Regina di Spine

1757, in viaggio verso Mosca

Il sole al tramonto splendeva immobile sopra gli alberi, coperto dalla foschia, permeando le minuscole particelle di sabbia volanti di ombre cremisi sino a fare sembrare l'aria attraversata da lingue di fuoco. L'aura rossastra non prometteva né pioggia né un po' di respiro a una terra riarsa e assetata. Il caldo eccessivo dell'estate e una lunga siccità avevano inaridito le pianure e le steppe, facendo avvizzire lo sconfinato mare d'erba giù fino alle radici, ma in quella regione boscosa della Russia la folta foresta sembrava essere sopravvissuta abbastanza bene alla mancanza di pioggia, sebbene Vivienne De Chêne, che stava attraversando quell'enorme immobilità su una carrozza ad andatura sostenuta, ne soffrisse ugualmente.

Aveva lasciato Dike e gli altri in Italia, stanca delle intromissioni nella sua vita e, soprattutto, nel rapporto con gli umani. Con Reaper lontano a combattere le guerre degli uomini non aveva alleati. Nessuno degli altri Arcani era in grado di capirla, così li aveva abbandonati a Venezia, insieme ai loro scrupoli.

Con una smorfia si lasciò andare contro i cuscini di velluto rosso e cercò di reggersi ben salda mentre l'equipaggio compiva una stretta curva; poi, al di sopra del rumore degli scricchiolii e del rimbombo degli zoccoli, si impose un suono più assordante che le fece trattenere il respiro. Raffiche di proiettili.
Le armi non erano un problema per lei, anche se non riusciva a contare quante fossero. Dike l'avrebbe capito con precisione, ma lei non possedeva i sensi sviluppati dell'altra. Ciò che destava la sua preoccupazione era il fatto che tra gli uomini percepiva degli Arcani. I richiami erano indistinguibili, si sovrapponevano e confondevano tra di loro.

La carrozza si fermò e lo sportello si spalancò. Si trovò sotto il tiro inesorabile di una grossa pistola.
«Fuori!»
Il reboante tono di comando di un uomo gigantesco che si era chinato attraverso l'apertura, rafforzato sinistramente da una pistola spianata, la fece sussultare. I grigi occhi a mandorla del brigante si puntarono su di lei e la sua bocca si aprì in un sorriso lascivo, mascherato da un lungo paio di baffi all'ingiù.

Vivienne si impose un'espressione spaventata che non riuscì a mantenere per molto tempo.
«Vieni, toccami» mormorò.
L'uomo la guardò stranito da quel tono sensuale.
«Ma pagherai il prezzo» concluse beffarda.
Il brigante avvertì un movimento impercettibile e un irresistibile profumo di rosa, poi quattro squarci paralleli apparvero sul suo petto. Abbassò gli occhi a bocca aperta, facendo cadere la pistola. Sangue caldo sgorgò dal corpo.

Vivienne si raddrizzò. Gli occhi vigili e di un verde luminoso. Il ramo di un rampicante le apparve sulla guancia e lungo il collo, sfolgorando sulla pelle chiara come un marchio verde lucente. Sulla punta di ogni dito c'era una spina affilata come un rasoio, da cui adesso gocciolava sangue.
L'uomo serrò i palmi sulle ferite, poi cadde per terra con un urlo strozzato.

Lei scese dalla carrozza. L'Imperatrice non aveva timore di nessuno. Appena il piedino calzato dalla sofisticata pantofola rosa toccò terra sentì una serie di sospiri provenire dagli uomini che avevano assaltato la carrozza. Erano una ventina e tutti ben armati.
Senza neanche guardarli agitò una mano tatuata. All'improvviso filamenti di gigantesche piante proruppero attraverso la superficie, esplodendo dalle sue profondità. Gli uomini gridarono.

Le piante si agitarono al di sopra dei briganti che cominciarono a implorare pietà piagnucolando, supplicandola di concedere loro la grazia. Lei tirò indietro il capo e rise di gioia.
«Vi concederò tanta pietà quanta ne avreste offerta a me.»

Un uomo e una donna, rimasti nascosti fino a quel momento, si fecero avanti. L'uomo mulatto dagli splendidi occhi ambrati le sorrise.
«Tu me fais tourner la tête ! Ton parfum sucré, tes secrètes.»
Un'immagine fissa si sovrappose a lui. Lo vide su un Trono in abiti ricamati d'oro con lo scettro in mano e un'aquila come stemma. Una frase echeggiò nella mente di Vivienne. Mio è il potere. Io domino gli altri.
Era il numero Quattro, L' Imperatore.

«Regina di Maggio... È un onore per me conoscerti» disse l'uomo.

