Capitolo 1

Elena

Il mio sonno viene interrotto dal suono della sveglia. Dio, lo odio quell'aggeggio! Con un occhio aperto e uno chiuso cerco a stento il bottone per spegnere quel dannato oggetto, poi mi giro dall'altro lato e sbuffo. Per le persone pigre come me è un orrore doversi alzare alle 7 di mattina. Mi alzo a fatica dal letto e mi trascino in bagno per darmi una rinfrescata. Appena mi guardo allo specchio faccio una faccia buffa e penso a quanto la gente si sbagli sul mio conto. Mi reputano tutti la ragazza perfetta, sempre in ordine e mai con un capello fuori posto. Se solo sapessero che in realtà è tutta una facciata, che nessuno è perfetto, tantomeno la mattina presto. Rido per i miei deliri e inizio a lavarmi. Per mia grande fortuna l'acqua della doccia mi dà nuova vita e riesco finalmente ad aprire gli occhi. Mi asciugo velocemente i capelli e poi mi dirigo nella mia cabina armadio. Già, per chi non lo sapesse, la mia casa sembra una reggia, mi chiedo come Luiza possa riuscire a tenere tutto pulito e profumato. Dopo vari minuti di indecisioni e perplessità il mio outfit è pronto. Indosso una camicetta bianco crema con dei piccoli bottoni al centro, dei jeans attillati neri e i miei preziosissimi stivaletti con il tacco. Opto anche per degli orecchini a perla e un bracciale oro. Poi decido di non truccarmi troppo, giusto una piccola passata di eyeliner, mascara e lucidalabbra, rigorosamente alla fragola. Afferro il mio zaino rosa e scendo al piano di sotto.
Come previsto, Luiza ha preparato una buonissima colazione. Sul tavolo ci sono dei pancakes, le fette biscottate, la crema di nocciole, alcuni croissant, il mio amato caffè e tante altre cose buone.

"El, cara. Buongiorno, hai dormito bene?" mi chiede Luiza

"Buongiorno Iz. Abbastanza bene, grazie. Sembra tutto buonissimo!" rispondo, prendendo posto a tavola e ispirando l'aroma di buono che aleggia nell'aria

"Serviti pure, tesoro."

Luiza è la nostra governante. È una simpatica donna sulla cinquantina, di origine colombiana, con la pelle olivastra, gli occhi scuri, così come anche i suoi capelli. Ma ciò che più la contraddistingue è il suo fantastico sorriso, non so che farei senza di lei. Per me è un po' come una seconda mamma, come la zia simpatica con cui organizzi gli scherzi da fare alla famiglia. Senza di lei sarei davvero persa qui in casa, è l'unica che mi ascolta senza giudicarmi o criticarmi. È arrivata qui vent'anni fa, dopo aver perso il marito in un incidente sul lavoro. Lui si chiamava José e faceva l'ingegnere. Un giorno, durante un sopralluogo in un cantiere, il muro portante cedette e lui venne schiacciato dalle macerie. Non avevano figli e Luiza all'epoca lavorava come insegnante in una scuola primaria. Distrutta dall'accaduto, decise di andarsene, per venire a vivere qui a San Francisco. Provò a cercare lavoro, ma a quanto pare nel nostro paese lei non era sufficientemente formata per svolgere l'insegnamento. Alla fine il destino l'ha condotta sulla nostra strada...e grazie al cielo, aggiungerei! Mi ha sempre detto che sono come una figlia per lei, e io ogni volta mi sciolgo davanti alla sua dolcezza. È incredibile come una donna con così tanta tristezza alle spalle abbia la forza per sorridere ed essere felice.

Sorrido a Luiza e riempio il piatto con almeno una di tutte le cose presenti sul tavolo.

"Noah è già andato via?" chiedo, mentre addento il mio croissant

"Sì, circa un'ora fa. Mi ha detto di augurarti un buon inizio di anno scolastico." mi dice, con aria amareggiata

"Immaginavo. Non ha nemmeno avuto il tempo di venire a salutarmi."

