Nemico ma non troppo

La casa lo aspettava alla fine di un sentiero fatto di sterpi. Si sviluppava in altezza, lunga e stretta, con una sola entrata sul davanti. Il rivestimento esterno di asticelle era ricoperto di vernice staccata in varie zone. Il tetto era un mosaico arrugginito di lastre in latta multicolore. Non c'era nessun prato tagliato, tutto era lasciato allo stato selvaggio.

Quando Reaper si avvicinò, notò degli arnesi appesi al tetto del portico. Un machete e una sega elettrica sferragliavano l'uno contro l'altra nella brezza crescente.
Superò un avvallamento arido davanti a quattro gradini dall'aria instabile. Il primo si inarcò sotto il suo peso. Non c'era nessun battente sulla porta di metallo non verniciata, solo una leva arrugginita per aprirla. Con un brivido, si voltò a guardare il cielo e notò che le nuvole si stavano addensando. La porta si spalancò scricchiolando.

Entrò guardandosi intorno, ma non vide nessuno. La sua attenzione fu catturata dalla parete sulla sinistra, dove c'era un'enorme cucina in ottone. Quattro pesci erano posati accanto a una padella sfrigolante. Si avvicinò e spense il fornello; sentì una specie di borbottio. Si concentrò per capire da dove provenisse, ma improvvisamente cominciò a piovere e tutta la casa risuonò in modo sinistro.

È solo pioggia, pensò.

Dopo essersi convinto che al piano terra non ci fosse nessuno, salì la scala a chiocciola, che portava al piano di sopra. Arrivato sul pianerottolo, si trovò davanti due porte; qualcosa lo attirava verso quella sulla destra. La spinse ed entrò.

Gli sembrò di essere tornato indietro di secoli, quando una bambina dai lunghi capelli neri lo aveva preso per mano e portato nella sua stanza. «Se nessuno ti vuole, puoi stare qui con me... » aveva esclamato con vocina sottile.

Come allora, l'ordine regnava nell'ambiente, saturo di libri, squadre e bilance. Odore di carta e ferro si mischiò al profumo di lei. Potenza delle correnti d'aria, pensò, o forse gli era solo rimasta nelle narici.

Si inginocchiò per prendere un pugnale che si trovava sotto un inutile specchio ovale. Cosa se ne facesse una persona cieca, era un mistero. L'arma era l'unico oggetto fuori posto in quella stanza. Lo prese in mano con devozione. Se avesse avuto tempo, sarebbe rimasto in quella posizione per ore. Immobile. Silenzioso. Invisibile.

Lei sapeva che lui era qui, da quest'altra parte dello specchio che li divideva. Forse ne era cosciente tanto quanto lui, quasi con dolore. Forse, sicuramente, stava invece solo pensando a se stessa, al suo ordine, alla missione, al futuro che lui non poteva garantirle. Ma quando mai le aveva garantito qualcosa? Nemici fin dall'inizio, nonostante avessero provato a essere altro.

«Stai diventando avventato, Reaper.»

L'eco della voce del Matto restò per un po' nell'aria. Reaper si alzò lentamente con il pugnale stretto in mano e fissò lo sguardo grigio in quello bicolore dell'altro.

«E tu, Jack, stai diventando sfrontato.»

Pensava davvero che, nascondendo il suo richiamo con qualche diavoleria, poteva avere qualche speranza di sopraffarlo? Il suo corpo statuario si tese, pronto a mettere fine a quell'incontro. Ma prima voleva togliersi un paio di dubbi.

«Come sei riuscito a nascondere il tuo richiamo?»

L'altro ghignò, poi si chinò per alzare leggermente una gamba dei larghi pantaloni rossi che portava. Sulla caviglia destra spiccava il tatuaggio di un serpente che si mordeva la coda, l' uroboro.

Reaper scosse la testa. «Quella morte non ti apparteneva . . . »
Dike aveva sconfitto il Bagatto; lei aveva decretato la sua morte, ma aveva permesso a Jack di sferrare il colpo finale. E ora il Matto possedeva i suoi poteri, tra cui quello dell'inganno, capace di camuffare il richiamo di un Arcano.

