Cinquanta

Torino, 23 gennaio 2018

Tornare alla vita di tutti i giorni dopo aver trascorso le vacanze dall'altra parte del mondo non è facile, soprattutto se lasci tutti i problemi ed i pensieri su un'isola nel Mar dei Caraibi. L'università ed il lavoro sono tornati come macigni sulle mie spalle e mi sono ritrovata a dover preparare gli ultimi tre esami che mi separano dalla laurea in un battito di ciglia. Nonostante siamo ritornati da ormai cinque giorni, il jet lag non mi da pace e mi trovo sveglia alle tre di notte a cercare di memorizzare più pagine possibili sui libri di testo. 

"Dovresti venire a dormire" Federico alle mie spalle mi riporta alla realtà, accarezzandomi la schiena coperta da un pesante pigiama di lana.

"Non ce la faccio a dormire, tra due giorni ho un esame e se lo passo è un puro miracolo" sbuffo, troppo concentrata sull'esame di letteratura italiana.

Non è un esame tanto complicato, ma la mole di nozioni da studiare è veramente tanta. L'argomento principale dell'esame orale è l'Inferno della Divina Commedia che, per mia fortuna, coincide con il mio argomento preferito di tutta la letteratura italiana. 

"Lo passerai perché sei bravissima, non ti devi innervosire così" mormora al mio orecchio, lasciando un dolce bacio sulla mia tempia mentre si posiziona in piedi dietro di me e mi massaggia le spalle con le sue grosse mani.

"Le lusinghe non bastano per farmi cedere, lo sai" ridacchio muovendo leggermente il collo a destra e a sinistra per provare a distendere i nervi.

Vedere Federico muoversi dentro casa mia mi da una sensazione strana. Devo ancora farci l'abitudine ad avere un posto tutto mio, per di più vedere lui aiutarmi con gli scatoloni e riempire casa anche solo con la sua presenza mi destabilizza. Non fraintendetemi, sono contenta che tutto si sia risolto per il meglio e che siamo tornati più forti di prima, ma queste cose nuove capitate tutte insieme hanno bisogno di tempo per essere elaborate dal mio cervello.

"Grazie per esserti fermato stanotte" dico sinceramente, smettendo per un attimo di concentrarmi sul libro che ho davanti.

"Mi piace come sta venendo casa tua" sorride guardandosi intorno, anche se la stanza è quasi del tutto al buio, a parte la lampada accesa sulla mia scrivania.

"Scusami se sono un po' nervosa in questi ultimi giorni ma se voglio laurearmi questa primavera devo studiare come una matta" mi scuso girandomi del tutto verso di lui, che si abbassa sulle ginocchia per potermi guardare negli occhi. "E questo implica trascurare tutto, anche te" sussurro accarezzandogli una guancia ricoperta da un leggero strato di barba.

"Stai tranquilla, amore mio" mormora Federico prendendo la mia mano libera e accarezzandone il dorso con i polpastrelli.

"Sarà una sessione infernale" sbuffo alzando gli occhi al cielo accarezzandogli uno zigomo.

"Ti aiuterò io" propone il toscano prendendo il libro che stavo studiando e aprendolo ad una pagina a caso.

"Che intendi dire?" domando incredula, coprendomi ulteriormente con una coperta di pile della Juventus.

"Parlami del Canto V e di Paolo e Francesca" chiede lui sistemandosi sulla sedia di fronte alla mia e accendendo la luce in modo da illuminare tutta la camera da letto. 

"Uno a caso, eh" scherzo io per poi tornare subito seria, ripetendo tutte le nozioni in mio possesso per rispondere al meglio alla domanda.

La nottata passa velocemente mentre io e Federico ripassiamo i canti dell'Inferno di Dante e, con mio grande stupore, noto che anche lui è interessato agli argomenti che espongo con molta facilità. Non smetterò mai di ringraziarlo per quello che sta facendo per me: l'aiuto che mi sta dando con il trasloco, il farmi compagnia quasi tutte le notti a ripetere la Divina Commedia e il non farmi pesare il fatto che sono un po' più distaccata rispetto alla settimana scorsa. 

Sono determinata e convinta a passare gli ultimi tre esami che mi mancano per potermi laureare a maggio, ma se voglio realizzare i miei sogni devo impegnarmi al massimo e sfruttare ogni momento buono per studiare. Questo implica sacrificare altre cose nella mia vita, ma tutti attorno a me sanno quanto mi costa rinunciare a qualcosa che amo per un fine superiore. 


Torino, 27 gennaio 2018

L'esame di letteratura italiana è andato a gonfie vele: ho preso ventotto e non mi posso di certo lamentare. L'unica cosa che mi dispiace è che oggi non potrò essere a Verona con i ragazzi per la partita contro il Chievo, ma ho altri due esami da preparare in pochi giorni e non posso affrontare la trasferta, perderei troppo tempo e non me lo posso proprio permettere arrivata a questo punto.

Il citofono suona e, con mio sorpresa, mio padre è venuto a farmi visita con una vaschetta di gelato al pistacchio da dividere insieme. 

"Solo tu puoi mangiare il gelato in pieno inverno" commenta mio padre sedendosi sul divano. 

