Confessioni (pt. 2)

Irama's pov

Ero a Milano ormai da qualche giorno, Ludovica l'avevo sentita spesso, la chiamavo raccontandole le mie giornate e lei faceva lo stesso così da sentirci vicino anche se in realtà ci dividevano chilometri.
Era notte fonda e non riuscivo a dormire, la tensione per le selezioni di Sanremo era tantissima, ci stavo davvero scommettendo molto, avevo capito quanto la musica giocasse un ruolo fondamentale nella mia vita e avevo deciso di rischiare il tutto per tutto.
Dopo quei giorni intensi passati con Giulio a provare, provare, arrangiare e provare ancora mi era venuta voglia di scrivere. Sapevo di chi avrei voluto scrivere, ma davanti alle pagine bianche di quel quadernetto mi bloccavo, la mia mano quasi non riusciva a muoversi, quella cosa mi faceva ancora talmente male da non riuscire nemmeno a sfogarmi con l'inchiostro e buttar giù qualche verso. Solo Lori e Ale conoscevano la storia che avrei voluto raccontare, sapevano quanto mi aveva ucciso lentamente dentro, quanto mi ferisse ancora quando la mente mi riportava lì, quanto fosse stato difficile farmi sfogare quella notte.

Flashback

Era notte fonda, il mio telefono continuava a squillare da ore intere e lo schermo portava sempre il nome di uno dei due miei migliori amici. Non avevo voglia di parlare con nessuno, dopo quello che mi aveva detto avevo preso la macchina senza aver nemmeno la patente, imboccato l'autostrada e schiacciato sull'acceleratore talmente forte che mi sembrava di sentire il cervello uscire dalla testa. Poi mi ero fermato, così in mezzo al nulla, in una piazzola di sosta e avevo preso a pugni il volante fino a far sanguinare le nocche delle mie mani, urlando così tanto che la voce non riusciva più ad uscire e le corde vocali si arresero. Mi sentivo vuoto, sgombero, come se un pugnale mi fosse entrato nello stomaco ma talmente tanto era il dolore che non ero riuscito a sentire nulla.
Il telefono continuava ad emettere quel suono così fastidioso, lo presi e digitai un semplice messaggio ai miei amici. "Fa troppo male, ho bisogno di voi." Indicando la posizione dove mi trovavo.
Quando arrivarono Ale e Lori mi trovarono con la faccia contro il volante e qualche bottiglia di birra vuota nel sedile accanto, non avevo neanche la forza di aprire la portiera, lo fecero loro al posto mio, portandomi nella loro macchina. Fissai il vuoto per minuti interi, loro non parlavano si limitavano ad aspettare avessi il coraggio di parlare. Gli raccontai tutto, lasciandomi andare alle lacrime e squarciando il silenzio con qualche urlo. Mi ascoltarono in silenzio, abbracciandomi di tanto in tanto, mi stettero vicino abbastanza per non farmi sentire solo, ma nessuno avrebbe mai compreso il dolore che mi stava squartando l'anima in quel momento.

E quella notte era come tornare indietro nel tempo e rivivere tutto quel dolore, però sentivo la necessità di scrivere quella canzone e lasciarmi sopraffare dalle emozioni. Quando scrivevo sembravo quasi pazzo. Ridevo, piangevo, urlavo, fumavo mille sigarette una dietro l'altra, strappavo le pagine, scarabocchiavo nervosamente i fogli bianchi.
Era quasi mattina, dalla tenda leggermente scostata riuscivo ad intravedere l'alba che stava nascendo, il sole che si levava nel cielo creando un'armonia di colori quasi poetica, sento il suono del telefono che interrompe i miei pensieri.
"Ieri sera avevi una voce strana, so che hai bisogno dei tuoi tempi ma è tutta la notte che ci penso, stai bene?"
Sorrisi, riusciva a capire se qualcosa non andava solo dal tono di voce e anche questa volta ci aveva preso, era riuscita a leggermi dentro anche se io cercavo di non permetterglielo.
"Avevo bisogno di scrivere una canzone, ma sto di merda, davvero di merda, ho bisogno di vederti."
Dopo qualche minuto mi chiamò e cercò di tranquillizzarmi anche se non me la sentivo di aprirmi e raccontarle tutto, rimanemmo al telefono per molto tempo accordandoci per vederci il giorno dopo.

