4. "Brown guilty eyes, and little white lies."

«Quindi tu hai venti anni, giusto?» domanda Kate a Juliet, la quale è seduta con noi cinque a tavola per fare colazione.

L'abbiamo trovata in cucina mezz'ora fa intenta a cercare lo zucchero a velo da mettere sopra le crêpe. Le ha cucinate per tutti ed è stato un gesto talmente carino che ho rinunciato ai miei soliti pancake alla frutta per mangiare quello che aveva preparato.

Abbiamo iniziato anche a conoscerci, dato il fatto che lei ed Emma sono migliori amiche da una vita ma noi a stento sappiamo qual è il suo nome.

In questi anni è venuta diverse volte a casa nostra, ma stava sempre con Emma e non ci siamo mai scambiate più di qualche parola casuale.

Juliet, comunque, sistema da un lato del viso i folti ricci castani e finisce di masticare, per poi rispondere: «Ventuno, in realtà. Blake 29, Duke 26, James 25 e Aaron 19.» li elenca tramite le dita delle mani. «James e Blake lavorano, mentre Aaron e Duke vengono al college con noi.»

Il sorriso mi si spegne all'istante non appena pronuncia queste ultime parole.

Che cosa?

Duke alla Brown?

Dovrò avvertire la sua presenza fastidiosa e spocchiosa anche lì?

«A che anno è Duke?» domanda Lia, sorseggiando il suo latte.

«Beh, doveva iniziare il secondo anno prima di andare in... prigione. Quindi lo frequenterà adesso.»

Annuisco impercettibemente, nonostante non abbia la minima voglia di vederlo anche alla Brown.

Non bastava averlo come coinquilino, dovevamo anche condividere la stessa università.

A quanto pare il destino è dalla mia parte...

Finisco comunque di fare colazione e mi dirigo direttamente in camera mia per prepararmi.

Mezz'ora dopo mi ritrovo a scendere dall'auto di Rory insieme alle mie sorelle.

Emma e Juliet si dirigono da subito in classe per la lezione, mentre Lia e Rory rimangono insieme a me in giardino, in modo da goderci la bella giornata.

Il sole splende in cielo e il cinguettio degli uccellini riempie l'atmosfera di una nota estiva, nonostante sia ormai settembre e stia arrivando l'autunno.

«Che avete alla prima ora?» domanda Lia, appoggiando la schiena a un albero.

Noto subito come il sole rifletta la lucentezza dei suoi capelli rossi, che le ricadono morbidi sulla schiena e sul petto.

«Storia Americana.» rispondo, sorridendo al solo pensare alla "contentezza" che Taylor starà provando in questo momento.

«Tu, Ro?» chiede in seguito alla mora accanto a me, che si infila annoiata le cuffie nelle orecchie dopo aver pronunciato: «Etnomusicologia.»

Già, facoltà di musica.

Non si direbbe, ma c'è qualcosa che Rory ama oltre alla sua ragazza e ignorare tutti: la musica.

Suona la chitarra elettrica e canta - seppure per noi l'abbia fatto una semplice volta sotto costrizione. Devo ammettere che è bravissima, e riflette il suo stile eccentrico in una musica mista: a tratti rock, a tratti pop.

Avrebbe anche potuto non frequentare questa facoltà, poiché non è prettamente necessario per fare la musicista, ma lei afferma di non riuscire a limitarsi soltanto alla parte pratica.

Vuole conoscere ogni singola sfaccettatura e tutta la storia della musica.

Primi artisti, le opere più importanti, la nascita e lo sviluppo di quest'arte.

Ci saluta comunque poco dopo, dicendoci che la sua lezione inizierà a
breve.

Io e Lia, invece, ci fermiamo a parlare in giardino del più e del meno: lei mi racconta degli incubi che ha avuto questa notte a causa del film horror che ha visto ieri sera con Aaron, e io le racconto del libro che sto leggendo.

Soltanto dopo pochi minuti, il rombo improvviso dell'arrivo di un motore mi porta incontrollabilmente a voltarmi di lato.

Una moto nera si è appena fermata nell'aria che precede il giardino e in cui sono parcheggiati i veicoli degli studenti.

Sopra la moto è seduto un corpo maschile alto quasi due metri, con due spalle ampie e allenate coperte da una giacca di pelle nera, braccia muscolose e due mani ornate da alcuni anelli in acciaio.

Oh, mio dio. È stupendo.

Chiunque lui sia.

Subito dopo aver spento la moto e abbassato il cavalletto, il ragazzo si slaccia il casco totalmente nero e lo sfila, rivelando scuri capelli neri, lineamenti da mozzare il fiato e...

Un secondo.

Quello è Duke Adams.

Improvvisamente, la mia mente elabora verso me stessa un centinaio di insulti diversi per aver anche solo lontanamente pensato che lui fosse bello da mozzare il fiato.

La mia coscienza mi riserva un'occhiataccia.

Okay, è bello da mozzare il fiato, ma il suo fascino è direttamente proporzionale alla sua arroganza.

Scende comunque dalla moto con movimenti viril- normali. Con movimenti assolutamente normali, e posa il casco, per poi passare una mano tra i capelli per sistemarli e avanzare a passo sicuro.

Noto da subito gli sguardi di praticamente tutte le ragazze presenti nel giardino fiondarsi su di lui e osservarlo con la bava alla bocca.

Inarco un sopracciglio.

Ma per favore.

«Non pensavo avesse una moto.» pronuncia Lia al mio fianco, mentre Duke avanza nel giardino passando inevitabilmente accanto a noi.

Sembra accorgersi solo adesso della mia presenza, e non appena si trova a qualche metro da me affonda i suoi occhi scuri nei miei.

Scrollo una spalla e, non distogliendo neanche una volta lo sguardo dal suo, rispondo a Lia: «Sicuramente l'avrà rubata. Non penso che uno come lui faccia neanche una sola cosa legale nella sua vita.»

Lo provoco appositamente, alzando la voce quanto basta per farmi sentire.

E infatti così avviene, poiché lui inarca lievemente un sopracciglio e sospira con scherno, per poi passarmi accanto e...

darmi una spallata.

Sussulto a quel gesto e mi volto di scatto, con gli occhi sgranati.

Ma come diavolo si permette?

Brutto stronzo che non è altro.

Quando sto per fiondarmi su di lui e tirargli un cazzotto in pieno viso, però, ecco che Lia mi informa che sono le nove e che deve andare.

Questo mi ricorda che anche la mia lezione inizierà a momenti, per cui - per quanto vorrei strangolare quell'energumeno appena entrato all'interno del college con sicurezza e una cazzo di faccia da schiaffi - mi impongo di mettere da parte il mio desiderio omicida.