"Senti chi parla, ti sei già mangiato mezza vaschetta" esclamo io dandogli una leggera gomitata sul fianco. 

"Il pistacchio è una ragione di vita, non posso farne a meno" si giustifica lui prendendo un altro abbondante cucchiaio.

Conosco mio papà meglio di me stessa, potrei capire a cosa sta pensando anche ad occhi chiusi e il mio sesto senso mi dice che c'è qualcosa che mi vuole dire, anche se trovo strano il fatto che non mi abbia raccontato nulla se davvero deve parlarmi. 

"Papi, che succede? Sei strano in quest'ultimo periodo" gli faccio notare mentre lui tossisce, come se quella domanda lo avesse infastidito in qualche modo.

"Non ti si può nascondere niente, eh?" domanda retorico abbozzando un sorriso tirato, chiaro segno che è a disagio anche se non riesco ancora a capirne il motivo.

"Papi, mi stai facendo preoccupare. Devi dirmi qualcosa?" chiedo di rimando, ormai curiosa e leggermente preoccupata da questo suo bizzarro comportamento. "Riguarda il lavoro? È successo qualcosa in azienda?" chiedo a raffica, cercando di arrivare al succo della questione.

"No, pulce. Il lavoro va a gonfie vele, non potrei essere più contento di così. Anche se mi tiene lontano da te per molto tempo, so che ne vale la pena" si sfoga, iniziando un lungo monologo che non promette niente di buono. "È successa una cosa negli ultimi tempi..." comincia, abbassando lo sguardo come se fosse imbarazzato.

"Papi, lo sai che mi puoi dire tutto" gli metto una mano sulla spalla per provare a tranquillizzarlo e a metterlo a suo agio.

"Sai, sono stato in America per molto tempo e... ho conosciuto una persona..." tentenna, quasi come se avesse paura del mio giudizio.

"Una donna?" domando incredula io, non tanto perché mio padre non possa avere una vita dopo la mamma, ma perché non me lo aspettavo in questo momento.

"Sì, lavora con me da molto tempo e abbiamo avuto modo di conoscerci mentre eravamo a New York" continua lui con un mezzo sorriso ad increspargli le labbra.

"Ti fa star bene?" gli chiedo, felice che non sia una brutta notizia ma, al contrario, una boccata d'aria fresca per lui che ne ha passate davvero tante nell'ultimo anno.

"Mi trovo bene con lei e vorrei tanto fartela conoscere prima o poi. Mi dispiace non avertene parlato prima, pulce, ma non è facile parlare di queste cose con un divorzio recente alle spalle e una figlia in crisi con il suo fidanzato" precisa alzando finalmente lo sguardo per incontrare i miei occhi.

"Papi, io voglio che tu sia felice. Ti meriti la felicità e non pensare di deludermi, non pensarlo neanche per un attimo. Se questa persona ti fa stare bene sono la prima che ti spinge tra le sue braccia. Nonostante tutto, saremo sempre noi due contro il mondo" sorrido con gli occhi lucidi.

Questi momenti padre-figlia sono sempre commoventi e io non riesco mai a trattenere le lacrime. Anche lui, dal canto suo, è visibilmente contento e quasi sollevato per essersi tolto un peso dalle spalle, che diventava sempre più insostenibile tenersi dentro. 

"Ma cos'ho fatto io per meritarmi una bambina così intelligente?" domanda retorico lasciandomi un dolce bacio sulla guancia. 

"Ti voglio bene e sono figlia tua, mi hai cresciuto bene e voglio solo vederti sorridere, papi" concludo abbracciandolo di slancio, mentre entrambi scoppiamo in una fragorosa risata che sembra cancellare tutto il disagio che ci aveva avvolti fino a pochi minuti fa.

"Si chiama Barbara, vedrai che ti piacerà" commenta dopo essersi staccato da me e continuando a mangiare il gelato ormai quasi del tutto sciolto.

"Ha figli?" chiedo per sondare il terreno. 

"No, è vedova e senza figli. Suo marito è morto molti anni fa di un tumore incurabile e da allora non si è mai legata a nessuno. Ma non ti preoccupare, non abbiamo intenzione di mettere su famiglia" scherza ridacchiando e quasi strozzandosi con il gelato che ha in bocca.

"Mi piacerebbe conoscerla. Papi, ti prego, va bene che ci diciamo ogni cosa, ma i dettagli preferirei evitarli, grazie mille" sostengo arrossendo in viso. Non posso immaginare mio padre in certi atteggiamenti, è una cosa mentalmente impossibile da fare. "Ecco perché non sei venuto con noi la sera che è tornata Oriana!" mi illumino, collegando finalmente tutti i pezzi del puzzle. 

"Avevo altro da fare" dice semplicemente credendo di far cadere il discorso.

"Io ti ho sentito dire a Mire che avevi un appuntamento, ma non capivo con chi... adesso è tutto chiaro" annuisco portandomi un dito sul mento. 

"Brava, Sherlock" ride mio papà iniziando a farmi il solletico, il mio più grande punto debole che riuscirebbe a farmi cedere in qualsiasi situazione. 

