(8)

San

Passarono i giorni da quella partita e da quella festa, e piano piano eravamo giunti a fine giugno. A breve ci sarebbero stati gli esami dei M.A.G.O. e mi ero messo in testa di studiare per passarli con un bel voto.

In realtà non mi sarebbe nemmeno servito, dal momento che il mio futuro era già scritto, e il mio voto scolastico poco sarebbe importato.

Comunque quella mattina quando aprii gli occhi ero già intenzionato a richiuderli. Non avevo la minima voglia di alzarmi e andare a lezione, ma purtroppo avrei dovuto, dal momento che le mie assenze erano troppe e che non volevo rifare l'anno a causa della mancanza di ore. Mi strofinai le palpebre e poi mi misi a sedere, guardandomi attorno e notando una cosa: i miei compagni di stanza non erano più a letto. Questo poteva significare soltanto una cosa, ovvero che ero in ritardo.

Sbuffai rumorosamente e poi mi tirai fuori dal letto, sgranchendo la schiena e il collo, prima di dirigermi verso la mia sedia dove avevo lasciato la divisa la sera prima. L'afferrai, con tanto di spilla, e mi diressi verso il bagno per prepararmi e indossarla. Quando fui pronto mi guardai allo specchio e mi passai una mano tra i capelli, prima di voltarmi e prendere alcuni libri a caso per portarli a lezione.

Nonostante fossi in ritardo, e fortunatamente mi resi conto che era un ritardo soltanto di una decina di minuti, me la presi con calma per arrivare alla Sala Grande, fermandomi anche per qualche attimo a scattare una foto al corridoio.

Mi piaceva come era venuta la luce, con questo colore che ricordava tantissimo la mia casa di appartenenza. Comunque riposi il cellulare in tasca e vi infilai anche le mani, incamminandomi poi verso la Sala Grande da dove riuscivo già a sentire il vociare di studenti che facevano colazione. Alcuni ragazzi si stavano già dirigendo a lezione, altri come me stavano entrando proprio ora nella sala.

Notai subito che la tavolata dei Serpeverde era quella più piena (era sempre cosi la mattina, la nostra tavolata era sempre l'ultima a svuotarsi), e ciò significava che per me sarebbe stato più difficile trovare un posto. Perciò mi diressi verso quella dei Corvonero, che al momento aveva più posti liberi, dove vi trovai anche Yeosang intento a leggere la Gazzetta del Profeta.

«Buongiorno, compagno.»affermai non appena fui di fronte a lui, il quale alzò gli occhi dal giornale e addentò la sua mela, prima di riportare lo sguardo sulle pagine. Corrucciai le sopracciglia, non era da lui comportarsi in quello strano modo, solitamente era sempre il primo a salutarmi.

«Che succede? Il gatto ti ha morso la lingua?»gli chiesi ironicamente e soltanto a quel punto mise il giornale sul tavolo di legno con un tonfo, portando l'attenzione su di me.

«Guarda qui.»mi disse per poi passarmi l'oggetto a cui aveva degnato della sua attenzione fino a quel momento. Io lo presi anche se riluttante, e lo spiegai davanti a me sulla pagina che aveva letto lui fino a quel momento.

«"È di questa mattina la notizia dell'uccisione di una famiglia di babbani proprio in una piccola fazione di Londra. Non si sa la motivazione, l'unica connessione al mondo magico era una loro nipote che al momento sta frequentando la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Non è la prima famiglia di babbani a perdere la vita a causa di Mangiamorte, si aspettano ulteriori notizie."»lessi ad alta voce, corrucciando le sopracciglia di tanto in tanto e spalancando gli occhi alla fine.

«Vedi San? La situazione sta sfuggendo di mano...»iniziò a dire Yeosang ma io alzai gli occhi al cielo e poi lasciai cadere il pugno sul tavolo, facendo rumore e facendo sobbalzare il ragazzo seduto accanto a me.

