C a p i t o l o s e c o n d o
Alyssa
Quel sogno l'aveva perseguitata tutta la notte. Lei non poteva farci niente. L'uomo spuntava dal nulla, e pian piano una tenue luce arrivava a circondarlo. Poi allungava un braccio e apriva le dita della mano. Dal palmo spuntava un fiore, rosso come il sangue, dal pistillo bianco fosforescente, come le perle nelle ostriche. I petali si allargavano fino a formare una corona. E poi, l'uomo parlava. La voce era suadente e magnetica, quasi impossibile da reggere. Diceva qualcosa.
Solo una parola.
Alyssa.
Strinse le coperte fino a farsi diventare bianche le nocche delle dita. Nella penombra del primo mattino, i suoi occhi sbarrati non ne volevano sapere di chiudersi. Si sentiva la bocca asciutta, e l'oppressione al petto era aumentata di parecchio dalle poche ore che erano trascorse. Va tutto bene, Alyssa, hai solo visto un'ombra. Quella cosa non era reale, e tu lo sai. No, non lo sapeva, in realtà. Ma rabbrividiva al solo pensiero che quell'uomo ce l'avesse con lei. I primi raggi di sole penetrarono i vetri della finestra sopra il suo letto. Il suo volto venne investito dalla luce, costringendola ad alzare lo sguardo. Ancora intorpidita, e senza la minima voglia di alzarsi, scostò la coperta e infilò le ciabatte. Gettò uno sguardo al vetro e sbirciò oltre, quasi aspettandosi di scorgere ancora la sagoma dell'uomo. Ma ovviamente lui non c'era. Forse è stata un'allucinazione. Forse sono io che immagino cose. Scrollando la testa, assaporò la sensazione del sole sulla pelle. Se ne restò immobile, con le braccia a stringere la vita e la testa rovesciata all'indietro, gli occhi improvvisamente chiusi. Adorava quella sensazione; sentire il calore del sole inondarle la pelle, lasciare che bagnasse le sue palpebre era talmente rilassante! Inspirò a fondo, per prepararsi ad affrontare quel lungo giorno appena iniziato. Per quanto ci provasse, però, non riusciva a dimenticare l'uomo con la cintura d'argento. La cintura, già. Il particolare che l'aveva colpita più di ogni altra cosa. E quel paio di ali, nere come le tenebre. Deglutì con fatica, e sospirò forte. Non sono pazza, non sono pazza. Annuendo come per convincersi che davvero non lo era, sbadigliò e si stropicciò gli occhi. Cercò di scacciare il torpore dalle membra, quel torpore che colpisce di solito quando si sta sdraiati troppo a lungo, e infilò la porta. Il corridoio era talmente freddo che pareva gelido. In Irlanda l'aria era sempre fredda e le piogge molto frequenti. Entrambi colpivano anche le abitazioni, per la maggior parte, e i riscaldamenti non bastavano a coprire il gelo. Alyssa strinse il nodo della vestaglia e si strofinò le spalle con le mani. La camera di sua sorella era la seconda sulla destra. La raggiunse a piccoli passi, non sicura del fatto che fosse già sveglia e chinò la testa, sbirciando dalla serratura. Riuscì a intravedere la sagoma del letto e i suoi capelli sparsi sul cuscino. Si muoveva a malapena. Allora abbassò la maniglia, ed entrò in camera. La camera di Luthien era più grande della sua, perché sua sorella aveva una passione sfrenata per la lettura, e suo padre, tanti anni prima aveva deciso che era un bene e le aveva costruito un apposito mobile, grande quasi quanto un'intera parete. Tanto grande come quelli che si vedono di solito nelle biblioteche. La prima cosa che le saltò davanti agli occhi fu proprio quella. Centinaia e centinaia di libri, dalle più noiose enciclopedie ai più affascinanti tributi all'avventura; da Jack London a Cassandra Clare e tanti altri. Alyssa pensava che leggere tutta quella roba fosse inutile, ma Luthien le aveva sempre detto che se a lei non piaceva leggere non doveva per forza pensare che non servisse a niente. E poi, glielo ripeteva sempre, "leggere arricchisce l'anima e ti catapulta in un mondo che non avresti mai immaginato di conoscere". Ma Alyssa restava comunque della sua idea e non c'era assolutamente niente che potesse fargliela cambiare. Forse era per quello che a scuola non se la cavava proprio benissimo. Si avvicinò al letto di Luthien e vi sedette sopra proprio mentre lei apriva gli occhi. I riccioli corvini scendevano lungo il collo in maniera disordinata, ma era questo che la rendeva bella. Luthien non aveva mai niente di ordinato, né fuori né dentro,eppure era la preda più ambita della maggior parte dei ragazzi nel vicinato.
