C a p i t o l o q u i n t o
Luthien
-Io vorrei soltanto sapere che cosa è successo-
La voce di Alyssa suonava come sfocata, lontana milioni di anni alle orecchie di Luthien. Come se fosse altamente improbabile che sua sorella le stesse lì accanto, in quel preciso istante. Non voleva ascoltarla; non voleva sentire la sua voce, nemmeno il suo respiro. L'unica cosa che desiderava era stare sola. Doveva pensare. Riflettere. Escogitare la fuga. Perché sarebbe dovuta andarsene da Dublino al più presto. Perché sua sorella era in pericolo, eppure non poteva sapere perché. Si massaggiò le tempie con le punte delle dita, e dalla gola le sfuggì un gemito. Il silenzio della sua camera da letto era offuscato dai continui tentativi di Alyssa di farla sollevare da quel letto e spiegarle cos'era successo. Solo che lei non poteva dire niente.
-Poi non ti darò più alcun tipo di fastidio. Ma ho bisogno di sapere che ti è preso. Per un momento...ho creduto che...-
-Che ti avrei ucciso?-terminò per lei Luthien. Scosse la testa e si passò una mano sul viso. Aveva l'aria più stanca che Alyssa avesse mai ricordato. Gli occhi della sorella la fissavano in modo strano, come se fossero privi di sguardo. Come se anche desse l'impressione di guardarla, non la guardassero davvero. -Per un momento l'ho pensato davvero. Spiegami cosa è successo- insistette, strisciando più vicino a lei sulla coperta. Luthien sospirò esasperata. Lei non deve sapere. Perché sapere potrebbe ucciderla. -No, sai che non lo farò. Non ho intenzione di dirtelo; sono cose da grandi-
-Ma io sono grande- replicò Alyssa con un certo risentimento. Perché la trattavano sempre tutti come se la sua opinione contasse come quella di un bambino? Luthien sbuffò.
-Senti, lasciami da sola. Devo riposare. Oggi non mi sento bene- -Ma...-
-Alyssa. Esci. Ora.-
Il tono era categorico e non ammetteva obiezioni. Alyssa rimase a fissarla di traverso per qualche secondo abbondante. -Io non voglio andarmene. Devo sapere che ti è successo. E se non me lo dici tu, lo scoprirò da sola.- Si alzò e attese, con le braccia incrociate sul petto, aspettandosi che lei ribattesse qualcosa. Ma Luthien non disse nulla, assolutamente nulla. Non ne poteva più delle sue insistenze. Si girò su un lato e abbracciò il cuscino, chiudendo gli occhi. A malapena sentì il rumore della porta che si chiudeva, e Alyssa che si precipitava di sotto.
Alyssa
Il Cerchio grigio si disegnò nell'aria. Il raggio di luna penetrò nella sua traiettoria e colpì la prima tegola. Poi la mano si avvicinò e le dita toccarono dolcemente le piastrelle. Allora, la perla esplose in tutta la sua bellezza, e la musica ricominciò, più dolce e soave di prima. Il cavaliere col volto celato se ne stava immobile, unico nel suo silenzio, lontano dagli altri racchiusi nel Cerchio. La notte incorniciava i tratti del marchio come fosse stato argento. Lo stesso argento usato per forgiare la sua cintura. La ragazzina gli si avvicinò; il suo corpo snello e flessuoso l'attraeva inspiegabilmente e il cavaliere non sembrò notarla fino a quando lei non gli fu abbastanza vicina da sentire il suo respiro addosso.
-Ehi, Cavaliere, perché non balli come gli altri?- gli chiese lei con aria civettuola, chinandosi per cercare di intravedere il suo volto sotto il cappuccio. Lui si limitò a scrollare le spalle. La ragazzina allora allungò una mano a toccare quella di lui. -Vieni con me, sarà divertente- lo incitò ancora, dolcemente. Ma il cavaliere non ne volle sapere di muoversi.
E intanto il Cerchio si restringeva, e i frammenti della Perla avevano cominciato a ricongiungersi.
-Andiamo Cavaliere, o sarà troppo tardi!- -Ho detto di no- scattò lui, scrollandosi di dosso la sua mano. Lei rimase di stucco, ma continuò imperterrita. Puntò i piedi a terra, fino a che lui non fu costretto ad alzare lo sguardo. -Tornatene indietro, ragazzina. Non vorresti davvero che ballassi con te- disse con un sorriso che lasciava aperte molte domande. La ragazzina non si lasciò intimidire.
-E dai- tentò ancora. -Il tempo sta per scadere. Se la Perla si riunisce non potremo fare più niente!-
Il Cavaliere si alzò in piedi. La ragazzina rimase scioccata nel vedere che non gli arrivava nemmeno alla spalla. Un tenue rossore si disegnò sulle sue guance di bambina.
-Vieni con me- disse questa volta lui, chinandosi in modo da parlarle all'orecchio, -ti farò divertire-.
-Non voglio venire, e non voglio divertirmi- sussurrò lei, improvvisamente restia a passare del tempo con l'uomo. Sul volto incappucciato si disegnò un sorriso sornione, ma lei non poté vederlo. -Perché no?- La voce del Cavaliere celato, ora, era colma di sfida. La ragazzina non rispose. D'un tratto le parole le morirono in gola, e l'entusiasmo di ballare sfumò in un baleno.
