Epilogo: Ferite che non si cicatrizzeranno mai

La felicità è un sentimento così instabile e precario, le basta un istante per regalarti la sensazione di toccare il cielo con un dito e un attimo per farti crollare tutto il mondo addosso.

Irama

E non ho idea di come sono finito qui, sdraiato a terra con una bottiglia finita di vodka tra le gambe e una voglia di urlare al mondo quanto sto male, con la gola che brucia e la sensazione di nausea che cresce nello stomaco.

Sono tornato a Monza da poco, ho passato un po' di tempo a Londra, insieme a Lorenzo, per cercare di superare la distanza da Ludovica e fuggire un po' da quella terribile monotonia che ci stava assalendo.
I giorni sembravano volare anche se il mio dolore non si placava mai e aumentava di ora in ora; queste settimane, però, mi hanno donato la possibilità di scrivere tanto, con la penna nella mano destra e il cuore aperto, ho cercato di buttare in un foglio di carta tutto ciò che continuava a schiacciarmi dentro non lasciandomi modo di respirare. Di certo, il grigiore di Londra, quella continua pioggia fine e la tristezza di un cielo sempre cupo, non hanno aiutato il mio umore, rendendomi sempre più vuoto e triste; per non parlare poi delle sensazioni provate durante la stesura di alcuni testi che mi hanno lacerato completamente l'anima mettendomi a nudo.
Sicuramente, il fatto di ritrovarsi in una città completamente sconosciuta mi ha aiutato a non pensare a quella sensazione costante di deserto interiore, i primi giorni sono riuscito a staccare la spina del cervello e a far smettere quella vocina fastidiosa di sussurrare pensieri tristi e di urlare solo il suo nome. Ci siamo ritrovati catapultati in una realtà totalmente diversa da quella a cui eravamo abituati, anche se ho sempre sognato di rifugiarmi per un po' nella metropoli londinese, di perdermi nelle sue luci colorate, nel vociare degli abitanti, nel traffico dei mezzi di trasporto, mai avrei pensato di arrivarci in quelle pessime condizioni: con quel viso stanco, i lineamenti tristi e quella mancanza costante nel cuore che non gli permetteva più di battere al solito ritmo.

Qualche mese fa la mia vita è andata totalmente a rotoli: ho stracciato il contratto con la casa discografica e strappato i miei sogni lasciandoli al vento quasi fossero piccoli coriandoli di carta.
Ho passato un anno intero vedendomi negare la possibilità di fare uscire musica, senza potermi sfogare attraverso le mie parole, senza trovare un senso alla mia vita, perché non avevo un piano di riserva a cui aggrapparmi. Un anno intero a sentirmi schiacciato da qualcosa che mi faceva male come costanti coltellate allo stomaco, a sentirmi un burattino nelle mani di qualcuno più potente, costruito apposta per sputare canzoni per altre persone, quando la musica è sempre stata la mia vita e tra le mie parole ho sempre lasciato pezzi della mia storia. Un anno intero a mandare mail su mail, a telefonare ogni dannato giorno per avere notizie, mesi passati a fare avanti e indietro a Milano per portare nuovi provini da fare ascoltare, mesi interi a cercare di trovare una soluzione, a capire cosa avessi che non andava bene, mesi passati a vedere negli occhi delle persone accanto a me solo rabbia e delusione, mesi a rispondere alle domande della gente che continuava a chiedersi perché fossi totalmente sparito. A vent'anni sparito, quasi fossi stato cancellato dalla faccia della Terra e, insieme al mio corpo, si fossero disintegrati anche i miei sogni.
Un anno di merda, davvero di merda.
Un anno in cui ho perso tutto ciò che di bello avevo nella vita: prima mia nonna, la musica e alla fine Ludovica.
Un anno che vorrei poter cancellare dalla memoria, che vorrei poter strappare dai ricordi, che mi fa sentire ancora così tanto debole, vuoto e instabile che il solo pensarci mi fa venire voglia di scomparire.
Sparire e non lasciare tracce. - che forse la vita di chi mi sta accanto sarebbe migliore -