La bellissima ragazza vestita con abiti maschili, la cui chioma argentea luccicava, la guardava invece con sospetto negli occhi scuri. Una faretra in cuoio le circondava la coscia e in mano teneva una balestra.
«Non mi fido di lei. È velenosa» disse rivolta al compagno.

Vivienne sbatté le palpebre e al posto della donna vide l'immagine a mezz'aria di una Dea al chiaro di luna. Un altro bang sonico le esplose nella testa. Guarda la portatrice del dubbio. Il numero Diciotto, La Luna.

«Siamo venuti in pace, Principessa del Veleno» le sussurrò suadente l'uomo. C'era qualcosa nella sua voce che cercava di ammansirla, ma lei era uno degli Arcani Maggiori, avrebbe resistito, anche se con una certa difficoltà.
«Risparmia le energie, Imperatore!» rispose, preparandosi a usare le piante circostanti come armi.
«Richiama il tuo arsenale, Imperatrice! Non voglio combattere contro di te, solo parlare.»

Aveva sentito strane storie sull'Arcano sbucato dal nulla che aveva iniziato la rivolta a Santo Domingo. Reaper, La Morte, aveva mandato Watt, Il Fulmine, a indagare, ma non avevano scoperto niente, solo strane storie di un uomo capace di richiamare in vita i morti, come uno degli spiriti voodoo venerati sull'isola. Dike, La Giustizia, avrebbe voluto indagare più a fondo, ma i litigi sul destino da riservare all'umanità e l'imminente partenza di Reaper per la guerra alle Baleari aveva fatto passare in secondo piano la questione.
Se solo la Tarasova, la Lettrice di Tarocchi, non fosse stata un'alcolizzata e non li avesse abbandonati da bambini, lei e Reaper non si sarebbero uniti al gruppo di Dike; di conseguenza La Giustizia e La Morte non si sarebbero innamorati e quest'ultimo avrebbe potuto tranquillamente sterminare tutta l'umanità. Detestava Dike proprio perché era il freno di Reaper e odiava gli uomini perché cercavano continuamente di far loro del male in quanto diversi.

Un ricordo affiorò fulmineo alla mente. Aveva dieci anni e ancora non sapeva usare i suoi poteri perché si rifiutava di trasformarsi in un mostro. Voleva essere come tutte le ragazze del villaggio. Ma non lo era. Una sera, con la Tarasova troppo ubriaca per proteggerla, i villici erano venuti a prenderla e a trascinarla in piazza, dove l'avevano legata a un palo. Mentre accatastavano legna secca ai suoi piedi, la schernivano chiamandola 'contessa della pula' e 'regina della carestia'. Come se la perdita dei raccolti fosse opera sua.
Un attimo prima che le dessero fuoco era arrivato Reaper. L'aveva guardata con occhi spettrali, comunicandole telepaticamente di usare i suoi poteri per liberarsi, poi aveva cominciato a massacrare tutti. Nessuno era in grado di resistergli.
Il sangue scorreva mentre la paura dentro di lei veniva sostituita da una rabbia antica e senza freni. I capelli si riempirono di fiori, rampicanti e striature rosse. Geroglifici iniziarono a muoversi, a turbinare sulla pelle, passando da oro a verde brillante e poi daccapo.
Si ritrovò con le mani libere. Richiamò a sé ogni tipo di vegetale ci fosse nei paraggi e partecipò al massacro, unendosi a Reaper. Il mondo si tinse di verde e rosso.

«Mi chiamo Rémy de La Rochelle» disse l'uomo facendo un inchino; poi indicò la ragazza dai capelli d'argento. «Diana Kovack».
Vivienne con un gesto della mano lo invitò a continuare.
«Per una fortunata coincidenza ti abbiamo intercettato. »
Sorrise malevolo, guardando l'uomo che lei aveva ucciso. «Perdonaci se abbiamo portato questi... scudi umani, ma avevamo sentito voci su quanto tu, Imperatrice, fossi letale e abbiamo voluto metterti alla prova.»
Lei sbuffò. «Cosa volete da me?»
Remy le sorrise seducente. «Alleanza.»

Una risata cristallina le sgorgò dalla gola. «Io ho già degli alleati.»
Lui la guardò intensamente e la sua voce assunse una venatura beffarda. «Perché allora non sei con loro?»
Vivienne incassò il colpo. Poteva mentire, far loro credere che tutto fosse apposto, ma non era così. Ormai era un'estranea per coloro che chiamava fratello, sorelle, amici. Anche Reaper, che per lei era sempre stato come un padre, ormai gli appariva lontano, lacerato tra l'amore per Dike e l'istinto di uccidere. Gli altri la guardavano come una perturbazione nel loro mondo ordinato secondo Giustizia.

