(26)

San

Il bruciore intenso contro la mia pelle stava durando da ormai minuti e ogni volta si faceva più intenso. Era come se a momenti sarei potuto scoppiare a causa dei pizzichi che stavo avvertendo. Strizzai gli occhi come a voler sopportare il dolore, ma ovviamente ciò non mi fu servì perchè era ovvio che una cosa del genere non poteva di certo passare con così tanta facilità.

Era stata dura prendere quella decisione per me, ci avevo dovuto pensare per settimane intere e diversi litigi vari con i miei amici e con la mia famiglia per prendere una posizione ma alla fine avevo scelto: mi sarei tolto il tatuaggio dei Mangiamorte e poi avrei abbandonato l'ordine, che fosse piaciuto o meno ai miei genitori.

«Abbiamo quasi finito, San, poi sarai libero.»mi informò la donna che in quel momento si stava occupando di rimuovere quell'inchiostro dalla mia pelle per sempre. Io riuscii ad annuirle soltanto mentre tornavo ad occhi chiusi, cercando di scostarmi da tutto quel dolore.

Dopo aver lasciato Wooyoung ad Hogwarts avevo capito di dover fare qualcosa per lui ma anche per me. Di certo non poteva continuare a vivere in quella maniera, all'interno di un castello e facendo come lavoro l'assistente dei professori. Quella non era di certo un'aspirazione a cui poter puntare e sapevo bene che lui avesse altri piani per il suo futuro.

Non potevo permettere che continuasse a vivere in quel modo a causa mia e della mia famiglia, e ciò mi aveva spinto a trovare una soluzione che avrebbe anche conferito la pace a noi di conseguenza.

Avrei voluto denunciarli, davvero, o almeno trovare il coraggio per farlo, ma purtroppo non era così semplice come sembrava dirlo e non volevo soprattutto che mia sorella finisse ai servizi sociali. Non potevo occuparmene nemmeno io perchè al momento non ero economicamente stabile per mantenere me stesso, figurarsi anche lei. Nonostante fossero dei genitori di merda, erano gli unici che avevamo.

Perciò l'unica cosa che potevo fare era andarmene dall'ordine dei Mangiamorte, sperando che si mettessero l'anima in pace e mi lasciassero stare una volta per tutte. Avevo paura che mi avrebbero cacciato di casa e che quindi poi non avrei più potuto proteggere Hyejin dalle loro grinfie, ma quello era l'unico modo in cui potevo vivere al meglio.

«Ecco fatto, come nuovo.»disse la signora al mio lato attirando la mia attenzione e facendomi risvegliare da quella trance in cui ero caduto fino a qualche secondo prima. Io aprii gli occhi e li puntai sulla pelle del mio braccio, arrossata a causa della luce pulsata che aveva agito fino a quel momento sul mio arto ma comunque priva di ogni macchia nera. Sorrisi quando mi resi conto di quanto fosse meglio la mia pelle in quel modo e di quanto più leggero fossi senza pensare al peso di dover coprire quel tatuaggio per il resto della mia vita.

«Ti ringrazio.»le dissi allora, iniziando a sentire le lacrime affiorarmi agli occhi, lei ricambiò il sorriso e poi passò a farmi l'elenco delle cose che avrei dovuto fare con il mio braccio d'ora in poi, finchè la mia pelle non sarebbe tornata ad una condizione ottima. Dopo averla pagata fui libero di andarmene e così feci, pensando a quello che sarebbe successo da questo momento in poi.

Non sapevo cosa avrei dovuto aspettarmi quando sarei ritornato a casa, ma ero certo che qualcosa sarebbe successo. Speravo soltanto che sarei stato in grado di uscirne vivo.

Mi smaterializzai proprio di fronte alla mia abitazione, per fortuna vivevamo in un sobborgo magico e perciò non c'erano problemi riguardanti i babbani. Rimasi a guardare l'edificio davanti a me, soltanto il cancello a dividermi dall'uscio che, dopo averlo attraversato, mi avrebbe cambiato il resto della mia vita.

Sospirai e poi chiusi gli occhi, poi annuii per darmi un po' di coraggio e mi incamminai. Il cancello si aprì non appena fui vicino ad esso grazie ad un incantesimo di riconoscimento ed in un attimo mi ritrovai ad infilare le chiavi nella serratura, sapendo che quella probabilmente sarebbe anche stata l'ultima volta che l'avrei fatto.

Non capivo in realtá cosa mi aveva spinto a cambiare idea in maniera così radicale, dopotutto continuavo a temere per l'incolumità di mia sorella. Però le avevo parlato, lei mi aveva detto che non era spaventata perchè finchè sarebbe rimasta ad Hogwarts avrebbe avuto la protezione della McGranitt, che ormai era a conoscenza della nostra situazione, e che una volta finito quell'anno avrebbe passato l'estate da una sua amica, per poi tornare per finire scuola. Poi, una volta concluso il settimo anno, sarebbe sparita nel nulla, non volendo più avere nulla a che fare con la Londra magica.

In quel modo avrebbe passato il minor tempo possibile coi miei genitori e io sarei potuto anche stare più tranquillo, nonostante mi dispiacesse che probabilmente nemmeno io l'avrei più vista.

Una volta dentro la mia casa mi guardai attorno e mi resi conto che i miei genitori si trovavano in salotto, da soli, semplicemente a guardare la TV. Il momento era giunto, non avrei avuto altre occasioni.

«Mamma? Papà?»chiamai annunciandomi e subito entrambi si voltarono verso di me, alzandosi poi in piedi e raggiungendomi come se fossi sparito da settimane, quando in realtà ero uscito soltanto qualche ora prima.