Passiamo una splendida giornata insieme, dove riusciamo a parlare di tutto ciò che ci viene in mente come se fossimo tornati indietro di dieci o quindici anni. A quei tempi andavamo insieme a Parco Sempione, camminavamo per ore e ore finché non esaurivamo tutto quello di cui dovevamo parlare. Ora, dopo tanto tempo, ci troviamo su un divano sistemato alla meno peggio nella mia nuova casa in centro a Torino, ma la situazione non è cambiata: siamo sempre noi due, a raccontarci la nostra vita e a renderci conto di quanto siamo incredibilmente fortunati ad averci nella nostra quotidianità.

***

"Allora, com'è andata in vacanza con Bernardeschi?" domanda mio padre all'improvviso davanti ad una pizza appena consegnata mentre sta per fischiare il calcio d'inizio di Chievo – Juventus.

"Tutto benissimo, Nassau è il posto più bello che io abbia mai visto e ci siamo divertiti un sacco" resto sul vago, anche perché non voglio entrare nei dettagli precisi su ciò che abbiamo fatto per la maggior parte del tempo durante la nostra fuga d'amore.

"Me lo immagino" addenta la sua pizza mentre l'arbitro da inizio all'incontro che vale per la ventiduesima giornata di Serie A TIM. 

La partita prende subito una piega nervosa: i giocatori del Chievo sono determinati a comandare a casa propria e ci mettono tutta la loro grinta per stare al passo della Vecchia Signora. Il risultato è un cartellino rosso nei primi venti minuti del primo tempo per il numero settantasette, che viene espulso dal direttore di gara per doppia ammonizione. 

"Odio quando succede" mormora mio padre sbuffando, teso per quello che sta vedendo in televisione. Non posso biasimarlo: le partite così nervose non hanno quasi mai un esito positivo. 

Nel secondo tempo entra in campo Federico ed un sorriso spontaneo si forma sul mio viso non appena la telecamera lo inquadra con la terza divisa: maglietta verde oliva e pantaloncini neri. Inutile dire che questa è la mia maglia preferita, oltre alla classica a strisce bianconere. I pantaloncini neri mettono in risalto le forme non solo del numero trentatré, ma anche quelle di tutti gli altri; inoltre, il colore della maglia fa risaltare gli occhi di Federico che sembrano ancora più brillanti ed intensi. 

La partita continua esattamente come nel primo tempo: Cacciatore viene espulso dal rettangolo di gioco per aver fatto il gesto delle manette dietro alla schiena – dedicato alla Juventus – senza neanche preoccuparsi di nasconderlo.

Mio padre si alza di scatto non appena vede il giocatore mimare quell'ignobile gesto per ben due volte, quasi come a vantarsi di ciò che sta facendo e volendo essere preso ad esempio.

Nessuno nega gli errori commessi dodici anni fa da tre persone ignoranti ed ignobili, ma questo non da a nessuno il diritto di additare la Juventus come ladra ogni volta che scende in campo. Gli errori commessi in passato sono stati pagati profumatamente, nessuno ha perso tutto quello che abbiamo perso noi. Questo non ci rende dei martiri – assolutamente no – ma i giocatori meritano rispetto innanzitutto come persone e poi anche come professionisti che fanno il loro lavoro. 

"Rosso diretto, complimenti" applaudiamo io e mio papà contemporaneamente, scuotendo la testa e non riuscendo neanche a capacitarci di come sia anche solo possibile fare un gesto del genere consapevoli che bambini e ragazzini ti stanno guardando in questo momento.

La partita si conclude con un risultato di due a zero per i bianconeri che, da quando il Chievo è rimasto in nove, ha assediato la porta per trovare le reti della vittoria. Khedira e Higuain portano il sorriso sulla faccia di tutti gli juventini del mondo dimostrando che, con caparbietà e duro lavoro, i risultati arrivano sempre.


Torino, 4 febbraio 2018

Gli ultimi giorni sono stati stancanti e stressanti. Il progetto con Edoardo e Ludovica deve essere ultimato perché tra una settimana dobbiamo esporlo all'esame finale, insieme ovviamente a tutto il programma fatto durante lo scorso semestre. I miei due compagni sono venuti spesso a casa mia per poter stare tranquilli e poter ripetere in santa pace i nostri discorsi. 

Ad Edoardo per poco non veniva un infarto quando, stamattina, si è quasi scontrato con Federico sul pianerottolo. Anche se è un convinto tifoso granata, non capita tutti i giorni di trovarsi faccia a faccia con Federico Bernardeschi. Questo incontro ha purtroppo compromesso tutta la mattinata di studio, dato che l'astigiano non fa altro che parlare di lui. 

"Ma ti rendi conto? Federico Bernardeschi in carne ed ossa!" è la frase più ricorrente da circa tre ore, seguita a ruota dalle mie risate e da Ludovica che cerca di farlo tornare alla realtà colpendogli la schiena con il pesante libro di testo.

"Sì Edo, me ne rendo conto" ridacchio in tutta risposta, divertita di quanto io sia invidiata non soltanto dalle ragazze, ma a questo punto anche dai ragazzi.

