e secondo: "Oreo"? Chi ti credi di essere, mio amico?»sbottai con tono velenoso e incrociando le braccia al petto. Lui si portò una mano al petto fintamente ferito, spalancando la bocca e riprese a camminare senza rispondermi, poi girò all'interno del primo corridoio che trovò, nonostante fossimo soltanto al secondo piano.
«I tuoi capelli mi ricordano un oreo e comunque non potrei mai essere un amico di uno come te, stai tranquillo.»mi disse e questa volta fui io a corrucciate le sopracciglia non capendo cosa volesse dire, o meglio, facendo finta di non capire.
«Che intendi con "uno come me"?»gli domandai infatti con lo stesso tono di prima, seguendolo lungo il corridoio e facendo attenzione a non svegliare nessun quadro.
«Beh, lo sai, un Sanguesporco.»lo sentii sussurrare, come a non volersi far sentire da nessuno.
Inizialmente la parola sembrò non colpirmi, quasi come se il mio cervello non l'avesse recepita affatto, eppure sapevo perfettamente che fosse l'esatto opposto. Avevo capito perfettamente quello che aveva detto, mi aveva rivolto l'insulto peggiore che si possa rivolgere ad un mago, e di certo non gliel'avrei fatta passare liscia.
Per questo aumentai il passo, arrivando a camminare al suo fianco. Aspettai qualche secondo che girasse la testa verso di me, lasciai che i nostri occhi scuri si incontrassero, e poi mi avventai su di lui. Portai immediatamente una mano al suo collo, spingendolo verso la parete dietro di lui, e facendo scontrare malamente il muro freddo con la sua schiena.
«Che cazzo...»lo sentii mugolare quando si ritrovò in quella condizione. Strinsi la presa sulla sua gola, facendolo tossire leggermente e avvicinandomi pericolosamente a lui, cercando in qualche modo di spaventarlo. In quel momento tutta quell'attrazione che avevo creduto di avere nei suoi confronti scomparve definitivamente, come se non ci fosse mai stata, e fu rimpiazzata in un attimo dalla rabbia che ora mi scorreva velocemente tra le vene e arrivava direttamente ai muscoli della mia mano.
«Ripetilo, se hai il coraggio, Mangiamorte bastardo.»ringhiai tra i denti, cercando di colpire anche lui nella maniera più dolorosa possibile. In realtà non sapevo nemmeno se fosse anche lui come la sua famiglia un Mangiamorte, e non era nemmeno corretto che io lo insultassi in quel modo, ma in quel momento il sangue non stava circolando come doveva all'interno del mio corpo e non mi permetteva la giusta ossigenazione del cervello.
Quello che però non mi aspettavo fu la sua mossa successiva: come avevo fatto io poco prima, anche la sua mano finì alla mia gola, stringendomela e non poco, facendo in modo che lasciassi la presa su di lui. L'attimo dopo allentò la presa e, come se nulla fosse, mi spinse via per poi sbattermi contro la parete dove poco prima era stato poggiato anche lui.
E di nuovo la stessa situazione, i nostri visi a pochi centimetri di distanza, i respiri che si scontravano con la pelle dell'altro, e gli occhi infuocati a causa della rabbia.
«Stai giocando un po' troppo per i miei gusti.»lo sentii dire e, quando usò un tono di voce ancora più basso, giurai di sentirmi crollare per terra.
In quel momento capii che in realtà oltre alla furia per quello che mi aveva detto, l'attrazione nei suoi confronti era tornata più viva che mai ed ora che i nostri corpi erano quasi attaccati non sarebbe stato facile liberarmene.
Il silenzio del corridoio, l'ambiente poco illuminato e soltanto le nostre auree arrabbiate a circondarci. E poi, i suoi occhi mi percorsero ogni lineamento del volto. Dagli occhi, alle guance, al collo e poi inevitabilmente trovarono le mie labbra. Deglutii quando ciò accadde e non potei fare a meno di fare la stessa azione: la sua bocca sembrava così morbida e piccola allo stesso tempo e, dopo l'ennesima volta che la guardavo, ero sempre più tentato dallo sporgermi e prendere anche solo un piccolo assaggio di quello che credevo mi avrebbe mandato direttamente in paradiso.
«Sei proprio gay, biscottino.»sussurrò sulle mie labbra con un fastidioso ghigno, allora alzai di nuovo lo sguardo su di lui e feci per spostargli la mano dal mio collo e spingerlo via ma non potei farlo.
L'attimo dopo mi aveva tirato verso di sè dalla presa sul mio collo e aveva fatto scontrare le nostre labbra in un bacio. Fu rude, inizialmente nessuno di noi due si mosse, probabilmente entrambi colti dalla sorpresa del momento,
ma quando lui fece per schiudermi le labbra io non potei far altro che seguirlo. E dire che baciarlo era meglio di quanto mi ero immaginato era un eufemismo.
La sua bocca era soffice come l'avevo immaginata, nonostante fosse fine, e si adattava perfettamente alle mie labbra piene. La mano che teneva sul collo non la spostò, come a voler essere sicuro che non mi allontanassi, mentre io non mossi un muscolo; questo finchè anche l'altra sua mano finì su un mio fianco, il quale se lo portò verso di sè e fece, inevitabilmente scontrare i nostri bacini.
Un sospiro uscì dalle mie labbra quando ciò successe e io già riuscivo a sentire l'eccitazione crescere all'interno del mio stomaco. Si staccò un attimo per riprendere fiato e io colsi l'iniziativa poggiando una mano sulla sua spalla, rendendomi conto quanto gli allenamenti di Quidditch gli facessero bene e lo mantenessero in una forma fisica perfetta. Nel momento in cui lo toccai si abbassò sul mio collo e spostò le dita dietro la mia nuca per accarezzarmi alcune ciocche di capelli più lunghi, poi prese a lasciarmi dei baci aperti sulla pelle candida della gola e in quell'istante chiusi gli occhi, beandomi delle belle sensazioni che mi stava dando quel ragazzo maledetto.
«Choi...»mormorai, buttando la testa all'indietro quando toccò un determinato punto con la lingua e lo sentii sorridere sulla mia pelle.
«Ti piaccio proprio, non è così?»
Soltanto nel sentite quelle parole riuscii a tornare alla realtà. Stavo baciando un ragazzo nel corridoio di una scuola piena di studenti che sarebbero potuti spuntare da ogni angolo. Non solo nessuno sapeva del mio orientamento sessuale, cosa che io non volevo rendere nota, ma stavo anche baciando quello che era il mio nemico da sempre.
Non appena il mio cervello riuscì a prendere il controllo dei miei desideri lo spostai malamente da me, spingendolo con la mano che poco prima avevo tenuto stretta sulla sua spalla. Nemmeno lo guardai in faccia quando mi voltai e mi incamminai nella direzione opposta a passo veloce, volendo andarmene il più lontano possibile da lui.
SI SONO BACIATI AAAA
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