1. "This was the very first page"
«Dove sono i miei orecchini?!» la voce squillante di mia sorella mi sveglia all'improvviso con la delicatezza di un uragano e mi porta a sgranare gli occhi di scatto.
Ci metto qualche secondo a connettermi con la realtà e a realizzare che non si è trattato di un attacco terroristico contro la nostra città come pensavo.
Sbatto più volte le palpebre e faccio una smorfia.
Beh, in realtà non ci sono andata poi così lontana.
L'assalto di Emma nella mia stanza, insieme alla sua voce squillante, può essere tranquillamente paragonato al lancio di dieci bombe.
«Elle, è da mezz'ora che li cerco, dove sono?!» si fionda sulla mia scrivania e comincia a rovistare nel mio portagioielli.
O meglio, nella scatolina in cui tengo i miei cinque anelli, due bracciali, una collana e due paia di orecchini.
Non impazzisco per i gioielli, ma anche se lo facessi sono sicura che non durerebbero neanche una settimana in questa casa.
Convivendo con cinque sorelle quasi tutte della mia stessa età non mi è mai stato molto facile ritrovare le mie cose.
Motivo per il quale Emma sta letteralmente impazzendo in questo momento.
I suoi ricci biondi svolazzano infatti da una parte all'altra e le ricadono sul viso mentre si precipita a cercare in ogni angolo della mia camera.
«Non li ho presi io, smettila di frugare tra le mie cose.» tento di mandarla via, ma il risveglio traumatico e la mente ancora concentrata sul sogno che stavo facendo non aiutano di certo.
Dopo un'altra manciata di secondi in cui non ha trovato altro che libri, quaderni, penne e qualche fotografia, però, ecco che si arrende e sbuffa pesantemente.
«Che palle...»
Mi alzo dal letto e mi avvicino a lei, mentre la maglietta oversize della Brown mi ricade fino a metà coscia.
Usciamo quindi entrambe dalla stanza e, dopo aver sceso la lunga e raffinata rampa di scale in marmo bianco, arriviamo in cucina.
Lì è presente soltanto Lia, intenta a cucinare dei pancake come ogni mattina.
I lunghi capelli rossi le ricadono lungo la schiena, mentre i suoi occhi castani si puntano su me ed Emma, rivolgendoci un sorriso dolce.
«Buongiorno, sto facendo i pancakes.»
«Come i panc-» Emma prova a ribattere, ma Lia la interrompe all'istante con tono dolce e affabile:
«E i waffle.»
Un sorriso increspa le labbra di Emma, seguito da un verso soddisfatto.
Mi siedo su uno degli sgabelli bianchi posti davanti all'ampia isola della cucina e bevo un sorso di caffè.
Dopo soltanto una manciata di secondi, entrano in cucina anche le altre nostre sorelle: Katelyn e Rory.
Fanno il loro ingresso in due modi completamente opposti: Kate, con i capelli neri sciolti e in ordine, entra camminando su un paio di décolleté nere che slanciano le gambe, coperte da dei pantaloni neri eleganti e abbinati a una camicia in raso bianca.
La camminata è elegante e tranquilla, e completamente differente da quella di Rory.
Questa, infatti, cammina con una mano sulla bocca per i continui sbadigli. I capelli castani sono corti e in completo disordine, esattamente come i suoi vestiti: indossa una maglietta del pigiama di almeno tre taglie più grande totalmente stropicciata e dei pantaloni lunghi e larghissimi.
Sul suo viso non appare neanche l'ombra di un sorriso e la sua espressione è quella di sempre:
annoiata, incazzata e scocciata.
Infastidita da tutto il mondo e da ogni singolo essere vivente che lo abita.
«Kate, hai visto i miei orecchini nuovi?» Emma riprende la sua ricerca e si rivolge alla mora, che si è appena seduta accanto a lei.
«No, esattamente come non ho visto la maglietta che hai perso la settimana scorsa, il quaderno di due giorni fa e i tuoi occhiali da sole.» afferra la tazza del suo solito cappuccino e ne beve un sorso. «Sono sicura che se non avessi la testa attaccata al collo perderesti anche quella.»
Sorrido divertita e guardo Emma, la quale ha appena sospirato. «E tu Rory?» domanda in modo rassegnato.
Questa si siede con lentezza sullo sgabello accanto al mio e rotea gli occhi al cielo.
«Ti sembro un metal detector?» ribatte con noia quest'ultima.
Increspo nuovamente la labbra in un sorriso a metà tra il divertimento e la rassegnazione.
Non è molto facile ricevere una risposta pacata e affabile da Rory di prima mattina.
O meglio, non è molto facile ricevere una risposta pacata e affabile da Rory in nessun momento, ma tutte noi ci abbiamo fatto l'abitudine ormai.
Lia finisce di cucinare e porge a ognuna di noi i nostri piatti, che sono tutti completamente differenti.
Pancake con sciroppo d'acero per me.
Waffle con frutta per Emma.
Uova e bacon per Rory.
Biscotti al cioccolato per Katelyn.
Cornetto alla crema per lei.
Prepara la colazione per tutte ogni mattina, e, nonostante abbiamo cercato di convincerla a farlo fare alla nostra governante Giselle o almeno a farsi aiutare da una di noi, non ha mai voluto cedere. Le piace da morire cucinare dolci, e ancora di più preparare a noi quattro le cose che più amiamo. Dice che le piace vederci sorridere di fronte ai nostri piatti preferiti e osservare come il nostro buon umore aumenta grazie a qualcosa preparato da lei.