Mi dirigo infatti in classe quasi correndo e prendo posto in seconda fila, accanto a Taylor.

«Perché hai il fiatone?» domanda la mia amica, aggrottando le sopracciglia castane.

«Perché ho corso per più di un minuto e il mio corpo da anti-atleta non è decisamente allenato.» rispondo, tirando fuori dallo zaino il pc.

Taylor sorride divertita e aggiunge: «Mi chiedo infatti come tu riesca ad avere un corpo mozzafiato senza fare niente.»

Mi fingo offesa e porto una mano sul petto.

«Ti sembra niente fare zapping in tv, leggere e mangiare carboidrati su carboidrati?»

Sghignazza ancora di più e alza le mani in segno di resa. «Hai ragione, scusa. Non ho avuto tatto.»

Mi scappa un sorriso, subito dopo il quale l'aula inizia a riempirsi e fa il suo ingresso la professoressa Jones.

Tre ore dopo e due lezioni più tardi ci ritroviamo finalmente in mensa, in fila per il pranzo.

Lo stomaco mi sta brontolando da circa quaranta minuti incessantemente e sta iniziando a diventare imbarazzante.

Una volta arrivato il mio turno, infatti, scelgo velocemente un hamburger e delle patatine, accompagnate da una coca coca, e cerco insieme a Taylor il tavolo delle mie sorelle.

Tuttavia, non appena lo trovo, ecco che la mia amica ferma immediatamente i suoi passi e spalanca la bocca.

Aggrotto le sopracciglia.

«Tutto ben-» non riesco neanche a concludere la domanda, poiché i suoi occhi si sgranano all'istante.

«Oh. Mio. Dio.»

Seguo la traiettoria del suo sguardo, scoprendo che l'oggetto della sua attenzione è... oh no. Non anche tu.

Sta fissando Duke, seduto al tavolo con un ragazzo dalla pelle scura e dal volto familiare.

«Non ci credo, è lui.» pronuncia Taylor come se avesse appena visto la Madonna.

«Lui chi? E perché le pupille ti stanno per uscire dalle orbite?»

Mi guarda come se avessi tre teste. «Come chi? Duke Adams! Il ragazzo di cui stanno parlando praticamente tutte le ragazze da stamattina! Trish e Bethany hanno passato praticamente tutta la lezione di Economia a raccontarmi di quanto sia figo il nuovo arrivato. Gli hanno persino scattato una foto questa mattina appena era arrivato, e me l'hanno fatta vedere, ma... Dio! Dal vivo è ancora più sexy di quanto immaginassi.» parla senza spostare un solo secondo i suoi occhi dalla figura di Duke, mentre io inarco le sopracciglia.

Gli hanno scattato una foto? Sul serio?

«Non pensavo fosse arrivato al college Brad Pitt.» sollevo velocemente le sopracciglia, per minimizzare l'elogio che gli ha appena fatto. «Ma per piacere, quanta importanza...» scuoto il capo esasperata e sospiro, mentre lei sposta il suo sguardo - ora scioccato - su di me.

«Ma cosa dici? Non lo vedi cos'è?» lo indica come se fosse l'ottava meraviglia del mondo, mentre io roteo gli occhi al cielo.

«Lo vedo anche troppo per i miei gusti. È solo un presuntuoso, T, lascialo perdere.» agito una mano davanti ai nostri visi, in modo da rimarcare il concetto.

«E tu che ne sai? Ci hai parlato?»

Sbuffo una risata isterica.

«Beh, ci vivo insieme, perciò...»

A queste mie semplici cinque parole, tuttavia, ecco che la sua espressione si fa ancora più sorpresa, la sua bocca si apre maggiormente e così i suoi occhi.

«Aspetta un attimo...» solleva un indice e mi guarda come se le avessi appena rivelato che mi hanno arruolato nella CIA. «È lui il ragazzo di cui mi hai parlato? Quello che ti sta antipatico?»

Annuisco.

Ho raccontato a Taylor quasi tutto ciò che è successo in questi due giorni. Le ho detto che mio padre ha una nuova compagna e che ha accolto lei e i suoi figli in casa nostra. Le ho detto che mi ci devo ancora abituare, e che sicuramente la presenza irritante di uno dei suoi figli non aiuta, ma - evidentemente - non le avevo ancora rivelato come si chiamava la sua famiglia.

Insomma, le ho detto che lui si chiamava Duke, ma non ho pensato a riferirle anche il cognome.

Ecco perché lei adesso mi fissa con lo shock totale in volto.

«Dio santissimo, ma come fa a non piacerti?!» domanda in seguito, non riuscendo proprio a capacitarsene.

«Potrei elencati almeno mille ragioni.»

Mi fissa per alcuni secondi, forse cercando di capire se sia seria o meno. Alla fine, comunque, agita una mano tra me e lei e pronuncia:

«Beh ci passeremo sopra. Andiamo a parlarci.»

Aggrotto le sopracciglia.

«Cosa? No!»

Sbuffa e riposa lo sguardo su di loro.

«Dai andiam- Oh! Si è appena seduta con loro Amy, andiamo!»

Senza neppure farmi ribattere, mi afferra dalla giacca di jeans che indosso e mi trascina verso il loro tavolo.

E io vorrei farla andare da sola, ma poi mi sentirei troppo in colpa.

Roteo perciò gli occhi al cielo e spero che, almeno per oggi, Duke abbia deciso di tacere.

Una volta arrivate davanti al loro tavolo, i suoi occhi scuri e quelli di tutti i presenti si posano su di noi.

Duke aggrotta però impercettibilmente le sopracciglia e incastra le sue iridi nelle mie, come per chiedermi perché cazzo sia qui al suo tavolo.

La risposta, fortunatamente, viene data da Taylor che sorride entusiasta. «Ciao, Amy. Ciao, ragazzi. Vi dispiace se ci sediamo qui? I tavoli sono tutti occupati.»

Il ragazzo dalla pelle scura si scambia un'occhiata con Duke, mentre Amy - la ragazza di Rory - sorride gentilmente e sistema una delle treccine dietro l'orecchio.

«Certo che no, venite.»

Si spinge più in là sulla panca ed è proprio accanto a lei che prendo posto io, pur di non sedermi accanto a Duke.

Taylor, invece, non esita un secondo e si fionda lì, posando il suo vassoio e pronunciando:

«Ehi Amy, come va?» domando cordialmente.

La mora mi rivolge un sorriso genuino. «Bene, e voi?»

Do una breve occhiata a Duke. «Potrebbe andare meglio.»

Taylor emette una risatina isterica e domanda: «Loro chi sono?»

