CAPITOLO 14
Logan
Getto la borsa a terra. Tolgo la giacca, la cravatta, la camicia. Sfilo le Jordan, i pantaloni.
Appallottolo la divisa e la butto nel mio armadietto.
Non mi piace, cazzo! Non mi piace!
Io, quel tizio, non lo sopporto! Che cazzo è venuto a fare nella mia scuola? Non poteva restarsene dov'era?!
Cazzo!
Guardo la porta dello spogliatoio ancora vuoto e non so come faccio a trattenere l'impulso di tornare indietro e spezzargli la mano con cui ha toccato Nic. Come cazzo si è permesso di farlo di nuovo? Mi saltano i nervi al pensiero.
Apro il mio borsone e recupero i pantaloncini blu per tenere le mani occupate e non pensare che, se non fosse arrivato il Coach a chiamarmi, sarei andato a spaccargli la faccia.
Avrei dovuto mettere le cose in chiaro con lui, ieri sera, invece di andarmene. Avrei dovuto dirgli di stare alla larga da Nic, anche se mi sono ripromesso di fare il bravo, ed essere io quello che le sta alla larga, almeno finché gli strani pensieri che ho in testa non spariranno.
Non ho fatto che sognarla, stanotte. Sopra, sotto di me. Con la bocca sul mio uccello e le mani minuscole dappertutto.
Mi sono masturbato due volte, stamattina, pensando a lei. La prima nel mio letto. La seconda sotto la doccia.
Gli orgasmi migliori che abbia mai avuto, cazzo, ma devo dimenticarmene anche se non riesco a ricordare più bene il perché.
Infilo la maglia bianca e riallaccio le scarpe.
Non so che cazzo devo fare.
Ieri, avevo in mente un piano preciso, ma oggi, dopo aver rivisto il mio genietto, mi sembra un progetto stupido e insensato.
"Fare la cosa giusta. Starle alla larga."
Ero convinto fosse la cosa migliore, ma al ricordo delle mani di quel tipo su di lei, mi chiedo perché?
Perché è meglio che la tocchi un altro piuttosto che io?
Cosa ci sarebbe di male, in fondo?
Lei è innamorata di me, non aspetta altro, ma è proprio questo il punto.
"Non prendermi in giro, Logan."
Quando lo ha detto mi ha spezzato il cuore.
Non voglio che pensi questo di me. Non voglio farla soffrire, ma non so cosa provo e non posso darle risposte che non ho. L'unica cosa che so è che l'idea di toccarla di nuovo mi ossessiona e questo significherà pur qualcosa.
Forse, che la cosa giusta è dar retta ai miei desideri?
Forse, che anche se non provo i suoi stessi sentimenti, il fatto di volerle bene mi dà comunque più diritto di quel tizio di provarci? Io e Nic ci conosciamo da tempo. Ho condiviso con lei i pensieri più assurdi. Le ho detto cose che non ho mai confessato a nessuno e se c'è qualcuno che ha diritto di averla, allora sono io, non quel piccoletto!
Passo le mani tra i capelli.
Mi prenderei a schiaffi. Ma che mi prende?
Nicole non è un pupazzetto! Lei è la persona più dolce, sensibile e speciale che conosco. Merita ogni cosa possibile e impossibile e, se ne fossi all'altezza, le darei il mondo, ma non lo sono. È questo il punto e devo ricordarmelo.
Io non sono all'altezza.
Devo ricordarmelo!
Scatto in piedi determinato a seguire il piano, stavolta, e butto la mia borsa nell'armadietto insieme a tutto il resto, ma quando sento la porta dello spogliatoio aprirsi e quel riccio del cazzo mi appare davanti, mi dimentico di nuovo tutto.
«E tu che cazzo ci fai, qui?» Mi viene spontaneo chiederlo.
Lui mi guarda stranito e appoggia lo zaino su una panca. «Potrei chiederti la stessa cosa. Da un paio di giorni sembri la mia ombra. Ti sei innamorato di me, per caso?» Toglie la giacca e comincia a spogliarsi dandomi le spalle.
Piccolo pezzo di merda.
Mi prudono le mani.
Tutte le raccomandazioni e i propositi stanno per andare a farsi fottere ma, chissà come, il corpo non reagisce all'impulso di andare a spaccargli la faccia e dico solo: «Sono il Capitano della squadra di basket.» Non so perché lo faccio. Forse voglio solo mettere in chiaro che si trova nel mio territorio e non ha davanti uno qualunque. Non può fare lo stronzo.
Lui raddrizza la schiena e mi guarda. Per un momento ho l'impressione che stia pensando a cosa rispondere.
«Mi sa che diventeremo compagni di squadra, allora.»
Cosa? Mi gelo sul posto. «La squadra è al completo.»
«Beh, dillo al Coach. È lui che mi ha detto di venire qui.» Allaccia i pantaloni della tuta e a me torna in mente la busta che gli ho visto infilare sotto la porta dell'ufficio di Sully, ieri sera. Era la sua domanda per entrare nella squadra?
Lo guardo incerto e penso sia troppo basso per giocare come Ala. A occhio e croce arriva a stento al metro e ottanta e non avrebbe mai la meglio sugli altri giocatori.
Per il Centro è troppo mingherlino. Martin è molto più adatto e il Coach non lo sostituirà mai. Forse come Guardia, o...
«Sei un playmaker?»
«Me la cavo in tutti i ruoli, ma di solito sì.»
Mi sembra di ricevere pugno in faccia. Mi prende per il culo?
Prima cerca di portarmi via Nic e ora punta al mio ruolo di playmaker? Che cazzo! Può scordarselo!