Ludovica's pov

Quella mattina dopo aver sentito Filippo non riuscì più ad addormentarmi, lo sentivo strano e non ne conoscevo il motivo. Aveva una voce rotta, spenta, senza calore come se il dolore che nascondeva dentro di se fosse uscito tutto insieme tra le parole di quella canzone.
La giornata per fortuna passò in fretta, dopo il corso di fotografia presi la macchina e corsi a casa per prepararmi, lo schermo del telefono si illuminò "tra due ore sono lì 🌹" sorrisi istintivamente.
Finii si prepararmi e appena mi avvisò del suo arrivo scesi di corsa le scale. Era lì fermo vicino alla portiera con le mani tra i capelli mentre se li sistemava, aveva il viso di un colorito bianco, delle occhiaie abbastanza profonde e gli occhi leggermente lucidi segno di una notte passata completamente in bianco. Si girò leggermente a guardarmi e sorrise facendo qualche passo in avanti per abbracciarmi.
Salimmo in macchina e per tutto il viaggio non parlammo, arrivammo in villa a casa di Lorenzo che ormai era diventato il nostro rifugio, il posto dove andare quando volevamo confessarci le cose più intime.
Ci fermammo in giardino per fumare qualche sigaretta, uno accanto all'altra con la sua mano che accarezzava dolcemente la mia e i suoi occhi che ogni tanto si perdevano nei miei come per volermi rivelare qualcosa che a parole era troppo difficile da confessare.
Ad un certo punto il mio telefono inizia a suonare, spezzando quel momento magico. Era mia sorella che voleva raccontarmi della sua giornata passata tra scuola, amici e la lezione di pallavolo. Con quella vocina così dolce e melodiosa che sarei stata ore ad ascoltare e quelle risate così pure che ti facevano bene al cuore. "Non me l'hai mai fatta vedere, hai una foto?" Mi chiese, io presi il telefono e aprii la galleria rivelando le centinaia di foto che avevo raffiguranti Celeste, lui lo prese ed iniziò a farle scorrere con un sorriso amaro in volto.
"Quanti anni ha?" "Cinque anni, quasi sei...li compie a dicembre" Scorrendo con il dito fece partire un video e la risata della mia sorellina si diffuse interrompendo il silenzio di quella notte. Filippo rimase lì a fissare lo schermo come se la mente stesse viaggiando da sola, poi appoggiò il telefono e si allontanò entrando in casa. Lasciai passare qualche minuto prima di andarlo a cercare, al primo piano non lo trovai, continuai a cercarlo al piano di sopra e lo trovai fuori dal balcone con la schiena appoggiata contro il muro e le mani infilate tra i capelli che gli sostenevano le testa.
"Una volta mi sono innamorato lo sai, avevo diciassette anni e lei qualcuno in più. La incontrai per caso in un periodo dove la bottiglia di scotch era la mia unica certezza. Era sola, nascosta in una strada buia mentre cercava di medicarsi alcune ferite superficiali. Era una prostituta, l'avevano picchiata perché aveva cercato di ribellarsi agli ordini. Il suo viso mi rimase in mente tutta la notte, il giorno dopo tornai su quel marciapiede e la trovai lì, iniziai a pagarla per portarla via da quel posto e farle passare qualche ora in serenità. Ci vedevamo tutti i giorni, io che cercavo di farla svagare con la mente portandole un po' di tranquillità e lei che mi faceva sentire vivo. Io che attraverso di lei riuscivo a conoscermi meglio e lei che cercava protezione tra le mie braccia- la sua voce tremava leggermente e mentre raccontava queste cose teneva lo sguardo basso rivolto verso il pavimento torturandosi le mani - un giorno mi chiamò e mi disse che doveva vedermi con urgenza, la raggiunsi sperando mi dicesse che aveva deciso di lasciare quel mondo e provarci davvero, superando la paura di venire uccisi entrambi. Entrò in macchina, mi guardò e mi disse "Non so come dirtelo Filo, te la faccio semplice ho deciso di abortire ieri, ero incinta di te, ho preferito non dirtelo perché dovevo risolvere questa cosa da sola e non dipendere da nessun'altro. La mia vita è questa e un figlio avrebbe solo rovinato le cose ad entrambi, tu sei ancora un ragazzino e io non posso scappare dal mio destino." Non c'era un modo per indorare la pillola e rendere questa notizia meno terribile. Lei scappò velocemente dalla macchina e io rimasi lì con le mani sul volante e lo sguardo perso nel vuoto. Un figlio, un bambino capisci? Non aveva neanche pensato di chiedermelo cosa avrei voluto, cosa avrei fatto io di quel bambino, se mi fossi assunto le mie responsabilità nonostante l'età, no lei aveva pensato solo a se stessa, solo al suo pensiero e mi aveva tagliato completamente fuori. Era come se il sangue di quel bambino me lo sentissi scorrere nelle vene senza aver avuto nemmeno la possibilità di poter mettere bocca sul suo destino. Ero un ragazzino, ma questa cosa ebbe la forza di distruggermi e sopraffarmi completamente. Mi sentivo una nullità, inerme, con una forza insignificante come se mille tir con tutto il loro peso mi fossero passati sopra e io non avessi avuto nemmeno l'energia per accorgermene.