«Non posso farci nulla, lo sai, non sono io a decidere.»puntualizzai io con tono duro, non volevo sembrare aggressivo con lui ma sapevo anche che ormai fosse abituato al mio comportamento e alle mie alterazioni, perciò in un certo senso ero consapevole del fatto che non se la sarebbe presa più di tanto.

«Si ma tu puoi decidere che vita voler fare, vuoi davvero essere uno di loro?»

Una cosa di Yeosang che era importante per lui era il mio futuro. Spesso era capitato che iniziassimo un discorso su cosa sarebbe successo dopo la fine della scuola, e ogni volta era finita con lui che mi urlava contro di smetterla con le mie supposizioni come Mangiamorte, che non sarebbe stato in grado di accettarlo. E io ogni volta gli dicevo che non avevo altra scelta e che doveva andarsi a far fottere.

«Ne abbiamo già parlato, sai anche questo.»risposi di nuovo, iniziando a raccogliere le mie cose con l'intenzione di alzarmi ed andarmene di lì. Infatti così feci e, senza nemmeno dire una parola, mi diressi verso l'uscita della Sala Grande, senza nemmeno aver mangiato nulla, e con direzione l'aula di Difesa contro le Arti Oscure.

Yeosang aveva ragione. Non l'avrei mai ammesso ad alta voce, e nemmeno a me stesso se è per questo, ma sapevo che aveva ragione. Se mai avessi voluto io avrei potuto cambiare modo di vivere, abbandonare completamente la mia famiglia e il paese e andarmene via ma non l'avrei mai fatto semplicemente perchè sarebbe stato tutto più facile seguire ogni passaggio che era già stato scritto per me. Nulla di quello che avrei dovuto fare della mia vita era già stato deciso e io non avrei mai avuto problemi nel dover fare una decisione da solo, non avrei mai rischiato di sbagliare.

Per quanto sapessi che avrei sprecato la mia vita per una cattiva causa, per il lato oscuro, non avrei mai fatto un'altra scelta se non quella.

Finalmente raggiunsi l'aula e, una volta dentro, mi resi conto che io ero tra gli ultimi studenti ad essere arrivato. Quel giorno noi Serpeverde eravamo coi Grifondoro, e già sapendo questo era ovvio che se ne sarebbero viste delle belle durante tutta la lezione. Ne ebbi la certezza quando adocchiai il Caposcuola seduto da solo ad uno dei banchi, tant'è che tutto il nervosismo che avevo avuto poco prima con la conversazione avuta con Yeosang sparí completamente, sostituito da un ghigno sul viso.

Mi incamminai verso di lui e, senza nemmeno chiederglielo, mi misi al suo fianco. Lui sembrò accorgersene soltanto quando fui già seduto, al chè volto la testa verso di me e spalancò gli occhi mentre sistemavo le mie cose sul tavolo.

«Non hai un altro posto dove sederti?»mi chiese retoricamente e con un tono velenoso nella voce, io mi voltai verso di lui e lo squadrai dalla testa ai piedi, anche se mi fu difficile dal momento che era seduto.

«Che c'è? Ti crea qualche problema avermi vicino?»lo presi in giro alzando e abbassando le sopracciglia velocemente, lui invece alzò gli occhi al cielo e poi tornò a sedersi dritto, prendendo ad ignorarmi.

Da quella sera alla festa poi l'avevo visto soltanto a lezione e qualche volta durante le ronde la notte, dato che io ero prefetto e lui Caposcuola capitava che ci incontrassimo le notti, ma niente di più. Però ogni volta che lo vedevo mi veniva voglia di dargli fastidio, di stuzzicarlo, soltanto per vedere come avrebbe reagito.

Non sapevo in realtà perchè mi importava cosí tanto, dopotutto avevo vissuto sei anni e mezzo senza fregarmene ed ero stato benissimo, ma ora che lo avevo visto sotto un'altra luce era diverso.