E non ho idea di come sono finito qui, in casa di Lorenzo, con le spalle contro il muro, tre bottiglie di alcol semi vuote vicine ai piedi e una rabbia talmente repressa in corpo da farmi scoppiare il cervello.
Con la rabbia e la delusione, con la frustrazione e l'odio verso me stesso riversati nell'alcol, come se non ne potessi più fare a meno, come se fosse diventato parte di me. - come se la vodka scorresse nelle mie vene e fosse in grado di invadermi e annacquarmi tutti i pensieri -
Lorenzo sta rientrando in casa, sento il rumore della chiave nella toppa della porta e istintivamente mi volto dall'altra parte, - mi faccio schifo - non voglio che mi veda così, mi vergogno persino del mio riflesso nello specchio.
Quanto vorrei avere il coraggio di dirglielo, di dirgli che non so come fare a smettere, che non trovo più un motivo valido per farlo, che più bevo e più mi sento svuotato da tutte le emozioni positive, ma che allo stesso tempo non riesco a farne a meno, perché sembra l'unico appiglio a cui aggrapparmi per non cadere giù, in fondo al burrone. - quanto vorrei, amico mio, poter tornare quello di prima -

Lorenzo

Appena apro la porta di casa, vedo Filippo seduto a terra, la schiena contro la parete e bottiglie di vodka scolate fino all'ultimo sorso appoggiate a terra.
Lo vedo e mi sale la rabbia, mi fa persino schifo ormai, non ha nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia, il viso rivolto verso la finestra e neanche una parola di saluto.
"Di nuovo Filo?" sussurro con la voce stanca, delusa ormai arresa; non mi risponde neanche, non si volta, non mi degna di un misero sguardo.
"Sono uscito mezz'ora Filo, mezz'ora cazzo, per fare un po' di spesa...me l'avevi promesso, avevi promesso che non avresti bevuto...e invece guarda come ti ritrovo" dico con un sospiro profondo, come se tutta la delusione potesse uscire insieme al mio fiato e scomparire nell'aria.
"Devi lasciarmi in pace, che cazzo vuoi dalla mia vita?" urla guardandomi con occhi freddi come il ghiaccio - fanno quasi paura - vuoti, svuotati da un mostro che lo sta lentamente divorando dentro.
"Che cazzo voglio? Che cazzo voglio Filo? Davvero?" sussurro quasi fosse una domanda che pongo solo a me stesso, come se non riuscissi a credere al fatto che non si stesse rendendo conto di quello che avevo fatto durante questi mesi per lui.
"Non ci posso credere..." quasi non mi accorgo di avere esternato queste parole, me ne rendo conto solo quando sento il rumore di una bottiglia di vetro scagliarsi contro il muro accanto a me e la voce di Filippo che urla "che cazzo volete tutti da me?" - ho paura, per la prima volta paura del mio migliore amico - guardo i cocci di vetro accanto ai miei piedi e la macchia di liquido impressa nel muro bianco.
"Non voglio un cazzo Filo, voglio solo che la smetti di sfogare i tuoi cazzo di problemi contro di me.
Sono stato qui per tutti questi mesi, qui esattamente accanto a te, ad un metro dal tuo corpo per la paura che potesse succederti qualcosa. Ti ho tenuto i capelli quando avevi la testa sul water e vomitavi anche l'anima, ti ho imboccato, boccone dopo boccone, pur di farti ingerire qualcosa, ti ho fatto sfogare, ho retto il tuo peso sulle mie spalle quando non riuscivi neanche a reggerti in piedi, ti ho preparato l'acqua con l'aspirina ogni cazzo di mattina per farti passare il mal di testa, al supermercato ho comprato solo le tue cose preferite pur di farti stare bene, ho passato sere intere a guardare quei film americani demenziali che adori solo per sperare di vederti sorridere, anche se a me fanno schifo, mesi a raccattarti dal bancone di un bar quando sparivi e ti andavi a rifugiare lì non degnandoti neanche di avvisarmi.
Sono mesi interi, una roba tipo otto cazzo di mesi, che non dormo alla notte, che osservo il tuo petto alzarsi e abbassarsi, che ti guardo dormire con la paura che tu possa avere un incubo o sentirti male, con la paura che il dolore che senti dentro possa, addirittura, far smettere al tuo cuore di battere.
Ho messo da parte tutto per te, tutto Filo, e non te ne rendi nemmeno conto. Non sono più uscito, non vedo più i nostri amici, non fotografo più, non mangio nemmeno più, mi accontento di qualcosa di pronto e veloce pur di pensare prima a te, non sono più andato a bere qualcosa o a mangiare una pizza, non sono più uscito con una ragazza o andato in vacanza. Te ne rendi conto di questo? Eh? Ti rendi conto che sei stato il centro del mio mondo per tutti questi mesi? Ti rendi conto che ho assorbito il tuo dolore quasi fossimo in simbiosi?