Il Matto si intristì e la sua faccia assunse le sembianze di quella di un bambino imbronciato. «Lei non voleva questi poteri. La sua purezza . . . »

In un baleno un pugno si abbatté sul volto del Matto, che cadde rumorosamente per terra. Morte si abbassò e gli puntò il pugnale all'altezza del cuore. «Usa ancora una volta la parola purezza abbinata a Dike e sarà l'ultima che pronuncerai. Perché mi hai attirato qui, a costo della tua vita?»

Il Matto rovesciò gli occhi, dopo di che delle scosse percossero braccia, gambe e testa. Cominciò a schiumare dalla bocca.

Reaper sussultò; sapeva cosa stava succedendo, lo aveva visto accadere tante di quelle volte, eppure non si era ancora abituato. Il potere del Matto si manifestava così. Quando l'attacco epilettico passò, Jack si mise a sedere e lo guardò senza vederlo, dondolando tutto il corpo.

«Il due separa il tre riunisce. Un triangolo: due punti separati nello spazio si assemblano e si riuniscono in un terzo punto situato più in alto. Ma Il Quattro non porterà stabilità. Muco, sangue, bile gialla, bile nera scorreranno sulla Terra. Un'altra tempesta si prepara all'orizzonte.»

Reaper sbuffò. Il tre simboleggiava gli Arcani Maggiori superstiti. Lui, La Morte, Jack, Il Matto e Dike, La Giustizia. E il quattro? Non c'era nessun altro. Un nuovo pericolo? Nessuno poteva competere con un Arcano Maggiore. Esistevano altre carte del Mazzo, ma erano quasi prive di poteri; di solito si affidavano a un Arcano per servirlo e ottenere protezione, non erano una minaccia. Nessuno di loro se ne era mai servito. Nessuno di loro era interessato a crearsi un esercito. . . Un esercito? No! Il bastardo che secoli prima aveva provato a crearne uno, usando le altre carte, per soggiogare tutti gli umani, era stato eliminato. Si passò una mano sul volto, come a scacciare quel fastidioso pensiero. Poi guardò il Matto, che sembrava essere ritornato in sé.

«Chi è il quattro? Siamo rimasti solo in tre!»

Jack lo guardò come se non avesse capito di cosa stesse parlando. Poi un ghigno gli comparve sul volto. «Non tre, Quattro. Il Quattro

Morte si rigirò il pugnale tra le lunghe e affusolate dita, come a decidere se piantarglielo o meno nel petto e liberarsi in un sol colpo di lui e delle sue farneticazioni.

Il Matto tirò fuori dalla tasca dei calzoni una carta coperta che gli lanciò. Questa saettò velocemente nella sua direzione, poi cadde ai suoi piedi, rivelando un Arcano capovolto. Un uomo brutale, tirannico, egoista, avaro, avversario temibile. La carta numero IV. L'Imperatore.

«No, Vivienne lo ha ucciso tanto tempo fa» urlò all'indirizzo del Matto, che fece un sorriso amaro.

«Ti sei sempre fidato troppo dell' Imperatrice . . . »
Un luccichio gli balenò nell'occhio verde. Per lui era fonte di immenso piacere saperne di più della Morte. «Hai mai visto il tatuaggio sul suo corpo?»

Reaper si immobilizzò. «Perché avrebbe dovuto mentire? Lo odiava più di tutti.»

Jack si alzò lentamente e gli andò vicino. Alzò la testa per poterlo guardare negli occhi. Reaper lo superava di almeno venti centimetri. «Vanità» gli rispose, alzando le spalle.

Non voleva lasciare lo sguardo di Morte. Era molto divertente osservare gli occhi del suo nemico riempirsi di dubbi. Nemico? Era una strana parola per riferirsi a lui. C'era stato un tempo in cui avrebbe potuto chiamarlo con il suo esatto contrario, amico.

Erano poco più che bambini quando una Tarasova, una lettrice di tarocchi, in fin di vita e i quattro Arcani, che le erano stati affidati, si erano presentati nella loro casa. Evie, la Tarasova che si occupava di lui, Dike, Temperance, Watt e Ra, voleva mandarli via, sostenendo che era pericoloso far restare insieme tutti quei giovani Arcani. Ma prima che qualcuno potesse fermarla, Dike era andata verso i nuovi arrivati e aveva teso la mano verso un bambino biondissimo, dallo sguardo corrucciato, Reaper. Lui, dopo un'iniziale titubanza, l'aveva presa.