"Chiud' 'a bocc' ch' entran' 'i mosc'!" (Chiudi la bocca che entrano le mosche) lo prende in giro Ludovica in dialetto napoletano che, come ogni volta, mi fa ridere a crepapelle. 

"Pensi che me lo faccia un autografo?" domanda a bassa voce quasi imbarazzato per non farsi sentire da Federico che si trova in cucina, separata dal salotto soltanto da una sottilissima parete.

"Guarda che non mordo, eh" il toscano risponde al posto mio comparendo alle spalle del mio amico. "Basta che non te lo devo fare sulla maglia del Toro, se no penso che arrivi l'Apocalisse" scherza subito dopo per mettere Edoardo a suo agio.

"Grazie, sei gentilissimo e ti guardo sempre anche se sono granata nell'animo" arrossisce leggermente sulle guance quando il carrarese prende la penna che stavo utilizzando fino a qualche minuto fa e firma il quaderno di Edoardo su una pagina vuota.

"Sei sportivo, mi stai simpatico" sentenzia l'attaccante bianconero dopo aver scambiato due parole con il mio compagno di progetto. 

"Tutto molto bello, ma Dybala quando molla Oriana? Queste sono le cose che ci interessano!" si intromette Ludovica con la sua solita veracità tipica delle donne napoletane. 

"Ludo! Ma ti pare?" la riprendo dandole una gomitata, notando come lei si sente perfettamente a suo agio davanti a Federico. Facendo un paragone, Edoardo si è comportato molto più da fan esaltata piuttosto che Ludovica, che è una tifosa juventina.

"Che c'è? Ognuno ha le sue priorità!" esclama la mia amica incrociando le braccia sopra al tavolo e prestando attenzione a Federico che, a vedersi così, sembra non aver capito che la domanda era rivolta a lui in quanto amico e compagno di squadra dell'argentino.

"Non saprei cosa dirti, mi sembrano molto innamorati quindi non credo che ci siano probabilità di rottura a breve" dice sinceramente prendendo una sedia e sedendosi al tavolo con noi, al mio fianco. "Cosa fate di noioso?" domanda prendendo il mio computer e provando a decifrare quello che ci ho scritto sopra.

"Il progetto di economia e management, abbiamo l'esame la prossima settimana" spiego mentre i miei compagni e colleghi assumono un'espressione delusa appena sentono la materia d'esame.

"Dai, vi aiuto che tanto prima dell'una non devo andare allo stadio" Federico alza le spalle cercando di leggere il nostro saggio per tenere il filo del discorso. "Siete matti a studiare queste cose anche di domenica" sentenzia una volta arrivato alla fine del primo paragrafo. 

"Non tutti vengono strapagati per dare calci ad un pallone, amore" dico sarcastica sporgendomi verso di lui e dandogli un leggero bacio sulle labbra, sorrido su di esse e mi ricompongo, pronta per ripetere la mia parte nel migliore dei modi. 

***

Dopo un'intensa mattinata di studio, non posso nemmeno riposarmi perché devo correre allo stadio. Alle 15:00 si gioca contro il Sassuolo e giuro di non aver mai odiato l'orario pomeridiano come oggi. La presentazione è a buon punto, siamo tutti molto preparati, però avrei preferito usare la giornata per continuare a ripassare oppure per rilassarmi sul divano. 

Ma il dovere chiama, e quando il dovere si chiama 'Juventus' non posso fare altro che correre a rispondere.

Anche se siamo agli inizi di febbraio, oggi pomeriggio il sole splende su tutta la città e lo stare ferma immobile su una panchina per quasi due ore non è così sfiancante come succede d'inverno. Max sceglie la solita formazione titolare, con l'aggiunta di Rugani e De Sciglio in difesa e Bernardeschi in attacco dal primo minuto. 

La partita prende subito un'ottima piega per i bianconeri: la Vecchia Signora è in vantaggio dopo appena nove minuti con la rete di Alex Sandro. Prima della mezz'ora, la Juventus si trova sul 3-0 grazie alla doppietta di Sami Khedira effettuata in appena tre minuti; e poco prima della fine del primo tempo, Miralem Pjanic firma la rete del 4-0 prima di andare negli spogliatoi per l'intervallo. 

La ripresa continua a confermare lo straordinario stato di forma dei bianconeri e l'arrendevolezza degli uomini di Iachini. Il secondo tempo è un tripudio juventino: la tripletta di Gonzalo Higuain porta la squadra di casa sul 7-0 con un'incredibile goleada e la prima tripletta in bianconero dell'argentino, che si merita di portarsi a casa il pallone della gara. 

Lo Stadium impazzisce per osannare i propri beniamini e anche dalla panchina non mancano i complimenti: i ragazzi si sono impegnati e hanno realizzato il maggior numero di reti possibili, regalando a tutto il pubblico una domenica pomeriggio difficile da dimenticare. 


"Olivia, mi sei mancata!" la voce di Edin Pjanic arriva alle mie orecchie e mi fa spuntare un sorriso sincero che va da una parte all'altra del mio viso. Il bambino mi corre incontro nel tunnel che conduce allo spogliatoio e lo prendo in braccio ruotando su me stessa.

"Ciao campione, anche tu mi sei mancato" confesso, dandogli un bacio sulla guancia liscia e morbidissima.

