Quarantaquattro

Torino, 23 ottobre 2017

In questi ultimi giorni mi sono buttata a capofitto nel mio lavoro, sia il progetto universitario sia quello sulla panchina juventina. Da quando ho visto Veronica baciare Federico è come se i miei sentimenti si siano spenti, come se niente mi potesse toccare. Federico mi ha rubato il cuore per tre mesi e poi lo ha distrutto nel giro di un secondo.

Essere il secondo di Allegri sicuramente non mi aiuta a stargli lontano, questo è certo, ma lo tratto esattamente come tutti gli altri, come se fosse semplicemente un calciatore della Juventus, nulla di più.

Mercoledì scorso i ragazzi hanno giocato la partita di Champions League contro lo Sporting Lisbona vinta 2-1 all'Allianz Stadium grazie ai gol di Miralem e Mario. Loro due e Paulo sono stati molto importanti in queste settimane, non mi hanno praticamente mai lasciata sola, cercavano in tutti i modi di farmi sorridere e ci sono riusciti.

Gli unici momenti di solitudine li ho vissuti ieri e oggi perché i ragazzi hanno avuto la trasferta a Udine, che hanno vinto 6-2 con una straordinaria goleada. Miralem ha segnato l'ultimo gol bianconero al novantesimo, ha tirato una sassata da fuori area con il suo destro che mi ha fatta quasi ribaltare dal divano. Quello è assolutamente il colpo che preferisco, tutte le volte che calcia così mi alzo in piedi con le mani sul viso e il cuore che batte a mille.

I ragazzi sono stati fantastici perché la partita è iniziata male, eravamo sotto di un gol e poi abbiamo pareggiato, ma alla fine la vera grinta della Juventus è venuta fuori.

Sono sotto al portico di casa Pjanic, sempre ospite del mio migliore amico, dato che papà è ancora in America. L'ennesima sigaretta della giornata sta quasi finendo tra il mio indice e medio della mano sinistra mentre mi godo la vista straordinaria su Torino che posso apprezzare da qui.

In quest'ultima settimana ho ripreso a fumare: un vizio orribile che avevo ai tempi del liceo ma che poi sono riuscita a togliermi con non poca fatica. Il giorno dopo aver visto Federico e Veronica insieme sono entrata in una tabaccheria in centro e ho comprato un pacchetto di Camel blu. Senza neanche accorgermene sono tornata indietro a tanti anni fa, quando mi accendevo una sigaretta ogni volta che mi sentivo sola e le pressioni di mia madre diventavano insostenibili.

La vibrazione del mio cellulare mi riporta alla realtà. È papà. Non lo sento da giorni perché era sempre impegnato con il suo lavoro e ci siamo scambiati soltanto qualche breve messaggio, ma ora ha avviato una video chiamata.

È arrivato il momento della verità.

"Pulce come stai?" Rivedere il sorriso di mio padre fa tornare il buonumore anche a me.

"Ciao papi, tutto okay" rispondo, nel modo più spensierato possibile.

"Che è successo?" Incredibile: non posso nascondergli niente.

"Papi devo dirti una cosa importante" sospiro, come per buttare fuori tutta l'ansia e raccontare a mio padre quello che si è perso in queste settimane.

"Federico, immagino..."

"Ci siamo lasciati."

Breve e conciso. Sono inutili i giri di parole.

"Cosa?" Mio padre è sorpreso, spalanca la bocca e per poco non gli cade il cellulare dalle mani.

"Hai capito bene. È tornato con Veronica" aggiungo con un tono di voce neutro, come se la cosa non mi toccasse per niente.

"Amore, ne avete parlato?"

"Non c'è niente da dire, prima mi paragona a quella stronza e poi lo trovo che si sbaciucchiano allegramente finita la partita" alzo le spalle, mordicchiandomi senza sosta il labbro inferiore.

"Appena torno gli spacco la faccia a quel coglione."

"Non ne vale la pena papi, anche se ammetto che sarebbe divertente" abbozzo un piccolo sorriso, probabilmente pensando alla difficoltà che avrebbe mio padre ad arrivare all'altezza di Federico, dato che gli arriva alle spalle.

"Dove sei?" Vedo il suo sguardo posarsi alle mie spalle cercando di capire dove mi trovo, dato che chiaramente ha realizzato che non sono in albergo.

"Da Mire. Mi sta ospitando per questi giorni perché non me la sentivo di stare da sola. Lui, Edin, Mario, Monica e Paulo sono davvero carini con me, non mi lasciano mai sola" mi spunta un sorriso spontaneo pensando ai miei amici.

"Sono contento che tu non sia da sola, non sai quanto vorrei essere lì" il viso di mio padre si incupisce, come se in qualche modo si sentisse in colpa per quello che è successo.

"Papi, appena torni recupereremo tutto il tempo. Stai lavorando, capisco quello che stai facendo e non devi sentirti in colpa, okay?"

"Ho una figlia troppo intelligente" ora gli occhi di mio padre sono lucidi, è visibilmente sul punto di piangere.