Amy sussulta, avendo dimenticato di fare le presentazioni, e pronuncia: «Giusto. Loro sono Duke,» indica il moro, per poi passare al ragazzo accanto a lui. «E KJ. Mio fratello.»

Aggrotto leggermente le sopracciglia.

Ecco dove lo avevo già visto.

Era in molte delle foto che Amy ci ha fatto vedere della sua famiglia. Non l'ho però mai visto di persona perché era in... prigione.

Sorrido tra me e me.

Che strano scherzo del destino.

KJ annuisce con uno stuzzicadenti in bocca e ci rivolge un cenno del capo.

«Piacere.» Taylor porge la mano a entrambi e sorride euforica. «Ma Elle e Duke si conoscono già.»

Amy aggrotta le sopracciglia. «Oh sì, Rory me l'ha detto. Le vostre famiglie vivono insieme ora. Siete già diventati amici?»

A questa domanda per poco non mi strozzo, mentre Duke sbuffa una risata e poggia la schiena alla sedia, divaricando le gambe e posando un braccio sullo schienale di quella di Taylor.

Amy capta la risposta all'istante e domanda divertita:

«Come ti stai trovando? Conosco Duke da quando avevo tre anni e non è mai stato un tipetto facile.»

Sollevo velocemente le sopracciglia.

Davvero? Si conoscevano già?

«L'ho notato, non è il massimo della... simpatia.» rispondo, guardandolo dritto negli occhi.

«Dovrei offendermi?» domanda quindi lui con tono impassibile e disinteressato.

Amy sorride e mi posa una mano sulla spalla. «Ti capisco, amica. Lui e KJ sono stati in prigione insieme e appena usciti ci ho messo qualche giorno a riabituarmi alla loro presenza. Sono diventati inseparabili questi due, nel bene... e nel male.» scherza, roteando gli occhi al cielo.

Schiudo le labbra.

Wow. Persino il suo migliore amico è stato in carcere.

Ma chi diamine ha ospitato mio padre? Un gangstar?

Inspiro ed espiro lentamente, in modo da evitare di avere una crisi isterica, e alterno lo sguardo da Amy a KJ.

«Tu per cosa sei andato in prigione, KJ?»

Il ragazzo lancia un'occhiata divertita a Duke. «Furto a mano armata.»

Le mie sopracciglia scattano su, esattamente come quelle di Taylor. Mentre, però, lei riesce a schiarirsi la voce e nascondere la sua sorpresa, io abbasso lo sguardo e sospiro.

Non appena risollevo il capo noto gli occhi di Duke fissi nella mia direzione e noto come vengano attraversati da una scintilla di divertimento.

Sa benissimo ciò che mi sta passando per la testa, ma questo non sembra irritarlo, quanto... compiacerlo.

Che psicopatico del cazzo.

Per la mezz'ora successiva, comunque, Taylor inizia a parlare con Amy e KJ praticamente di tutto, fino a informarli della festa annuale che il capitano della squadra di hockey organizza in onore dell'inizio della stagione.

Si terrà il prossimo weekend e ci sarà tutto il college.

«Venite anche voi. Ci divertiremo.» conclude alla fine.

«Ci sarà birra e musica?» domanda KJ.

T annuisce. «A quantità industriali.»

Il ragazzo batte una mano sul tavolo e infila nuovamente lo stuzzicadenti in bocca.

«Allora ci sto.»

La mia amica batte le mani entusiasta e, dopo aver ottenuto la conferma anche da Amy, si rivolge a Duke.

Di' di no.

Di' di no.

Di' di no.

«Sì, perché no.» eppure, nel rispondere non stacca una sola volta gli occhi dai miei.

Che bastardo.

Me lo ha fatto apposta.

Sospiro per forse la miliardesima volta e distolgo lo sguardo, irritata dalla sua faccia da schiaffi.


Non appena la lezione di filosofia termina, mi alzo dalla mia seduta ed esco dall'aula, introducendomi nei corridoi pieni di studenti.

È il mio secondo giorno alla Brown, ma già sono innamorata di tutto ciò che la rigiarda: i corsi, le modalità di spiegazione così diverse dal liceo, l'ampia struttura che ci ospita e - soprattutto - l'erba verde su cui amo sedermi per sistemare gli appunti.

Ed è proprio quello che faccio in questo momento. Punto infatti un posto all' ombra di un grande albero e mi siedo, tirando fuori dalla borsa anche una bevanda zuccherata.

Prendo il computer e i fogli su cui ho appuntato alcune cose e mi metto a lavoro.

Tento di concentrarmi più sul rumore dei tasti e del cinguettio degli uccelli, piuttosto che sul lieve casino generato dagli studenti sparsi in tutto il giardino.

Questo mi aiuta a concentrarmi, poiché dopo soltanto mezz'ora finisco di sistemare gli appunti e sospiro.

Mi massaggio anche il collo con una mano e roteo la testa, facendo scivolare i miei capelli rossi, che adesso mi arrivano quasi fino alla base della schiena.

Riapro poi gli occhi e punto accidentalmente lo sguardo davanti a me, trovando una figura molto familiare.

Aaron è infatti appoggiato di schiena al muro e ha le labbra increspate in un sorrisetto. Davanti a lui c'è una ragazza dai capelli mossi, che si protende verso di lui e... lo bacia.

Lui non esita a ricambiare e affonda la lingua nella sua gola, mentre le infila una mano tra i capelli neri.

E sono abbastanza sicura che la ragazza con cui l'ho visto due giorni fa nei corridoi aveva i capelli biondi.

Roteo gli occhi al cielo, rassegnata alla natura da dongiovanni di Aaron.

Lui, comunque, si scosta dalla ragazza per sussurrarle qualcosa a fior di labbra che la fa avvinghiare maggiormente al suo corpo. Non riesco a vederla poiché è di spalle, ma sono sicura che abbia appena sorriso.

Quando, comunque, sta per baciarla di nuovo, ecco che il suo sguardo si sposta dietro di lei e, in particolare, su di... me.

Lo saluto sollevando semplicemente la mano e lui ricambia con un cenno del capo.

Abbasso subito dopo lo sguardo, colta dal solito formicolio fastidioso, e tiro fuori dalla borsa una vaschetta con all'interno un brownie che ho preparato ieri per la cena e che è avanzato, insieme ad altri che ho dato alle mie sorelle.

Tiro comunque un morso e gemo leggermente per il sapore cioccolatoso che mi si sprigiona in bocca. Tuttavia, quando sto per addentare un altro pezzo, ecco che mi viene strappato via.

Sollevo lo sguardo di scatto, spaventata. Quando però mi ritrovo la figura alta e allenata di Aaron davanti a me, con un sorrisetto beffardo in volto e la bocca piena del mio brownie, scuoto il capo.

