VII (prima parte)- una strana conversazione.
Amber era stata fin troppe volte in quella casa, tanto che aveva imparato a memoria la geometria di ogni anfratto e il modello della carta da parati.
Aveva visto la macchina parcheggiata nel cortile e vi si era nascosta dietro, attendendo che Alyssa spalancasse il portone d'ingresso e si avviasse lungo il sentiero che l'avrebbe condotta a scuola. Quando la sua sagoma era svanita all'orizzonte, Amber era sgattaiolata fuori, diretta verso il portico. Aveva atteso che il proprio cuore diminuisse il ritmo dei battiti, che le mani si disfacessero di quel sudore che le aveva rese appiccicose, che il respiro tornasse alla normalità. Ed infine si era decisa a suonare il campanello. Dall'altra parte del portone Luthien Jefferson aveva chiesto chi bussasse a quell'ora mattutina, e Amber aveva rivelato in fretta il proprio nome. La porta si era spalancata, rivelando la snella figura della sorella maggiore di Alyssa. Era già vestita, con dei jeans semplici e una maglietta di cotone a maniche lunghe. A differenza sua, che indossava un cardigan sopra una maglia attillata e dei jeans stretti, sfoggiava un abbigliamento piuttosto estivo. Quando piantò lo sguardo su di lei Luthien capì all'istante che qualcosa non andava.
-Amber- la salutò, schiarendosi la gola, -non dovresti essere a scuola? Alyssa è già uscita. -
-Non sono venuta per parlare con Alyssa- la interruppe lei in tono diretto. -Sono qui per te. Ho bisogno di parlarti. È urgente.
Luthien rimase interdetta per una manciata di secondi domandandosi cosa ci fosse di tanto urgente da spingere Amber fino a lì, a quell'ora della mattina.
-Entra.
Si spostò di lato per permetterle di entrare e richiuse il portone alle loro spalle. Il profumo di rosa della vecchia casa investì il volto di Amber, inebriandola. Aveva sempre amato quel profumo.
-Di che si tratta?- chiese Luthien, avviandosi verso la poltrona e invitando la ragazza a sedersi.
-Grazie- mormorò, lasciandosi cadere sul sofà di fronte a quello di Luthien.
-È una questione delicata.
Accavallando le gambe e sporgendosi in avanti, divenne improvvisamente seria. -Ti ascolto.
Mordicchiandosi il labbro inferiore, Amber prese un respiro profondo.
-Sei a conoscenza del passato di Alyssa, non è vero?
Cominciò con la voce che vibrava per la tensione.
Luthien fissò il ciondolo appeso al suo collo e il suo scivolare su e giù, assecondando i movimenti del petto.
Annuì, seria.
-D'accordo.-
Trattenne il respiro come se stesse per strappare un cerotto da una ferita aperta. -È in pericolo. Luthien, siamo entrambe in pericolo. Siamo...
Prima che potesse continuare, le mani di Luthien si avvinghiarono alle sue, stringendole preoccupate. -Che cosa significa? Cosa è successo?
Amber scorse il terrore nuotare nei suoi occhi azzurri, impossessarsi del suo respiro che divenne più rapido, appropriarsi della sua facoltà di ragionare.
-Amber, rispondimi.
Strinse più forte, piantandole le unghie nei palmi.
-Luthien...
-Non capisco.
Amber la guardò esterrefatta. La conosceva da circa una vita e non l'aveva mai vista più sconvolta.
-Mi ha... raccontato di un sogno che fa continuamente da alcuni mesi. Un sogno dove c'è un diavolo con una cintura argentata che le dice cose strane. E mi ha raccontato di sentire una voce che assilla i suoi pensieri, come se non volesse più fermarsi. E' un segno, capisci? Ci stanno cercando.- spiegò con quanta più calma le fu possibile in quella circostanza. Luthien stava ancora stringendo le mani e quando se ne rese conto le lasciò andare, lentamente. -Chi vi sta cercando?
-I membri del consiglio di Deifàn. Sono stati inviati qui per catturarci ed eliminarci...
Gli occhi di Luthien si spalancarono. L'orrore penetrò la barriera delle sue labbra, spingendola a gridare. -Che cosa hai detto?
Nella stanza calò un improvviso silenzio, carico di angoscia e terrore. L'unico rumore che si percepì per i successivi cinque minuti fu lo scandire del tempo delle lancette del pesante orologio fisso all'ingresso.
Quando Amber parlò, la sua voce era la perfetta riflessione dell'inquietudine che la stava logorando internamente.
-L'unico obiettivo dei deifàn è quello di estirpare la razza dei tùron, è la sola cosa per la quale si svegliano ogni giorno, il loro ruolo. Sono nati per questo. Probabilmente molti di loro non sanno nemmeno il perché ci diano la caccia, affidandosi semplicemente alla tradizione. Ma i più anziani, quelli nascosti nelle grotte che nessuno ha mai la possibilità di vedere, conoscono la storia a memoria e questo ricordo mantiene attive le loro menti.- spiegò scandendo le parole, per essere certa che l'altra comprendesse la gravità della situazione. -Nell'ultima assemblea il consiglio ha ricevuto delle informazioni anonime che testimoniano la presenza dei tùron sulla terra. E quelle informazioni sono vere. Tua sorella e io ne siamo una prova evidente.
-Tu...? Ripeté Luthien, confusa. -Ma tu non hai... voglio dire, i tuoi occhi...
-È merito delle lenti- chiarì Amber, -non so il motivo, ma su di me funzionano.
-Ma perché non hanno effetto su di Alyssa?- replicò lei con una incerta ostinazione. -Non riesco a capire.
-Probabilmente- rispose Amber, -perché lei possiede più sangue di demone di quanto ne abbia io. Sappiamo entrambe che sua madre è un demone. L'unica spiegazione plausibile è che il gene femminile abbia avuto un impatto maggiore nella formazione del suo DNA.
Luthien deglutì nervosa. -E non... non esiste niente che possa nasconderla, per evitare che la trovino?
-Niente di cui io sia a conoscenza- rispose Amber, fissando un punto imprecisato davanti a sé, come se si fosse persa nei propri pensieri.
-E non so come risolvere la situazione. Dobbiamo trovare il modo di nasconderci prima che arrivino o sarà la fine. Non ho alcuna intenzione di finire ammazzata da un popolo che ripugno con tutta me stessa.
-Credi che io lo voglia?- ribatté Luthien. La paura le aveva indurito la voce, tanto che lei stessa faticò a riconoscerla. -Ci sarà pure un modo per nascondervi.
-Loro sentiranno il nostro odore- replicò Amber, -quindi non c'è un modo, a meno che non fuggiamo.
-È impensabile. E anche se fosse, Alyssa non ci seguirebbe mai. Comincerebbe a fare domande. È troppo cocciuta e troppo affezionata a questa città per lasciarla.
-Lo so. Per questo non so cosa fare.
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