"Ho preso da te" fisso lo schermo fissando gli occhi verdi di mio padre, gli stessi che mi donano pace e tranquillità nei momenti di tristezza.

"Io e te contro il mondo, pulce."

"Io e te contro il mondo, papi."

Potrà succedere qualsiasi cosa, il mondo potrebbe finire anche adesso, ma c'è una cosa che non cambierà mai: il nostro rapporto. Anche se abbiamo un continente a separarci noi non cambieremo mai, saremo sempre la stessa anima divisa in due persone diverse, ma indissolubilmente legate.

"Ti voglio bene, papi" dico sinceramente, mandandogli un bacio.

"Ti voglio bene anch'io, amore mio" replica mio padre, portandosi la mano sul cuore.

Dopo esserci salutati chiudo la video chiamata e inizio a camminare per il giardino immenso di casa Pjanic. Recupero un pallone di Edin e inizio a palleggiare, provando a staccare il cervello e a pensare a cose positive, mentre calcio con tutta la forza che ho il pallone nella porta sistemata su un lato della villa.

***

"Oli, siamo tornati!" Miralem entra in casa con il piccolo trolley che si è portato in trasferta, seguito da Paulo e Edin, che mi corre incontro con un bellissimo sorriso sulle labbra.

"Ma ciao campioni miei, ieri avete fatto gli straordinari, eh?" Prendo in braccio il piccolo Pjanic e mi avvicino a Paulo, dandogli un bacio sulla guancia. Metto giù il bambino e abbraccio di slancio il numero cinque gettandogli le braccia al collo.

"A cosa devo tutto questo affetto?" Risponde il bosniaco stringendomi tra le sue braccia. "Non mi lamento, ma vorrei sapere come mai" aggiunge, lasciandomi dei baci sulla nuca.

"Tu devi smetterla di fare quei tiri da fuori area senza avvisarmi, stava per venirmi un infarto!" Gli metto le braccia sulle spalle e il mio sorriso si allarga sempre di più.

"La prossima volta ti mando un messaggio dalla panchina" interviene Paulo, che si butta sul divano, probabilmente stanco dal viaggio di ritorno.

"Guarda quanto siamo gelosi qui" scuoto la testa, do un bacio sulla guancia a Miralem e mi siedo sul divano in fianco all'argentino.

"Io non sono geloso" il numero dieci bianconero fa il broncio, mettendo un braccio dietro alla testa per stare più comodo.

"Seh, certo" gli do una pacca sulla spalla e lui sorride, allungando un braccio per stringermi a se. "Hai sentito Oriana?" gli domando, sapendo della loro situazione delicata.

"L'ho chiamata mentre eravamo in aeroporto, mi manca da morire" sospira, buttando la testa all'indietro e allungando le gambe per appoggiare i piedi sul tavolino del salotto.

"Mancherai tanto anche a lei, un mese e mezzo vola Pau, non ci pensare" mi metto a gambe incrociate in fianco a lui e gli accarezzo una guancia.

"Tu, invece?" Si gira verso di me, mi guarda in modo comprensivo. Sa che cosa sto passando e non vuole rompere il fragile equilibrio che sto trovando.

"Solito, ho lavorato tutto il giorno. Edo e Ludo sono tornati a casa questa settimana e non possiamo lavorare insieme al progetto perciò è più complicato. Ma almeno ho la testa occupata" rispondo, mettendomi nella sua stessa posizione.

Miralem torna da noi dopo aver recuperato Edin ed entrambi si siedono in fianco a me, mentre il piccolo si accoccola al petto di suo padre.

"Hai sentito tuo papà?" Mi chiede il bosniaco, mentre accarezza i capelli del figlio dolcemente.

"Mi ha chiamato oggi pomeriggio prima che voi arrivaste, gli ho detto tutto" confesso, aggiungendomi a Miralem nel coccolare Edin.

"Che dice?" Domanda Paulo, risorgendo momentaneamente dal suo coma profondo.

"Che appena torna gli spacca la faccia" commento, lasciandomi andare ad una risata amara.

"Beh, può contare su alcuni aiutanti" mi rincuora Miralem, lasciandomi un bacio sulla fronte.

"Vi voglio bene ragazzi, non sapete quanto sia felice di avervi nella mia vita" dico sinceramente, abbandonandomi a quella confessione.

"Sei la donna più forte che io conosca, Oli" commenta il centrocampista bianconero, rivolgendomi un sorriso spontaneo.

"Perché amo Oriana, se no col cazzo che ti lasciavo scappare" scherza l'argentino al mio lato destro, dandomi una leggera gomitata.

"Non avresti avuto speranze, chiquito" rispondo a tono a Paulo, mentre tutti scoppiamo a ridere.

"E per quale strano motivo? Sono bellissimo io" si sistema i capelli passando una mano tra il ciuffo perfettamente in piega vantandosi.