"Ah, mi ha lasciato anche questo..." mi porge un bigliettino verde con quella che riconosco essere la grafia di Noah

Buongiorno piccola Elly, scusa ma sono dovuto partire presto. Ci tenevo tanto ad augurarti un buon ultimo primo giorno di liceo, anche se ho fatto promettere a Iz di dirtelo personalmente. Non sono ancora partito e già mi manchi, spero di sentirti presto.
Mi raccomando, fai la brava. Io torno appena mi è possibile.
Ti voglio bene.
Il tuo fratellone

Sorrido alla lettura del biglietto e mi scappa un tenero sorriso.

Mio fratello è il figlio perfetto, amato sia da mamma che da papà. È l'erede, il prediletto. Lui non sbaglia mai, sempre impeccabile, con il suo sguardo di ghiaccio e l'egoismo che contraddistingue i Donfort. Non gliene faccio una colpa, d'altronde è il primogenito, è normale che ci si aspetti che sia lui a mandare avanti gli affari di famiglia. Studia Legge a Stanford, è al secondo anno e, ovviamente, ha una media impeccabile. Però, con me è tutt'altro che il freddo e apatico Noah Donfort che tutti conoscono. È tenero, fraterno, premuroso, iperprotettivo e un super rompipalle. Insomma, il classico fratello maggiore. Il nostro è un rapporto incasinato ma stupendo, amo mio fratello. Da quando ha iniziato il college passiamo sempre meno tempo insieme e a maggior ragione ora che ha iniziato a gestire qualche affare di famiglia. Nemmeno a lui piace molto l'idea di dover essere il prediletto delle Donfort Industries, ma ci tiene molto ad avere l'approvazione di mamma e papà e l'unica cosa che posso fare, da brava sorella, è sostenerlo e aiutarlo quando serve.

"Era veramente dispiaciuto di non averti salutato, mi devi credere. Questa mattina stava proprio per venirti a svegliare, quando ha chiamato il signor Donfort..." Luiza mi guarda, sapendo già di andare a toccare un tasto dolente

"Lasciami indovinare, gli ha detto che un buon studente arriva sempre in anticipo il primo giorno..." dico, alzando gli occhi al cielo

"Elena, sai perfettamente che i vostri genitori vogliono solo il meglio per voi."

"Sì, Iz, lo so. Ma vorrei che per una volta mostrassero un po' di affetto, come dei veri genitori. Sono stanca di questa situazione."

"Vi vogliono bene, sia a te che a Noah. Su questo ne sono più che certa." mi sorride lei

"Io non ne sono così sicura..." dico, abbandonandomi leggermente sul tavolo

I miei genitori, che dire di loro. William e Margaret Donfort. Mio padre ha conosciuto mia madre durante il college, ad Harvard. Lui studiava giurisprudenza, mentre mia madre architettura. Galeotto è stato il caffè che l'allora ragazza di mio padre rifilò addosso a quest'ultimo, nella caffetteria in cui mia madre lavorava. Da quel momento hanno iniziato ad uscire insieme, si sono laureati, si sono sposati e ora eccoci qui.
Mio padre è sempre stato il classico figlio di papà, con tanti soldi e molte ragazze che lo rincorrevano. Mamma, invece, non è sempre stata la donna sofisticata che è ora. Era semplice, umile, devota allo studio e un'abile giocatrice di tennis. Con il passare degli anni si è adattata allo stile di vita di papà, attenta alla vita mondana e all'apparenza.
Entrambi sono innamorati l'uno dell'altro, anche se spesso si sente quel velo di freddezza tra loro. Sono sempre stati dei genitori abbastanza permissivi, non ci hanno mai fatto mancare nulla. Quando io e Noah eravamo piccoli, facevamo spesso viaggi insieme e mi ricordo che ci divertivamo un mondo.
Quando papà ha preso le redini dell'azienda di suo padre è diventato un vero stacanovista e mamma lo ha seguito, da brava vicepresidente. Da quel momento il rapporto tra noi e i nostri genitori è come precipitato verso una cascata impetuosa. Niente più viaggi, niente più serate film e pizza, niente più momenti insieme. Ora esiste solo il lavoro e lo studio, niente sciocchezze. Abbiamo portato avanti solo una tradizione di famiglia, la cena il giovedì sera.
Io adoro i miei genitori, sia chiaro, ma avrei soltanto voglia che mi mostrassero quell'affetto che ricevevo da piccola, vorrei essere trattata come una figlia e non come un progetto da presentare alla società.