- si avvicinò lentamente a me e mi si sedette di fianco, io istintivamente gli presi la mano cercando di fargli capire la mia vicinanza - Ludo io quel figlio l'avrei voluto capisci? Ogni volta che vedo un bambino mi viene in mente e penso a come potrebbe essere ora, di che colore avrebbe gli occhi, quale sarebbe il suono della sua voce mentre pronuncia la parola papà, se avrebbe preso il mio carattere o se i suoi lineamenti sarebbero stati simili ai miei- alcune lacrime sfuggirono al suo controllo, allora si alzò andando vicino alla ringhiera del terrazzo asciugandosele velocemente con il dorso della mano e tirando dei lunghi respiri nel tentativo di calmarsi, io mi alzai, mi avvinai a lui e gli presi il viso tra le mani mentre i miei pollici continuavano ad accarezzargli le guance - Solo Lori e Ale conoscevano questa storia, ieri sera avevo bisogno di sfogarmi e mettere nero su bianco queste emozioni è per quello che mi hai sentito un po' giù, perché questa è un'esperienza che mi ha distrutto talmente tanto dentro che non riesco mai a parlarne e non so neanche se sarò mai in grado di superarla. Però su quel bambino non sono riuscito a scrivere nemmeno una parola, ho scritto di lei, di noi, ma di lui cosa potrei scrivere oltre al fatto che l'ho perso? Oltre al fatto che mi è stata negata quella che poteva essere la possibilità più bella della mia vita? Quando prima ho visto i video della tua sorellina, mi si è rotto qualche cosa dentro, come se lo stomaco si fosse contorto, come se una lama mi avesse trafitto squarciandomi la pelle, non ho retto e sono scappato perché farmi vedere così da te mi metteva a disagio. Non vorrei essere così fragile, non vorrei ancora sentire il dolore così vivido come se la ferita fosse ancora fresca. Mi sento come se quel taglio non sarà mai in grado di chiudersi, facendo sempre uscire quel goccio di sangue che continuerà a macchiarmi e che non cicatrizzerà mai." Mi guardò fisso negli occhi, accasciandosi poi a terra con il viso stretto nelle mani e il respiro molto accelerato, mi sedetti vicino a lui e appoggiai il suo volto nel mio grembo accarezzandogli i capelli e cercando di farlo calmare. "Dopo di lei non ho più avuto nessuna, cioè qualche ragazza conosciuta in discoteca, qualche notte di sesso, ma niente di più. Non ho mai più voluto che l'amore prendesse spazio nella mia vita. È per questo che ho una paura fottuta delle sensazioni che mi stai facendo provare tu, perché mi conosco e so cosa significano, so che le emozioni che mi sovrastano quando sono con te hanno un senso; però resta il fatto che ho talmente tanta paura che a volte le paranoie prendono il sopravvento e mi portano a scappare da te e a far finta che il cuore non mi batta all'impazzata quando ti penso.
Ho cercato di scappare all'inizio e di dimenticarmi della sensazione che ho provato perdendomi nei tuoi occhi, ma non ce l'ho fatta, ogni cosa mi riportava inevitabilmente a te e sono arrivato ad una conclusione. Nonostante tutto: le mille paranoie, le ansie, le paure più nascoste, il mio carattere, la mia difficoltà nel legarmi ad una persona, il voler chiudere a chiave i sentimenti il mio cuore tornerebbe sempre da te."
Gli sorrisi, avevo il cuore che batteva all'impazzata e le guance che si stavano tingendo di rosso, lui si avvicinò lentamente al mio viso, incastrò i suoi occhi azzurri nelle miei che al buio della notte sembravano due biglie, iniziò ad accarezzarmi dolcemente una guancia e d'improvviso fece scontrare le nostre labbra in un bacio. Il suo sapore che si mischiava al mio, un istante durato pochi frammenti di secondo che però fu in grado di crearmi mille brividi sulla pelle.
Si allontanò e mi accarezzò i capelli attorcigliandosi le punte tra le dita. "È il secondo" per un attimo lo guardai senza capire, ma lui anticipò ogni mia domanda. "Il secondo bacio rubato, anche dopo la festa a casa di Lorenzo è successo, non avevo saputo resistere, ma tu dormivi e non te ne sei nemmeno resa conto..." Mi disse con un tono un po' deluso nella voce. Lo guardai imbarazzata, con un'espressione divertita in viso e i denti che torturavano il mio labbro inferiore "Non ci posso credere, pensavo di essermelo sognato, avevo la sensazione di aver aperto per un secondo gli occhi e aver sentito le tue labbra appoggiate alle mie, ma pensavo di essermi sbagliata." Lui iniziò a ridere come un bambino, con quella risata che era in grado di illuminare persino il buio mentre io iniziai a dargli piccoli schiaffi sulle braccia e sul petto fingendo di essere molto arrabbiata.
Dopo qualche coccola decidemmo di rientrare perché l'aria cominciava ad avere quel sapore di autunno e quel freddo appena percettibile.
"Domani ho deciso di portarti in un posto molto importante se ti va..." gli sorrisi rispondendogli che mi avrebbe fatto molto piacere poco prima di addormentarmi cullata tra le sue braccia.