"Perché questo pasticcino qui è più bello di te" commento, girandomi verso Edin e lo prendo in braccio facendolo sistemare sulle mie gambe. Il piccolo Pjanic mi sorride e arrossisce visibilmente in viso, lanciando uno sguardo di sfida a Paulo, come se ci fosse davvero una gara tra i due.

"Avrai un sacco di donne da grande, campeón" gli fa il solletico il numero dieci, suscitando le risate di tutti i presenti, compreso Miralem che butta gli occhi al cielo e si porta una mano sulla fronte come per maledirsi di aver invitato l'argentino a casa sua dopo il rientro da Udine.


"Oli, ti devo dire una cosa" esordisce Miralem in cucina, dove lui sta apparecchiando la tavola e io sto cucinando qualcosa da mangiare per noi due, Edin e Paulo, che ha accettato l'invito del bosniaco a rimanere per cena.

"Dimmi Mire, non fare il misterioso" rispondo con tranquillità, mentre controllo il sugo di ragù con cui condire la pasta.

"Non ti arrabbiare, riguarda Berna" sputa il rospo il numero cinque, mentre si appoggia al bancone della cucina a braccia conserte.

"Mi è indifferente, non voglio sapere niente" rispondo fredda. Non mi importa di quello che fa o dice, ha scelto chiaramente da che parte vuole stare, ossia con Veronica, quindi credo di avere tutto il diritto di non voler sapere cosa voglia dirmi il mio migliore amico su di lui.

"È diverso, Oli" dice e si lascia andare un lungo sospiro, massaggiandosi gli occhi con due dita.

"Non è l'unico" replico scolando la pasta rigorosamente al dente, come insegnano le buone nonne italiane.

"Sembra spento, non è più lo stesso" continua il regista bianconero, cercando di farmi affrontare il problema.

"Cosa dovrei fare, Mire? Chiamarlo e farmi abbindolare alle prime scuse che dice? Mi dispiace, ma non ce la faccio. Lui l'ha baciata davanti ai miei occhi e non ha nemmeno provato a spiegarsi, per me è morto e sepolto" sentenzio, mischiando la pasta con il sugo di carne, ormai quasi pronta per essere servita.

"Non sto dicendo questo ovviamente, solo che c'è qualcosa che non mi torna" ipotizza il centrocampista juventino girandosi verso di me, cercando di ricevere una mia reazione.

"Che vuoi dire?" Aggrotto le sopracciglia non riuscendo a stare al passo della mente brillante del bosniaco.

"Dico che secondo me non è coinvolto in tutto questo" sussurra mentre prende quattro piatti e li mette in fila sul piano di lavoro della cucina.

"Adesso è lui la vittima?" Alzo un po' troppo la voce mentre faccio saltare la pasta nella padella.

"Certo che no Oli, ma secondo me non sa di tutte le foto che ti ha mandato Veronica, non penso neanche che sia stato lui a baciarla" mi passa un piatto che riempo con una porzione abbondante di pasta.

"Lui non ha visto ne me ne Paulo, ma lei sì" scuoto la testa per scacciare quell'orrendo ricordo riempiendo anche gli altri piatti.

"Penso che lei lo stia ricattando o una cosa del genere, altrimenti non si spiega perché..." Miralem lascia la frase in sospeso vedendo Paulo e Edin entrare in cucina e mettersi a tavola.

"Perché?" Lo incalzo a continuare, questa cosa mi interessa, anche se non dovrebbe.

"Perché continua a piangere in spogliatoio anche se cerca di nasconderlo" conclude Paulo che, a giudicare da come ha finito la frase di Miralem, ha sentito tutta la conversazione tra me e il bosniaco sul mio ormai ex ragazzo.

"Pau, ma non dire caz..." ricevo una gomitata prima che io possa finire la frase da Mire che non vuole che Edin senta parolacce in casa sua, non importa in quale lingua.

"Paulo ha ragione, Oli. Non ti diremmo mai una cosa del genere. Magari lei lo sta ricattando o comunque sta tramando qualcosa" sentenzia il bosniaco mentre io mi massaggio il fianco dopo il colpo ricevuto da parte sua.

"Non lo so ragazzi, non posso farci niente" sbuffo, iniziando a mangiare insieme a Edin, che siede proprio di fronte a me.

"Ne riparleremo in un secondo momento" Miralem pone fine alla questione, mentre tutti e quattro pensiamo alla cena e ci rilassiamo parlando di tutto e di niente allo stesso momento.


Torino, 25 ottobre 2017

"Si può sapere che cosa stai facendo?" La voce squillante di Ludovica alle mie spalle mi fa sobbalzare sulla sedia del bar dell'università.

"Ma sei pazza? Ti è venuta la stessa malattia di Paulo che mi fa gli agguati da dietro?" Mi porto una mano sul cuore notando che sta battendo velocemente a causa dello spavento. "Sto guardando degli schemi di gioco per stasera" rispondo alla mia compagna appena mi si stabilizza il battito cardiaco.