In realtà è sempre stata così: sin da bambina amava renderci felici e strapparci - anche solo per qualche secondo - un sorriso.
È la persona più buona e gentile che io conosca, e a volte mi chiedo come faccia a non sbottare e a mandare tutte a farsi fottere.
In fondo siamo tutte totalmente diverse.
Cinque sorelle.
Cinque madri diverse.
Cinque età diverse.
Cinque caratteri lontani anni luce l'uno dall'altro:
La più grande fra tutte è Katelyn - o come la chiamiamo noi: Kate. Ha ventitré anni, ed è al penultimo anno della scuola di legge Roger Williams University. È probabilmente la più razionale e normale fra di noi.
È a dir poco... bellissima. I suoi occhi sono di un azzurro non molto acceso, ma è proprio per questo che risultano totalmente magnetici. La pelle è più bronzea rispetto alla nostra ma non eccessivamente, date le sue origini italiane.
Ha una personalità forte e spiccata, si fida di poche persone, nonostante rimanga sempre cortese ed elegante con tutti.
La ammiro molto, seppur delle volte litighiamo come matte.
Poi c'è Emma: una vera e propria pazza. È in costante movimento, i suoi capelli ricci sono una rappresentazione del suo modo di essere: folle e incasinata, ma ugualmente straordinaria.
È una vera forza della natura: è costantemente attiva, ha pochi peli sulla lingua ed è praticamente impossibile farla stare zitta per più di tre minuti di fila.
Ha la pelle leggermente più chiara di tutte noi, poiché sua madre proveniva dalla Svezia.
C'è poi Rory.
Il suo modo di vestire è esattamente proporzionale alla sua voglia di vivere, di dialogare e di parlare. Indossa quello che le capita, scegliendo magliette larghe e pantaloni ancora di più.
La irrita il mondo intero.
Qualsiasi persona, qualsiasi oggetto e persino qualsiasi rumore.
Le uniche volte in cui sorride sono quelle in cui è con la sua ragazza, Amy, ma sono ugualmente abbastanza rare.
I suoi occhi azzurri spiccano ogni volta sul viso struccato, in contrasto con i capelli castani, ma in completa armonia con le labbra rosee.
C'è in seguito Lia: la più dolce fra tutte noi.
È gentile, cortese, disponibile e costantemente positiva.
Cerca di esserci sempre per tutte noi e rallegrarci, nonostante sia la più piccola. Ha infatti solo diciotto anni, ma è comunque molto matura. Probabilmente ha influito il fatto che sua madre l'abbia abbandonata quando aveva soltanto sei anni.
Io avevo soltanto un anno in più di lei, ma ricordo alla perfezione il momento in cui nostro padre le disse che quella stronza se n'era andata.
Ricordo i suoi occhioni azzurri colmi di lacrime e il modo in cui aveva cercato con tutte le sue forze di non piangere.
Alla fine, era crollata fra le braccia di nostro padre.
Il famoso imprenditore immobiliare Tom Richards. Un uomo alla costante ricerca dell'amore - prova i cinque fidanzamenti falliti o distrutti da cause esterne. Nonostante sia definito un uomo scrupoloso e cinico nell'ambito lavorativo, è comunque un padre formidabile.
Non sempre è presente fisicamente, a causa degli impegni delle varie aziende presenti in tutti gli stati uniti, ma riesce comunque, in un modo o nell'altro, a farci sentire la sua vicinanza.
È il migliore amico di tutte noi, e lo adoriamo per questo.
A ogni modo, dopo tutte le mie sorelle, ci sono... Io.
Non credo di saper dire molto su di me: non ho niente di così speciale.
Sono una persona permalosa, polemica, ribelle, ma anche una semplice ragazza che adora stare con le persone che ama.
Odio le ingiustizie e le persone strafottenti, adoro i pancakes con i mirtilli e le banane, e guarderei forse dieci volte consecutive "Le pagine della nostra vita", perché... sì.
Ho una testa dura quanto l'acciaio, ma sono anche un'inguaribile romantica.
Adoro i film d'amore, i romanzi e vedere banalmente le coppie che si tengono per mano nel parco.
È da una vita che sogno tutto quello, ma non è ancora arrivato il mio momento.
Le ragazze della mia età hanno già tutte un fidanzato o ne hanno avuto almeno uno, mentre io... niente di niente.
Nessuna relazione.
Nessuna frequentazione.
Nessun rapporto con alcun ragazzo.
Soltanto sogni e momenti nei quali fantastico di essere amata come le protagoniste dei libri che leggo.
Non so se arriverà anche per me quella strana magia che tutti chiamano amore, ma quando accadrà spero che mi sconvolgerà talmente tanto da destabilizzare ogni singolo aspetto della mia esistenza.
Siamo, a ogni modo, tutte e cinque totalmente diverse, motivo per il quale litighiamo praticamente ogni giorno. Eppure - nonostante tutti gli insulti e le urla che ci riversiamo sin da quando siamo bambine - non potremmo essere più unite di così.
Queste quattro pazze sono la mia famiglia, e per quanto delle volte vorrei assassinarle e scapparmene in Australia, voglio bene a ognuna di loro.
Seppur rischino di far riaprire i manicomi appositamente per me.
«Oggi inizia il college, siete pronte?» domanda euforica Lia, mentre finisce il suo succo d'arancia.