-Buongiorno, pulce- biascicò ancora assonnata. Alyssa tentò un sorriso ma il ricordo della notte precedente era ancora vivido e glielo impedì. -Non mi chiamavi più così da quando avevo otto anni- disse solo, piegando leggermente gli angoli della bocca. Luthien aveva tre anni più di lei, e dalla morte dei genitori, avvenuta qualche mese prima, si era occupata della sorella in tutto e per tutto. Si sollevò a sedere e si stiracchiò. -Stamattina mi è scappato involontariamente. Perché, ti da fastidio?- chiese portandosi una mano alla bocca per coprire uno sbadiglio. Alyssa abbassò gli occhi e fece spallucce. Smettila di pensare a quell'uomo, stupida. O se ne accorgerà. L'espressione di Luthien, infatti, mutò in un istante. Fissò lo sguardo su di lei, uno sguardo serio e preoccupato, e allungò le mani a toccare quelle della sorella. -Ehi, va tutto bene? Se non ti piace che ti chiami così, puoi dirmelo...- Le accarezzò una mano e scovò a fondo nel suo sguardo, senza però riuscire a capire nulla. Alyssa decise che trattenere le lacrime sarebbe stata la cosa migliore, anche perché non voleva rendere la sorella partecipe delle sue inquietudini. Luthien non si meritava di sentire delle bugie, ma lei non voleva in alcun modo interferire con la sua vita di sempre. -Certo, Luth. Tutto bene. E mi piace il soprannome pulce.- rispose rialzando la testa e mostrandole un sorriso tirato. -Sicura? Ti vedo un po' di malumore- insistette l'altra. Alyssa stette un momento incerta sul da farsi, mordicchiandosi le labbra. Poi scoppiò in una risata nervosa e andò a rintanarsi fra le sue braccia. -E' tutto a posto, davvero. Volevo solo farti spaventare!- Luthien guardò il suo capo ramato con aria scettica, mentre un sorriso affiorava sulle sue labbra. -E perché mai volevi farmi prendere questo spavento, stupida pulce?- la punzecchiò, affondando il volto nella sua spalla. Alyssa ridacchiò, senza rispondere. Mentre si stringeva a Luthien, rivide la sagoma dell'uomo davanti agli occhi, un po' sfocata dalla luce del sole, la sua cintura argentata. Il paio di ali nere. Rabbrividì, ma senza darlo a vedere e chiuse gli occhi. E allora il fiore rosso sbocciò nella sua mente, e il bianco della perla all'interno accecò i suoi sensi. Maledizione, pensò, questo non è reale. Non è reale. -Alyssa?- Sentì la voce di Luthien, così calda ma lontana, e allora riaprì gli occhi e sollevò la testa. Quelli della la fissavano senza capire. -Mi dici che succede? Ti ho fatto una domanda, perché non rispondi?- Alyssa la guardò di traverso. -Che cosa c'è? -Ti ho chiesto se hai finito i compiti per le vacanze- disse Luthien, incrociando le braccia al petto e fissandola con aria arcigna, come faceva da bambina, quando disobbediva. -Non ti ho sentito, Luth. E comunque, no, non li ho finiti- rispose alzandosi dal letto e aprendo la finestra -Aly, devi impegnarti, cavolo. Non capisci che deluderai tantissimo mamma e papà se non passi neanche quest'anno?-Alyssa si arrestò di colpo, trattenendo il fiato. Le sue mani si bloccarono sui pomelli delle ante, e un alito di vento le scompigliò i capelli senza che lei se ne curasse. -Mamma e papà non ci sono più. E non ho voglia di mettermi a studiare cose che non m'interessano minimamente. E' solo robaccia.