Ti rendi conto che vederti così mi fa stare da schifo, che mi sento di merda da troppi mesi? Che sento un dolore al petto costante, esattamente come il tuo, perché siamo talmente legati che ciò che colpisce te di riflesso fa male anche a me?
E questo è il tuo ringraziamento...questo...vedi, guardati, non ti fai schifo? Ti riconosci al mattino quando ti guardi allo specchio? Perché a me sembra di non riconoscerti più da un tempo troppo lungo e non ce la faccio più.
Io ho cercato di capire, ho cercato di comprenderti sempre, di essere dalla tua parte sempre, anche quando sembrava impossibile, anche quando tu stesso non ce la facevi. Ho capito i tuoi problemi con la casa discografica, dopo la morte di Adri, ho messo da parte addirittura il mio stesso dolore per prendermi carico anche del tuo, per assorbirlo e fartelo sentire meno pesante, mi sono allontanato anche da Ludovica, ho fatto a meno della sua presenza nella mia vita, pur di farti stare bene, di farti voltare pagina ma non è servito a nulla." urlo alzando sempre di più il tono di voce, facendo salire quella sensazione di rabbia fino a far bruciare la gola, facendo scorrere quel fiume di parole senza sosta.
"Adesso basta cazzo! Basta!" urlo ancora, con il respiro affannato e una voglia di spaccare qualsiasi cosa. - ho bisogno di vedere di nuovo il Filippo che conoscevo - Non riesco a trattenermi, mi volto contro il muro e tiro un forte pugno, talmente forte da far vibrare la parete, poi mi giro e succede tutto in un secondo.
Le sue grida che si fanno sempre più forti, - il mio stomaco che si contorce per la rabbia - "fanculo", "devi lasciarmi in pace", "sono solo cazzi miei", "è la mia cazzo di vita e la gestisco come mi pare", "mi stai rinfacciando tutto" e un sacco di altre cazzate urlate talmente forte da farmi socchiudere leggermente gli occhi per il rumore assordante.
La sua figura che si alza, mi spinge violentemente verso la parete, stringe la mia spalla forte e i suoi occhi sono così neri da fare paura, così vuoti da svuotare anche me. - smettila Filo, ti prego, non sta succedendo davvero -
Continua a spingermi sempre più forte e vomitarmi contro un fiume di parole.
Ormai ho la schiena contro il muro e la sua rabbia sembra aumentare sempre di più, i suoi occhi quasi iniettati di rabbia. - non sta succedendo davvero, Filo basta, mi fai paura -
E all'improvviso, alza il suo braccio contro di me, il suo pugno fermo a mezz'aria a qualche centimentro dal mio viso, - e provo a convincermi che non lo farebbe mai, che è quella cazzo di vodka che gli scorre nelle vene, che è il suo dolore diventato ormai insostenibile - ho paura, quasi trattengo il respiro, continua ad urlare "smettila, non sono cazzi tuoi" ed io continuo ad avere una paura fottuta del suo comportamento, della sua reazione e di quella mano sospesa in aria.
"Sono cazzi miei Filippo, sono solo cazzi miei! Perché sono io che in tutti questi mesi ti ho accudito quasi fossi la tua cazzo di badante" urlo, ancora più forte, con il fiato corto e il cuore che sembra scoppiare nel petto. - mi fa paura, ma devo provarle tutte -
"Zitto devi stare zitto! Cazzo" urla con la sua voce cercando di sovrastare la mia. - piccolo, insulso, ecco come mi sento in questo momento -
"Fallo se hai il coraggio" urlo indicando con un cenno della testa quel pugno chiuso a mezz'aria, lui incrocia il mio sguardo, molla la presa sulla mia spalla indolenzita e abbassa il pugno lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.
La spalla mi fa malissimo, mi pulsa contro la pelle, ma non è niente in confronto al dolore che sento nel cuore. - una fitta costante che quasi mi fa venire voglia di urlare ancora di più -
Non mi interessa del male fisico, quello passa, è trascurabile; il problema vero è quella sofferenza che sento dentro. - come se il muscolo cardiaco mi si fosse accartocciato -
Turbato, intimorito - mi sento esattamente così : impaurito dalla reazione di Filippo, da quel Filippo che mi sono ritrovato davanti. Tradito da mio fratello, tradito dalla parte migliore di me, tradito da chi pensavo non potesse mai arrivare a tanto. - tradito -