«Sì!»
«No.»
Una risposta euforica e una annoiata.
Una appartenente a Emma e l'altra a Rory.
Un classico.
Questo sarà il mio secondo anno di college, il primo di Lia, il terzo di Emma e il quarto di Rory. E, nonostante mi dispiaccia che l'estate sia finita in fretta, devo ammettere che sono entusiasta di ricominciare.
«Io non vedo l'ora, anche se dovremo dire addio ai pomeriggi di totale nullafacenza...» appoggio con un sospiro il mento al palmo della mano e roteo gli occhi al cielo.
«Beh, pensate a Kate che lavorerà.» aggiunge subito dopo Emma, simulando un conato di vomito.
«Già. Tirocinante nello studio legale Adams. Non avrai neanche il tempo di respirare.» punto i miei occhi su di lei, la quale ha appena finito il suo cappuccino.
Rilascia subito dopo un sospiro e risponde per forse la millesima volta: «Uno: non è detto che mi accetti. E due: è lo studio legale più importante degli Stati Uniti, e se voglio diventare un'avvocato come si deve ho bisogno di un curriculum ben attrezzato, oltre che di una gavetta di questo calibro.» solleva poi velocemente le sopracciglia e aggiunge: «Mi serve il nome di Blake Adams fra le mie esperienze lavorative, nonostante le dicerie su di lui.»
Per "dicerie" sicuramente si riferisce a tutti i suoi dipendenti che hanno considerato lavorare per lui "più complicato di scalare l'Everest con delle infradito ai piedi".
Dicono che sia inflessibile, imperturbabile ed estremamente rigido. Ma immagino che sia proprio per questo che è considerato l'avvocato migliore dell'intera nazione.
«Imboccati le maniche allora, Kate.» pronuncia quindi Lia, dando un ultimo morso al suo cornetto.
«E se ci prova con te come l'ultimo da cui sei stata tiragli un calcio nelle palle. Per quanto sia potente non dovrà azzardarsi a toccarti.» aggiungo io, avvertendo un forte senso di protezione nei suoi confronti, nonostante sia lei quella più grande.
Un sospiro derisorio proviene da Emma, e ci porta a voltarci verso di lei.
«Secondo me invece lo pregherai di farlo. Voglio dire: ricordate quanto è sexy Blake Adams, vero?»
Sorrido e sospiro.
Nessuna di noi lo ha mai visto dal vivo, eccetto lei. La sua migliore amica è infatti la sorella di Blake, ed è capitato che Emma lo vedesse qualche volta di sfuggita.
«Oddio che noia...» borbotta Rory tra se e se, sbuffando pesantemente. «Me ne vado.»
Si alza quindi dallo sgabello e si dirige in camera sua.
Emma si volta però subito dopo verso di noi e pronuncia: «Vado da lei.»
Eppure, sono assolutamente certa che non lo fa per passare un po' di sano tempo fra sorelle.
«Em, sai che è nervosa la mattina, lasciala star-» Lia prova a dissuadere nostra sorella, ma lei scende con un salto dallo sgabello e risponde:
«È proprio per questo che sto andando!» ci rivolge un sorriso furfante, per poi precipitarsi in camera di Rory e stuzzicarla come ogni volta.
«Un giorno di questi troveremo la testa di Emma che rotola qui sul pavimento, ne sono certa.» borbotto perciò, rubando uno dei biscotti di Kate.
«Ehi, giù le mani. Sono miei.» mi da un lieve schiaffetto sulla mano, al quale rispondo con un bacio volante.
Lei rotea subito dopo gli occhi al cielo e risponde a qualche messaggio sul suo cellulare.
Controllo poi l'orario sull'orologio appeso alla parete bianca e sgrano gli occhi.
«Oddio, dobbiamo prepararci. Tra mezz'ora dobbiamo uscire.»
La rossa al mio fianco annuisce e sposta in fretta tutte le tazze e i piatti nel lavello. «Vado a chiamare le altre.»
Annuisco e mi dirigo anche io in camera.
Devo ammettere che questa sembra quella di una bambina, dato il colore rosa presente sulle pareti, il tappeto fucsia peloso davanti al letto abbinato al pouf del medesimo colore, e il pupazzo di un orsacchiotto posizionato sul letto.
L'unico colore neutro è dato dal bianco della scrivania e dall'armadio, verso il quale mi fiondo per scegliere cosa indossare.
Opto per dei semplici jeans larghi a vita bassa e una t-shirt nera.
Lavo poi i denti e aggiungo un filo di mascara sulle ciglia, insieme a un po' di gloss. Do poi una spazzolata ai capelli biondi e li lascio semplicemente sciolti e lisci.
Spruzzo infine un po' del mio profumo preferito, caratterizzato da note dolcissime, e afferro la borsa in tela, con all'interno il pc, qualche quaderno e il mio astuccio.
Dopo circa venticinque minuti, ci ritroviamo finalmente tutte nella macchina di Emma.
Questa sta cantando a squarciagola "Umbrella" di Rihanna.
La seguiamo a ruota anche io e Lia, mentre Rory rotea gli occhi al cielo con talmente tanta intensità che temo possano rimanerle bloccati. Subito dopo sbuffa pesantemente e si infila le cuffie, rannicchiandosi a un lato del sedile e spostando lo sguardo oltre il finestrino.