"Tu e lo zio Fede non venite più a casa nostra" fa notare Edin mentre con le minuscole braccia mi circonda il collo.

"Facciamo una cosa. Stasera tu e papà venite a mangiare nella mia casa nuova, che ne dici?" propongo, sinceramente contenta di passare una serata con Miralem per festeggiare la vittoria. 

"Può venire anche lo zio Paulo?" domanda il piccolo con gli occhi a cuoricino. 

"Certo che può venire, ora glielo andiamo a chiedere, va bene?" lo tengo più stretto a me e mi incammino verso gli spogliatoi, dove i ragazzi dovrebbero essere ancora vestiti oppure già sotto alla doccia. 

Busso alla porta e, prima di aprirla dopo il loro permesso ad entrare, specifico che né io né Edin abbiamo intenzione di rimanere traumatizzati a vita e quindi di mettersi qualcosa addosso nel minor tempo possibile. 

"Oli, è successo qualcosa ad Edin?" domanda preoccupato Miralem, diventa bianco come un cencio e posa subito lo sguardo sul figlio.

"No, niente di grave, rilassati. Tu, Edin e Paulo siete invitati a casa mia stasera per una pizza. Dobbiamo festeggiare" asserisco senza dargli motivo di rispondere negativamente alla domanda. 

"Va bene, ci vediamo più tardi, allora" sorride il bosniaco sorridendomi.

"Perfecto, no quería quedarme solo en casa sin Oriana" (Perfetto, non volevo stare a casa da solo senza Oriana) risponde prontamente il numero dieci accettando di buon grado la mia proposta, dato che la sua fidanzata ha avuto un problema famigliare che l'ha costretta a tornare in Argentina di volata.

Federico sta in disparte, ci ascolta mentre tutti gli altri sono già sotto alla doccia. Ha un'espressione corrucciata in viso, quasi come se si fosse arrabbiato che non ho invitato lui ma solo i miei amici. Mi avvicino al toscano dopo aver lasciato Edin a Miralem e mi siedo sulla panca in fianco a lui.

"Che c'è?" gli domando, cercando di rimanere impassibile davanti ai suoi muscoli bene in vista dato che è senza maglietta e soltanto con i boxer addosso. 

"Io non sono invitato?" domanda non riuscendo a frenare il sorriso che si sta formando sulle sue labbra.

"Certo che sei invitato, puoi venire quando vuoi" rispondo con una mano nei suoi capelli leggermente più lunghi rispetto al mese scorso.

"Oh, lo so che ti piace quando vengo" sussurra al mio orecchio, mordicchiandomi il lobo e provocandomi la pelle d'oca su tutto il corpo. 

"Sei un pervertito" lo accuso dandogli uno schiaffo sul bicipite tatuato, ma prima ancora che possa fare qualsiasi altra cosa mi prende il viso tra le mani e mi intrappola le labbra nelle sue, non lasciandomi via d'uscita, anche se – onestamente – non voglio andare da nessuna parte.

***

La serata era proprio quello che ci voleva per concludere una giornata stancante per tutti, ma ricca di soddisfazioni. I ragazzi dovevano festeggiare la fantastica vittoria di oggi pomeriggio e io dovevo semplicemente prendermi una pausa dallo studio, dato che non faccio altro da quando io e Federico siamo tornati a casa dalle Bahamas. 

Mi ha stupito davvero tantissimo: nelle ultime settimane mi è stato vicino, abbiamo dormito insieme quasi tutte le notti e ormai mi sto abituando a vederlo gironzolare per casa come se convivessimo. Non abbiamo ancora affrontato questo argomento perché mi sembra di fare il passo più lungo della gamba, ma non mi dispiace vederlo così partecipe nella mia vita.
Mi erano mancati i miei amici: vederli qui, a casa mia per la prima volta, mi riempie il cuore di gioia e in questo momento mi sento davvero felice. Ho tutto nella vita e non avrei potuto chiedere di meglio.

Paulo e Edin litigano per chi si dovrà contendere l'ultima coppetta di gelato rimasta in freezer e inizio seriamente a dubitare dell'età effettiva dell'argentino. A volte sembra così piccolo; non solo esteticamente, ma anche nei comportamenti. Scuoto la testa nel vedere la scena, mentre Miralem è allibito quanto me nel trovarsi davanti un siparietto del genere.

"Non crescerai mai, Paulo" commenta il bosniaco stropicciandosi gli occhi con le dita.

"E chi vuole crescere?" risponde con una domanda la Joya. 

In fin dei conti, come dargli torto?

La situazione peggiora drasticamente quando mi viene un'idea malsana in testa: giocare a Monopoli. Non ho mai amato particolarmente quel gioco, ho sempre preferito Cluedo o Risiko, ma è stato l'unico gioco da tavola che ho trovato in mezzo agli ultimi scatoloni. Paulo scatena tutto il suo agonismo e vuole appropriarsi di Parco della Vittoria a tutti costi, si indebita fino all'ipoteca ed è costretto ad elemosinare soldi finti per pagare tutti i suoi transiti sulle proprietà altrui. 