«Era mio quello.» richiudo la vaschetta e incrocio le braccia al petto, poggiandomi di schiena contro la corteccia dell'albero.

«Mhm,» mastica con gusto e si siede davanti a me, con un ginocchio sollevato in modo da appoggiarci il gomito. «buono.» aggiunge in modo secco.

Roteo gli occhi al cielo. «Lo so, lo stavo mangiando.» rispondo con finto fastidio.

Un dubbio però affiora all'improvviso e mi porta a domandare: «Non eri impegnato a divorarti qualcos altro, comunque?»

Lui inizialmente aggrotta le sopracciglia, ma quando capisce che mi riferisco alla ragazza con cui si stava baciando, scrolla semplicemente una spalla. «Nah, era più divertente rubare la tua merenda.»

Sorrido falsamente e gli lancio dei filetti d'erba addosso.

Ghigna con nonchalance e passa una mano tra i capelli castani.

«Comunque,» cambia discorso a un certo punto. «ci vieni alla festa di Travis sabato?»

Aggrotto le sopracciglia.

«Chi è?»

«Il capitano della squadra di hockey.»

Accenno un "oh" nel momento in cui ricollego il nome al ragazzo che di tanto in tanto vedo agli allenamenti di Aaron.

Non sono un'appassionata di sport, ma devo ammettere che l'hockey è abbastanza interessante.

E poi devo dire che Aaron trasuda un certo fascino ogni volta che pattina in campo e riesce a segnare.

Aggiunge la mia vocina interiore.

«Non lo so, non mi va tanto in realtà.»

Sospira e scuote il capo. «Avanti, divertiti un po'. Ci sarò anche io.» sorride canzonatorio.

«E questo dovrebbe farmi cambiare improvvisamente idea?»

Sgrana gli occhi e annuisce, come se avessi appena detto qualcosa di ovvio. «Certo, mostriciattolo. È l'unico motivo per cui dovresti venire, in realtà.»

Roteo gli occhi a cielo, arresa alla sua buffonaggine.

«Ma fammi il favore...»

Ghigna divertito a questa mia risposta e continua:

«Dai, vieni e non fare la guastafeste. Ci divertiremo.»

Leggo e rileggo la domanda che Katelyn Richards mi ha inviato per il posto da stagista, e cerco un piccolo, impercettibile difetto. Eppure non riesco a trovarlo.

La sua media è altissima: i suoi voti variano da A+ ad A-, con una sola B presa negli ultimi sei anni.

Ha mandato la richiesta di tirocinio a due studi legali a Providence, uno a Cranston, a Pawtucket e uno a Johnston.

È stata accettata in tutti e cinque.

Assottiglio le palpebre e mi gratto un sopracciglio col pollice.

La mia intenzione era quella di rifiutare la sua offerta. Pensavo che sarebbe stata una di quelle novelline prive di qualsiasi capacità concreta che credono che fare la stagista sia un gioco da ragazzi e che possa facilmente essere coinciliato con gli studi universitari, eppure il fatto che sia stata accettata da cinque studi legali diversi di Rhode Island mi induce a pensarci più attentamente.

Potrebbe iniziare il tirocinio anche domani in uno di questi, ma so benissimo che è qui quello in cui vuole lavorare.

Primo studio legale nella classifica nazionale.

Primo in tutti gli Stati Uniti.

Terzo a livello continentale.

Quinto a livello mondiale.

Non sono certamente una persona modesta, quindi non negherò il fatto che è il più ambito da praticamente il novantacinque percento degli avvocati di questo paese, tra cui Katelyn Richards.

Mi inumidisco le labbra e rifletto maggiormente. Tuttavia, mi servono trenta secondi per prendere la mia decisione e cinquanta per mandare l'email a Katelyn in cui la informo che sarà assunta.

Chiudo la pagina subito dopo e mi lascio andare sullo schienale, sperando di non pentirmi di questa decisione.

Mia madre mi ha praticamente pregato di assumerla e il fatto che altri cinque studi legali la vogliano fa sì che la sua presenza mi stuzzichi ancora di più.

Smetto perciò di rimuginarci su e mi concentro sui documenti del caso che sto trattando.

Sequestro di persona e consequenziale tentato omicidio.

Leggo e rileggo tutti gli atti e ricontrollo la lista dei testimoni che il mio cliente, Crave, avrà contro. Riesco perciò a trovare un cavillo facilmente utilizzabile dopo qualche minuto, e costruirci attorno un'intera arringa.


«Giochi di gruppo? Tutti insieme?» domando con gli occhi sgranati a Juliet, mentre apro la porta d'ingresso.

La castana al mio fianco annuisce energicamente. «Sì, Emma. Dobbiamo integrarci di più l'uno con l'altro. Insomma, io sono a posto con tutte voi, ma i miei fratelli?»

Entriamo nel salotto e ci dirigiamo sul divano. Getto lo zaino a terra e mi ci butto letteralmente sopra, sfinita da sei ore di lezione.

«Voglio dire: Duke e Blake non spiaccicano parola con nessuna di voi, Aaron o sta con Lia o ad allenarsi o a scoparsi qualcuna, James si allena, va a lavoro e a stento sa come vi chiamate.» si siede accanto a me e sbuffa. «Conviviamo, cavolo! Abbiamo persino quasi la stessa età, potremo divertirci un mondo insieme ed essere dei veri e propri fratelli!»

Tento di avere un'espressione quanto più neutrale, poiché se solo Juliet sapesse dei sogni che faccio su suo fratello da quando ho dodici anni non sarebbe poi così entusiasta all'idea di farci legare.

«Per me va bene, Julie, ma quelle da convincere sono Rory, Kate ed Elle. Non penso che approveranno la tua idea.» scrollo una spalla e incrocio i nostri sguardi.

Lei però non demorde e continua: «Non preoccuparti, proverò io a convincerle.» mi prende la mano e mi sorride con dolcezza e speranza. «Voglio davvero che diventiamo una famiglia, Em.»

Alla fine ho passato il resto della giornata a studiare, ballare per ore e ore in sala e cercare di convincere le mie sorelle ad accettare l'idea di Juliet.

Lo abbiamo fatto insieme, in realtà.

Lia ha da subito accettato, mentre Kate, Rory ed Elle hanno forse ripetuto "manco morta" per venti minuti consecutivi.

"Preferirei buttarmi da una scogliera con un mattone legato ai piedi.",ha detto in particolare Elle.

La prima a mollare è stata Kate, seguita da Rory. O meglio, lei si è alzata e se n'è andata, ma io e Julie l'abbiamo preso ugualmente come un sì.

Elle non voleva assolutamente accettare, ma non appena Juliet l'ha pregata, confessandole che ha sempre desiderato delle sorelle e che il fatto che adesso che ce le ha queste odino i suoi fratelli la fa stare male.