«Because when the sun shines we'll shine together, told you I'll be here forever said I'll always be your friend, took an oath I'ma stick it out to the end...» cantiamo - o meglio - urliamo queste parole usando le nostre mani come microfoni e ridiamo per le note stonate di Lia.
«Dio, sembri una gallina che sta partorendo.» scherzo quindi, scoppiando a ridere.
Lei sorride divertita e risponde con ironia: «Ma se terrò il mio primo concerto questa sera.»
Certo, come no.
Nessuna di noi è particolarmente brava a cantare, eccetto Rory, ma sentire Lia farlo è peggio di passare dieci ore col rumore del trapano dritto nelle orecchie.
Emma, perciò, sgrana gli occhi e borbotta: «Sì, un concerto per sordi.»
Scoppio a ridere, mentre Lia tira uno schiaffo leggero sul braccio di Emma. Subito dopo continuiamo a cantare canzoni di Rihanna una dopo l'altra, passando da "Love the way you lie" a "Stay" e interpretando ogni singola parola.
Alla fine, con metà della voce e i timpani completamente andati, ecco che scendiamo tutte dall'auto.
Metto la borsa in spalla e mi guardo intorno, sorridendo alla vista delle matricole piene di entusiasmo, compresa Lia.
«Come ti senti?» le prendo la mano e incastro i miei occhi azzurri nei suoi, i quali si affrettato subito dopo a spostarsi da un punto all'altro della Brown.
«Bene, sto solo per avere un attacco nervoso.» ironizza, spostandosi una ciocca rossa di capelli dietro l'orecchio.
Le do una leggera spallata e le sorrido.
«Andrà bene, sono tutti molto gen-» prima ancora di concludere la frase, però, ecco che una ragazza che corre in fretta e furia ci viene a sbattere contro.
Le cade il telefono e qualche quaderno che aveva in mano e sbuffa pesantemente.
«E state più attente!» esclama subito dopo con irritazione.
Non ci guarda neppure e non ci lascia il tempo di dire nulla, poiché ricomincia a correre come se stesse fosse inseguita da dieci alveari.
«Okay, quasi tutti.» mi correggo, sollevando velocemente le sopracciglia.
Lia sbuffa divertita e sposta lo sguardo sul telefono non appena le arriva un messaggio.
«Oh, Aaron mi sta aspettando all'ingresso. Vado.» saluta me, Emma e Rory con un cenno della mano e percorre l'ampia distesa di erba verde che porta alla struttura principale, dove è presente la figura alta e allenata del suo migliore amico.
«Rory tu che lezione hai per pri-» cerca di domandare Emma a nostra sorella, ma questa ci ha già superate e si sta già incamminando verso la porta d'ingresso.
D'ottimo umore come sempre.
«Devo andare, la mia inizia tra quindici minuti. Ci vediamo a pranzo.» pronuncia subito dopo la bionda accanto a me.
Annuisco e ne approfitto per entrare in aula anche io.
Una volta in classe, prendo posto in terza fila e ripongo sul banco il mio computer.
Manca ancora qualche minuto all'inizio della lezione, perciò ne approfitto per rispondere a qualche messaggio di Taylor, che mi dice che dovrebbe essere qui a momen-
«Buongiorno, bionda!» la sua voce alta ed euforica mi induce ad alzare di scatto il capo e a puntare lo sguardo verso la porta.
Lì è presente la sua figura minuta e bassina, che si precipita nell'immediato nella mia direzione.
Mentre corre le due solite trecce basse saltano da una parte all'altra, esattamente come le cinque collanine in argento che porta sopra la canottiera nera.
«Cosa ne hai fatto della mia migliore amica che odia il college? Perché sei così entusiasta?» la guardo con finta preoccupazione, mentre lei scrolla una spalla con un sorriso.
«È soltanto Josh Carter che mi ha guardata per più di dieci secondi poco fa.» pronuncia queste parole con sguardo sognante e io scuoto il capo divertita.
«Ma non avevi detto che ti piaceva Joyce?»
«Quello era tre giorni fa! Sai quante cose cambiano in settantadue ore?» domanda come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
Io sollevo le mani in segno di resa e sorrido roteando gli occhi al cielo.
Passa soltanto un'altra manciata di minuti, prima che la signorina Jones entri in aula e inizi la sua lezione, durante la quale Taylor torna quella di prima e riprende a lamentarsi su quanto schifo le faccia la storia.
«Sono passati quattrocento fottuti anni da quella guerra, perché continuano a ricordarla?!» sbuffa pesantemente, mentre usciamo dall'aula per dirigerci in giardino.
«Forse perché ha contato più di mezzo milione di soldati morti e ha cambiato parte della struttura del nostro paese?»
«Elle, stai usando verbi al passato, perché è proprio lì che dovrebbe restare tutta questa roba: nel passato.»
Sospiro rassegnata, mentre ci sediamo entrambe sull'erba verde del giardino del college e sistemiamo gli appunti che abbiamo preso a lezione.
Dopo circa dieci minuti vengo però distratta dall'arrivo di una notifica.
È un messaggio, da parte di mio padre.
Aggrotto le sopracciglia, sperando che non si tratti di uno dei suoi noiosissimi colleghi di lavoro con cui non parla altro che di affari, azioni e questioni finanziarie.
Rispondo ugualmente con un "d'accordo, a stasera" e apro la chat di gruppo con le mie sorelle, informandole della notizia.