"Che rottura, a me sembrano solo delle frecce fatte a caso" la napoletana da un'occhiata al mio computer e ai fogli sparsi sul tavolo aggrottando le sopracciglia, segno che non ci sta capendo molto.

"Tu piuttosto, non dovevi stare a Napoli tutta la settimana?" Le domando, raccogliendo i fogli e chiudendo il computer per lasciarle spazio.

"Cambio di programma, sono tornata ieri sera. Non ce la facevo più a sentire mia sorella" scuote la testa e alza gli occhi al cielo.

"Mi dispiace, spero non sia successo niente di grave" mi preoccupo sinceramente per la mia amica, che sembra avere un'aria davvero distrutta dovuta alla stanchezza del viaggio.

"Scass' 'o cazz' come al solito" sbuffa Ludovica, accentuando il concetto esprimendosi nel suo dialetto che adoro sempre di più ogni volta che glielo sento parlare. "Tu mi devi spiegare alcune cose, voglio sapere esattamente che è successo con quella testa di minchia" mi guarda negli occhi, facendomi capire che non è intenzionata a ricevere un 'no' come risposta.

"Okay, ti dico tutto" prendo un profondo respiro e le racconto tutta la storia, dall'inizio alla fine. Da quel pomeriggio in cui ci siamo conosciuti a quella fatidica domenica in cui mi è crollato il mondo sotto ai piedi. Proprio il giorno del nostro terzo mesiversario.

"Chist' è scem' proprij" commenta Ludovica dopo aver sentito tutta la storia tra me e Federico, che ho raccontato tenendo un tono di voce neutro ed impassibile. "Ma questa lo sa che la zoccola è lei?" Scuote la testa riferendosi chiaramente a Veronica.

"Questo è tutto, ora devo andare Ludo che stasera c'è la partita" raccolgo le mie cose infilandole nello zaino mentre mi accendo una sigaretta. "A proposito, vuoi venire? C'è il posto di mio papà ma lui è in America, perciò se ti va possiamo cambiare il nome sull'abbonamento per stasera" sbuffo una nuvola di fumo verso l'alto aspettando con un sorriso compiaciuto la risposta della mia amica.

"Mi stai prendendo in giro? Certo che ci vengo!" Batte le mani entusiasta di vedere una partita della Juventus dal vivo allo Stadium. "Sei davvero il mio essere umano preferito, Olivia Diviani" si alza dalla sua sedia e si sporge per abbracciarmi, facendomi quasi perdere l'equilibrio.

"Non mi ringraziare, è un abbonamento pagato, sarebbe un peccato sprecarlo e poi a mio padre farebbe piacere. A proposito, quando torna lo faccio conoscere a te e a Edo" commento, sciogliendo lentamente l'abbraccio mentre prendo un altro tiro dalla mia Camel.

"Non vedo l'ora di conoscerlo" mi lascia un bacio sulla guancia e insieme ci dirigiamo al parcheggio, dandoci appuntamento per la sera.

"Ci vediamo dopo allora, ti aspetto con la maglia di Paulo" mi congedo dalla mia amica mettendo in moto la mia 500x e partendo verso casa Pjanic.

***

"Oli, stavo pensando a una cosa" Miralem mi prende per un polso una volta entrati allo stadio, mi trascina dentro a una stanza e chiude la porta, in modo da non farsi sentire da altri.

"Che c'è, Mire?" Lo guardo quasi preoccupata, cercando di capire che cosa abbia in mente il centrocampista bosniaco.

"Tu e Paulo" dice semplicemente il mio migliore amico, sorridendo come un imbecille.

"Ma ti sei impazzito?" Allargo le braccia scuotendo la testa, pensando davvero che Miralem abbia sbattuto forte la testa prima di uscire di casa.

"Dammi retta. Devi farlo ingelosire. Tu hai sempre avuto il timore che Veronica tornasse, no? Ecco, è tornata. Ma lui ti ha sempre fatto scenate quando vedeva te e Paulo nella stessa stanza. Ecco cosa serve per vedere se ama quella o se tiene ancora a te. Dobbiamo vederci chiaro in questa storia Oli, perché a me tutto sembra, tranne che normale" dice tutto d'un fiato, lasciandomi a bocca aperta.

"Cosa intendi con 'farlo ingelosire'?" Domando, sperando che non mi chieda di spingermi troppo oltre con Paulo.

Non fraintendetemi, è un bellissimo ragazzo ed è uno dei miei più cari amici, ma – tralasciando il fatto che è fidanzato – non riuscirei nemmeno a baciarlo in bocca dato quello che provo ancora per Federico.

"State insieme, fatti vedere da lui mentre vi abbracciate, scambiatevi qualche bacio..." azzarda il bosniaco, ma lo blocco subito.

"Stai esagerando" commento guardandolo negli occhi, facendogli capire esattamente cosa penso di questa ipotetica situazione.

"Non devi baciarlo per forza, non sono stupido eh. Usa il cervello" mi fa l'occhiolino allargando le braccia, non me lo faccio ripetere due volte e mi fiondo tra di esse, godendomi il conforto del mio migliore amico.