Perciò alla fine ha accettato, seppur controvoglia.

Per questo adesso stiamo preparando il tavolino posto davanti al divano, riempiendolo di ciotole di patatine, popcorn, pizzette, alcuni muffin preparati da Lia e qualche bibita.

Mio padre e Lily ceneranno fuori questa sera, per questo abbiamo dato la serata libera a Giselle e a Zoe e abbiamo lasciato la casa tutta libera per noi.

«Okay, Blake sarà qui tra dieci minuti, Aaron sta facendo la doccia, mentre Duke e James-»

Mi interrompo non appena li vedo scendere dalle scale, completamente sudati a causa dell'allenamento.

Hanno entrambi i capelli bagnati e il viso lucido dal sudore. Le loro magliette sono praticamente zuppe e attaccate al petto e all'addome. Lasciano intravedere totalmente il loro fisico scolpito.

Poso in particolare gli occhi sul corpo di James e per poco non mi strozzo: la maglietta bianca è diventata ormai trasparente. Sono chiaramente visibili i solchi degli addominali, le mezzelune dei pettorali allenati, le braccia muscolose e toniche...

Deglutisco.

Gesù cristo... Che razza di-

Contegno, Emma! Mi rimprovero mentalmente.

Tuttavia, non riesco a non soffermare lo sguardo anche sul pomo d'adamo che, in modo virile e terribilmente sexy, si alza e si abbassa. Osservo poi le labbra rosee, la mascella definita, il naso dritto con la punta all'insù, e infine gli occhi che-

Oh dio.

Si sono appena posati su di me.

Colta in fragrante, distolgo lo sguardo e lo punto su Juliet che sta ordinando a tutti e due di non metterci troppo sotto la doccia e raggiungerci in salotto.

Non gli lascia neppure il tempo di domandare nulla, poiché li spinge nuovamente sulle scale senza ammettere repliche.

Sorrido divertita.

Subito dopo Lia esce dalla cucina con un altro vassoio di biscotti in mano. Ne rubo prontamente uno, facendole roteare gli occhi al cielo con rassegnazione.

Arrivano in salotto anche Kate e Rory (sbuffando e imprecando ogni due passi che fa), seguite da Aaron e da Blake.

Apre infatti la porta d'ingresso con la copia delle chiavi che gli è stata data da mio padre e avanza nella stanza, con la sua solita valigetta in mano e l'espressione seria.

Solleva il capo e saluta tutti i presenti con un semplice "buonasera". Subito dopo da un'occhiata in giro e aggrotta le sopracciglia nel momento in cui nota il tavolino pieno di stuzzichini, quasi tutte noi presenti e... Aaron.

«Ti sei dato ai pigiama party femminili, fratellino?»

Aaron si butta sul divano e incrocia le braccia al petto, sollevandosi anche il cappuccio della felpa. «Ci siamo dati, fratellone. Siamo tutti coinvolti.» risponde con aria furfante.

Lo sguardo di Blake saetta nell'immediato su Juliet, consapevole che questa sia una sua idea.

Si fissano per qualche secondo, fino a quando lui non pronuncia: «Non esiste.»

July rotea gli occhi al cielo e si avvicina a lui. «Avanti, piantala di fare il guastafeste!»

Scuote il capo in segno di diniego. «No, me ne vado di sopra.»

Sbuffa scocciata e lo trattiene dalla giacca, pregandolo come una bambina e suscitandomi un sorriso. «Eddai ti prego! Voglio passare una serata tutti insieme, Blake.»

Suo fratello incrocia i suoi occhi grigi in quei castani di Juliet e la osserva per qualche secondo. A un certo punto penso persino che stia per rifiutare, tuttavia alla fine sospira e si passa una mano sul viso.

«Va bene, vado prima a lavarmi.»

Posso chiaramente scorgere l'euforia che attraversa lo sguardo di Juliet, e che la porta a saltellare con entusiasmo. «Okay, due bagni sono già occupati da Duke e James. Trovane uno libero e non metterci troppo.» continua in seguito.

Blake annuisce e si dirige verso le scale. Prima di salirle, tuttavia, si blocca sul posto e si volta verso Kate.

«Ci vediamo domani in ufficio, Katelyn.» dice semplicemente questo, prima di andare via e lasciare mia sorella completamente attonita.

Sgrana infatti gli occhi, senza dire niente per qualche secondo. Sembra infatti riflettere sulle sue parole e metabolizzarle.

Significa che Blake... L'ha assunta!

Io e Lia sorridiamo entusiaste e ci precipitiamo da lei.

«Congratulazioni, Kate!» la abbracciamo contemporaneamente, mentre lei increspa le labbra in un sorriso, realizzando ciò che è appena successo.

«Non... non pensavo che mi avrebbe accettata, non dopo come si era comportato ieri a cena...» pronuncia tra le nostre braccia.

So bene quanto Kate tenesse a questo posto. Era da tempo che ci parlava dello studio legale Adams. Il suo sogno era fare il tirocinio lì, ma ho notato come il suo entusiasmo si fosse spento dopo il lieve screzio avvenuto ieri sera.

Ora, però, riesco chiaramente e nuovamente a scorgere quella luce negli occhi.

«Allora qualcosa di giusto la fa quel brontolone.» scherza Juliet, sedendosi sul divano accanto a noi.

Sorridiamo tutte divertite e ci mettiamo sedute, aspettando che anche gli altri arrivino.

Quando scendono Duke e James si guardano intorno con confusione, non riuscendo a capire cosa stia succedendo e ponendo le domande che volevamo fare prima.

«Che cos'è questo?» chiede in particolare James, aggrottando la fronte.

«La nostra serata in famiglia.» risponde Juliet con un sorriso fiero. «E non ammetto repliche. Perciò togliti quell'espressione dalla faccia, Duke.» indica suo fratello, che in questo momento ha un sopracciglio inarcato e lo sguardo di chi non ha la minima intenzione di assecondarla. «Portate i vostri culi sul divano. Blake mi ha già fatto esaurire abbastanza, non vi ci mettete anche voi.»

I due Adams si guardano, riflettendo se accettare o meno. Tuttavia alla fine, con un sospiro rassegnato, avanzano fino al divano.

James si sistema comodamente con le mani incrociate dietro la nuca e le gambe divaricate.

Lo sguardo mi ricade involontariamente sui pantaloni grigi della tuta che indossa, abbinata alla t - shirt nera aderente.

Dio santissimo...

Mi schiarisco la voce e distolgo lo sguardo, rimproverandomi mentalmente, e sedendomi quanto più lontana da lui.