Il tutto è esilarante: mai avrei pensato che Federico, Miralem e Paulo potessero diventare così scatenati davanti ad un semplice gioco da tavola, ma mi sono dovuta ricredere nel vedere la serietà con la quale hanno affrontato il gioco. 

"Se mi fai lo sconto su Viale dei Giardini ti lascio il posto in spogliatoio vicino al termosifone per tutto l'inverno" supplica l'argentino a Federico, che però non si fa ingannare nonostante l'allettante offerta.

"Scordatelo, Viale dei Giardini è mio e adesso paghi, Onassis" lo prende in giro il toscano, che scoppia a ridere seguito da me e Miralem.

"Zitto zitto, Edin è quello con più soldi mi sa" esordisco guardando ad occhio e croce chi sta vincendo. La tecnica del piccolo sembra essere quella vincente e, dopo un rapido calcolo, decretiamo Edin il vincitore della partita essendo il più ricco di tutti.

"Com'è possibile? Avevo sia Viale dei Giardini che Parco della Vittoria, non ci credo" sospira incredulo Federico sull'orlo delle lacrime.

"Lo dici a me? Io avevo tutte e quattro le stazioni" si dispera Miralem con le mani tra i capelli.

"Accettate la sconfitta, non sembrate tanto mascolini" rido nel guardare le facce affrante, mentre con la coda dell'occhio intravedo Paulo che ha un'espressione disperata da circa metà partita.

Controvoglia, mandano giù l'amaro in bocca e stringono sportivamente la mano a Edin che, sorridente e trionfante, mi batte il cinque e mi lascia un bacio sulla guancia. I miei primi ospiti lasciano me e Federico da soli dopo circa quindici minuti, andando ognuno a casa loro. 

"Rimasti soli" sussurra il numero trentatré bianconero agganciando le braccia attorno alla mia vita per tirarmi a sé dopo che ho chiuso a chiave la porta d'ingresso.

"Ti va di dormire qui?" domando appoggiando la testo sul suo petto, facendomi cullare dal ritmo costante del suo cuore.

"Peccato, non ho molto sonno" ammicca lui alzandomi il mento con un dito in modo da farmi incrociare gli occhi con i suoi.

"Ah, no? Eppure dovresti essere stanco dopo la partita di oggi" gli faccio notare ridacchiando.

Mi godo al massimo questi piccoli momenti di normalità in cui possiamo essere semplicemente Olivia e Federico, senza fotografi o copertine di giornali di gossip con immagini scadenti o la paura di essere costantemente sotto ai riflettori. Siamo noi due e basta, nel modo più naturale possibile, senza finzione o ritocchi, siamo noi e non esiste posto migliore al mondo se non qui tra le sue braccia. 


Torino, 8 febbraio 2018

Domani non è una giornata come tutte le altre. Domani la Juventus scenderà in campo a Firenze contro la Fiorentina e proverà a portare a casa tre punti che si dovranno sudare più delle altre volte. 

Non sarà una partita normale, perlomeno non per Federico. La Viola è la sua ex squadra e tornare in quella che è sempre stata casa sua non è facile, soprattutto ora che indossa non solo una maglia avversaria, ma quella dell'avversario più odiato dai fiorentini e da mezza Italia.

"Davvero non ci sarei neanche questa volta?" piagnucola l'attaccante bianconero con le mani incrociate al petto appoggiato allo stipite della porta.

"Fede, lo sai quanto mi dispiace. Ma ho l'esame domani" mi giustifico, sapendo però quanto lo sto ferendo non andando con lui. 

"Mi accompagni in stazione almeno?" sbuffa leggermente lui, visibilmente nervoso per la partita di domani.

"Certo" lo rassicuro avvicinandomi a lui e accarezzandogli le guance con le mani. "Vedrai che andrà tutto bene, hai capito? Pensa soltanto a giocare e a nient'altro" gli suggerisco guardandolo negli occhi, per fare in modo che le mie parole siano incisive e colpiscano il bersaglio.

"Baciami" sussurra a pochi centimetri dalle mie labbra senza togliere gli occhi dai miei, con un'espressione indecifrabile in volto.

Non me lo faccio ripetere due volte e mi arrampico con le mani sulle sue ampie spalle, mi alzo in punta di piedi e congiungo le mie labbra con le sue, cercando di infondergli tutto quel coraggio che in questo momento sembra non avere. Non posso biasimarlo: non è facile tornare nella tua vecchia città piena di persone che fino all'anno scorso ti acclamavano come se fossi un supereroe mentre ora se potessero ti lancerebbero dei pomodori marci dalla curva.

Stiamo insieme per il resto della giornata, ma verso sera arriva il momento di separarci. Sembra un cane bastonato: dopo avermi salutato con un lungo bacio seguito da un abbraccio, sale sul treno ad alta velocità infilandosi le cuffie per ascoltare la musica, in modo da estraniarsi totalmente da ciò che lo circonda e abbandonarsi ai suoi pensieri. 

Vederlo così triste ed affranto mi spezza il cuore. Nonostante abbiamo parlato a lungo di ciò che accadrà domani, è una di quelle cose che non sei mai pronto ad affrontare pienamente. Devi viverle esattamente come sono, senza farti troppi film mentali e cercare di essere il più forte possibile. 