"Hai una mente geniale" sussurro al suo orecchio mentre gli lascio un bacio sulla guancia.

"Chiamami Sherlock" scioglie l'abbraccio e prende il suo borsone, apre la porta e si dirige in spogliatoio.

"Sherlock, ma l'argentino che dice del tuo piano malefico?" Mi avvicino a lui per non farmi sentire da nessuno.

"Lui è già d'accordo ovviamente, mica ti proponevo questa cosa senza parlarne con lui, Watson" ridacchia mentre mi accarezza una guancia e mi lascia da sola nel corridoio ancora deserto.

***

L'Allianz è mezzo vuoto, è mercoledì sera e molte persone non possono presenziare allo stadio nonostante l'amore per la maglia. Ma purtroppo esiste il turno infrasettimanale e nessuno può farci niente. La partita di stasera non dovrebbe essere di enorme preoccupazione per i bianconeri, ma questo non significa che devono abbassare la guardia: la Spal è un avversario da non sottovalutare, bisogna giocare bene e portare a casa il risultato.

La mia mente non la smette di pensare: vedere Federico in campo dal primo momento mi porta inevitabilmente a quel maledetto primo ottobre a Bergamo, quando mi ha dedicato il gol e a dichiarato a tutta Italia il suo amore nei miei confronti.

Dopo appena quattordici minuti dal fischio d'inizio, Dybala passa la palla a Douglas Costa, il quale serve Bernardeschi che al limite dell'area carica il sinistro a giro e sfonda il sette, segnando un gol imprendibile per il portiere.

Lo Stadium impazzisce al gol del toscano e il mio cuore manca un battito. In questo momento vorrei essere ovunque, ma non qui. Sono delusa da me stessa perché mi ero promessa di non provare sentimenti, specialmente nei suoi confronti, ma non ce la faccio. Per quanto io voglia odiarlo non ci riesco.

Ho comunque una dignità e invece che alzarmi in piedi come il resto della panchina, rimango seduta al mio posto facendo finta di controllare i miei schemi di gioco limitandomi ad applaudire.

"Bravo amore, sei stato bravissimo" la voce più irritante del mondo arriva dritta alle mie orecchie.

Alzo gli occhi e vedo Veronica nella tribuna vip, appena sopra alla panchina. Federico passa il suo sguardo prima su di lei e poi su di me, come se fosse indeciso sul da farsi.

Caro Federico Bernardeschi, devi iniziare a tirare fuori le palle e imparare a prendere una decisione nella tua vita.

Al minuto ventidue Paulo Dybala fa alzare tutti gli spettatori dagli spalti segnando il gol del 2-0 con una delle sue punizioni magiche. La Joya è tornata e il popolo bianconero vuole dimostrare tutto l'affetto che ha nei confronti del numero dieci. Colgo la palla al balzo e approfitto della situazione per attuare il piano pensato da Miralem. Corro verso l'argentino a bordo campo, lui si avvicina a me e – dopo avermi fatto l'occhiolino come gesto d'intesa – mi abbraccia facendomi volteggiare in aria per alcuni secondi.

"Lo facciamo schiattare quel mongolo" dice Paulo al mio orecchio in modo da farsi sentire soltanto da me.

"Oriana mi ammazzerà" commento, non avendo pensato alla fidanzata dell'attaccante bianconero.

"Lo sa già e va tutto bene, no te preocupes" mi lascia un bacio alla base del collo e torna in fretta verso i suoi compagni già sistemati nella propria metà campo in attesa del fischio dell'arbitro che da nuovamente inizio al gioco.

Passano solo dodici minuti dal gol della Joya quando Paloschi accorcia le distanze dalla Juventus e dopo appena pochi minuti la Spal pareggia i conti, ma la seconda rete viene annullata dopo il controllo al VAR per fuorigioco dell'attaccante avversario.

Quando Federico abbandona il campo per cedere il posto a Cuadrado il suo sguardo si posa su di me, mentre passa in fianco alla panchina infilandosi il giubbotto della Juve. Sembra volermi incenerire con lo sguardo ma io non ho paura di lui, mantengo il contatto visivo e non mi faccio intimidire: se c'è qualcuno che deve avere paura è lui.

"C'è qualche problema, Bernardeschi?" Domando con tono glaciale.

"Niente... coach" sottolinea l'ultima parola a fatica, come se gli desse fastidio vedermi sulla panchina juventina.

Al sessantacinquesimo Gonzalo Higuain regala un'altra gioia alla squadra firmando il gol del 3-1 e dopo cinque minuti anche Juan Cuadrado partecipa alla festa bianconera buttando dentro il pallone di testa, portando la Juventus al risultato di 4-1.
Game over all'Allianz Stadium, la Vecchia Signora cala il poker contro la Spal e guadagna altri tre punti importantissimi per la classifica.