Una volta finita la doccia, spruzzo del deodorante alla mela e infilo direttamente il pigiama. Trascorreremo la serata insieme agli Adams, ma non ho intenzione di indossare altro se non il mio adorabile pigiama con i coniglietti.

Imbarazzante? Probabile.

Comodo? Assolutamente.

Esco quindi dalla stanza e scendo di sotto, ritrovandomi tutti in salotto.

Anche le mie sorelle sono in pigiama, esattamente come gli Adams.

Noto da subito il tavolino colmo di stuzzichini e dolcetti, e un potente brontolio inizia a farsi sentire.

«Eccola, finalmente!» esclama Juliet, facendomi segno di avvicinarmi.

Avanzo quindi nella sala e cerco un posto libero per me: sono tutti disposti in cerchio sul pavimento.

Non mi sfugge la faccia annoiata di Rory e quella scocciata di Duk-

Tento di distogliere subito lo sguardo, ma vanamente. I miei occhi, infatti, rimangono un po' troppo a fissare la maglietta bianca aderente che indossa e notare il modo in cui questa evidenzia il petto scolpito, le spalle ampie e i bicipiti allenati.

Ha la schiena appoggiata alla parte inferiore del divano, i capelli leggermente bagnati e le mani venose che giocherellano con una piccola carta.

Mi impongo di smetterla di fissarlo e scelgo un posto.

L'unico libero, però - per il meraviglioso volere del destino - è proprio quello accanto a lui.

Avanzo perciò con un sospiro e, una volta lì, ordino: «Fatti più in là.»

I suoi occhi scuri saettano su di me e mi squadrano sfacciatamente. Aggrotta anche leggermente le sopracciglia nel momento in cui si accorge dei coniglietti sparsi sul pantalone e di quello grande che fa un occhiolino, disegnato sulla maglietta. Fa però finta di nulla e si sposta leggermente a sinistra.

Mi ritrovo quindi seduta tra lui e Lia, la quale sta scherzando con Kate di non so cosa.

«Okay, prendete velocemente quello che volete mangiare.» ordina Juliet, battendo le mani.

«Perché?» domanda Aaron, confuso.

Sua sorella rotea gli occhi al cielo e sbuffa. «Perché dobbiamo spostare il tavolino se vogliamo giocare!»

Nessuno fa più ulteriori domande, perciò mi sporgo verso la brelibatezza di stuzzichini e li metto in un piatto.

Metto giusto qualche patatina e un cupcake e lo poso sul divano dietro di me.

Mi aspetto che anche Duke si prepari il piatto, ma tutto ciò che fa è afferrare una piccola pizzettina e infilarsela tutta in bocca.

La mascella definita guizza ogni volta che mastica, mentre il pomo d'adamo si abbassa velocemente non appena deglutisce.

E non so perché, ma una parte di me trova questo gesto... attraente.

«Okay, possiamo iniziare.» pronucnia Juliet, per poi posizionare una bottiglia di birra vuota sul pavimento, al centro del cerchio. «Primo gioco: obbligo o verità, un classico!»

«Una rottura di palle, vorrai dire.» borbotta Rory, sollevandosi il cappuccio della felpa nera.

Juliet fa finta di niente e, dopo aver messo davanti a lei due gruppi di carte, con sopra le scritte "obbligo" e "verità", gira la bottiglia.

Questa si ferma a indicare Lia.

«Perfetto. Lia, obbligo o verità?»

Lei ci riflette su qualche istante, per poi però scegliere verità.

Juliet pesca quindi la carta dal mazzo apposito e pronuncia: «Nomina un difetto e un pregio della persona alla tua destra.»

Mia sorella sposta perciò lo sguardo su Aaron, accanto a lei.

«Allora, pregio...» posa lo sguardo su un punto indefinito della stanza e assume un'espressione riflessiva.

L'attesa mi fa sorridere divertita, perciò domando: «Vuoi iniziare dai difetti?»

Lia ride e continua a pensarci.

«Fa così perché ha l'imbarazzo della scelta.» Aaron scrolla le spalle e si appoggia con le braccia conserte al lato del divano angolare.

«Sì, come no.» lo provoca James, increspando le labbra in un ghigno.

«Okay, ce l'ho.» prorompe a un certo punto Lia, voltandosi verso il suo migliore amico. «Pregio: sei la persona più simpatica che conosca.»

Emma sgrana gli occhi e si porta una mano sul petto, teatralmente offesa. Lia perciò aggiunge: «Dopo Em, ovviamente.» alza le mani in segno di resa, provocando un verso soddisfatto da parte della riccia bionda seduta davanti a me.

«Difetto, invece...» ci riflette maggiormente. «Ecco, qui non saprei proprio quale scegliere tra i tanti.»

Sghignazzo divertita.

Aaron inarca un sopracciglio e fissa i suoi occhi castani su di lei, con un mezzo sorrisetto in volto.

«Okay, ce l'ho: spezzi troppi cuori.»

Lui aggrotta le sopracciglia. «Non è vero!»

«Ah no? Perché le lacrime di Tessa, Madeline e Cassy di soltanto quattro giorni fa sembravano mostrare il contrario.»

Aaron rotea gli occhi al cielo. «Tutte ragazze che non ho illuso io. Non è mica colpa mia se vogliono una relazione. Gliel'avevo detto che non mi piacciono questo genere di... cose» pronuncia l'ultima parola con un'espressione schifata, il che fa scuotere il capo a Lia, rassegnata.

Subito dopo, Juliet gira nuovamente la bottiglia, che questa volta si ferma a indicare Blake.

Indossa una semplice t-shirt nera aderente, che mette in mostra il suo fisico statuario.

Una cosa che ho capito in questi due giorni di convivenza? Che gli Adams sono tutti stramaledettamente affascinanti, per quanto complicati e difficili da capire.

«Blake: obbligo o verità?»

Gli scappa un sorrisetto che lo porta a pronunciare: «Sono un avvocato, Julie, dovresti sapere che non prediligo la verità.»

Beh, corretto.

Juliet sorride e scrolla una spalla, per poi pescare una carta dal mazzetto degli obblighi.

«Mhm... Interessante.» afferma la castana, sorridendo sotto ai baffi. «Continua a giocare a petto nudo.»

Sorridiamo tutti, realmente divertiti dal modo in cui Blake inarca un sopracciglio.

«Avanti, non fare il timidone.» lo provoca Aaron, rivolgendogli un occhiolino.

Blake risponde con una finta occhiataccia.

Tuttavia, alla fine sospira e si sfila la maglietta, rivelando il petto scolpito, l'addome evidente e le spalle larghe.

Emma finge i cori da stadio, facendo sghignazzare tutti.