«Lasciali restare con noi, Evie. Non succederà nulla... Jack lo saprebbe altrimenti.»

Allora lui si era fatto coraggio e si era messo accanto a Dike. Non aveva avuto nessuna visione, ma per farla contenta, l'aveva assecondata. «Non succederà nulla» aveva affermato, sicuro.

E invece era successo di tutto. Non all'inizio, quando erano ancora giovani e alle prese con i loro poteri, né dopo, quando erano iniziati gli scontri con gli altri Arcani. Il loro gruppo era il più forte e compatto. Le straordinarie doti di combattimento di Reaper e Dike, la forza di Alcibiade, il potere subdolo e mortale di Vivienne, i fulmini di Watt, il potere di annientare con i peccati di Temperance, i poteri opposti di Ra e del Diablo, uniti alla sua preveggenza, creavano un mix difficile, se non impossibile, da sconfiggere.

Poi era arrivato l'Imperatore con i suoi eserciti ed erano iniziati i primi dissidi. Reaper e Dike, per quanto legati, avevano iniziato a manifestare sentimenti opposti nei confronti degli umani. Lei voleva che fossero lasciati al loro destino, punire solo i colpevoli, Reaper voleva scatenare un'apocalisse e sterminarli perché troppo imperfetti, corruttibili, irrimediabilmente guasti. E mentre le loro discussioni si inasprivano, Vivienne aveva cominciato a dare segni di squilibrio e alla fine aveva ucciso Ra.

La morte del Sole aveva fatto decidere Dike che aveva giustiziato Vivienne; Reaper non le aveva perdonato quell' esecuzione. Si erano divisi, odiati, combattuti. E questo lui non era riuscito a prevederlo.
Infine erano arrivate le visioni di Dike e Reaper senza vita ricoperti del proprio sangue e alla loro spalle un mondo in fiamme.

Aveva fatto la sua scelta, aveva seguito Dike, Temperance e Watt perché amava la prima fin da quando aveva posato gli occhi su di lei e avrebbe fatto di tutto perché quello che aveva visto non si realizzasse. E ora, con la minaccia dell' Imperatore all'orizzonte, aveva bisogno che il nemico ritornasse amico, aveva bisogno di Morte.

«Devi trovare Dike e convincerla a darti ascolto» disse tutto d'un fiato.

Reaper lo guardò sgranando gli occhi luminosi. Questo doveva essere il piano del Matto per farlo ammazzare, pensò. «Appena Dike mi vedrà, cercherà di uccidermi. E poi come mai non è con te?» Quella era la prima domanda che avrebbe voluto porgli appena lo aveva visto, ma si era trattenuto.

Jack chinò il capo, sconfitto. «Mi ha lasciato. . . quando ha scoperto che avevo fatto morire Temperance al suo posto.»

Reaper si massaggiò il collo con una mano. Lo aveva sospettato. Non era da Dike farsi da parte. Jack aveva previsto che quella volta lui non si sarebbe fermato, l'avrebbe uccisa e aveva manipolato la situazione affinché Temperance prendesse il suo posto. E Dike aveva un rapporto complicato con il perdono.

«Non pensi che l'odio che prova per me sia più grande, visto che ho materialmente ucciso Temperance? Non sei il suo più caro amico, quello del cuore, che ha sempre protetto e ascoltato?» Reaper sibilò le ultime parole.

L'altro scosse la testa. «No. Non mi perdonerà mai e non mi ascolterà. Devi andare tu.»

«Appena mi vedrà mi strapperà il cuore con le sue mani.»

«L'Imperatore è sulle sue tracce. Vuole i suoi poteri. Se non riuscirà a portarla dalla sua parte, e tu sai che lei si rifiuterà di cedere, a costo della vita, lui la ucciderà» urlò esasperato.

Era sola, senza Jack ad indirizzarla non conosceva il pericolo e l'Imperatore aveva un esercito ai suoi ordini.

«Nessuno può toccarla né tanto meno ucciderla, quello posso farlo solo io. . . Ma tu verrai con me!» ringhiò all'indirizzo del Matto, poi gli voltò le spalle, così non vide il fulmineo sorriso soddisfatto sul suo volto.

Un grazie ad AlessiaBarbanera per le splendide illustrazioni della casa del Matto e di Reaper. 🌹❤️

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