Sorrido per la risposta, che non tarda ad arrivare:
Scommetto che Rory non ha neppure letto tutto ciò che abbiamo scritto, perciò digito una risposta per informarla.
Spengo quindi il telefono e lo rinfilo in borsa con un sospiro rassegnato.
«Fammi indovinare: tuo padre ti ha detto che avrete a cena qualcuno.» pronuncia Taylor, inducendomi a spostare lo sguardo su di lei.
«Come fai a saperlo?» domando scioccata.
Lei scrolla una spalla.
«Perché ormai conosco ogni tua singola espressione. Ti sopporto pur sempre da sette anni.»
Faccio spallucce.
Giusto.
Siamo amiche da talmente tanto tempo che mi ha vista in qualsiasi condizione e in qualsiasi stato d'animo.
Non mi stupisce che sappia riconoscere quando sono nervosa da un semplice sospiro o da una microespressione.
«Comunque sì, spero che non si tratti di un suo collega, o potrei seriamente morire di noia.»
«Perché non vieni da me? Posso pur sempre dirgli che ti ho rapita.»
Sghignazzo divertita e rispondo: «Magari, ma non posso. Tanto si tratterà soltanto di qualche ora. Mi consolerò con il cibo.»
Dopo altre due ore di lezione, torno finalmente a casa, questa volta prendendo un autobus dato che alcune delle mie sorelle sono già tornate mentre altre faranno più tardi.
È da diverso tempo che papà cerca di convincerci a farci accompagnare da uno dei suoi autisti, ma - per quanto non mi dispiaccia salire su una di quelle splendide macchine - preferisco non farlo.
In fondo siamo diventati molto ricchi soltanto da cinque anni. Prima di allora era con lui, l'autobus o con la mia bici che andavo a scuola.
Voglio che questo non cambi, e poi approfitto dei trenta minuti che impiega il pullman per ascoltare la mia playlist, nonché uno dei miei momenti preferiti della giornata.
Una volta arrivata a casa, il brontolio del mio stomaco inizia a presentarsi come la tosse di un orco col catarro, perciò mi fiondo direttamente in cucina.
Lì c'è la nostra cuoca, Zoe, che sta preparando insalata, pollo alla griglia e patate al forno.
Sgrano gli occhi non appena inspiro l'odore di tale paradiso.
«Buongiorno, signorina Elle.» mi saluta con un sorriso raggiante, e io ricambio.
Ha soltanto tre anni in più di me, eppure continua a chiamarmi signorina.
Ho cercato più volte di convincerla a trattarmi effettivamente come una sua coetanea, ma non c'è stato verso.
Mi siedo sullo sgabello davanti all'isola e sgranocchio qualche chicco d'uva, mentre le racconto di quella volta in cui ho provato a fare una frittata, ma nel girarla si è riversata tutta sul pavimento, e - come se non bastasse - ci sono anche scivolata addosso.
È da quel momento che non tocco più un fornello.
E non mi manca di certo.
Non ho la pazienza necessaria per aspettare che le cose siano pronte e svolgere tutti quei complicati passaggi, e sicuramente non ho abbastanza autostima per superare la delusione di un piatto schifoso.
Dopo il pranzo, comunque, mi dirigo direttamente in camera mia e - dopo aver sistemato e riletto gli appunti delle lezioni di questa mattina - mi stendo finalmente sul letto per guardare un episodio di The vampire Diaries.
La sto riguardando nuovamente da capo, ma come ogni singola volta piango fiumi di lacrime amare.
Ho appena finito la seconda stagione e l'ennesima morte di uno dei personaggi mi sta scuotendo il petto a causa dei singhiozzi.
«Elle, mi serve la tua spazz-» la voce di Kate che entra in stanza all'improvviso mi induce a scattare velocemente lo sguardo su di lei.
Si accorge all'istante dei miei occhi lucidi arrossati e del mio viso rigato dalle lacrime, e aggrotta le sopracciglia.
«Perché stai... piangendo?» domanda con un'espressione accigliata.
Scuoto il capo.
«È morta Jenna...»
Il suo viso diventa, se possibile, ancora più confuso. «Una tua compagna di corso?»
«Cos-No! È la zia di Elena.» spiego, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Lei, in risposta, inarca ancora di più un sopracciglio.
Perciò, sgrano gli occhi ed esclamo: «Pronto? The vampire Diaries! La migliore serie tv di tutti i tempi!»
A queste mie parole, il peso del mio pianto le scivola tutto addosso e sospira rassegnata.
«E piangi per un personaggio inventato?» domanda, guardandomi come se fossi un alieno a tre teste.
«Detto da colei che chiede di andare dal terapista ogni volta che vede "Le pagine della nostra vita".»
"No, ragazze. Questa volta sono seria. Non riesco a reggere tanto dolore."
Sono state queste le parole che ha detto l'ultima volta che l'ha visto, ma le è servita una settimana di commedie romantiche per mettere da parte il suo "dolore insopportabile" e ricominciare a essere la Kate di sempre.
«Quello è diverso. "Le pagine della nostra vita" è una storia vera! I nonni della moglie dello scrittore hanno davvero vissuto tutto quello.» spiega perciò, lasciandomi sorpresa.
Cosa? Davvero?
E perché lo scopro solo adesso?
«Sì, d'accordo, ma la morte di Jenna merita comunque tutte le mie lacrime.»
Lei conclude la conversazione roteando gli occhi al cielo e dirigendosi verso il mio bagno personale per prendere la spazzola.