***

"Cotto a puntino" commenta Miralem affiancandomi mentre ci dirigiamo negli spogliatoi.

"Cosa?" Vengo colta alla sprovvista e non riesco a capire a cosa si sta riferendo.

"Berna. Non ti ha tolto gli occhi di dosso" alza le spalle il bosniaco aprendo la porta dello spogliatoio.

"Sta con lei, non mi riguarda" rispondo con freddezza, lasciandomi andare in un lungo sospiro. "Vai a cambiarti, ti aspetto fuori che voglio solo fumare in pace" aggiungo salutando il mio amico e incamminandomi verso l'uscita secondaria dello stadio, respirando a pieni polmoni l'aria fresca notturna di fine ottobre.

"Da quando fumi tu?" Una voce che riconoscerei anche ad un concerto di Ed Sheeran si avvicina alle mie spalle.

"Da quando non sono cazzi tuoi" rispondo gelida senza neanche girarmi a guardare il mio ex ragazzo.

"Ti ammazza quella merda lì" continua, parlandomi con aria superiore.

"Non è l'unica cosa che uccide" faccio un profondo tiro sperando di riuscire a calmarmi e butto fuori il fumo con tutta la rabbia che ho dentro.

"Smettila" sento i suoi passi avvicinarsi a me. La sua mano prende la mia e mi butta la sigaretta a terra, calpestandola con il piede.

"Fatti i cazzi tuoi. Non ti azzardare mai più a prendere una decisione al posto mio. Questa è la mia vita e io faccio quello che voglio, non sei mio padre" sputo queste parole come se fossero veleno e lo incenerisco con gli occhi. Posso giurare di vederlo in difficoltà davanti al mio atteggiamento aggressivo dato che non mi ha mai vista in questo modo.

"Amore, dove ti sei cacciato?" Alzo gli occhi al cielo irritata da quella voce insopportabile che ci annuncia che Veronica è arrivata a deliziarci con la sua presenza.

"Dovresti usare il guinzaglio, così non si perde" commento, volutamente senza mettere i soggetti, in modo tale da provocare entrambi e trafiggerli con la mia frecciatina.

"Bada a come parli, ragazzina" risponde acida l'arpia.

"Potrei dire la stessa cosa" Paulo si materializza in fianco a me e mi mette un braccio attorno al collo, salvando me da quella situazione e Veronica da ciò che avrei potuto farle se non fosse arrivato in tempo.

"Tu che ci fai qui?" Domanda serio Federico, che stringe i pugni lungo i fianchi mentre gli occhi sono ridotti a una fessura nei confronti dell'argentino.

"Porto a casa Olivia" risponde tranquillamente il numero dieci rivolgendomi un dolce sorriso che potrebbe incantare qualsiasi ragazza eterosessuale.

"Da quando la porti a casa tu?" La voce del numero trentatré si abbassa notevolmente, segno che è nervoso e arrabbiato.

"Da quando gliel'ho chiesto io e comunque ti ripeto che non sono cazzi tuoi. Buona serata, piccioncini" mi congedo dalla coppia che odio di più al mondo e mi avvicino al parcheggio insieme a Paulo, che continua la nostra sceneggiata tenendomi un braccio attorno al collo mentre io appoggio la testa sulla sua spalla.

"Se cerchi la parola 'geloso' sul dizionario trovi la faccia di Federico" commenta l'attaccante bianconero mentre saliamo in macchina.

"Non lo so, Pau. Non sembra neanche lui, è come se fosse il suo cagnolino" scuoto la testa appoggiando il gomito contro il finestrino e massaggiandomi la fronte con le dita della mano destra. "Non ci sto capendo un cazzo" concludo sbuffando, cercando di focalizzarmi sul piano.

"A Milano lo facciamo schiattare" dice determinato mentre mette in moto la sua Jeep per dirigersi verso casa Pjanic.


Milano, 28 ottobre 2017

Stadio San Siro.
Il Giuseppe Meazza.
La Scala del calcio.

Entrare in questo impianto mi fa tremare le gambe: è davvero immenso. L'Allianz Stadium è la casa della Juventus, ma San Siro è una di quelle bellezze che bisogna vedere prima di morire. Oggi ho questa occasione e non voglio perdermi neanche un minuto, a prescindere da come andrà la partita.

Milan-Juventus è una di quelle partite storiche che tiene tutta l'Italia incollata alla televisione. È uno di quegli scontri fra due grandi squadre che si danno battaglia per novanta minuti.

Per entrambe le squadra quest'anno c'è qualcosa di diverso, anzi 'qualcuno': Leonardo Bonucci.

Bonucci è stato per gli ultimi anni un componente fondamentale della Juventus, sia dentro sia fuori dal campo, era uno dei membri della mitica 'BBC': la difesa che tutta l'Europa ci invidiava e che spaventava anche i più grandi club del mondo.

