/7/LEI SA SEMPRE CHE FARE
Partirono al mattino tardo, alcuni, ancora intontiti dalla sera precedente, camminavano a fatica mentre Eliano si abbandonava stravolto su di un cavallo. Arden lo guardò e rise convincendosi del fatto che il ragazzo avesse perso la gara, ma non volle dire nulla.
La strada era sempre più in salita, ma sapevano che dalla quinta cerchia di mura iniziava nuovamente la discesa. Erano tutti un po' preoccupati a causa della fama del quinto anello. Era conosciuto per essere un covo di criminali. Sembrava che tutti i malfattori avessero base lì e che si fosse formato una sorta di stato a se stante organizzato dal più grande criminale dei cerchi.
La verità era un po' differente. Era vero che era il covo dei criminali e che si stavano formando gruppi di malfattori organizzati, ma era anche vero che era tutto una copertura, all'insaputa degli stessi criminali, che erano solo pedine oramai. Era la base della magia del mare nei cerchi. L'anello confinante e di passaggio per le terre del Mare. I Guardiani del Mare erano una leggenda ormai e pochi ci credevano, ma esistevano ed il fatto che fossero considerati leggenda agevolava il loro lavoro. Era stato voluto che il quinto cerchio diventasse invivibile, così le persone si erano allontanate dalle terre ed era più difficile che oltrepassassero le mura. Esistevano i divieti, vero, ma la gente si faceva domande e spesso accadeva che scalassero il muro o che attaccassero i cancelli. Dovendo attraversare una zona criminale per poter vedere oltre, invece, desistevano più facilmente. Ma doveva essere tenuto sotto controllo, quindi venne introdotto un personaggio importante: il più grande criminale del mondo detto il Padre del Fuoco. Era un discendente del mago della guardia reale che aveva rubato la mano della figlia del grande Re del freddo prima che impazzisse. In verità non era un personaggio con origini così importanti, ma aveva ucciso il vero Padre del Fuoco per Galatea e ne aveva preso il posto. In questo modo era direttamente la Madre a controllare i territori immediatamente confinanti facendosi aiutare dai saggi degli altri cerchi.
Quando arrivò il primo pomeriggio gli stomaci iniziarono a brontolare e si fermarono per pranzare. Eliano davanti a Samwell gli lanciava occhiatine di continuo ed il ragazzo irritato si decise a smettere di ignorare l'ex contadino.
-Che vuoi?
Eliano fece una faccia stupita, poi indecisa e poi guardò avanti per scegliere, infine parlò.
-Sai dov'è Maive?
Samwell sbuffò e strappò un pezzo di pane con i denti. Con ancora la bocca piena rispose.
-Stalle lontano. Non sai chi è e fai male a fidarti
Si alzò e lasciò il ragazzo con mille domande senza risposta, ma con una certezza: Samwell e Maive nascondevano qualcosa.
Il ragazzo dai capelli neri invece iniziava a pentirsi di non aver fatto più attenzione quando si era messo ad inseguire Eliano in preda agli istinti suicidi, ma sperava di sbagliare a non fidarsi.
Intanto Abigal, che quasi non aveva toccato cibo, stava già mettendo fretta per ripartire, voleva arrivare il prima possibile e la pausa del giorno prima non gli era piaciuta per niente. Era ansioso da quando Eliano aveva parlato di Maive. Il vecchio sapeva chi era, sapeva più di quanto Samwell credesse, sapeva che il ragazzo l'aveva uccisa, ma non voleva rivelarlo a nessuno. Aveva fretta di raggiungere Galatea prima che quella ragazza fantasma potesse creare disastri come mille altre volte in passato. Era ormai risaputo che quell'elfa, viva o morta che fosse, era una combina guai, non voleva che una creatura ficcanaso e capricciosa giocasse con le loro azioni in un momento simile.
Nel tardo pomeriggio, per gioia di Abigal, scorsero le mura del quinto cerchio. Erano alte ed imponenti. Gli altri confini, tranne quello tra primo cerchio e cratere, erano segnati con un muro non più alto del metro e mezzo. Più ci si avvicinava alla parete e più si notava che spesso era stata riparata. Il tipo di pietra usata variava innumerevoli volte ed il muro era caratterizzato da varie tonalità di colore. A notte fonda giunsero infine sotto il cancello di legno massiccio che costituiva la più vicina fra le quattro porte del cerchio. Velocemente montarono qualche tenda per dormire, molti si lasciarono semplicemente cadere sulla soffice erba verde, altri ancora si sgranchirono le gambe e c'era chi si dava da fare per preparare la cena.
Abigal aveva vietato ogni tipo di fermata fino a quando non avessero raggiunto il cancello facendo in modo che la marcia durò fino a quattro ore dopo il tramonto.