«San, dove sei stato?! Sei andato via senza nemmeno avvisarci!»esclamò mia madre immediatamente venendomi incontro e mettendo una mano sulla mia guancia, io mi scostai ma lei non disse nulla, abituata ormai al comportamento freddo e distaccato che avevo nei loro confronti.

«Dovevo fare una cosa importante.»affermai serio, non volendo dire subito quello che avevo appena fatto e volendo aspettare prima che si scatenasse completamente l'inferno.

«Capisco, che ne dici di...»provò a dire mio padre facendo qualche passo verso la cucina dove probabilmente voleva andare per prendere qualcosa e inventarsi qualche scusa per uscire con me e poi portarmi al quartier generale dei Mangiamorte, dato che era da quando ero uno di loro che entrambi i miei genitori cercavano di trascinarmi in quel posto a tutti i costi.

«No. Dobbiamo parlare.»lo bloccai io prima ancora che finisse di parlare e lui si fermò sul posto, rivolgendo di nuovo l'attenzione verso di me, guardandomi poi con fare confuso, cosa che fece anche mia madre. Io d'altro canto sbuffai un sospiro e guardai in basso, cercando di prendere l'ultimo briciolo di coraggio necessario per confessare tutto.

Iniziai ad afferrarmi la manica e a fare per tirarmela su, in modo da passare ai fatti piuttosto che spiegare a parole cosa avevo appena fatto.

«Che cosa hai fatto?»mi chiese mia madre osservando i miei movimenti lentamente, fino a quando poi riuscii a mostrare loro il mio avambraccio adesso bianco e arrossato a causa della rimozione del tatuaggio. Calò il silenzio nel corridoio, rotto soltanto dal mio respiro affannato a causa dell'ansia, che mi faceva sembrare come se avessi corso una maratona.

«San che cazzo ti è saltato per la testa?! Dov'è il tatuaggio?»imprecò mio padre mentre sua moglie mi afferrava un polso e mi tirava verso di sè, per esaminare che tutto ciò fosse vero e che non stesse succedendo soltanto nella sua testa.

«Papà, io non voglio questa vita, non voglio essere un Mangiamorte.»riuscii finalmente a dire dopo anni che parlavamo soltanto del mio futuro come tale. Non ero mai riuscito ad oppormi ai loro voleri, ma ora ero arrivato al limite della sopportazione.

«Ma è tutta la vita che ci prepariamo per questo momento!»urlò mia madre facendo cadere il mio braccio senza nemmeno troppa delicatezza e guardandomi con gli occhi sgranati, non volendo ancora capire quello che io intendessi dire con tutto ciò.

«Non noi, voi vi preparate per questo momento! Io non ho mai voluto nulla di tutto questo!»ribattei alzando il tono di voce allo stesso modo e iniziando a sentire la rabbia bollirmi nelle vene.

«Figliolo pensaci bene, una volta fatto, sará tutto finito.»parlò mio padre con voce più pacata ma quel tono accompagnato da quelle parole non fece altro che farmi innervosire ancora di più se possibile, cosa che credevo fosse alquanto difficile in quella situazione.

«Che cosa sarà finito?»chiesi rivelando il mio nervosismo a fior di pelle con la velocità con la quale pronunciai quelle parole e guardando i due adulti uno alla volta, attendendo che uno dei due mi desse una risposta.

«La nostra famiglia.»rispose mia madre e a quel punto mi bloccai. La mia espressione smise di essere tesa e corrucciata e le mie labbra si chiusero, perdendo tutta la tensione che avevo avuto fino a quel momento. Era fatta, la sentenza era stata data, e io sentii il mio cuore fermarsi.

«Tu non esisterai più nel nostro albero genealogico, sarà come se tu non ci sia mai nemmeno stato.»spiegò mia madre come se già non fosse chiaro. Conoscevo altre famiglie che avevano buttato fuori i loro figli per quella stessa causa, una delle più famose era la famiglia Black. Una volta che loro figlio si era mostrato diverso da loro se ne era andato ed era stato completamente eliminato da ogni quadro o foto, come se non fosse nemmeno mai esistito.

E così era stato per tutti i suoi amici. Alla sua famiglia non interessava nulla di qualsiasi persona fosse collegata al loro figlio. Proprio questo sarebbe potuto essere la soluzione per me: nessuno avrebbe più importunato Wooyoung.

«Pensaci bene, stai buttando all'aria questa utilissima opportunità per nulla.»aggiunse mio padre, rendendosi conto che ci stavo pensando un po' troppo e probabilmente sperando ancora che avrei cambiato idea e che mi sarei unito definitivamente a loro.

Ma io sapevo che non ne sarei mai stato in grado.

«Lo sto facendo per essere libero e per vivere come voglio io.»risposi deciso e alzando il mento, annuendo poi come a voler dimostrare la sicurezza delle mie parole una volta per tutte.

«Così sia, allora.»rispose lui, cingendo con un braccio la vita di sua moglie e continuando a guardarmi con una nota di sfida quasi.

«Esci da questa casa.»ordinò mia madre, senza nemmeno un accenno a delle lacrime. Io d'altro canto nel sentire quella frase il mio cuore andò completamente in frantumi, e riuscii già ad avvertire il bruciore nei miei occhi.

Comunque obbedii e, senza dire una parola, tornai sui miei passi ed uscii di lì, chiudendomi la porta alle spalle. Sarei passato a prendere le mie cose nei giorni successivi ma, in quel momento l'ultima cosa che volevo fare era continuare a condividere l'ossigeno con quelli che fino a quel momento avevo chiamato miei genitori.

Una volta assicuratomi che quella notte avrei avuto un tetto sotto il quale dormire misi il mio telefono in tasca e mi lasciai andare alle mie stesse lacrime.

San è libero finalmente, possiamo farcela

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