«Accompagnati a noi fino a Mosca. Avremo modo di parlare» disse Rémy. Una leggera esitazione e poi la sventurata rispose di sì.

La piazza del mercato ferveva di attività, anche se il pomeriggio stava per finire e presto sarebbe sceso il crepuscolo. I bazar esponevano una grande varietà di merci come sete, orecchini e tanti altri articoli che andavano dalla verdura al pesce, all'ambra, alle pellicce. E fiori dappertutto. Vivienne guardava dalla finestra della sua stanza, in una locanda nel cuore di Mosca, con sguardo assente. Aveva molto su cui riflettere.

L'enorme luna dorata era rannicchiata come una neonata tra i tetti delle case. La miriade di stelle scintillanti era umiliata dallo splendore della sfera più grande. Vivienne si rigirò tra le coltri. La notte si era rivelata faticosa quanto il viaggio. Non poteva fare a meno di pensare alla decisione che doveva prendere. Remy de La Rochelle, dopo averle illustrato una visione del mondo, - molto simile alla sua -, secondo cui gli Arcani erano dei e come tali andavano trattati, le aveva chiesto di unirsi a lui.

Se non fosse cresciuta con Reaper e trascorso centinaia di anni con gli altri, avrebbe accettato subito. Ma per quanto i rapporti con il suo gruppo fossero diventati difficili e le visioni sul futuro del mondo discordanti, non se la sentiva di voltare loro le spalle.
Fu soltanto quando i pensieri si rivolsero inaspettatamente verso un ricordo, lei bambina con Reaper che la portava sulle spalle a causa di una brutta storta, mentre Dike e Temperance facevano a gara per distrarla dal dolore, che la mente si acquietò e capì di aver preso una decisione.

Più tardi, quella notte, quando si svegliò, si ritrovò nella piazza solo con la biancheria intima, senza ricordare come vi fosse arrivata. Attorno a lei uomini, donne e addirittura bambini, la accerchiavano urlandole 'strega'. All'improvviso sentì un dolore ai fianchi. Strisce di sangue gocciolavano lungo di essi. Sollevò le mani mentre inorridita si accorse che la stavano colpendo con dei forconi. Una scarica di pietre le piovve addosso ferendola. I bambini incitati dalle madri. Si guardò per un attimo le unghie affilate come rasoi, di un colore rosso violaceo. Le spine di una rosa.
Chiuse gli occhi. Non le avevano lasciato scelta. Gambi di rose strisciarono veloci lungo il terreno come un torrente in piena. Gli steli si legarono alle gambe dei suoi assalitori, poi salirono verso le braccia come se fossero i graticci di un pergolato, strappando loro grida acute. Attorcigliandosi come filo spinato, affondarono sempre di più gli aculei spinosi finché i loro polmoni non riuscirono a espandersi abbastanza per un secondo grido.
Vivienne agitò la mano e i rampicanti che trattenevano quei corpi tirarono in direzioni diverse, squarciandoli in due. Di tutte quelle persone non rimasero che sangue e ossa ridotte in frammenti.

Spostando lo sguardo dalla carneficina, si accorse di Remy che la guardava con orgoglio. Diana, più in là, gelida e pericolosa. L'orrore di ciò che aveva fatto la colpì come uno schiaffo.
«Andiamo via» le sussurrò Rémy, accostandosi a lei con cautela.
Vivienne fece di no con la testa. «Non mi toccare!» urlò prima di fuggire via.

Il bagliore della luna si stava affievolendo così come le illusioni create da colei che ne dominava il riflesso.
«Sei stata brava, Diana» si complimentò Rémy.
Lei fece un sorrisetto compiaciuto. «Un gioco da ragazzi per la Regina delle Illusioni farle credere di essere stata aggredita.»
«È andata proprio come speravo. Il rimorso la lacererà e i suoi compagni se ne accorgeranno. Confido nella Giutizia.»
«Non era meglio averla come alleata?» obiettò Diana.
«No!»
«E se La Giustizia dovesse ucciderla?»
«È quello che spero perché provocherà una frattura con Morte. Uniti difficilmente potremo batterli. Aspetteremo che si uccidano a vicenda. Quale migliore finale per la storia d'amore tra La Morte e La Giustizia!» concluse Rémy ghignando.

Grazie ad AlessiaBarbanera per lo splendido disegno di Vivienne .❤️🌹

Storia partecipante al Contest della Pasticceria Creativa "Personaggi in cerca di autore".

Storia qualificatasi al primo posto nel Contest "Personaggi in cerca d'autore" della Pasticceria Creativa di ciambella198

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