Sei

Federico guida per le vie di Torino, conoscendo a memoria ogni angolo della città. Siamo in macchina da ormai mezz'ora buona ed inizio a domandarmi dove stiamo andando. 

"Manca molto?" chiedo, senza voler risultare spazientita.

"Una decina di minuti. Che c'è, sei impaziente?" mi domanda, girandosi per un secondo facendomi l'occhiolino. Nemmeno mi ero accorta che lo stavo fissando, perciò giro di scatto il viso e torno a guardare la strada.

"Sono quasi le 19:00, sono impaziente soltanto di bere uno spritz" rispondo sarcastica.

Non voglio dargliela vinta così facilmente. Non devo cedere alle provocazioni. Lui sa di essere bello. Sa di piacere alle ragazze. Gli piace provocare e scherzare con tutti, ma io non devo abbassare la guardia. Non sono brava a giocare a questo gioco. Finirei per farmi male e in questo periodo non posso permettermelo.

***

Finalmente arriviamo a destinazione. Federico parcheggia la macchina e io mi slaccio la cintura, apro la portiera e scendo con un salto dalla macchina, troppo alta per la mia statura. 

"La prossima volta devo portare una scaletta" dico una volta chiusa la portiera. "Mica sono tutti degli atleti qui, eh."

"Inconsapevolmente hai detto che verrai un'altra volta sulla mia macchina" mi guarda scendere dal mezzo con le mani nelle tasche dei jeans e con un sorrisetto da schiaffi stampato sul viso.

"Levati quel sorrisino scemo dalla faccia, Bernardeschi" roteo gli occhi ed alzo un sopracciglio mentre mi avvicino a lui.

Camminiamo per qualche metro e poi vedo un bar, piccolo ma molto carino, con le lucine appese alla veranda e una vista su tutta Torino. Il cameriere ci indica un tavolino dove la vista sembra essere la migliore e ci sediamo uno di fronte all'altra.

"La vista è meravigliosa" penso ad alta voce, guardando il panorama mozzafiato.

"Concordo" Federico risponde. Mi giro verso di lui e noto che sta guardando me. I miei occhi sono fissi nei suoi finché il contatto visivo diventa per me troppo imbarazzante e distolgo lo sguardo, sentendo le guance avvampare.

"Perché ti imbarazzi così tanto?" mi chiede Federico con una naturalezza disarmante.

"Sul serio me lo chiedi?" lo guardo corrugando la fronte. "Forse perché non sono abituata a complimenti e robe varie dato che l'unico che me li fa è mio padre. E poi non è proprio normale che Federico Bernardeschi ti faccia complimenti di questo tipo. Non per me, almeno."

Sorride per tutta la durata del mio discorso senza dire una parola. A che cosa starà pensando? Mi sono resa ridicola per l'ennesima volta o magari per lui questo è tutto un gioco.

Arrivano i nostri spritz e un tagliere di pizzette, focaccine, tartine e patatine di vari tipi nel giro di pochi minuti. Ringraziamo il cameriere e alziamo i bicchieri.

"A cosa vuoi brindare?" gli chiedo.

"A noi" mi risponde, facendo sbattere i nostri bicchieri. 

Prendo un abbondante sorso di spritz, penso che me ne serviranno altri due o tre per reggere questa serata. 

Le seguenti due ore volano, dopo aver ordinato un altro spritz e aver chiacchierato di tutto. Abbiamo parlato di calcio, di musica, della mia passione per la pallavolo e per il mondo dei motori, dei miei studi e perfino delle nostre famiglie. Sono riuscita ad affrontare il discorso "mamma" senza battere ciglio, non ne avevo mai parlato così liberamente con qualcuno. Federico mi ha parlato della sua nipotina che porta il mio stesso nome e di quanto le voglia bene. Grazie a Dio la serata è andata bene, l'imbarazzo iniziale è sparito, forse anche merito dell'alcool. 

Non sono ubriaca - ci vuole molto più di due spritz per mandarmi fuori gioco - ma sono felice e penso di riuscire a confrontarmi con Federico senza morire di imbarazzo.

Grazie, alcool.

"Posso farti vedere una cosa?" mi chiede il numero trentatré bianconero.

Annuisco sorridendogli, mentre lui mi allunga una mano che afferro, ci alziamo dal nostro tavolo e scendiamo una collinetta, che porta direttamente a un enorme prato con delle sdraio e lettini.

Prendo posto su uno dei lettini e Federico si sdraia su un altro accanto al mio. 

"Ci porti tutte le tue conquiste qui?" mi giro verso di lui e lo guardo, questa volta non ho intenzione di abbassare lo sguardo, voglio capire che intenzioni ha.

"Veramente non ci ho portato nessuna ragazza qui. Sei la prima" mantiene lo sguardo fisso su di me e la sua voce scende di qualche tono, facendomi rabbrividire leggermente.

"Ho freddo" dico, a braccia conserte, mentre cerco di scaldarmi sfregando le mani su e giù lungo le mie braccia.

Federico si alza e si toglie la giacca di pelle, che mi porge all'istante, e rimane in camicia.

Ho mai detto quanto mi piacciano gli uomini in camicia? Soprattutto bianca, che fa intravedere le braccia sotto. In questo caso riesco a vedere le braccia piene di inchiostro di Federico, che si sbottona i bottoni dei polsini e arrotola un paio di volte la camicia, mettendo in mostra gli avambracci muscolosi.