A Cardiff è successo qualcosa che ha rotto il legame tra Leonardo e la Juventus, non so cosa di preciso perché nessuno parla, anche se ora posso dire di essere dentro alla società. L'argomento 'Finale di Cardiff' è tabù e nessuno dirà mai chiaramente cos'è successo tra il primo e il secondo tempo di quella serata infernale per il popolo juventino.

Da quello che ho capito pare che Bonucci e Dani Alves – allora terzino della Juventus e tutt'ora uno dei migliori nel suo ruolo – abbiano avuto una pesante discussione durante l'intervallo della partita. Al ritorno da Cardiff entrambi avevano fatto le valigie e sono partiti per nuove avventure: il terzino brasiliano al Paris Saint-Germain e Bonucci a Milano, proprio al Milan.

I tifosi si sono spaccati a metà: c'è chi vede Leonardo come un traditore della maglia, irrispettoso e arrogante; e chi invece non riesce ad essere arrabbiato con lui per tutto quello che ha dato alla squadra juventina.

Da tifosa mi fa male vederlo con un'altra maglia, per me era uno degli uomini più importanti dello spogliatoio e non avrei mai pensato a un trasferimento del numero diciannove. Ma io odio i tradimenti, di qualsiasi genere siano. Leonardo Bonucci ha tradito la Juventus e la Juventus ora è nemica di Leonardo Bonucci.

Il Meazza fa da cornice a questa splendida serata, i tifosi rossoneri incoraggiano la propria squadra, ma devono però fare a meno del loro nuovo beniamino: l'ex difensore della Juve. Lui infatti è sugli spalti milanisti, non giocherà questa partita per scontare una squalifica, ma vedrà con i suoi occhi l'enorme errore che ha fatto quando ha preteso troppo nello spogliatoio juventino.

La partita si conclude con un netto 2-0 a favore della Juventus, che sbanca San Siro sotto agli occhi attoniti dei rossoneri. La doppietta di Higuain ha zittito la curva milanista, mentre allo stadio risuonano soltanto le voci degli juventini venuti a vedere la partita.

La gente acclama il Pipita che ha segnato il gol numero 100 e 101 in Serie A proprio stasera. Sono stati due gol uno più bello dell'altro, il frutto di una cooperazione da parte di tutta la squadra che voleva portare a casa il risultato oggi più che mai.

Caro Leonardo, alla Juventus non bisogna pretendere, bisogna giocare per i due colori più forti che esistono: il bianco e il nero.

***

"Come sei bella stasera" Paulo si avvicina a me e mi abbraccia, facendomi l'occhiolino per farmi capire che Federico si trova proprio alle mie spalle e sta assistendo a tutta la scena.

"Anche tu, Pau" gli do corda, mettendoci tutto l'impegno del mondo per non ridere, dato che dire queste cose a Paulo mi mette davvero in soggezione. "Sei stato bravissimo, il primo assist per Gonzalo e il velo per il secondo gol... sei stato fantastico" aggancio le braccia attorno al suo collo e gli spettino i capelli, ricevendo un pizzicotto sul fianco.

Prendiamo appunti: mai toccare i capelli di Paulo Dybala se non si è sua madre.

"Gracias, nena" sussurra al mio orecchio, lasciandomi un bacio sul collo. Devo trattenere le risate perché mi sta facendo il solletico e non so per quale motivo non riesco a prendere sul serio questa cosa: io e Paulo insieme sembra davvero una barzelletta. "Ti fidi di me?" Mi domanda, facendomi capire con gli occhi che Federico ci sta guardando alle mie spalle.

"Certo" annuisco guardandolo negli occhi, non avendo la più pallida idea di ciò che ha in mente.

Porta una mano sulla mia guancia e la accarezza leggermente, poi sposta le dita sulla mia bocca e avvicina il suo viso al mio. Capisco che intenzioni ha e sorrido al pensiero che ha avuto di mettere la mano tra le nostre bocche.

Va bene che è bello, ma per me esiste solo Federico, nonostante tutto.

"Dobbiamo fingere un bacio, sii credibile e non ridere" sussurra a bossa voce e subito dopo entrambi ci mettiamo all'opera, cercando di far sembrare quel bacio il più vero possibile.

Piego la testa di lato e infilo le dita tra i capelli di Paulo, che sopporta il mio tocco e resiste a non uccidermi, mi alzo in punta di piedi e mi stringo di più a lui. L'argentino ha gli occhi chiusi, in modo tale che Federico possa vedere quanto sia preso da quel bacio e ha una mano sulla parte bassa della mia schiena molto vicina al mio sedere ma non si azzarda a farla scendere – per rispetto mio, suo e soprattutto della sua fidanzata.

"Meno male che i traditori ti facevano schifo, sei diventata una di loro" Federico si avvicina alle mie spalle e Paulo toglie la mano tra le nostre bocche senza far capire al toscano che c'era un ostacolo tra di noi.

"Senti chi parla" scoppio a ridere girandomi verso di lui, mentre Paulo rimane alle mie spalle.

"È diverso" si giustifica il numero trentatré, portandosi una mano tra i capelli e tirandoli leggermente.