Mi sistemo la felpa, con la mano massaggio la spalla dolorante, non lo degno neanche di uno sguardo, - non se lo merita - raccolgo la giacca dall'attaccapanni all'ingresso e mi volto di schiena avvicinandomi alla porta. - Dio, quanto fa male - Gli volto le spalle, - forse per la prima volta in tutti questi anni - appoggio la mano ancora tremante alla maniglia della porta e la abbasso per aprirla, esco e la chiudo dietro di me. - e fa ancora più male -
Faccio un respiro profondo e cerco di cacciare indietro le lacrime, ed è così difficile imporsi di andarsene quando tutto il corpo ti chiede di restare. - restare, nonostante tutto - Restare perché esserci è più importante di tutto il resto.

Sento la notifica di un messaggio in arrivo che interrompe il fluire dei miei pensieri.

Ludovica

Riabbracciare Lorenzo è stata una sensazione bellissima, mi ha trasmesso quella serenità di cui avevo bisogno da troppo tempo. Mi è mancato tantissimo, mi mancava la nostra complicità, le nostre risate, le chiacchiere in piena notte; ormai è diventato una persona fondamentale per la mia vita e non riuscivo a farne a meno.
E forse, a volte, nei momenti di sconforto, nei momenti peggiori, parlare con un buon amico è l'unica cosa in grado di farti stare bene, di farti dimenticare per un attimo tutto e farti tornare a sorridere.
So che quell'argomento si sarebbe inevitabilmente toccato: parliamo anche di Filippo, della situazione in cui è precipitato e del baratro profondo in cui è caduto che lo sta risucchiando di ora in ora.
Lorenzo mi racconta dell'episodio successo poco prima, delle sue grida, di quelle bottiglie bevute sino all'ultimo sorso, di quel pugno a pochi centimetri dal suo viso e ad entrambi scendono le lacrime dagli occhi; mai mi sarei aspettata potesse arrivare a tanta cattiveria, mai che potesse pensare di fare del male a Lorenzo, mai che in pochi mesi potesse distruggere la sua vita in questo modo.
"Mi sento una merda...svuotato, abbandonato da chi mi è sempre stato vicino.." le parole del mio amico continuano a risuonarmi in testa, unite a quell'espressione triste in volto che non gli avevo mai visto; quella frase che ha la potenza di squartare il cuore peggio di una coltellata. - scusa Lori se anche io me ne sono andata -

"Tu, invece, come stai?" mi chiede sorridendomi e appoggiando la sua mano sopra la mia sul tavolo.
"Come sto? Sono cinque mesi che sto di merda, pensavo che allontanarmi mi avrebbe fatto bene, che sarei riuscita a dimenticarlo e invece il dolore persiste, rimane lì imperterrito. Provo a non pensarci, a lasciare correre, a concentrarmi su altro; ma lo sento costantemente come un buco che continua ad espandersi sempre di più, come una ferita che con un odore, un ricordo, una parola continua a riaprirsi fino a traboccare, fino a fare male persino al cervello. Lori, non pensavo fosse così difficile, fare a meno di lui..." sussurro appena, con la voce rotta ancora una volta dalle lacrime che cerco di reprimere, rotta dal dolore che continuo a sentire dentro, rotta dalla stanchezza che provo ormai da mesi. - rotta perché in quell'appartamento di Monza ho lasciato la metà del mio cuore -