Eliano, accanto a Rosely, guardava le stelle ed ascoltava come la ragazza sapesse distinguere l'ora da esse. La bionda stava ancora parlando quando si accorse che il ragazzo si era addormentato accanto a lei. Gli accarezzò i capelli e sorrise per poi alzarsi, prendere una coperta per mettergliela sulle spalle. Gli stampò un bacio sulla fronte prima di sparire al buio di quella fresca notte di primavera nel quarto cerchio.
Il mattino seguente non tutti erano riposati, ma Abigal aveva ancora più fretta del giorno precedente. Tentarono subito di aprire i cancelli. Ci volevano le chiavi o uno sforzo magico non indifferente per aprirlo. Il re aveva portato con sé le chiavi di ferro, ma era piuttosto restio a consegnarle al vecchio saggio del primo cerchio. Esso borbottando strappò il pesante pezzo di ferro arrugginito dalle mani del Re e con l'aiuto di un paio di uomini che lo portarono all'altezza della toppa inserì la chiave e la girò quattro volte innescando il meccanismo cigolante che faceva aprire il pesante portone.
Davanti ai loro occhi si schiuse la visione di una città fatiscente, di baracche e scarti, di banditi e fuggiaschi. Alcuni, avanzando per primi, scorsero delle figure nascondersi alla vista del movimento del cancello. Il cavallo del re si fece avanti, preceduto da quattro ragazzi, due alle trombe, uno al rullo di tamburi ed uno che a gran voce disse: -Il gran Re del quarto cerchio passerà oggi con la sua ambasciata per dirigersi ad est, verso le terre fuori dal confine, dunque con piacere diamo il via alla marcia regale
Le trombe suonarono seguite dal rullo di tamburi, allora la fila di viaggiatori si accostò al cavallo ed iniziarono a camminare lungo la via maestra carica di detriti.
Delle guardie in fondo alla fila sbarrarono il passaggio ai rifugiati che stavano per accodarsi.
Si avviarono lungo la strada di terra battuta e lisciata dal tempo fintamente ignorando gli sguardi ed i sussurri che provenivano dalle catapecchie ai lati della via. Proseguirono così in fila, come una carovana. Il gruppo di abitanti che aveva seguito Abigal irruppe all'interno. Non appena l'ultimo di loro superò il portale i pesanti battenti si chiusero alle sue spalle. Degli uomini in blu si presentarono agli sguardi dei viaggiatori. Molti erano stupefatti, mentre Abigal sorrise soddisfatto e abbandonò l'ansia. Eliano vedendolo tranquillo si calmò e osservò con attenzione gli ultimi arrivati. Erano vestiti tutti uguali, come una divisa. Era blu, nera e argentata. Numerose spire d'argento ricoprivano la tunica azzurra che stava sopra la cotta di maglia. Gli elmi blu avevano inciso il tema di onde tempestose. Eliano, che mai aveva veduto il mare, si chiese cosa rappresentassero tali tratti. Sul fodero della spada e sullo scudo erano rappresentati gabbiani bianchi e d'argento. Animali mai veduti dalla gente dei cerchi interni, della compagnia solo Abigal e Samwell riconobbero le uniformi delle guardie di Galatea.
Uno degli uomini in uniforme si avvicinò al Re ed estrasse un foglio arrotolato che gli porse. Il Re annuì e fece un segno ad Abigal. Una delle guardie suonò un corno blu e argento attirando l'attenzione di tutti. Iniziò a parlare leggendo dal foglio di prima.
-Siete entrati nel territorio di Galatea senza compilare la richiesta, tuttavia, dato che siete stati riconosciuti come accompagnatori di alcuni candidati per la selezione a Signore del Fuoco, non verrete puniti- Ritirò il foglio e ricominciò a parlare - Seguitemi, vi porterò dal delegato di Galatea nel territorio di confine
Detto questo lanciò un fischio e venne raggiunto da un cavallo, seguito da altri cinque destrieri. La maggior parte delle guardie si dileguò e rimasero in sei che montarono in sella ai cavalli e si divisero in tre gruppi per sorvegliare la cima, il centro e la coda della carovana di viaggiatori. Abigal, in testa, iniziò ad interrogare la guardia, curioso della situazione che si era formata.
-Dimmi ragazzo, come mai questa strana accoglienza?
L'uomo sospirò - Dall'ultima volta che sono state mandate informazioni, cioè poco dopo che Fiocco di Neve ha spezzato l'incantesimo- Abigal lo interruppe picchiandogli il nodoso bastone sulla testa -Fiocco di Neve non ha spezzato l'incantesimo, ne è stata travolta, e ha fatto un ottimo lavoro avvisandoci, non è colpa sua se quegli imbecilli degli abitanti dei cerchi non l'hanno ascoltata. Non aveva il potere per resistere e se tu fossi un minimo più informato non parleresti così alla leggera della persona che ti ha permesso di vivere in pace fino ad ora! - Poi il vecchio continuò a parlare fra se e se dando degli stolti ai giovani di Galatea e che la Madre avrebbe dovuto fare una scrematura fra se sue guardie. L'uomo in blu riprese tuttavia a parlare perché Rosely aveva chiesto di continuare a spiegare, nonostante la disapprovazione di Abigal.