"Su, forza. È ora di andare a scuola! Hop hop!" Luiza batte le mani allegramente

Prendo il mio zaino, saluto velocemente Luiza con un bacio e mi dirigo verso l'esterno. Appena esco sento una macchina arrivare e fermarsi davanti a casa mia.
Kayla mi saluta dal posto di guida, mentre Charlotte mi incita a muovermi.

Kayla e Charlotte sono le mie migliori amiche. Kayla e io ci conosciamo dalla nascita, i nostri genitori sono amici e abitiamo vicine, nello stesso quartiere. È una ragazza alta, dalla carnagione olivastra e dai lunghi capelli color cioccolato.
Charlotte si è trasferita qui 3 anni fa con sua madre e sua sorella, dopo che il padre le ha abbandonate per rifarsi una vita con un'altra donna. È poco piu bassa di Kayla, castana, con gli occhi nocciola e un sorriso da togliere il fiato. Viveva in Francia, a Nizza, dove frequentava un conservatorio molto prestigioso.
So di avere delle amiche stupende, non perchè siano belle -beh si, lo sono eccome- ma perchè sono la mia roccia, le mie confidenti, le mie sorelline. Non ci capita mai di litigare in modo pesante, cerchiamo sempre di confrontarci ed essere sincere per non spezzare quel legame così forte che ci unisce. Charlotte ci ha spiritosamente soprannominate "Le 3 Moschettiere", inutile dire che è stata la sua vena francese a proporre la cosa. Ma a me piace, mi piace il rapporto che abbiamo. Ci siamo sempre l'una per l'altra, anche a costo di sbatterci in faccia la triste verità. È questo quello che amo di più di noi tre: il supportarci sempre e comunque, ma senza mai privarci di quelle che sono le nostre opinioni o presentimenti.
Siamo come l'acqua, un composto chimico formato da tre atomi, legati indissolubilmente da una forza superiore. Mi piace pensare all'acqua perchè è l'unico elemento sulla Terra in grado di essere presente nei tre stati allo stesso tempo -solido, liquido, gassoso- ma anche perchè è ciò che permette la vita.

"Hey ragazze! Come state?" chiedo, prendendo posto nei sedili posteriori dell'auto

"Assolutamente euforica per l'ultimo anno di liceo!" batte le mani entusiasta Charlotte

Kayla alza gli occhi al cielo. "Fa così dall'esatto momento in cui si è svegliata, la prossima volta dorme da te."

Rido, mentre Charlotte dá una leggera botta sulla spalla di Kayla, che spinge sull'acceleratore verso la scuola.
Il viaggio verso la Pacific Coral High School dura all'incirca 15 minuti, tra il lento traffico che domina le strade di San Francisco e i simpatici battibecchi tra le mie due amiche.
Mi lascio cullare dalla voce di Taylor Swift che esce dalle casse della Mercedes di Kayla e in un batter d'occhio mi ritrovo nel parcheggio della PCHS.

"Terra chiama Elena!" Charlotte mi agita una mano di fronte agli occhi

"Sì, scusatemi." mi sveglio dal mio stato di trance e scendo dalla macchina

"Avete sentito che alcuni studenti della South Oak sono stati trasferiti qui? Mi chiedo come sia possibile..." inizia Kayla

"Dove ci sono soldi e violenza è possibile tutto" continuo io

"Non siate troppo crudeli, ragazze. Non è colpa loro se sono stati cresciuti da cattive persone."