Mi sento incredibilmente in colpa per avergli detto una bugia: domani prenderò la macchina appena finito l'esame e raggiungerò la squadra a Firenze. È una partita troppo delicata ed importante per lasciarli da soli, perciò correrò da loro il prima possibile per combattere insieme a loro quell'ardua battaglia.

Federico non sa nulla, ho parlato soltanto con Max, dato che mi sembrava la carica più alta alla quale potessi chiedere. Non ho detto nulla neanche a Miralem e Paulo, perché so benissimo che non sarebbero riusciti a tenere il segreto e si sarebbero traditi nel giro di pochi minuti in presenza di Federico. So che non è molto, ma spero davvero che questa sorpresa possa fargli tornare il sorriso e fargli capire che sono sempre al suo fianco: sia nei momenti belli, sia in quelli brutti. 


Firenze, 9 febbraio 2018

Sto guidando più veloce che posso per riuscire a raggiungere il capoluogo toscano nel minor tempo possibile. Sono partita da Torino alle 16:00 oggi pomeriggio, non appena la mia professoressa mi ha liberata da quello che mi sembrava sempre di più un interrogatorio piuttosto che un esame orale. Fortunatamente, avevo già messo in preventivo di finire tra gli ultimi – insieme ad Edoardo e Ludovica – e mi ero organizzata diversamente. In macchina avevo già pronto tutto l'occorrente per la partita e dentro al mio zaino la tuta della Juventus per potermi cambiare prima di partire. 

Il tempo mi rema contro: se riesco ad arrivare in tempo per l'inizio della partita è un vero e proprio miracolo. Ormai sono quasi a Firenze, mancano pochi chilometri per entrare in città e tra mezz'ora inizierà il primo tempo. Voglio che questa sorpresa funzioni perché Federico se la merita, soprattutto in una giornata particolare come quella di oggi. Non so neanche perché sono così nervosa: dovrei stare calma perché sono riuscita nel mio intento; sono perfettamente in orario e anche se ho dovuto superare qualche limite di velocità, sono quasi al parcheggio dello stadio. Non oso immaginare cosa penserà Federico quando mi vedrà: oggi partirà titolare dal primo minuto e avrà talmente cose in mente che penso proprio che non se lo aspetterà minimamente.

Parcheggio alla meno peggio nella parte riservata ai giocatori e allo staff di entrambe le squadre, che mi permette di accorciare notevolmente la distanza per raggiungere il campo di gioco. Ringrazio mentalmente il mio sesto senso per essermi cambiata prima di partire da Torino, prendo il mio zaino dai sedili posteriori e mi avvio all'interno dell'Artemio Franchi. 

Ho le ginocchia che tremano, neanche dovessi giocare io al posto dei ragazzi. Corro quasi a perdifiato e noto con immenso piacere che entrambe le squadre sono nei rispettivi spogliatoi. Questo significa due cose: ho battuto il tempo arrivando in orario e posso andare a salutare Federico prima che l'incontro inizi.

Busso un paio di volte alla porta laminata con la scritta 'Spogliatoio Ospiti' e, non appena ricevo una risposta affermativa, entro dentro cogliendo tutti di sorpresa. 

"Non c'è bisogno che diciate niente. Non ho molto tempo quindi andrò dritta al punto. Scendete in campo e giocate come siete capaci, so che è una partita difficile ma nulla è impossibile, ricordatevelo" il mio discorso motivazionale non è un granché, d'altronde non l'ho preparato mentalmente e questa notte non ho dormito per ripassare. 

Cerco con gli occhi Federico, ma di lui non c'è traccia. Mi avvicino a Paulo e gli chiedo cos'è successo. L'argentino mi informa che è chiuso in bagno da circa venti minuti e approfitto di questo momento per provare a sollevargli il morale.

"Posso entrare?" domando dopo aver aperto la porta del bagno, vedendo la figura di Federico voltata di spalle, che si gira immediatamente non appena riconosce la mia voce.

"Che cosa ci fai tu qui?" domanda incredulo con gli occhi sbarrati, spero contento di vedermi.

"Sorpresa!" esclamo allargando le braccia e arrossendo visibilmente sulle guance. 

"Sei venuta fino a qui per me?" si avvicina lentamente a me e riesco a vedere i segni delle lacrime che probabilmente gli hanno solcato le guance fino a poco fa.

"No, per Pioli" lo prendo in giro trattenendo a stento una risata alludendo all'allenatore della Fiorentina. "Beh, non dici nulla?" lo incalzo, curiosa di sapere se ho fatto la cosa giusta a venire a Firenze oppure se potevo starmene tranquillamente a casa a vedere la partita sul divano. 

"Se dovessi dire tutto quello che ho in mente in questo momento non potrei andare a giocare tra dieci minuti" ora è davanti a me, il viso è rivolto verso il basso per guardarmi negli occhi e la sua voce si è abbassata drasticamente. Ho il cuore in gola e la salivazione a zero; questo ragazzo mi manderà al manicomio prima o poi. 

