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San

Entrai nello spogliatoio dei Serpeverde, dove sapevo vi avrei trovato tutti i sei giocatori della mia squadra. Come al solito io ero l'ultimo ad entrare, dato che essendo capitano dovevo sempre discutere riguardo qualcosa con Madam Hooch riguardo la partita di quel giorno.

Varcai la soglia e infatti vi trovai i ragazzi che chiacchieravano tra di loro mentre si vestivano e svestivano e cercai di non fissare troppo i loro corpi nudi. Dopotutto tutti sapevano della mia bisessualità, e non volevo che pensassero che avessi qualche tipo di crush per loro o qualcosa del genere.

Non era stato un problema per me ammettere la mia sessualità al resto del mondo, anche se ci avevo preso qualche schiaffo da parte dei miei e qualche minaccia di essere cacciato di casa, ma quando mi ero presentato con una ragazza di fronte a loro tutto era cambiato. Probabilmente credevano che il mio coming out non fosse stato vero visto che non avevo mai avuto un fidanzato, ma ovviamente non sapevano della mia reputazione qui a scuola.

Mi piaceva il sesso, soprattutto con i ragazzi. Mi piacevano le relazioni con le ragazze, dare dei baci, tenersi per mano, ma quando si arrivava al punto per me era più facile pensare che la persona al di sotto di me fosse un maschio.

E perciò avevo iniziato ad andare a letto con molti ragazzi qui ad Hogwarts, non mi interessava più di tanto la loro casata o come erano, volevo soltanto passare una notte diversa e divertirmi ogni qualvolta sentivo il bisogno di scaricare la tensione in qualche modo.

Da una parte avevo paura di uscire da quel castello, una volta finito quell'anno, per il semplice fatto che poi non avrei più avuto la possibilità di fare sesso con i ragazzi senza essere scoperto dai miei genitori. Sarebbe stato difficile non farglielo sapere, visto che ogni volta che andavo a letto con qualcuno, quando tornavo avevo come un'aura diversa attorno a me, come se avessi proprio una scia che gridava che avevo appena finito di fare sesso con un maschio.

«Capitano, è tutto ok?»mi chiese uno dei ragazzi, notando che ero rimasto imbambolato sulla porta, con lo sguardo puntato sul pavimento e immobile come una statua. Io alzai gli occhi e guardai velocemente ognuno di loro, prima di scuotere la testa per allontanarmi da tutti quei precedenti pensieri.

Lasciai la mia scopa poggiata al muro fuori il nostro spogliatoio e portai il borsone con la mia divisa all'interno dell'ambiente, dove tutti gli altri tornarono a parlare tra loro del più e del meno mentre si preparavano.

Purtroppo non avevo un buon rapporto con questi ragazzi, l'unico con cui ero sempre stato più legato era Seonghwa, che però era un anno più grande di me e che quindi l'anno scorso aveva finito. Eravamo stati molto amici, e tutt'ora lo eravamo, anche se non ci vedevamo dalle vacanze di Natale. Anche lui, come me, era figlio di una famiglia di Mangiamorte sfuggiti alla condanna di Azkaban, però si era allontanato dai suoi genitori ed ora viveva la sua vita in totale tranquillità.

Aveva trovato un appartamento ma troppo costoso per lui, per questo aveva deciso di condividerlo con il suo migliore amico Hongjoong. Avendo entrambi la stessa età, erano usciti da Hogwarts insieme e, nonostante la differenza di casata si trovavano entrambi bene l'uno con l'altro. Hongjoong era un Corvonero, infatti Yeosang lo conosceva bene e per tutto il mio sesto anno avevamo trascorso ogni momento libero delle nostre giornate tutti insieme, a non fare nulla e semplicemente a fare ciò che ci faceva stare bene.

Era stata l'estate scorsa però, che una volta tornato a casa, i miei genitori mi avevano forzato nell'entrare dentro ad un gruppo di "rivendicatori" del Signore Oscuro. Seonghwa essendo già maggiorenne se l'era scampata, mentre io...beh, io c'ero dentro fino al collo.

Mi spogliai dando le spalle ai ragazzi (quell'anno in squadra erano presenti soltanto maschi), i quali non mi degnarono nemmeno di uno sguardo, poi presi le mie cose nel borsone e le indossai in fretta, visto che ero arrivato fin troppo preciso (anzi, non ero in ritardo, stranamente) e poi mi sedetti per allacciarmi gli scarpini.

Nonostante tutti i ragazzi fossero pronti nessuno di loro si mosse, consapevoli del fatto che li avrei tenuti almeno un paio di minuti di più per il mio solito discorso pre-partita. Infatti, quando fui pronto, riposi tutto dentro al borsone e mi voltai verso i miei sei compagni i quali al momento mi stavano guardando in attesa. 

«Penso avrete capito che non sono uno di molte parole, perciò andrò dritto al dunque.»esordii, quel giorno non ero in vena di fare le mie solite raccomandazioni: non sarebbero servite a nulla d'altro canto, se avessimo perso.