Io afferro la sua giacca di pelle - che potrebbe starmi tranquillamente due volte - e la indosso, sentendo ancora il suo calore.

"Grazie" sussurro sedendomi di fronte a lui, per essere alla stessa altezza. Mi avvicino e gli dò un bacio sulla guancia, indugiando qualche secondo a respirare il suo profumo. È davvero buono.

Mi stacco dopo pochi secondi, rimanendo però di fronte a lui. Abbasso lo sguardo e fisso le sue braccia, pochi secondi dopo indico i suoi tatuaggi. 

"Sono bellissimi, ti stanno davvero bene" gli dico, accarezzandogli le parti scoperte delle braccia ricoperte da inchiostro nero. 

"Grazie Liv, io amo i tatuaggi" dice tutto soddisfatto. 

Alza un braccio lentamente e mi accarezza una guancia, sfregando il pollice contro il mio zigomo rovente dall'emozione e io non posso fare altro che mordermi il labbro. Quando sono nervosa non riesco a fare altro. 

"Smettila di torturarti quel labbro" sussurra con voce roca e in questo momento sto per impazzire. Il suo pollice si sposta dal mio zigomo al mio labbro, tirandolo via dalla presa dei miei denti. "Mi distrae" aggiunge poi con un filo di voce.

COSA?

Rimango con la bocca semi aperta senza sapere cosa fare o cosa dire. Sono imbarazzata, vorrei baciarlo più di ogni altra cosa al mondo. Ma devo resistere. Autocontrollo, Olivia.

"Pensa ad altro" lo guardo, alzando leggermente le spalle facendo un piccolo sorriso, sperando di uscire da quella situazione imbarazzante.

La suoneria del suo cellulare ci fa sobbalzare e ci stacchiamo alla velocità della luce. Risponde al cellulare, mentre io ne approfitto per stare un po' da sola con i miei pensieri, mi corico nuovamente sul lettino e guardo le stelle sopra di me. Cosa cazzo è successo poco fa? 

"Smettila di torturarti quel labbro, mi distrae."

E lui non lo sa quanto mi distrae? Tipo adesso. Vorrei stare bella tranquilla a guardare le stelle, invece no. Sono distratta da lui che sta camminando a pochi metri da me avanti e indietro, perfetto in un paio di jeans scuri, scarpe da ginnastica e quella stramaledetta camicia bianca. Ammiro la sua figura da lontano, riesco ad immaginare i suoi muscoli sotto ai vestiti e questo pensiero mi fa avvampare. Improvvisamente non sento più freddo. Ho caldo, ho voglia di lui.

Si avvicina dopo pochi minuti e scaccio via i miei pensieri perversi facendo finta di essere intenta a guardare le stelle. 

"Chi era?" domando, sperando di non essere più rossa come prima.

"Paulo, ha problemi con Antonella" alza gli occhi al cielo, come se non fosse la prima volta che capita. 

"Oh, mi dispiace. Vuoi andare da lui? Se ha bisogno di te, non voglio trattenerti." 

"Se lo scorda. Ora sono con te e non ho voglia di sentire i suoi piagnistei. In spagnolo per di più." 

Scoppio a ridere insieme a lui pensando a un Paulo Dybala arrabbiato che sclera in spagnolo.

"Beh, non ti biasimo" concludo, tornando seria. 

Restiamo sdraiati sui lettini per un tempo infinito, ridiamo e scherziamo per ore, poi guardo il cellulare e mi accorgo che si è fatto tardi. 

"Fede, sono le undici, io domani devo studiare tutto il giorno se no sto esame maledetto non lo passerò mai" sbuffo, sedendomi sul lettino mettendomi le mani tra i capelli.

"Andiamo, tranquilla."

Ci avviamo alla macchina di Federico e stavolta mi aiuta a salire. Meno male, se no rischiavo di ammazzarmi come prima. Durante il viaggio di ritorno verso il centro di Torino ascoltiamo la radio e cantiamo a squarciagola qualsiasi canzone ci capita.

***

Siamo sotto l'hotel dove alloggio, mi slaccio la cintura e mi tolgo la giacca di pelle per ridarla al legittimo proprietario. 

"Grazie ananas, è stata una bellissima serata" mi sporgo per baciarlo sulle guance con un braccio attorno al collo. Sento la sua mano sulla mia schiena, se non ci fosse quell'inutile pezzo di stoffa del mio vestito le sue dita avrebbero un contatto diretto con la mia pelle. 

"Grazie a te, è bellissimo passare del tempo con te. Comunque sei davvero bella stasera" sussurra al mio orecchio mentre ci abbracciamo.

Il mio cuore martella all'impazzata e penso che Federico se ne sia accorto perché lo sento sorridere contro la mia spalla.

"Anche tu non sei male con la camicia" gli lascio un bacio sul collo accarezzandogli i capelli. "Ora vado, ci sentiamo ananas."

Mi stacco con riluttanza da lui e scendo dalla macchina, lo vedo allontanarsi e rimango per qualche minuto sulla soglia dell'hotel. Perché sto sorridendo come una cogliona? Perché mi sto mordendo il labbro?

Perché Federico mi piace, ecco perché.


Altro capitolo a voi.

A presto,

C.

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