Subito dopo, il giro continua e indica che è il turno di Rory. Sceglie verità ed è costretta ad ammettere qual'è stato il momento più imbarazzante che ha vissuto: terzo superiore. Si era appena seduta su una sedia sporca di cioccolato in mensa e ha girato per tutto il giorno con i pantaloni sporchi, tanto che le persone ridevano perché pensavano se la fosse fatta sotto.

Inutile dire che ha bucato le ruote dell'auto o delle bici di ciascuno di loro.

«Adesso...» la bottiglia si ferma davanti a... me. «Elle. Obbligo o verità?»

«Obbligo.» rispondo senza esitazione, troppo spaventata dal mettermi troppo a nudo.

Juliet pesca la carta e sgrana gli occhi non appena ne legge il contenuto.

«"Balla un tango con la persona alla tua sinistra".»

Alla mia... sinistra?

Mi volto e noto che c'è proprio...

No. Non ci credo.

«Devo ballarlo con lui?» domando sbalordita, indicando Duke al mio fianco.

«Io passo.» risponde proprio lui, con voce roca.

I miei occhi scattano nei suoi, infastidita dalla sua risposta. «Guarda che sono io che passo.»

Rotea gli occhi al cielo. «Come ti pare. Comunque non lo faccio.»

Antipatico. Irritante. Fastidioso.

Tre aggettivi, un nome: Duke Adams.

«Non potete rifiutarvi, sono le regole del gioco.» pronuncia Juliet, incrociando le gambe per stare più comoda. «Oppure dovete svolgere la penitenza.»

«Quale sarebbe?» domando quindi, volenterosa più che mai di fare tutto eccetto ballare con quest'omuncolo che ho al mio fianco.

«Bere due shottini.»

Sgrano gli occhi e aggrotto le sopracciglia.

Cosa?

«No! Perché dovrei ubriacar-» tento di ribattere, ma lo sbuffo irrisorio di Duke cattura la mia attenzione.

«C'è una singola cosa di cui non ti lamenti, ragazzina?»

Rimango pietrificata per un attimo.

Che cosa ha detto?

E poi perché mi ha chiamata "ragazzina"?

Il fastidio dentro di me aumenta sempre di più, e le parole stizzite mi scappano di bocca:

«Non mi lamenterei se non dovessi scegliere tra l'ubriacarmi e il ballare con... te.» increspo le labbra in un sorriso falso e provocatorio, mentre lui sporge lievemente il capo in avanti, sorpreso da chissà cosa.

«Ti ubriachi con due shottini?» domanda infatti, incredulo.

Faccio spallucce. «Sì. Cioè, non lo so. Lo immagino. Non mi è mai capitato.»

La sua espressione, se possibile, diventa ancora più attonita. «Mi stai dicendo che non ti sei mai ubriacata?»

Annuisco.

Mi osserva per una manciata di secondi, per poi sollevare velocemente le sopracciglia e commentare: «Non mi sorprende che sei così esurita allora.»

Sgrano gli occhi.

Ma come diavolo si permette?

«Io esaurita?» mi indico con un indice e continuo, non curandomi però di alcune risatine che sento intorno a me. «Non hai mai pensato che magari sei tu quello talmente irritante da farmi sembrare una matta? Io sono una persona normale e cordiale con tutti, ma tu sei così arrogante che mi rendi impossibile esserlo anche con te.»

Duke increspa le labbra in un sorriso sfacciato e provocatorio, mirato soltanto a innervosirmi maggiormente. «Dovrei offendermi per questo?»

È incredibile! Non ce la fa proprio a non essere così... Duke.

Sospiro frustrata e scuoto il capo, lasciando perdere.

«Allora... tango?» domanda Juliet, quasi spaventata di pronunciare queste due parole.

Serro la mascella, ma mi alzo comunque in piedi e sospiro, superando il cerchio formato da tutti noi.

Noto Duke roteare gli occhi al cielo e lasciar andare il capo all'indietro in modo scocciato.

Blake sorride e gli dà una pacca sulla spalla, che però non fa altro che innervosirmi ancora di più.

«Muoviti. Non voglio che si faccia notte.»

Lui si alza con un sospiro. «È già notte.»

«Sta' zitto.» rispondo in tono piccato.

Si avvicina a me e mi posa una mano sul fianco, prendendo l'altra per metterci in posizione d'inizio.

Il suo profumo al muschio unito a quello della mandorla mi travolge all'improvviso, ma cerco comunque di non concentrarmici troppo e attendo che Juliet avvii la canzone.

Non riesco a fare a meno di notare i trenta centimetri di altezza in più che ci separano e il modo in cui quasi mi spezzo il collo per riuscire a guardarlo negli occhi.

Questi affondano nei miei, assumendo l'aspetto di due pozze scure e profonde. Magnetiche e nere come la pece.

«Quando avanzo tu indietreggia.» pronuncio, nell'esatto momento prima che parta la musica.

Le note di un classico tango si disperdono nella stanza, ora improvvisamente buia grazie a Emma che ha spento tutte le luci.

È presente solo la torcia di Lia, puntata contro di noi come se fosse un riflettore.

Duke avanza, e a ogni suo passo in avanti io ne compio uno indietro. Eppure, mentre io mi impegno, lui balla svogliatamente, come se stesse semplicemente camminando.

«Potresti impegnarti, per piacere?» sussurro a denti stretti, iniziando ora ad andare di lato con passi a ritmo di musica.

«C'è una medaglia in palio di cui non sono a conoscenza?» domanda lui, col suo solito sarcasmo.

Sospiro irritata.

«Fai le cose solo in cambio di qualcosa?»

«Esatto.»

Scuoto il capo.
«Non potresti divertiti e basta una volta tanto?»

Le sue labbra si increspano in un sorriso e le sue sopracciglia si sollevano per una frazione di secondo. «Credimi, non ti piacerebbe sapere quello che faccio per divertirmi, biondina.»

Assottiglio subito dopo le palpebre, mentre il fastidio dentro di me aumenta ancora di più sia per ciò che ha appena detto sia per come il mio corpo ha reagito al suo tono roco.

Serro quindi la mascella e aumento l'intensità dei passi, date le note più prepotenti della canzone.

L'esatto momento dopo, però, ecco che Duke si scosta leggermente da me e, dopo aver sussurrato un "gira", allunga il braccio per porre distanza tra di noi. Subito dopo, io volteggio per riavvicinarmi, ma il modo in cui mi tira è talmente intenso che vado a sbattere contro il suo petto.

Abbassa quindi maggiormente il capo per guardarmi negli occhi, e così io. Affondo le mie iridi nelle sue con un lieve affanno, alcune ciocche bionde sul viso e uno strano formicolio che mi si propaga all'altezza dello stomaco.