Anche se non lo aveva detto apertamente avevo capito che le ragazze non gli piacessero, o che almeno non gli piacessero quando i ragazzo. Lo avevo visto come mi aveva guardato, quella sera, e di certo quelli non sono sguardi che si rivolgono a qualcuno per la quale non provi un minimo di attenzione. Proprio per questo mi piaceva dargli fastidio, volevo vedere fino a che punto potesse arrivare.

Non perchè volessi avere una qualche interazione, ma piuttosto per trovare un modo per rendere più leggera la fine della scuola: quello mi sembrava il modo perfetto a mio parere. Certo, non negavo che me lo sarei fatto volentieri, voglio dire, era palese che fosse un bel ragazzo, ma non sarei mai andato cosí in basso da scopare con un Grifondoro come lui.

«Buongiorno ragazzi, in vista degli esami che ne dite di un bel ripasso?»il professore annunciò subito quello che voleva fare per il resto dell'ora ma io ormai avevo altre intenzioni: mandare in tilt il mio compagno di banco. Mi sarebbe bastato davvero poco, e io già sapevo cosa fare.

Non appena lo vidi abbassarsi per prendere il libro nel suo zaino colsi l'occasione per scivolare sulla panca e andare il più vicino possibile al suo corpo, senza che se ne accorgesse. Ricordavo perfettamente il calore che emanava e, per quanto sembrasse strano, ricordavo anche il suo odore, che avevo avuto la possibilità di sentire quella notte durante la festa post-vittoria di Quidditch. Era un profumo da uomo, qualcosa di fresco e quasi aspro, ma che sembrava squisito quando arrivava all'interno delle narici. O almeno così era parso a me.

Comunque in un modo o nell'altro, quando si tirò su, si rese conto della vicinanza che si era venuta a creare e subito girò la testa verso di me con gli occhi sgranati.

«Che stai facendo?»mi chiese a bassa voce per non farsi sentire dall'insegnante ma io non risposi, semplicemente anche io voltai la testa verso di lui e feci incontrare i nostri occhi, poi con un sorrisetto spostai la mano da sopra il tavolo sul legno della panca dove entrambi eravamo seduti. Si accorse del movimento e abbassò gli occhi su di essa, deglutendo.

«Potresti...allontanarti? Per favore.»domandò con voce quasi tremante e io capii di aver la vittoria in pugno quando lo udii in quel modo. A quel punto, invece di fare come mi aveva appena chiesto, spostai ancora la mano che questa volta andò a finire sulla sua coscia.

Sobbalzò a quel contatto ma, contro ogni mia aspettativa non si spostò, anzi, rimase fermo a guardare il punto dove ci toccavamo. Allora strinsi la presa, palpandolo attraverso il leggero tessuto dei pantaloni della divisa primaverile e soltanto in quel momento rispose e portò la sua mano sulla mia, afferrandomi le dita facendo per toglierle.

«Ti rendo nervoso?»gli chiesi, avvicinando il viso al suo orecchio e, quando lo guardai in faccia, lo vidi arrossire sulle guance. Ebbi lo strano impulso di avvicinarmi con la faccia a lui, di strusciargli il naso contro la pelle liscia e abbronzata, e per un primo momento non riuscii a spiegarmelo.

In realtà non mi era nemmeno mai capitato di fossilizzarmi cosí tanto con qualcuno: dopotutto a me cosa cambiava se quel ragazzo fosse gay o meno? Dopo la fine dei M.A.G.O. non l'avrei nemmeno più visto, cosa mi interessava di un Grifondoro che mi stava anche un po' sul cazzo?

«Posso andare in bagno?»la sua voce mi riportò alla realtà e immediatamente tolsi la mano e puntai lo sguardo davanti a me, come se in quel momento non riuscissi a vedere nulla.

«Si, Jung, vada pure.»gli venne risposto e in quello stesso istante si alzò dalla panca e si allontanò il più velocemente possibile da me.

Non seppi perchè, ma dargli fastidio in quel modo mi era piaciuto e mi sarebbe stato un problema trattenermi per il resto della lezione.

Woo fa finta di niente, per adesso

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