È ormai notte fonda, quando saliamo in macchina di Lorenzo che si offre di darmi un passaggio a casa.
Arrivati sotto all'appartamento che condivido con Alice, scendiamo dall'auto e ci fumiamo una sigaretta, in religioso silenzio, seduti uno accanto all'altra sul cofano della golf bianca del mio amico.
"Mi sei mancata" mi sussurra improvvisamente, voltando leggermente il viso verso di me e gettando il mozzicone di sigaretta finita poco distante da noi. Lo guardo per alcuni istanti e poi, con le lacrime agli occhi, mi fiondo tra le sue braccia, perdendomi un po' in quel profumo di casa che mi mancava come l'aria. "Anche tu Lorigalli" sussurro vicino al suo orecchio, sentendo i muscoli della sua faccia muoversi e piegarsi in un tenero sorriso. - vorrei sussurrargli solo un grazie, di tutto, per tutto questo; ma il momento è talmente perfetto che le parole mi muoiono in gola -
"Aspetta devo darti una cosa" dice poco prima di fermare il mio braccio, mi passa una piccola chiavetta USB e dall'espressione del suo volto posso subito capire cosa contiene.
"Ti puoi immaginare cosa contiene, so che ricordare fa male, so anche che forse non la guarderai mai, ma avevo bisogno di fartela avere" gli sorrido, poco prima di salutarlo con un bacio sulla guancia e salire in casa.

Sono sdraiata nel letto e continuo a guardare il soffitto bianco da ore, penso, penso.
Penso troppo, penso di nuovo a lui.
Costantemente a lui. - come se non riuscissi a fare altro, come se la sua immagine nella mia mente fosse incancellabile -
Penso a quando, una sera di qualche mese fa, mi è capitato di accendere la televisione e vedere la sua esibizione al Summer Festival con "Mi Drogherò".
Penso a quanto mi sembrava diverso, a quanto era sciupato e dimagrito, a quanto il suo sguardo fosse spento e vuoto, a quanto il suo viso non mi sembrasse più lo stesso di sempre.
Penso alla botta sentita forte nel petto, come un dolore in grado di farmi piegare in due, in grado di togliermi persino il fiato; penso ai miei occhi che non riuscivano a staccarsi dalla televisione e le mie mani a trovare la forza di spegnerla con il telecomando.
"Che freddo fa quando non sei qui", penso e ripenso a questa frase fissa nella mente da mesi ormai, - quanta verità contiene - quanto freddo ho sentito fin dentro le vene in questi mesi, in che brutto desolante deserto si è trasformato il mio cuore senza di lui.
Penso, continuo a pensare senza sosta. - perché mi sono incontrata con Lori? -
Fa sempre più male, nonostante non lo veda da cinque mesi, il dolore non passa mai, non si affievolisce. - se possibile aumenta sempre più -
Ho bisogno di sentire la sua voce. - non farlo, starai peggio -

Prendo il cellulare tra le mani tremanti e compongo il suo numero, - ancora salvato con il nome Fil ❤️🌹 - cerco di respirare profondamente anche se il cuore batte furiosamente nel petto, - tuuu - uno squillo, respira, - tuuu - un altro e il cuore quasi si blocca, - tuuu - trattengo il fiato quando sento la sua voce dall'altra parte della cornetta. "Pronto?" vorrei rispondergli, ma le parole mi muoiono in bocca. - vorrei avere la forza di sussurrare solo "Fil" - E ,invece, sospiro - forse un po' troppo forte - tanto che se ne accorge. "Ludo?" le lacrime iniziano a scendere, anche se ho usato un numero sconosciuto per non farmi scoprire, lui mi ha riconosciuto. - "Amore" vorrei sussurrargli appena con un filo di voce - ma non riesco, ho solo il coraggio di premere il tasto rosso e mettere fine alla chiamata.
- Dio, non pensavo potesse fare tanto male -

Mentre le lacrime continuano a scendere inesorabili e il mio viso si bagna di acqua salata mista a mascara colato, apro la cartella note del telefono e faccio l'unica cosa in grado di farmi sfogare, l'unico appiglio che uso quando il mondo mi crolla addosso: inizio a digitare velocemente sulle lettere con le mani che tramano e il respiro affannato.