-Peccato- sibilò il cavaliere. Quando la sua mano si sollevò all'altezza della spalla e le sue dita afferrarono i lembi del suo mantello, la ragazzina soffocò un urlo di terrore.
Le pupille s'ingrandirono a tal punto che le iridi scomparvero del tutto, e l'orrore del presente che le toccava le avvinghiò le viscere.
-Tu sei un...un...-mormorò la piccola, portandosi le mani alla bocca e impallidendo. La figura che ora le stava davanti mostrò il suo vero volto alla luce della luna, mentre la musica in sottofondo diventava sempre meno chiara. La ragazzina fece un passo indietro, ma il braccio saldo e pieno di cicatrici dell'uomo le bloccò il polso.
-No, Mezzosangue Io ho appena iniziato-.
-Io non sono una Mezzosangue, non sono una di loro! Non lo sono!- gridò lei, mentre la paura la stringeva in una morsa famelica e sembrava volerle tagliare le gambe.
Il cavaliere ridacchiò. Una risata acuta, priva della minima traccia di calore. Le raggelò il sangue nelle vene. -E allora che cosa ci fai all'interno del Cerchio?- Rise di nuovo, e la risata malvagia echeggiò nelle cavità più profonde della Terra, là dove anche gli altri suoi simili poterono sentirla.
-Lasciami andare!Aiuto!- urlò la ragazzina, terrorizzata e cercò di sottrarsi alla sua presa.
Ma senza risultato.
-Sta zitta, stupida!-
Le torse il polso con violenza, e l'attirò verso di sé in modo che lei gli stesse attaccata ai fianchi. Il Cavaliere si abbassò all'altezza del suo sguardo. E gli occhi senza fondo che erano suoi fin da prima della nascita del Mondo Terreno brillarono di un fuoco mai visto prima.
Le scintille divamparono davanti al volto paonazzo della bambina, che chiuse gli occhi con forza desiderando non essersi mai avvicinata alla Bestia.
-Va tutto bene- la rassicurò lui senza alcuna traccia di sincerità nella voce, accarezzandole una guancia. Al suo tocco, la ragazzina sussultò e un dolore mai provato prima le incendiò la parte superiore del corpo. Nel punto in cui lui l'aveva sfiorata, la pelle si era ritratta fin dentro le ossa, lasciando la carne a sfrigolare di un fumo leggero sopra l'atmosfera.
Il fuoco avvolse la superficie di pelle, lacerandola. L'orrore le dilaniò il volto e si accasciò ai piedi dell'uomo, che la calciò via, lontano. Gli occhi di lui si socchiusero nello scorgere gli ultimi scorci del ballo che stava finendo in quel momento. L'ultimo pezzo della Perla si sarebbe riattaccato entro pochi secondi. -Ciao, ciao, Mezzosangue- sibilò con rabbia ma lei non lo sentì, troppo intenta a disperarsi dal dolore. L'uomo pestò un piede a terra. Per un secondo ci fu solo il silenzio.
E poi cominciò. Dapprima fu solo una specie di crepa. Ma poi, la forza del colpo scatenò un lungo taglio nella terra, che si separò in due zolle che si allontanarono rapidamente. La bambina venne inghiottita dalla terra in meno di un secondo. Cercò di aggrapparsi ai bordi con le unghie, ma non ottenne altro che sangue. Sangue e ancora sangue. Le sue urla risuonarono nel rombo del vento che ricoprì la crepa non appena il Diavolo con la Cintura ebbe richiuso il taglio. Cominciò a camminare a passo spedito lungo il sentiero che portava alla pista del Cerchio, e in cielo scorse l'ultimo pezzo della Perla che si ricongiungeva agli altri. Un sorriso gl'illuminò il volto, rendendolo ancora più Diavolo di quanto non fosse. E poi, il mantello scivolò a terra e le cuciture nella schiena si aprirono di scatto. La pelle cominciò a luccicare di gocce di sangue nero. Un paio di ali radicò nelle fessure sotto le scapole e la schiena prese a contorcersi freneticamente su sé stessa. Ma il Diavolo con la Cintura non mostrò alcuna sofferenza, neanche un minimo del dolore che covava da dentro. Il sudore gli colò dalla fronte lungo il collo e giù, ad incassarsi fra le ali. Erano maestose, grandi, stupefacenti. E nere. Come la sua anima.
Sollevò la testa e inspirò l'aria della mezzanotte, chiudendo gli occhi e assaporando il suono delle urla della piccola Mezzosangue che ancora risuonavano nell'oscurità. La pista era silenziosa e vuota ormai, e il canto dei Mezzosangue si era dissolto nel vento della sua Maledizione. -Perfetto- sibilò, mentre anche l'ultima delle stelle moriva sotto la potenza del Cerchio. Le sue ali si spiegarono malvagie; erano lunghe fino a due metri ognuna e arrivavano a toccare due tronchi a distanza di cinquanta metri. Il Diavolo chiuse gli occhi e quando li riaprì, qualche attimo dopo, la scintilla col Fiore Scarlatto divampò e li incendiò. Ma il Diavolo adesso non provava dolore. Le ali presero potenza. Si abbassarono con forza, e la terra le spinse in avanti. Poi più su, nel cielo nero in cui anche la luna, adesso era scomparsa. La tenebra avvolse il corpo del Diavolo con un amore malato, l'amore dettato dalla sua legge. Qualche istante più tardi la sua sagoma svaniva nella bellezza del Cerchio.
E la Perla sorrise, riavvolgendo i petali e annegando con lui.
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