-Da allora, stavo dicendo, i criminali figli del Freddo che popolavano questa terra hanno iniziato a fare quello che volevano, di conseguenza abbiamo dovuto imporci su di loro. I combattimenti sono terminati cinque giorni fa, solo pochi sono sfuggiti e qualcuno è stato perdonato e sfruttato per ricostituire questo posto dopo tutti i numerosi anni di criminalità intensa. Vorremmo riportarlo agli antichi splendori
Dopo qualche minuto di marcia raggiunsero un edificio, se possibile, ancora più desolante degli altri. L'uomo guidò all'interno Abigal, il Re e Samwell affermando che erano arrivati. Spalancò la porta e piombò nel buio della spaziosa sala. Sembrava una vecchia locanda, ma forse gli occhi di Samwell lo stavano ingannando. Una voce di bambino li richiamò dal fondo di quel luogo lugubre.
-Venite, per di qua
L'uomo in blu fece segno di seguirlo e, nel buio, si avvicinarono ad una porta in legno. Entrarono nella stanza adiacente. Era in terribile contrasto con quella appena lasciata. Era in contrasto con tutto il panorama del quinto cerchio in realtà. Era piccola e quadrata, colma di scaffali con libri, pergamene, rotoli e annotazioni, il tutto perfettamente ordinato nei ripiani. Al centro un piccolo tavolo con due sedie ai lati opposti, era coperto da scartoffie di vario tipo. Si accorsero solo dopo aver esaminato il tavolo in legno finemente lavorato e le sedie che su una di esse sedeva un bimbo dai ricci capelli neri e le vesti blu.
-Buongiorno, visitatori! Sono un delegato di Galatea- E detto ciò porse la mano ad Abigal, avendo capito che era lui l'uomo con cui doveva parlare. Abigal sorrise. Da prima era stato molto colpito dalla "giovane età" della piccola guardia, ma aveva afferrato subito il trucco. -Impressionante trasformazione, mago Doroth- Il bimbo rise e strinse la mano al vecchio. -Ma quale occhio lungo avete! -Il vecchio sorrise e rabbuiandosi un po' aggiunse -Fin troppo lungo a volte- Il piccolo mago annuì e si ritrasformò alla sua vera età. Era certo giovane per uno della sua razza. Con un centinaio di anni e il corpo di un adolescente umano era l'ultimo nato dei cinque fratelli chiamati figli degli Dei. Essi non erano altro che elfi, per natura immortali, dai forti poteri magici. I fratelli reggevano i territori abitati dagli elfi fuori dalle mura degli uomini.
Nessuno seppe cosa si dissero i due dopo aver congedato gli altri nella stanza, ma appena finirono Doroth urlò ai suoi uomini di preparare le flotte volanti. Sembrava spaventato. Sbraitava ordini a destra e a manca suscitando lo scalpore dei suoi uomini che mai lo avevano visto così ansioso; mai lo avevano visto mostrare un qualche sorta di emozione oltre alla sua finta contentezza.
Partirono la sera stessa, al calar del sole. Doroth aveva detto che di notte gli era più facile assorbire energia da incanalare nei grossi mezzi volanti.
La sera ci fu un nuovo colloquio fra il vecchio saggio e il figlio degli dei.
-Hai detto Maive? Ne sei certo? Mia sorella è morta tempo fa per mano del Signore che ti porti dietro- Si tolse una ciocca di capelli corvini dagli occhi e la portò dietro l'orecchio a punta - Si, ragazzo... sono preoccupato. Credi che Galatea sappia che fare? - Il ragazzo sorrise dolcemente alla luce dell'energia che incanalava nelle sue dita - Si, lei sa sempre che fare
\(°0°)/LE INCREDIBILI RIGHE DI GAIA\(°0°)/
Allora... siamo usciti dai confini effettivi del territorio degli uomini, bene così, ci stiamo allontanando dal pericolo e dalla barriera che continua a tenere imprigionato il freddo entro il terzo cerchio.
Voi che pensate degli avvenimenti fin ora? Meritavano di essere letti?
Doroth è caruccetto, si preoccupa sempre per tutti, ma cerca di fare il figo, ma in realtà no, è caruccetto.
In pratica più ci si allontana dal centro, più c'è magia, gli abitanti del primo anello sono praticamente discriminatori verso la magia, quelli del quarto hanno già un corpo delle guardie composto da soli maghi, fuori ci sono gli elfi, quindi faigo...
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