"Ciao Fil, è così strano ritrovarmi a scriverti una lettera, sono cinque mesi che non ci vediamo...
Sai adesso abito a Milano, alla fine ho iniziato a studiare in quella famosa Accademia e sta andando tutto alla grande, tu invece come stai? Con la musica come va? Chissà se hai scritto qualche nuova canzone, chissà se sei riuscito a buttare fuori tutto quel mondo che cercavi di trattenerti dentro, chissà se credi ancora a quel "noi" o hai smesso di farlo...
Sono qui sdraiata su un letto che non mi è mai sembrato tanto grande e scomodo come stasera e, se mi guardo intorno, rivedo solo pezzi di noi. C'è quella piuma tatuata sulla pelle, che a volte brucia così tanto che vorrei poterla strappare con le mie stesse mani, c'è quella rosa bianca ormai secca ricordo del mazzo di fiori del mio compleanno, ci sono i tuoi biglietti ripiegati accuratamente in una scatolina vicino al comodino, ci sono persino tutte le nostre foto conservate in un album chiuso dentro ad un baule che non ho il coraggio di aprire, dentro all'armadio c'è la felpa con il tuo profumo che indossavi sempre per dormire, addirittura c'è ancora lo spazzolino che usavi quando dormivi da me e poi quell'anello al mio indice che non ho mai avuto il coraggio di togliere. - chissà poi, perché tutti questi ricordi non li ho lasciati a casa di mamma: sarebbe stato tutto più semplice; ma forse grazie a questi piccoli pezzetti della nostra storia sono stata in grado di ricominciare, portando qualche frammento di te anche qui per averti sempre vicino.

Ho cercato di archiviare in questi mesi, archiviare chat, archiviare ricordi, archiviare pezzi di vita che mi fanno male; ma in realtà stasera, ho capito di non esserci mai riuscita realmente.
Mi manca la tua risata, talmente tanto che a volte mi sembra di sentirla,
mi mancano i nostri lunghi discorsi di notte con il sottofondo di qualche canzone,
mi mancano i testi di Guccini urlati a squarciagola con i finestrini della macchina giù, io appoggiata al tuo petto e una sigaretta accesa tra le dita,
mi mancano i tuoi occhi e il modo in cui ci affogavo dentro, quel colore indefinito in grado di farmi sentire a casa, quegli sguardi di complicità che bastavano per capirsi,
mi mancano le tue braccia e l'incavo del tuo collo creato apposta per incastrare la mia testa,
mi manca la tua voce impastata del mattino, con quel tono ancora assonnato e i capelli disordinati,
in realtà mi mancano così tante cose che farti l'elenco mi sembra difficile, quasi impossibile.

Sai mi chiedo se ti rendi conto di tutto lo schifo che ho dovuto affrontare, di tutta la merda che mi ha devastata in questo ultimo anno, di tutte le cose brutte che mi sono cadute addosso e mi hanno fatta crollare. Sono arrivata a perdere tutto, tutti, persino me stessa e non riesco a trovarmi più - perché forse, senza di te non sono più io -
Chissà se sai quante sere ho pianto nascosta nel bagno, con la speranza che aprissi quella porta e mi stringessi in un tuo abbraccio, uno di quelli follemente felici in cui era tutto bello e facile. - uno di quelli che profumavano di magia -
Chissà se la melodia di quella canzone ti ha fatto pensare a noi, come è successo a me quella volta che dal batticuore ho dovuto accostare la macchina al lato della strada per non rischiare di fare un incidente. - e chissà se ti ha suscitato quelle emozioni, chissà se hai pianto quanto me -
Perché forse, alla fine, non c'è niente come noi e questo mi fa ancora più male: sapere che senza di te non sarò più la solita persona, perché sei l'amore della mia vita e questo non cambierà mai. Sei tutto ciò che ho dentro, vivo di te e mi manchi come l'aria.
Anche se in questi momenti ho paura, una fottuta paura che mi mancherai sempre, che dietro ad ogni viso, ogni voce, ogni risata, ogni sguardo ci sarai tu.
Dicono che non si possono controllare le emozioni del cuore, ma tu sei riuscito ad entrarci dentro e stravolgermi completamente la vita.

Ti immagino sai? Ti immagino quasi ogni sera prima di addormentarmi, immagino noi due sdraiati sul divano a vedere uno di quei film americani che ti fanno tanto ridere, immagino i nostri abbracci sotto le coperte, immagino di svegliarmi poco prima di te al mattino per poterti guardare dormire, immagino una vita fatta di gesti semplici, ma sempre accanto a te.
Perché, nonostante tutto, io sceglierei te - il mio cuore tornerebbe da te sempre e comunque, ricordi? -

Respiro e ti porterò via con me."