"Tu sei troppo buona, Cha. Non tutti hanno buone intenzioni come te." alzo le spalle e mi guardo in giro per vedere se Cole sia già arrivato

"Nessuna traccia del tuo principe azzurro?" chiede Kayla

"Probabilmente è in ritardo." sospiro "Mi accompagnate a prendere il nuovo orario intanto?"

Loro annuiscono e insieme ci dirigiamo verso l'ingresso maestoso della scuola.
Il giardino che anticipa l'edificio è una grande distesa verde, con qualche albero sparso qua e là per donare zone di ombra, e sentieri che lo attraversano. Al centro del giardino c'è una fontana circolare, ornata da statue di delfini e stelle marine.
L'edificio è in stile moderno, alto quattro piani, la facciata è realizzata con mattoni rossi e presenta tre grandi portoni. Sopra al portone centrale, sulla facciata, c'è lo stemma della scuola -un delfino che nuota tra le onde- e affianco è inciso il nome della stessa, con i suoi colori -rosso, bianco, azzurro.
Al piano terra si trovano la segreteria, gli uffici dei professori, la caffetteria, la mensa e gli armadietti. Dal secondo al terzo piano ci sono le aule dedicate all'insegnamento, mentre al quarto piano ci sono i vari laboratori, attrezzati con gli strumenti più all'avanguardia, la biblioteca e il teatro. Non a caso è una delle scuole più prestigiose di tutta la California. Mi chiedo se i nuovi arrivati saranno all'altezza.

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Liam

"Liam, c'è qui Marcus! Muoviti e porta il tuo culo qui di sotto, farete tardi!" urla mio padre dal salotto

"Sì, lo so papà! 10 minuti e scendo!"

Dio, è il primo giorno e già non ne posso più. Quando mi hanno comunicato che ero stato scelto per una borsa di studio in un istituto facoltoso non avrei mai pensato di dover andare proprio in quella scuola da ricconi figli di papà. Invece eccomi qui, mentre mi preparo per dirigermi alla Pacific Coral High School. Solo il nome mi dá già sui nervi.
Come se non fosse abbastanza dovrò sorbirmi le occhiatacce dei saccenti del North, e Dio solo sa quanto io e quella gente non possiamo andare d'accordo.
Voglio solo finire questo anno scolastico e poi filare dritto al college, è quello che mi ripeto mentre preparo le ultime cose. Per quanto sia un incubo, quella scuola è l'unico modo per poter entrare nel rinomato programma di chirurgia di Yale. Una nota a favore è che con me ci sarà il mio migliore amico Marcus e altri compagni della South Oak.
Mi lancio una veloce occhiata allo specchio del bagno e scendo al piano di sotto, dove c'è mio padre seduto sulla vecchia poltrona del salotto.

È l'unica persona della mia famiglia che mi rimane. Mia madre è morta quando ero piccolo, a causa di un tumore ai polmoni, mentre i miei nonni non li ho mai potuti conoscere. E poi c'è la mia piccola Hayley, il mio angelo custode. Quel dannato pomeriggio di novembre ho giurato che prima o poi avrei fatto giustizia, e così sarà.
Niente è stato più lo stesso da quel momento: mio padre si è buttato nell'alcol, nel gioco d'azzardo e in assurdi giri loschi in cui poi io mi sono trovato catapultato. Ho iniziato a bere e fumare, a fare uso di droghe e a dover sistemare i casini che mio padre aveva disseminato nell'ombra. In poco tempo sono diventato il capo del mio clan, i Dead Souls. Non vado di certo fiero di quello che sono diventato, ma quando mi è stata portata via Hayley sono morto insieme a lei.
Così ora siamo solo io e mio padre Michael, costretti a vivere nel South, il posto più malfamato e dannato di questa città.
Io non ero così, non ero spietato, crudele, manipolatore. Le circostanze mi volevano in questo modo e io mi sono semplicemente adattato alle circostanze.