«Riportala tra cinque minuti!»le urlo, mentre si chiude la porta alle spalle.
Subito dopo, mi rimetto a guardare la serie, non accorgendomi di quanto velocemente le ore passino e il sole tramonti pian piano.
Mi ritrovo quindi alle otto di sera ad aver visto i primi nove episodi della terza stagione e - con un umore decisamente migliore - mi sollevo dal letto e mi dirigo a farmi una doccia.
Purtroppo gli ospiti di papà saranno qui tra circa un'ora e non voglio mostrarmi con la maglietta sporca di cioccolato e le labbra piene di briciole di patatine.
Passo quindi dieci minuti sotto il getto dell'acqua e, una volta finito, asciugo i capelli. Sono lunghi fino al gomito, perciò ci metto un po' a stirarli e a piastrarli per bene.
Scelgo poi di indossare dei semplici pantaloni neri con una maglietta a maniche corte bianca. Dò una leggera sistemata al viso, spruzzo un po' del mio solito profumo e scendo di sotto.
Lì, stesa sul divano angolare grigio è presente Rory, che sta digitando qualcosa sul suo telefono con aria annoiata.
Lei indossa dei jeans neri molto larghi e una maglietta oversize del medesimo colore. Il massimo della sua eleganza: vestirsi di nero.
Sorrido tra me e me e mi siedo accanto a lei.
«Cosa fai?» domando, indicando il suo telefono.
Lei, senza neanche guardarmi, risponde: «Progetto il prossimo attentato terroristico.»
Roteo gli occhi al cielo con fare rassegnato ma anche divertito e sposto lo sguardo su Emma, la quale sta aggiustando con le mani i ricci biondi davanti al grande specchio nel salotto.
Lei indossa una gonna pantaloncino grigia con un top bianco.
Mi soffermo ad ammirare il fisico slanciato, desiderando per un attimo di essere alta qualche centimetro in più come lei.
È alta un metro e sessantasette e ha due gambe degne di una modella.
Io, invece, sono alta semplicemente un metro e sessanta, e - per quanto non sia bassissima - a volta mi sembra di risultare una vera e propria bambina.
Il profumo ai frutti di bosco di Lia mi distoglie comunque dai miei pensieri e mi porta a posare gli occhi su di lei, che si è appena seduta accanto a me.
«Sono le nove? Quando arrivano gli ospiti?» mi domanda, passando una mano fra i lunghi capelli rossi.
Quando sto per risponderle, però, ecco che la voce di nostro padre mi precede: «A momenti, mi hanno scritto proprio due minuti fa.»
Tom Richards.
Un cinquantenne che dimostra almeno dieci anni in meno, col fascino immutato e charme da vendere.
Entra nel salotto con uno dei suoi completi eleganti, formati da giacca, camicia e pantalone.
Abbottona in particolar modo il bottone centrale della giacca blu e la liscia con le mani, per poi avvicinarsi a Emma e darle un bacio sulla guancia.
Fa lo stesso con me, Lia, Rory e Kate, che è appena entrata in salotto con il suo abito nero aderente.
«Non sono semplici ospiti, ragazze. Si tratta di qualcosa di più... emozionante. E non vedo l'ora che possiate scoprire tutto.» ci rivolge un sorriso smagliante, mentre io inizio a domandarmi chi diavolo abbia invitato a cena.
Il presidente?
Il capo di un'agenzia viaggi per trasferirci dall'altra parte del mondo?
Aspetta, forse si tratta di un fratello appena scoperto.
Ma no, ce lo avrebbe sicuramente detto prima.
Giusto?
Comunque, anche questa volta il flusso estenuante dei miei pensieri viene bruscamente interrotto dal suono del campanello della porta d'ingresso.
Guardo mio padre e scorgo un lampo di agitazione attraversargli lo sguardo, di solito sicuro.
La nostra governante si dirige comunque verso la porta d'ingresso, accompagnata da mio padre.
Anche noi ragazze ci alziamo tutte in piedi, pronte a salutare i nuovi arrivati.
«Forzate i sorrisi tra tre...» inizia Emma, al mio fianco. «due... uno...»
Eppure, non appena la porta si apre, i nostri sorrisi non fanno altro che... spegnersi.
Gli occhi di tutte e cinque infatti si sgranano e la confusione e lo shock più totale iniziano a pervaderci all'istante.
Ma che diavolo..?
Quattro ragazzi, una ragazza e una donna.
Non li riconosco all'istante, ma mi basta spostare lo sguardo su un ragazzo castano, con una semplice felpa nera addosso, e su una ragazza dai ricci capelli castani per capire.
Sono gli Adams.
Aaron, il migliore amico di Lia, e Juliet, la migliore amica di Emma.
Quelli accanto a loro sono invece i loro tre fratelli, che non ho mai visto dal vivo, se non uno di loro in tv.
Mentre la donna bionda e alta, con alcune piccole rughe sul viso e un sorriso smagliante, deve essere la loro madre.
Ma che diavolo ci fanno loro qui?
«Aaron?»
«Juliet?»
Domandano all'unisono Lia ed Emma, con le sopracciglia aggrottate e gli occhi confusi.
Loro gli riservano delle espressioni consapevoli, e la castana mima persino con il labiale: "scusa, l'ho scoperto tre minuti fa anche io".
Aggrotto la fronte, non riuscendo a capirci più nulla.