"Tieni tutto a mente che ci pensiamo stanotte" dico con un filo di voce in tutta risposta, cercando di resistere all'impulso di saltargli addosso nel bagno dello spogliatoio.

"Sei bellissima e ti dedico il gol stasera" sussurra prendendo le mie mani nelle sue e baciandone il dorso, come a suggellare quella promessa.

"Per dedicarmi il gol devi prima segnare" gli faccio l'occhiolino per sdrammatizzare la situazione e gli lascio un bacio sulle labbra. "Anche tu non sei affatto male" ridacchio con le guance a fuoco dandogli una pacca sul sedere sodo, perfettamente fasciato dai pantaloncini bianchi della divisa ufficiale. 

La partita non inizia come tutti gli juventini avevano sperato: la Fiorentina impone il suo gioco e non intende molare un centimetro in casa propria. L'arbitro assegna un calcio di rigore per la Viola per tocco di mano di Chiellini in area, ma poco dopo il VAR lo annulla per il fuorigioco dell'attaccante della squadra di casa. I padroni di casa prendono in pieno il palo con il tiro di Gil Dias e Buffon salva la Vecchia Signora in più occasioni. 

La squadra non sta brillando, la tensione si fa sentire e portare a casa il risultato è molto più difficile del previsto. Il secondo tempo si riapre esattamente come si è concluso il primo: la Fiorentina tiene il pallone ed impedisce ai bianconeri di costruire anche solo un'azione. 

Al cinquantaseiesimo, un intervento falloso su Federico dona una punizione alla Juventus che, al limite dell'area, da la possibilità del destro di Pjanic o del sinistro di Bernardeschi. Il numero trentatré è sommerso di fischi e cori da parte dello stadio; ma nonostante tutto, con una freddezza estrema scavalca la barriera e il suo sinistro a giro va a finire sotto al sette sbloccando il risultato per la squadra ospite.

Il gol dell'ex.
Quello che tutti temono.
L'uomo più atteso zittisce l'Artemio Franchi con una punizione da incorniciare.

Federico esulta con la sua 'Rock&Goal' mentre tutti i ragazzi lo raggiungono per abbracciarlo. Si merita il loro affetto, è stato bravissimo non solo a realizzare il gol ma soprattutto ad estraniarsi dai fischi e concentrarsi soltanto sul rettangolo verde. 

Si avvicina alla panchina e mi indica, io mi alzo per andargli incontro insieme a tutti i ragazzi e mi da un dolce bacio sulle labbra che mi lascia stordita per un attimo. La sua spontaneità mi lascia senza fiato, il fatto che mi abbia baciata davanti a tutta Italia mi crea un po' di preoccupazione ma ora come ora non ci voglio pensare, è il suo momento e si merita tutte le attenzioni del mondo. 

Il secondo tempo è un susseguirsi di splendide azioni da parte della Fiorentina che mette sotto torchio i bianconeri, che però non mollano e riescono a mantenere la porta inviolata. Al minuto ottantasei, Gonzalo Higuain firma il raddoppio bianconero, facendo tirare un sospiro di sollievo a tutta la panchina, ai tifosi allo stadio e anche a quelli seduti sul divano di casa. 

***

"Te l'avevo detto che ti dedicavo il gol" Federico mi abbraccia da dietro, tirandomi per un braccio verso quello che a occhio e croce mi sembra uno sgabuzzino.

"Come facevi a sapere che avresti segnato?" gli domando seguendolo alla cieca, mi fido di lui dato che conosce questo stadio meglio delle sue tasche.

"Quando ti ho vista l'ho capito" sussurra contro il mio orecchio stando dietro di me e circondando le braccia attorno alla mia vita. 

"Sei felice di vedermi, direi" azzardo, sentendo chiaramente la sua erezione premere contro la parte bassa della mia schiena mentre mi bacia il collo.

"Sono sempre felice di vederti, amore mio" afferma con voce roca, quasi come se gli si fosse spezzata in gola. 

L'ultima volta che mi ha dedicato un gol e mi ha portato negli spogliatoi appena finita la partita ci siamo lasciati ed è successo il finimondo. Ora l'atmosfera è totalmente diversa e ci provochiamo a vicenda per poi dare sfogo a tutta la nostra passione non appena arriveremo nella nostra camera d'albergo. 


Eccomi qui, cari lettori miei, con un nuovissimo capitolo! 🍀
Scusate tantissimo per l'attesa, sono imperdonabile! Spero che il capitolo vi piaccia perché vi giuro che è stato difficilissimo scriverlo, non so per quale motivo. Fatemi sapere con stelline e commenti che cosa ne pensate come al solito che mi fa piacere! 

Colgo l'occasione per dirvi che questo week-end sarò a Verona al concerto di Marco Mengoni quindi non so quando potrò scrivere il prossimo capitolo! Inoltre, non so come ringraziarvi per le quasi novantacinquemila visualizzazioni, voi mi volete far venire un infarto! Grazie anche per le oltre mille visualizzazioni di 'BIAS', sono davvero contenta che vi piaccia. 

Detto questo, me ne vado che sto parlando troppo come mio solito.

PACE AMORE E FINO ALLA FINE FORZA JUVENTUS ⚪⚫

A presto,
C.

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