La mattina mi svegliai sola, Filippo non era accanto a me e nemmeno fuori in balcone. Controllai il telefono per vedere l'ora erano le otto del mattino, la finestra era leggermente aperta e lasciava entrare un leggero venticello fresco. Decisi di scendere a controllare dove fosse finito Filo, controllai tutte le stanze, ma di lui nemmeno l'ombra, iniziai a preoccuparmi finché non sentii la sua voce in veranda che stava parlando con qualcuno al telefono.
"Si te la porto a conoscere oggi, è davvero molto importante per me lo sai- seguirono alcuni minuti di silenzio dove probabilmente Filippo ascoltava attento le parole dell'interlocutore- va bene allora, ci vediamo a pranzo!" Chiuse la chiamata e rientrò dentro. "Buongiorno stavo fumando una sigaretta facciamo colazione?" Preparammo tutte le cose per la colazione insieme, con una complicità speciale, ci passavamo le cose, ridevamo come matti e un pensiero mi balenò in testa: quanto sarebbe stato bello poter far questo tutte le mattine insieme a lui. Per un attimo mi fermai, l'avevo veramente pensato? Avevo veramente immaginato di vivere tutte le mattine con Filippo? Si l'avevo fatto e questa cosa mi stupì parecchio, tentavo di nascondere i miei sentimenti a tutti, di tenere quello che stava nascendo con Filippo il più privato possibile, tanto che ingannavo pure me stessa.
Per tutta la durata della colazione rimasi un po' distaccata, con i pensieri che vagavano e il cuore che avrebbe solo voluto urlarlo al mondo.
"Principessa andiamo a prepararci?" Mi sorrise dolcemente accarezzandomi la guancia e lasciando qualche bacio tra i miei capelli, io chiusi gli occhi per godermi al meglio quel contatto e corsi a prepararmi.