«Giochiamo per vincere, perciò gli dobbiamo spaccare i culi.»fu la mia audacia a parlare e, a quelle parole, ci fu un urlo generale all'interno del piccolo spogliatoio, poi tutti noi ci indirizzammo verso l'uscita e afferrammo le nostre scope, io per ultimo. Sospirai e li seguii, dirigendoci in gruppo verso il piccolo stadio di Quidditch della nostra scuola, da dove erano ben udibili le voci e le urla delle persone sugli spalti che ci incitavano a giocare. Scorsi i colori inconfondibili della mia casata e quelli dei nostri sfidanti che entravano in completo contrasto gli uni con gli altri.

Quando arrivammo nei pressi dello stadio la squadra dei Grifondoro era appena entrata e aveva messo su una piccola scenografia sulla scopa con sottofondo gli applausi e la telecronaca di un ragazzo che spiegava passaggio per passaggio quello che i membri della squadra faceva.

Quando fu il nostro turno ad entrare, non ci fu una scenetta da parte nostra ma semplicemente in un attimo fummo sette Serpeverde contro i sette Grifondoro, gli uni davanti agli altri. Osservai attentamente uno ad uno i miei sfidanti e poi Madam Hooch chiamò i due capitani. Mi feci avanti e immediatamente riconobbi la figura del capitano, il quale a sua volta venne verso di me tendendomi la mano.

«Voglio un gioco pulito.»affermò severa la professoressa di lato rispetto a noi due ma in quell'attimo tutto sembrò andare al rallentatore e all'improvviso ebbi voglia di tirargli un pugno in faccia quando lo vidi passarsi la lingua sui denti e squadrami dall'alto verso il basso.

«La smetterai di sorridere quando avrai perso.»commentai allora l'espressione del rosso-oro davanti a me, il quale si limitò soltanto a fare un piccolo movimento con la testa, come a farmi capire che non si aspettava che io gli rivolgessi la parola, visto che non era mai capitato. In realtà non ero tipo da "parlare" prima delle partite, ma in generale mi piaceva passare più ai fatti rispetto che rimanere sulle chiacchiere.

«Staremo a vedere.»mi rispose a tono lui e questa volta fui io a sorridere, sapendo perfettamente che avevo tirato fuori tutta la sua attenzione: non avrebbe svolto il suo compito da cacciatore e, in questo modo, la vittoria sarebbe stata nelle mie tasche già dal principio.

Ci allontanammo l'uno dall'altro e prendemmo i nostri posti, per poi sollevarci in aria con le nostre scope e partire subito dopo il via della coach. Immediatamente presi a cercare il boccino d'oro con gli occhi, anche se in un primo momento era impossibile.

Cercai di isolarmi da tutti, dalla gente, dai suoni, dal vento, persino dall'aria, provando a concentrarmi il più possibile sull'oggetto del mio attuale desiderio. Giravo gli occhi da destra a sinistra come un pazzo, in cerca di quel bagliore luccicante che avrebbe permesso alla mia squadra di vincere.

Presi a muovermi in fretta, cosicché potessi essere in grado di trovarlo prima del cercatore della squadra avversaria e portare a casa quella vittoria. Voltai lo sguardo verso i cacciatori, che ora tenevano la palla e il momento dopo la stavano passando ai propri amici, e mi presi un attimo per guardare il capitano dei Grifondoro che, proprio in quel momento, mise la pluffa dentro ad uno dei cerchi delle porte da gioco.

«Merda.»imprecai, riportando lo sguardo sul resto del campo. Erano passati solo pochi minuti dall'inizio della partita ma già avevo voglia di trovare quel dannato boccino, volevo vincere e volevo togliere definitivamente quel sorrisetto dalla faccia del capitano avversario.

Però, dovevo ammettere che era piuttosto bravo.

E poi, tutto ad un tratto, proprio nel punto che non smettevo di fissare da minuti ormai, apparve il luccichio inconfondibile della pallina che avrebbe segnato la vittoria decisiva. Mi buttai subito in picchiata verso il basso, dove avevo visto quel "miraggio" e mi voltai indietro col busto soltanto per controllare dove fosse l'altro cercatore: non mi aspettavo, però, di trovarlo proprio dietro di me.

Ripuntai gli occhi sul boccino, mi chinai sulla scopa e mi appiattii il più possibile, in modo da aumentare la mia velocità, decisi poi di allunare un braccio verso la pallina per essergli piú vicino rispetto all'avversario che ora si era messo al mio fianco.

«Merda.»mormorai, e feci appena in tempo a pronunciare quella parola che non capii come in un primo momento, ma avvertii un fortissimo dolore al polso, sentii quasi le sue ossa spezzarsi e gemetti per la sensazione appena provata. Di conseguenza rallentai e sbandai per qualche secondo con la mia scopa, fino a fermarmi per prendermi il mio stesso braccio nell'altra mano.

«Cazzo, ma che...»girai lo sguardo per capire cosa fosse stato e vidi la sabbia dello stadio muoversi come impossessata da una qualche entità, prima che ne sbucasse fuori una pluffa; maledetti battitori. Sospirai, per poi mordermi il labbro inferiore per non urlare, infine alzai gli occhi e vidi chiaramente uno dei battitori dei Grifondoro darsi il cinque con il loro capitano.

Bastardi.

E poi, come se non bastasse, un urlo:

«IL CERCATORE HA CATTURATO IL BOCCINO! GRIFONDORO VINCE!»

Bene, dal prossimo capitolo le cose si faranno interessanti...

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