È quasi l'alba quando accendo il pc e inserisco la chiavetta USB di Lori: c'è un file video con la nostra canzone in sottofondo e tutte le foto più belle e significative, immagini però che non conoscevo, scatti rubati dagli occhi del nostro amico in qualche magico momento, istanti fermati così da restare eterni, un susseguirsi di attimi così emozionanti da farmi battere il cuore esattamente come quando li ho vissuti. E in quel momento capisco una cosa: che Filippo sarà sempre la parte più bella di me.

Lorenzo

Torno a casa, ho ancora una rabbia repressa in corpo difficile da spiegare, ancora un bruciore allo stomaco in grado di farmi piegare in due, ma cerco di non pensarci; so che non posso permettermi di stare molto tempo lontano da quella casa e che non potrò mai, per nessuna ragione al mondo, voltare le spalle al mio migliore amico.

Indispensabili l'uno per l'altro.

Filippo è lì, le spalle contro il muro e il cappuccio della felpa tirato su fino a coprirgli quasi la faccia, esattamente nella stessa posizione in cui l'ho lasciato qualche ora fa, con gli occhi che fissano le mani tremanti e il petto che si alza e si abbassa furiosamente.
Indifeso.
Mi sembra così piccolo e indifeso, rannicchiato con le ginocchia contro il petto che avrei voglia di stringerlo forte e vorrei avere il potere di cancellare tutto il male di questi mesi - che poi, pensandoci bene, quante volte ho già fatto questo pensiero... -

Irama

Quel sospiro, quel sospiro continua a risuonarmi in mente come un incubo.
Era lei, lo so.
La testa mi gira e da quando è andato via Lorenzo continuo a guardarmi le mani tremanti, - come ho potuto pensarlo? - sono incredulo, come se quel gesto non l'avessi fatto io, come se il mio corpo si fosse mosso da solo in preda a un mostro in grado di decidere della mia vita, delle mie azioni, in grado di agire al posto mio.
La gola mi si stringe sempre di più, come se qualcuno stesse premendo le sue mani sul mio collo, non riesco a deglutire, tantomeno a respirare in maniera normale. - cosa cazzo ho fatto? -
Continuo a pensare a quel gesto assurdo, al sospiro caldo sentito al telefono poco fa, a guardare le mie mani come non facessero parte di me. - non posso perdere anche Lorenzo -