"È la stessa cosa e io non ti devo spiegazioni. Te lo ripeto per l'ultima volta: fatti i cazzi tuoi" lo oltrepasso e gli do una spallata che molto probabilmente ha fatto più male a me che alla sua montagna di muscoli.

Esco dallo stadio e mando un messaggio a Miralem che si trova dentro lo spogliatoio insieme agli altri.


Chat Whatsapp tra Olivia e Miralem

Olivia: SOS

Miralem: Berna è fuori come una mina

Olivia: Io e Pau abbiamo fatto finta di baciarci e ci è cascato

Miralem: Se non gli spacca la faccia è un miracolo

Olivia: Non ci sto capendo un cazzo

Miralem: Arrivo


Accendo una sigaretta mentre aspetto il mio migliore amico fuori dallo stadio ormai deserto e mi siedo su una panchina, per rilassarmi dopo una giornata intensa di emozioni. Chiudo gli occhi per godermi quegli attimi di pace prima che arrivi la tempesta, perché so che sta arrivando. In punta di piedi, appena sussurrata, ma sta arrivando più forte che mai. Io e Federico non possiamo andare avanti così. Mi ha fatto troppo male, troppo. Ma questo suo comportamento non riesco a capirlo. Sembra il cagnolino di Veronica, sembra quasi che abbia paura di lei per qualche motivo. In tre mesi di storia in cui siamo stati insieme tutto il giorno tutti i giorni ho imparato a conoscerlo abbastanza da capire i suoi atteggiamenti.

Non lo sto giudicando, ne' men che meno perdonando, ma voglio chiarire questa situazione una volta per tutte.

Sembra quasi che il destino mi voglia prendere in giro. Il mio telefono mi avvisa dell'arrivo di un messaggio: Federico.

"Dobbiamo parlare. Il prima possibile. Da soli."

Se prima ero tranquilla nonostante tutto quello che sta succedendo attorno a noi adesso sono davvero terrorizzata.

Sono forte e determinata, affronterò questa situazione meglio che posso e cercando di farmi meno male possibile.

Non devo dimenticarmi che in questo mare di schifezze io sono uno squalo pronto a mangiare tutti i pesci che mi capitano a tiro.


Eccomi qui amici lettori con un nuovo capitolo! 🍀

Lo so che è tardi ma ho auto una vena creativa e non ho potuto fare a meno di smettere di scrivere. Fatemi sapere che ne pensate del capitolo con stelline e commenti come al solito che mi fa davvero piacere! Non sapete quanto mi rendano felice e orgogliosa tutti i commenti che mi lasciate sotto ai capitoli facendomi capire che la storia è di vostro gradimento e che la seguite con passione. Grazie davvero a tutti quanti, dal primo all'ultimo, anche perché senza di voi non sarei mai arrivata alle oltre cinquantacinque mila visualizzazioni. Questo per me è un traguardo che credevo impossibile e che mai mi sarei immaginata di raggiungere.

Parlando di Juventus: cosa devo dire? È stato detto di tutto, da chiunque e in qualsiasi modo. Io dico solo che la speranza c'è sempre stata e voi lo sapete benissimo quanto tengo alla mia squadra e, anche se a volte la critico perché voglio sempre vedere il meglio in ogni partita, la supporterò sempre: nel bene, ma soprattutto nel male. Chi non credeva alla 'remuntada' non sa probabilmente cosa è in grado di fare la Juventus. Noi non siamo gente che si arrende, neanche di fronte a un 2-0 a detta di tutti "impossibile da rimontare". Beh, quest'anno abbiamo un certo Cristiano Ronaldo dalla nostra parte e non più nella squadra avversaria, mi ha fatto emozionare in un modo pazzesco, era da tanto tempo che non sentivo certe emozioni. Le emozioni che solo le notti di Champions sanno regalare. Vorrei dire 'grazie' a tutti i giocatori, perché martedì abbiamo tirato fuori i coglioni, in tutti i sensi. Cristiano Ronaldo, Federico Bernardeschi, Leonardo Spinazzola, Miralem Pjanic, Emre Can, Giorgio Chiellini, Joao Cancelo, GRAZIE INFINITE. Grazie ad Allegri, perché anche se lo critico quando fa scelte che reputo sbagliate, finché sarà sulla panchina della Juventus lo supporterò. Grazie a chi ci ha sempre creduto e a chi invece non ci credeva più dal 20 febbraio. Ricordatevi tutti soltanto di una cosa: la Juve non muore letteralmente MAI.

Ultima cosa: ma al Barnabeu hanno ancora gli striscioni con scritto "Who needs Ronaldo?" No così, solo per sapere se va tutto bene fuori agli ottavi di Champions League.

Scusate l'angolo autrice lunghissimo ma era doveroso.

Un bacio a tutti e come sempre – gridiamolo tutti insieme – ora più che mai:

PACE AMORE E FINO ALLA FINE FORZA JUVENTUS ⚪⚫

A presto,
C.

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