Lo scaccio però in fretta e mi concentro sul ballo. Anche se questo mi risulta abbastanza difficile, dato il modo in cui la voce roca e vellutata di Duke domanda:

«Contenta?»

Non rispondo. Mi limito a deglutire e distogliere lo sguardo.

Sento le urla e gli applausi delle mie sorelle, e roteo gli occhi al cielo divertita.

La musica continua per un'altra manciata di secondi, in seguito alla quale io e Duke ci scostiamo l'uno dall'altra e torniamo ai nostri posti.

Non appena mi siedo Lia mi lancia una fugace occhiata seguita da un sorrisetto, che però non riesco a decifrare. Le rivolgo infatti uno sguardo interrogativo, al quale risponde con una scrollata di spalle.

Il gioco continua per altri venti minuti, in seguito ai quali Lia è obbligata a svolgere un ballo buffo davanti a tutti noi, Duke a leggere l'ultima chat del suo telefono che - naturalmente - è con una ragazza, Kate a fare uno scherzo telefonico al suo ragazzo, Juliet a confessare uno dei suoi più grandi segreti.

Aveva otto anni e aveva usato il telefono di James per giocarci tutto il giorno. Lui non lo trovava e lei gli ha fatto credere che l'avesse mangiato il cane della vicina. Alla fine, per sbaglio le è caduto nel lavandino della cucina pieno d'acqua e si è rotto. L'ha lasciato lì ed è scappata via. Non gli ha mai confessato di essere stata lei fino a questo momento.

«Io avevo passato tutto il giorno ad accusare Aaron ed eri stata tu?!» domanda sconvolto James, sgranando gli occhi.

Sorrido divertita, mentre Juliet si morde l'interno guancia e si gratta la nuca, con espressione colpevole. «Già, scusa. E scusa Aaron.»

Scoppiamo tutti a ridere e noto piacevolmente come l'atmosfera si sia lietamente distesa. Non pensavo che questo gioco avrebbe funzionato davvero, ma ci sta aiutando a prendere maggiore confidenza l'uno con l'altro, oltre che a conoscerci meglio.

Gli Adams non sono poi così male come pensavo. Sono tutti abbastanza carini e cordiali, un po' sulle loro forse, ma civili. A differenza di Duke.

Lui resta e resterà sempre un caso a parte.

Tanto affascinante quanto frustrante.

«Okay, turno di... Aaron!» la bottiglia si ferma davanti al castano, e sceglie obbligo.

«Vediamo...» Juliet afferra la carta dal mazzo e inarca le sopracciglia, facendosi scappare un sorrisetto. «Bacia la persona alla tua sinistra.»

Sgrano gli occhi, mentre noto che si tratta proprio di...

Lia.


Cosa?

Aggrotto le sopracciglia, non riuscendo ancora a credere all'obbligo che Julie ha appena letto.

Aaron e io?

Baciarci?

Per poco non scoppio a ridere alla sola idea e mi volto a guardarlo.

Lui sembra sorpreso quanto me, ma anche divertito, dato il modo in cui aggrotta impercettibilmente la fronte e abbozza un sorrisetto.

«E non fate i guastafeste. È solo un gioco.» pronuncia Emma, addentando una pizzetta.

Incrocio lo sguardo di Aaron, il quale rotea gli occhi al cielo e annuisce.

«Diamogli quello che vogliono, mostriciattolo.» pronuncia, avvicinandosi maggiormente.

Io sospiro e accetto, consapevole che questo bacio sarà la cosa più assurda e strana che mai farò in vita mia.

Eppure, Emma ha ragione. È solo un gioco, e io e Aaron siamo talmente tanto amici da capirlo perfettamente.

Questo sarebbe in realtà anche il mio primo vero bacio, ma non credo conti poi molto, date le circostanze.

O meglio, il mio primo bacio è stato con Joshua Cameron in seconda elementare, ma non lo definirei tale. È durato due secondi ed è stato durante un... gioco.

Sorrido mentalmente.

A quanto pare è il mio destino farmi baciare sotto costrizione.

Mi prendo in giro silentemente, per poi scacciare questi pensieri dalla testa e avvicinarmi maggiormente a lui.

Per poco però non scoppiamo in una fragorosa risata.

Oddio, che cosa strana...

È lui comunque il primo a rifarsi serio e a posarmi una mano sulla guancia. Avvicina subito dopo il mio viso al suo e... mi bacia.

All'inizio mi scappa un sorrisetto, che però viene scacciato via non appena avverto la morbidezza delle sue labbra contro le mie.

Rimane un bacio casto e pulito per qualche secondo, fino a quando però non lo sento sospirare leggermente.

Schiudo in automatico le labbra, senza neanche sapere il perché, e una fitta di non so cosa mi colpisce lo stomaco non appena la sua lingua si infila nella mia bocca.

Oh mio Dio.

In un movimento naturale, inizio a muovere anche la mia e riesco a notare il modo in cui la sua mano passa sulla mia nuca e mi spinge di più contro la sua bocca.

Che sta succedendo?

Uno strano formicolio mi si propaga in pancia.

La sua lingua è calda, il suo alito sa di menta e tabacco, una sua mano possente è posata distrattamente sul mio fianco e l'altra dietro la mia nuca.

Intrecciamo le nostre lingue con scioltezza per qualche altro secondo. Secondi occupati interamente da un piacevole calore che si diffonde in tutto il mio corpo, insieme a un insolito... piacere.

Oddio.

Piacere nel baciare Aaron?

Ma che dico, è il mio migliore amico.

E allora che cos'è quello sfarfallio che avverto allo stomaco?

La mia mente, comunque, si spegne persino e non riesco neppure a tormentarmi con tutte le domande che mi stanno assalendo in questo momento.

Il bacio mi travolge con la forza di un uragano, scombussolandomi totalmente. Si conclude però dopo altri brevi istanti, in seguito ai quali Aaron si scosta da me e alterna lo sguardo dalle mie labbra ai miei occhi.

Non mi sfugge il movimento impercettibie delle sue sopracciglia che si aggrottano, seguito comunque da un sorrisetto e da queste semplici parole:

«Ottimo lavoro.»

Commenta semplicemente così, prima di voltarsi nuovamente verso gli altri e lasciarmi con una confusione immane e centinaia di domande ad affollarmi la testa.

💖SPAZIO AUTRICE💖

Bene, gli ingranaggi della storia di Lia e Aaron hanno iniziato a muoversi, e tra non molto vedremo anche quelli di tutte le altre coppie.

Per il momento, però, chi è la vostra Richard preferita? E il vostro Adams?

So che è ancora presto, ma sono troppo curiosa 💃

Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, se così e se vi va lasciate una stellina 🌟

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