Perché la famiglia Adams dovrebbe venire a cena da noi? E perché mio padre ha parlato di "cambiamenti"?
Un lampo di realizzazione mi attraversa il volto.
Un momento, non sarà mica che...
«Lily, ragazzi, entrate pure.» mio padre allunga il braccio per farli passare, mentre io sgrano gli occhi sempre di più.
Resto talmente confusa che Lia mi da una lieve gomitata sul braccio per indurmi ad avanzare verso di loro.
«Allora, Lia ed Emma li conoscono già, ma per le altre...» si rivolge mio padre a me, Kate e Rory - che guarda gli ospiti con disinteresse.
In questo momento la invidio, poiché vorrei non provare tutto questo attonimento.
«Loro sono Aaron,» indica l'amico di Lia, che ci rivolge un sorriso accennato e svogliato. «Juliet,» lei, invece, sorride affabilmente ma anche confusa. «Blake,» poso lo sguardo sul più grande tra i cinque, che non deve superare la trentina d'anni e mi chiedo dove possa averlo già visto.
Fino a quando alla mente non mi riaffiora la sua immagine spiattellata sulla prima pagina di un giornale:
"Blake Adams, celebre avvocato di successo, riesce a far fronte con scaltrezza al caso "Dewer" e a trionfare anche questa volta."
Ricollego quindi i tratti sicuri e decisi del suo volto alla foto che avevo visto e lo squadro rapidamente, notando il completo elegante che si adatta a un fisico alto e imponente.
Lui sposta lo sguardo da una all'altra con le sopracciglia leggermente aggrottate, probabilmente all'oscuro come noi di questa magnifica sorpresa che i nostri genitori hanno organizzato.
«James,» continua comunque mio padre, indicando un ragazzo dai capelli castani, con un fisico ben allenato e tonico, e due occhi marroni.
Ci sorride cordialmente e ci rivolge un cenno del capo in segno di saluto.
«e Duke.»
Poso lo sguardo su di lui e passo in rassegna tutto il suo corpo.
Spalle larghe coperte da una giacca di pelle, braccia muscolose e grandi cinque volte tanto le mie, pettorali sodi visibili al di sotto della maglietta nera. Altezza...
Oh mio Dio.
È il più alto tra tutti i suoi fratelli, o meglio, tra tutti i presenti nella stanza, e persino mio padre- che raggiunge quasi il metro e novanta - è costretto a sollevare il capo per guardarlo.
Mi concentro comunque sul suo viso e...
Accidenti.
È... bellissimo.
La mascella è definita, le sopracciglia scure e gli occhi...
Schiudo per un attimo le labbra.
I suoi occhi sono delle vere e proprie pozze nere. Due gemme più scure dell'ossidiana che si incastrano nelle mie e mi producono un brivido di inquietudine.
Non credo di aver mai visto occhi così scuri e cupi, perciò distolgo velocemente lo sguardo e mi concentro sui suoi capelli, neri quanto le sue iridi.
Non ci rivolge né un sorriso, né un minimo cenno. Sembra... impassibile. Non ha una minima increspatura che lasci intravedere una qualsiasi emozione.
Sposto comunque la mia attenzione sulla donna bionda al fianco di mio padre e aggrotto le sopracciglia.
«E lei è Lily, la mia nuova compagna.»
Sgrano gli occhi.
Che cosa?!
Probabilmente nessuno, tra noi cinque e loro, ha niente in comune, eppure non appena queste ultime quattro parole fuoriescono dalla bocca di mio padre, non possiamo fare a meno di sgranare gli occhi.
La mia bocca assume infatti la forma di una vera e propria "O", mentre lo shock si impossessa di me.
Nuova compagna?
E da quando?
Perché non ce ne ha mai parlato?
«Comunque ora sediamoci, discuteremo di tutto a cena.»
Come un automa, mi dirigo insieme alle mie sorelle verso il tavolo, dove prendo posto accanto a Kate e Rory, mentre Emma e Lia si siedono rispettivamente accanto a Juliet e Aaron, per mostrargli l'ospitalità che noi non siamo riuscite a dare.
Mio padre si siede a capotavola, con accanto Lily. Intrecciano le loro mani e una scintilla di gelosia mi attraversa il petto, ma tento di scacciarla via.
«Loro, ragazzi, sono le mie adorabili figlie: Lia, Emma, Kate, Elle e Rory.» ci indica man mano, e noi non possiamo fare altro che abbozzare un sorriso forzato.
«Papà, non ci avevi detto che avevi una nuova compagna. Non pensavamo neanche uscissi con qualcuna, in realtà.» inizia Kate, con tono pacato. Tuttavia, la conosco abbastanza bene per capire che è infastidita.
«Sì, diciamo che non pensavamo fosse niente di serio all'inizio e non abbiamo trovato mai il coraggio per dirvelo, sia a voi,» indica prima noi cinque e in seguito gli Adams. «che a voi.»
Tento di trattenere un sospiro irritato, mentre un sentore più pericoloso sta cominciando a farsi spazio dentro di me.
Non penso sia questo il cambiamento che aveva accennato mio padre poco fa, per questo inizio a giocare nervosamente con i piselli all'interno del mio piatto per scaricare la tensione.
«So che vi abbiamo preso alla sprovvista, ma spero possiate condividere con me e Lily la felicità della nostra relazione. Non la conoscete, ma imparerete a farlo al meglio tra non molto.»