Sento la sua voce sussurrarmi un "Ehi" ancora impaurita, come se avesse paura di dire la cosa sbagliata, come se avesse paura delle mie reazioni, come se avesse persino paura di me. - non ho il coraggio di alzare lo sguardo ed incrociare il suo -
"Era lei, Ludovica...al telefono, era lei" continuo a ripetergli per minuti che sembrano infiniti, esattamente la stessa frase, in un susseguirsi di espressioni sempre uguali, come se il mio cervello riuscisse a formulare solo quel ragionamento.
E la testa gira sempre più, le tempie battono contro le pareti del cervello, non riesco nemmeno a tenere gli occhi aperti.
E il respiro si affanna, ancora, ancora fino a farmi girare il mondo intorno, a farlo diventare sbiadito, ad annebbiarmi la vista.
Il corpo trema, quasi fosse preda di una convulsione, - come ho potuto fare una cosa del genere a Lorenzo? Era lei, era la sua voce - la testa che continua a formulare solo quei due dannati pensieri.
Non riesco a parlare, la bocca è secca e non riesco a deglutire la saliva, sento la voce di Lorenzo "Filo, calmati, calmati sono qui" farsi sempre più lontana.
Le sue braccia mi avvolgono - o forse mi scuotono - nemmeno riesco a notare la differenza, appoggio la testa sulla sua spalla e sento il profumo di Ludovica. Mi entra nelle narici, mi fa andare in tilt il cervello - mi sento a casa -
"L'hai vista, hai incontrato Ludo.." domando a Lorenzo - o forse lo sussurro solo, come ne fossi già certo - guardandolo negli occhi, lui annuisce con un cenno della testa e nel suo sguardo amareggiato sono sicuro di poter leggere la parola "scusa".
Sento i pensieri farsi lontani, la sua voce sempre più distante e quella sensazione di nausea diventare persistente, dritta nello stomaco come una coltellata.
Le idee si confondono, la bile continua a salire fino in gola. - il suo profumo -
Le orecchie mi fischiano forte, - come è già successo altre volte, troppe volte - sento un terribile dolore allo sterno, - non ce la faccio - stringo le labbra e cerco di ricacciare un conato di vomito.
Sto tremando e nemmeno le braccia di Lorenzo riescono a farmi fermare, i battiti del cuore aumentano in maniera surreale, per un istante tutto si fa nero, il mondo intorno a me si spegne.
- Nero, buio -
"Respira cazzo, Filippo respira!" sento le braccia di Lorenzo scuotermi violentemente ma non riesco ad aprire gli occhi, non riesco a tirare un respiro profondo, - mi sento bloccato, bloccato in un corpo che non è il mio - un altro conato mi sale in gola e questa volta non riesco a trattenerlo, butto fuori tutto, lì a terra, senza riuscire a fare un passo, senza riuscire a muovere un muscolo. - vorrei poter vomitare tutto questo dolore e smettere di soffrire -
Il corpo piegato in due dai conati, la mano sullo stomaco che mi fa terribilmente male per gli sforzi e la felpa quasi interamente bagnata dal sudore; la mano di Lorenzo che continua ad accarezzarmi la schiena e a sussurrarmi "bravo, così calmati" - "scusa, scusa amico mio" vorrei sussurrargli -
Non ce la faccio, vorrei solo poter scomparire, solo farmi trasportare via come un granello di sabbia in una giornata ventosa e smetterla di stare male. - e di far stare male tutte le persone che ho intorno, perché rovino tutte le cose belle -
"Lori, basta, basta ti prego! Voglio...non ce la faccio più, voglio...voglio che finisca tutto questo, voglio farla finita Lori..." sussurro con le lacrime che mi solcano il viso, la sua mano che improvvisamente smette di accarezzarmi e rimane ferma a metà schiena. - aiutami Lori, ti prego -

Lorenzo

"Voglio farla finita Lori..." quelle parole mi bloccano per un attimo il respiro, non riesco a connettere i pensieri, non riesco a trattenere le lacrime.
"Che cazzo dici Filo? Che cazzo ti viene in mente, guardami!" lo scuoto, forte - forse pure troppo - ma è la paura ad agire per me, - è quella fottuta pura di perderlo per sempre - lui alza di poco lo sguardo e lo incrocia con il mio. Ha gli occhi arrossati, umidi, spenti, lo sguardo orribilmente penoso, doloroso, vuoto; come se la vita si fosse allontanata dalle sue pupille da un tempo troppo lungo.
"Ce la faremo ok? Insieme, te lo prometto che ce la faremo. Io sono qui, accanto a te, lo sai. Indispensabili l'uno per l'altro, no? Dal giorno zero, no?" Continuo a ripetergli, con un sorriso sforzato mentre lo stringo forte in un abbraccio, mentre con le mie stesse parole cerco di darmi il coraggio necessario, mentre cerco di credere a me stesso e ai miei pensieri - te lo prometto fratello mio, ce la faremo -

Perché forse vivere un rapporto così stretto come il nostro, così in simbiosi, quasi fossimo fratelli, quasi un frammento di cuore dell'uno battesse in quello dell'altro, significa anche questo: esserci quando tutto il mondo ti urla di andartene, restare nonostante tutto il brutto, nonostante non si riesca a vedere la luce infondo al tunnel, rimanere perché quello che c'è è, e sarà sempre, più forte di tutto il resto.

Con la speranza che, forse, il tempo sarà in grado di lavare ferite, che non può guarire o cicatrizzare.

Angolo autrice

Buon sabato a tutti, ed eccoci arrivati alla conclusione di questa storia...tra poco pubblicherò i ringraziamenti dove ho cercato di racchiudere tutti i miei sentimenti.
Grazie, di cuore, ad ognuno di voi ❤️
Attenzione...nei ringraziamenti ci sarà una piccola sorpresa 🎁 e avrò bisogno di qualche vostro consiglio!
Un abbraccio
~R. 🦋

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