- disse con voce dura. Luthien rimase interdetta; per svariati minuti non disse nulla, mentre il suo volto passava in rassegna le tonalità di varie emozioni. Sentì la mole delle lacrime pungerle gli occhi, ma si costrinse a ricacciarle indietro. -Mamma e papà ti guardano dal cielo, stupida pulce. E dovrai imparare a fartela piacere, quella robaccia, prima o poi. O ti spedirò in strada a calci io stessa- la minacciò benevola anche se la sua voce era seria. Alyssa si staccò dalla finestra, lasciandola aperta a metà. -No, non é vero. Non lo faresti mai.- si limitò a dire. Ed era vero. Luthien sapeva che Alyssa conosceva tutto di lei; dalle sue debolezze alle sue paure. Conosceva ciò in cui eccelleva, e ciò in cui era negata, conosceva le sue cotte segrete e anche il più piccolo errore che aveva commesso. Ma la cosa non la infastidiva. Perché c'era una parte di lei, che Alyssa non conosceva. Il piccolo "trofeo" che si teneva dentro da ben sei anni. -E comunque- riprese Alyssa mentre gettava un'occhiata alla sveglia -ho sedici anni, Luthien. Credo che potresti finirla di dirmi quello che devo o non devo fare!- Dopo aver detto tali parole, si diresse a passo spedito verso la porta e la spalancò fulminea. -A proposito, buongiorno-
Luthien
Luthien rimase a fissarla impietrita, immobile sotto la coperta di cotone che la copriva fino alla vita, con l'espressione più scioccata che avesse mai toccato il suo viso, e quando la massa dei suoi capelli rossi sparì oltre la porta, corrucciò la fronte. Sapeva benissimo che Alyssa aveva un carattere decisamente pessimo, ed era difficile starle dietro. Era abituata ai suoi modi sgarbati e alle sue risposte alle volte maleducate. Era sempre stato così, fin da piccola. Lei conosceva bene il motivo, ma non ne aveva mai parlato con Alyssa. Non avrebbe potuto. Alyssa aveva passato l'infanzia a subire gli insulti dei suoi coetanei per via degli occhi dai diversi colori, e probabilmente era stato questo a renderla tanto testarda e sempre arrabbiata. Luthien provava pena, disprezzo per quei compagni malvagi; più di una volta aveva affrontato la questione con i loro genitori ma loro si limitavano a sgridare i figli e poi, senza che nessuno se ne accorgesse, lanciavano sguardi colmi di ribrezzo alla bambina dagli occhi strani. Magari quando lei era girata e quando nemmeno la sorella maggiore guardava. Da allora Luthien aveva imparato che gli adulti sono cattivi, a volte anche più dei figli. E quindi aveva rinunciato a convincerli di imporre una migliore educazione a quei piccoli mostri. Luthien capiva tutto questo, ciò che Alyssa doveva provare, e doveva aver provato per tutta la vita.Ma ormai stava per raggiungere l'età adulta e avrebbe dovuto smetterla di comportarsi come una bambina capricciosa. Perché era questo che si dimostrava, mantenendo quegli atteggiamenti: una bambina viziata ed egoista, che voleva sempre aver ragione e che mancava di rispetto a coloro che le avevano dato tutto, nella vita. Ma nonostante questo Luthien adorava quella pulce capricciosa e avrebbe fatto di tutto, per lei. Perfino dare la sua vita.
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