Assottiglio le palpebre.
Tra... non molto?
«Diciamo che non sono mai stato fortunato nelle relazioni a lungo termine...» continua mio padre, facendo riferimento a ognuna delle nostre madri.
Beh, in effetti...
La madre di Kate - nonché prima moglie di mio padre - è morta in un incidente d'auto quando lei aveva soltanto pochi mesi.
Quella di Rory - con cui mio padre è stato fidanzato semplicemente cinque mesi - è ancora viva e di tanto in tanto si mette in contatto con sua figlia, ma è sempre troppo fatta per anche solo chiederle come sta o ricordarsi il suo nome.
La madre di Emma è deceduta quando mia sorella aveva appena compiuto due anni. Faceva la poliziotta ed è stata uccisa durante una sparatoria.
La mia mi ha lasciata non appena mi ha partorito per scappare con un australiano "tutto muscoli e niente cervello" (così lo ha definito mio padre).
E anche quella di Lia l'ha lasciata quando aveva soltanto sei anni. Lei e nostro padre si erano separati non appena mia sorella era nata, ma ha comunque provato a coltivare un rapporto con sua figlia.
Inutile dire però che non c'è stato verso, poiché la vita di donna single la attirava molto di più rispetto a quella da madre. Diceva che portare una bambina al parco e darle l'amore che meritava la stressava, e che "lo stress portava rughe" - cose che lei non poteva assolutamente permettersi.
Pensavo che mio padre si fosse arreso e avesse rinunciato una volta per tutte a creare relazioni serie, ma a quanto pare... mi sbagliavo. Data la donna seduta accanto a lui, con cui si scambia sguardi complici.
«Sono stato quasi vent'anni senza impegnarmi con nessuna, convinto che il destino non volesse vedermi innamorato, fino a quando non ho incontrato Lily, in un semplice negozio di orologi.» le sorride con affetto e gli occhi che gli brillano di gioia.
«È bastato guardarci negli occhi per capire-»
«Potresti risparmiarci i dettagli strappalacrime? Stiamo mangiando.» la voce dura e scontrosa di Rory fa scattare gli occhi blu di mio padre su di lei.
Trattengo a stento un sorriso sotto i baffi e le porgo il pugno sotto il tavolo, che lei batte con il suo in un gesto complice.
Anche Kate, al mio fianco, pone una mano davanti alle labbra per nascondere il sorriso soddisfatto, mentre mio padre... mio padre sospira semplicemente.
«Va' dritto al punto, caro.» gli consiglia Lily sottovoce, con comprensione.
Lui perciò annuisce e continua:
«Fatto sta, che ci siamo innamorati. Ci siamo frequentati circa tre mesi, per poi decidere di iniziare una vera relazione. Molte volte sono stato assente con voi, è vero, ma era semplicemente perché-»
«Ti eri innamorato.» è un semplice sussurro consapevole, che mi porta a spostare lo sguardo davanti a me e incontrare quello di... Lia.
Lei arrossisce all'istante, forse non pensando che qualcuno avrebbe potuto sentirla, e si schiarisce la voce.
Aaron, al suo fianco, sorride divertito e scuote il capo, mentre si stravacca ancora di più sulla sedia e incrocia le braccia al petto.
«Sì, perché mi ero innamorato.» conferma mio padre, con un sorriso. «Sono passati ormai nove mesi dall'inizio della nostra relazione e, come vedete, non abbiamo più l'età per vederci di nascosto o uscire di tanto in tanto per andare al cinema o a cena.» rafforza la presa della mano di Lily, in cerca forse di coraggio per pronunciare le seguenti parole: «Non siamo ragazzini, abbiamo bisogno di stabilità. E vorremmo tanto far parte l'uno della vita dell'altro, costantemente.»
Più le parole fuoriescono dalla bocca di mio padre più la mia confusione aumenta, esattamente come il mio sguardo interrogativo.
«Per questo motivo abbiamo deciso che... convivremo. In questa casa.»
Dieci parole.
Dieci emozioni che mi invadono in uno stesso istante:
Shock, sorpresa, incredulità, fastidio, nervosismo, gelosia, irritazione, perplessità, disappunto e... tristezza.
«Cosa?»
«Stai scherzando, vero?»
Domandiamo io e Kate all'unisono, sconcertante da ciò che ha appena detto.
Anche gli Adams non sembrano esserne poi così contenti, poiché puntano tutti lo sguardo su Lily e serrano la mascella, a parte Aaron e Juliet che la guardano con gli occhi sgranati.
«Te ne vai di casa?» domanda quindi James, con la fronte aggrottata.
Lily sorride e scuote il capo.
«Certo che no, ragazzi. Verrete anche voi qui. Convivremo tutti insieme.» sposta lo sguardo allegro da uno all'altra. «Come una famiglia.»
💖SPAZIO AUTRICE💖
Una famiglia che però si 🧹🧹 a vicenda💀
Questo era un capitolo introduttivo, ma inizieremo a conoscere i nostri quattro fratelli Adams (e Juliet) con le varie sorelle Richards già nel prossimo.
Vi dico già le trope delle varie coppie (scopriremo poi chi avrà quale ecc)
-Enemies to lovers
-Boss and employee ( lui è il suo capo)
-Friends to lovers - Playboy x good girl
-Best friend's brother (fratello della migliore amica)
-Forced proximity
-Forbidden love
- Mooolto spicy.
-Grumpy x sunshine
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