Anche se ho avuto dei dubbi sulla mia presenza in squadra, le responsabilità da Capitano per cui, forse, non sono all'altezza, non cederò il mio posto a questo tizio e non capisco perché il Coach abbia accettato di farlo provare.
Mi sto ammazzando di fatica per seguire il suo programma speciale. Mi sveglio ogni giorno prestissimo per correre quei maledetti cinque chilometri. Mi esercito con la squadra, il pomeriggio, e mi alleno con i pesi per aumentare la massa muscolare, la sera. Sto facendo tutto quello che mi ha chiesto, perché ha deciso di sostituirmi?
Solo ieri ho pensato di tirarmi indietro e lasciare tutto, è vero, ma non l'ho fatto.
Ho continuato a impegnarmi comunque nonostante i miei dubbi, ma forse il Coach ha intuito le mie esitazioni e vuole levarmi di mezzo prima che combini guai?
Ha capito che non sono all'altezza?
In fondo, l'anno scorso, abbiamo perso proprio perché ho esitato e sbagliato quel tiro libero...
Cazzo.
Una valanga di emozioni diverse mi travolge.
Forse il Sully ha ragione. Io sono troppo incasinato, ora, per ragionare con lucidità.
Voglio giocare, ma non voglio la responsabilità di guidare la squadra.
Non voglio il peso del ruolo su di me, ma desidero anche che non lo abbia nessun altro, proprio come non voglio che Nic sia di qualcuno che non sono io.
Che casino. Non so che fare.
Non posso darle quello che vuole, ne sono certo, ma desidero che resti comunque legata a me. Voglio che sia invaghita di me e mi idolatri come nessuno ha mai fatto.
Sono egoista, lo so, ma è questo che voglio e non me frega un cazzo.
Guardo il piccoletto che, seduto sulla panca, mi dà le spalle e si allaccia le scarpe pronto a togliermi ciò che amo di più. Ma non succederà.
Non so cosa farò domani o il giorno dopo. Non so quale sarà il mio destino con la squadra o con Nicole, ma una cosa è certa: questo tizio non mi porterà via un bel niente.
Né dentro né fuori dal campo.
Uno contro uno.
Io contro il piccoletto: è per questo che il Coach mi ha fatto venire prima, in palestra. Vuole vedere cosa sa fare questo stronzo e capire se accettarlo o no nella squadra.
Questa è la mia occasione per fargli il culo e liberarmi di lui.
Non lo voglio tra i piedi, nemmeno come riserva, e quindi lo spingo indietro con il peso del corpo e gli impedisco di prendere la palla con una finta che lui intuisce, ma non riesce a intercettare.
È veloce, ma io sono più alto, massiccio e motivato. Me lo levo di dosso con una spallata al limite del fallo e punto il canestro. Alzo le braccia, lancio la palla e faccio punto.
Vaffanculo, stronzo! Mi sbarazzerò di te, prima qui e poi fuori. Sta' a guardare.
Il Coach fischia.
Ci fa cenno di riprendere posto.
Lascio la palla al piccoletto che suda e respira in affanno.
Manca un punto alla fine della sfida e io mi sto impegnando un po' troppo per uno scontro amichevole, ma non me ne importa.
Sto usando ogni riserva di energia. Dopo sarò distrutto e non riuscirò a tenere il ritmo insieme ai miei compagni, ma se questo è il prezzo da pagare per liberarmi di lui, allora va bene così.
«Che c'è? Sei già senza fiato, piccoletto?» lo provoco.
Lui sorride anche se annaspa. Asciuga la fronte con il lembo della maglietta e palleggia sul posto. «Non ti sto simpatico, eh?»
Mi stai sul cazzo, vorrei rispondere.
«È perché gioco nel tuo stesso ruolo e pensi che possa soffiarti il posto in squadra?»
«Il mio posto te lo scordi.»
«Dici?» Palleggia ancora. «Se fossi così sicuro di te, non ti impegneresti così tanto visto che questo è solo un provino.»
«Mi impegno sempre e comunque. Non importa chi ho davanti, né cosa sto facendo. Forse dovresti farlo anche tu.»
«Mi sa che hai ragione. Anche se perdo, voglio fare comunque bella figura.» Alza le sopracciglia, indica gli spalti con un cenno della testa e io non so perché lo faccio. Stiamo giocando, dovrei concentrarmi. Ho appena detto che mi impegno sempre e comunque, ma sento qualcosa di invisibile che mi chiama e mi distraggo.
Distolgo lo sguardo dal piccoletto e giro la testa. Nicole è seduta sulle gradinate. Che ci fa qui?
Lei non viene mai ad assistere agli allenamenti. È sempre impegnata a quest'ora. Lo ha fatto per lui? Non può essere...
La rabbia mi investe e io cado nel tranello di questo bastardo con tutte le scarpe.
Frankie mi supera in un batter d'occhio.
Sembra un fulmine e io non riesco a fermarlo.
Lo vedo correre sotto canestro, mentre me ne sto ancora impalato in mezzo al campo e segna un punto.
Un punto inutile.
Non basta a battermi.
L'ho praticamente stracciato, ma mi fa imbestialire lo stesso.
Mi ha preso per il culo, lo stronzo.
Mi ha distratto per fare bella figura e farmi passare per un coglione davanti al Coach, a Nicole, a quelli che, ormai, sono arrivati in palestra: i miei compagni, gli assistenti, le cheerleader.
Mi ha ridicolizzato davanti a tutti e questa è l'ultima goccia.
Il Coach fischia, fa cenno a Frankie di raggiungerlo, ma anche se la nostra sfida sul campo sembra conclusa, io non ho finito con lui.
Ho appena cominciato.
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