Il viaggio in macchina non durò molto, dal finestrino della macchina riuscí a riconoscere il posto, era un piccolo paesino antico e molto caratteristico non troppo lontano da casa mia, il sole splendeva alto nel cielo e scaldava leggermente l'aria rendendola piacevole. Arrivammo davanti ad una grande casa rosa con un giardino molto curato, un piccolo pozzo, qualche sdraia, un tavolino con alcune sedie e un sacco di fiori tutti colorati sparsi qui e là, Filippo parcheggiò la macchina, mi prese le mano e guardandomi dritto negli occhi con un sorriso affettuoso mi disse "Oggi pranziamo dai miei nonni, te li voglio presentare, soprattutto mia nonna, lo sai quanto tengo a lei e credo sia arrivato il momento di fartela conoscere." Io sgranai gli occhi alle sue parole e gli strinsi forte la mano. "Ma sei pazzo?! Potevi almeno avvisarmi che saremmo venuti qui, ora sto in ansia....lo sai che sono paranoica non puoi comportarti così." Lui inclinò le testa all'indietro come faceva sempre prima di ridere talmente tanto da far ridere anche me "Appunto perché so quanto sei paranoica che non te l'ho detto."
Scese dalla macchina, mi aprì la portiera e mi prese la mano sussurrandomi che sarebbe andato tutto benissimo.
Appena suonammo il campanello ci vennero ad aprire due signori sulla settantina. Lei una donna dal viso gentile, qualche ruga dovuta all'età, i capelli che sembravano piccoli fili bianchi e due occhi tremendamente somiglianti a quelli del nipote. Lui un uomo alto, con i capelli bianchi, una carnagione un po' più scura rispetto a quella della moglie e un sorriso accogliente. Non so in quel momento quanto stessi stringendo forte la mano di Filippo, ma lui si avvicinò e mi sussurrò di stare tranquilla. Il ragazzo salutò i suoi nonni, soffermandosi particolarmente nell'abbraccio con sua nonna, poi si voltò verso di me appoggiandomi una mano sulla schiena "Lei è Ludovica una mia carissima amica" Mi presentai al nonno allungando una mano, ma lui preferì avvicinarsi lasciandomi due baci sulle guance, mentre la nonna si avvicinò e mi strinse calorosamente in un abbraccio.

Il tavolo da pranzo era imbandito quasi fossimo sotto le feste natalizie, c'era una bellissima tovaglia che portava lo stesso motivo dei tovaglioli, un centrotavola pieno di fiori recisi dal giardino che profumavano ancora di fresco, qualche candela accesa e un sacco di roba buona da mangiare.
A tavola parlammo un po' di tutto, erano persone molto simpatiche e alla mano, Filippo gli raccontò come ci eravamo conosciuti, loro mi chiesero quali fossero le mie passioni, parlammo molto del rapporto che avevamo con il nipote, domandarono come stesse Lorenzo e che avrebbero voluto rivederlo e ci soffermammo a ridere per molto tempo quando la nonna di Filippo continuava ad insistere sul fatto che lo vedesse sciupato aggiungendogli sempre roba nel piatto.
Il pomeriggio dopo pranzo il nonno era abituato a fare un breve pisolino e quindi andò a coricarsi, Filippo andò a fumare fuori con la scusa di chiamare Lorenzo e io rimasi con la nonna aiutandola ad asciugare i piatti.
"Era tantissimo tempo che non lo vedevo così..." Mi disse sorridendomi
"Così come?" Le chiesi curiosa
"Felice, gli fai bene, si vede da come ti guarda." Si girò verso di me facendomi l'occhiolino.
"Guarda che l'ho capito che non siete solo amici, i vostri occhi parlano per voi, poi soprattutto quelli di Filippo non hanno segreti per te e solo un cieco non capirebbe che siete innamorati.
L'ho capito subito che aveva trovato una ragazza, ha passato un periodo molto brutto, quando lo chiamavo per vedere come stava aveva sempre la voce triste, rotta, alle volte addirittura mi rispondeva Lorenzo inventandosi qualche scusa banale; invece da quando ti conosce lo sento felice, sereno, quando lo chiamo a volte si perde a raccontare ogni minimo dettaglio dei vostri incontri e poi mi ha detto che ha ricominciato a scrivere e si è iscritto alle selezioni per Sanremo. Sai, io l'ho sempre spronato nella sua arte, perché lo vedo che la musica per lui conta tantissimo, che gli brillano gli occhi quando ne parla, ma ultimamente non dava retta nemmeno a me, continuava ad autoconvincersi che non ce l'avrebbe mai fatta finché non sei arrivata tu che l'hai spinto a provarci davvero, a crederci e a realizzare il suo più grande sogno. È per questo che ti dico che gli fai bene perché quando entra dentro alla stanza la prima cosa che cerca sono i tuoi occhi." Mi disse sorridendo indicando con un cenno della testa la porta della cucina con Filippo appoggiato allo stipite.
"E per quanto riguarda te non serve che ti inventi di dover chiamare il tuo amichetto, lo so che sei andato a fumare." Si avvicinò a lui dandogli un leggero buffetto dietro al collo, lui sorrise e così d'istinto se l'abbracciò, a me venne in mente solo di prendere il telefono e scattargli una fotografia per imprimere quel momento per sempre.
Passammo qualche altra ora tra chiacchiere e risate, mi raccontò della sua faccia quando scoprì il fatto che Filippo si fosse tatuato due serpenti sulle braccia, o di quando era piccolo e la faceva arrabbiare nascondendo i pupazzi di suo cugino e raccontando qualche bugia, di quando con Lorenzo a sedici anni rubarono la macchina al nonno e provarono a scappare rimanendo nel bel mezzo della campagna senza benzina dopo pochi chilometri e mille altri aneddoti su un Filippo ragazzino immaturo e parecchio spericolato.

"Ludovica, sei proprio sicura? Lo sai che lui è un casino vivente vero?" Mi disse Adriana provocando una risata contagiosa al ragazzo che era seduto al mio fianco, io mi girai lo osservai per un po' e poi risposi "Mi è sempre piaciuto un sacco incasinarmi la vita." Lo sguardo di Filippo dopo la mia affermazione parlò da se, con quei suoi occhi azzurri indecifrabili era in grado di dire così tante cose che a volte le parole diventavano superflue.

Ad un certo punto Adriana si girò, avvicinò la mano alla guancia del nipote con un gesto infinitamente dolce e gli disse "Mi piacerebbe tanto che mi facessi ascoltare la canzone che hai scritto..." lui cercò immediatamente i miei occhi, io con un cenno del capo e un sorriso lo convinsi. Prese il telefono facendo partire la base che aveva ideato con Giulio e iniziò a cantare con quella voce graffiata che aveva l'incredibile potere di toccarti le corde più profonde del cuore. Cantò con i suoi occhi incastonati nei miei e le lacrime che mi solcavano il viso, finita la canzone si avvicinò piano a me e mi diede un piccolo bacio sulla fronte, mentre sua nonna lo guardava orgogliosa e mi stringeva forte tra le sue braccia. La donna si girò verso di me e mi disse "Piccolina avrà un titolo secondo te questa canzone?" Entrambe voltammo il nostro sguardo verso Filippo che rispose che ancora non ne aveva pensato uno. "Cosa resterà" disse sua nonna guardandolo, lui le sorrise con una spensieratezza nello sguardo da fare invidia.

Quella mattina entrai in quella casa con la paura di non piacere a nessuno, di non essere all'altezza e di sentirmi estremamente a disagio; invece mi sentii come a casa, avvolta da un calore in grado di scaldarti dentro e lasciarti un sorriso stampato in viso.
Sapevo quanto fosse importante per Filippo sua nonna e quanto quel gesto fosse significativo, mi aveva donato un altro tassello del suo cuore per farmi capire quanto ci tenesse a me.



Ecco la seconda parte del capitolo, è stato abbastanza difficile scriverlo perché tratta di argomenti davvero dalle forti emozioni. Spero di trasmettervi qualcosa e di toccarvi qualche corda del cuore ❤️ vi ringrazio ancora infinitamente perché stiamo raggiungendo insieme bellissimo risultati!
Fatemi sapere cosa ne pensate e commentate perché adoro scambiare qualche pensiero con voi!

Così volevo aggiungere il fatto che ieri sera Filippo ha fatto il suo primo vero e proprio concerto e io ho pianto tutte le mie lacrime! Sua nonna sarà sicuramente fiera di lui, è stata pura magia! ✨🌹
Voi andrete a qualche data? Fatemelo sapere, un abbraccio!
~R.🦋

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