"Merda amico, siamo in un ritardo fottuto." mi dice Marcus, appoggiato alla parete del salotto

"Lo so benissimo, prenderemo una scorciatoia." dico, mentre prendo il casco e le chiavi della moto

"Figliolo, quando esci da scuola ci sarebbe quella faccenda da sistemare..." inizia mio padre

"Non preoccuparti, non mi sono dimenticato. Ci vediamo questa sera."

Saluto mio padre con un cenno del capo e usciamo velocemente dal fabbricato rudimentale che è casa mia. È un'umile casa a schiera, strutturata su due piani. È composta da una cucina, un bagno, un salotto, un ripostiglio e tre camere da letto. Dire che è spaziosa sarebbe un eufemismo, ma è abbastanza per poterci vivere.
In realtà ci potremmo permettere una casa molto più agiata, siamo tutt'altro che poveri a dirla tutta. Ma il nostro denaro è sporco e non voglio che mio padre finisca in carcere solo perché voglio abitare in una reggia. Casa mia mi piace così com'è.
Era la casa che mio padre aveva ereditato dai genitori e, alla morte di mamma, abbiamo deciso di stabilirci qui. Michael non riusciva più a permettersi l'affitto della casa nel North, io dovevo andare a scuola e non c'era nessuno che potesse badare Hayley se non i vicini fidati. Il South era l'alternativa più sicura.
Scendiamo i gradini che collegano il portico al piccolo cortile dinanzi l'abitazione e raggiungiamo i nostri bolidi a due ruote parcheggiati a bordo strada.

"Hai detto scorciatoia, giusto? Ti seguo." dice Marcus, infilando il casco

Indosso il casco e accendo la mia BMW S1000RR blu, un regalino che mi sono fatto per il mio compleanno.
Accelero e guido attraverso le strade della città, seguito da Marcus e la sua Kawasaki verde.
Riusciamo a guadagnare tempo e arriviamo davanti alla scuola addirittura in anticipo.

"Wow Liam, è una figata qui!" esclama Marcus

"Sì, abbastanza. Non per rovinare la tua già elevato entusiasmo, ma questa gente è pericolosa. Vivono nella ricchezza sperando di poter distogliere l'attenzione sul marcio che hanno nelle loro vite." dico, guardandomi attorno con disprezzo

"Proprio non li sopporti eh?"

"No, non dopo quello che hanno fatto ad Hayley." sputo con tutto l'odio che ho dentro

"Lei non ti vorrebbe così, lo sai."

"Lo so, cazzo. Lo so benissimo, ma non posso state fermo a guardarli mentre continuano con le loro vite perfette mentre la mia è un'autentica merda per colpa loro, mentre la sua le è stata negata."

Ho ancora vivido nella mia mente il ricordo di quel dannato giorno. Prima la gioia, le risate, i sorrisi, la sua voce che riempiva la mia anima. Poi il gelo, lo stridio delle gomme sull'asfalto, il suo grido, il panico, le mie urla in cerca di aiuto, lei distesa, ricoperta di  sangue, il terrore nei suoi occhi, quegli occhi che poi si sono chiusi per non riaprirsi più.

Una pacca sulla spalla mi riporta alla realtà.

"Hey Liam!" mi saluta Jaden, con al seguito Josh

Jaden è uno dei miei compagni della South Oak. Ci siamo conosciuti al primo anno di liceo, quando ancora le cose andavano bene. All'epoca viveva nel South con la sua famiglia, poi i suoi si sono separati e ora vive nel North con la madre e il fratello Josh. Al contrario mio e di Marcus, Jaden e suo fratello sono riusciti ad entrare alla Pacific Coral perché la madre è molto amica della direttrice. Ah, queste conoscenze.

"Jaden. Josh." dico, salutando i due fratelli con un leggero sorriso e il mio solito cenno del capo

"Qualcosa mi dice che sarà un lunghissimo anno." interviene Josh

Decisamente lungo.

Sospiro. "Forza, andiamo a profanare le panchine di questa immacolata scuola."

I tre mi seguono e insieme ci dirigiamo verso una delle panchine situate vicino alla fontana che primeggia nel giardino verde.
Come previsto, non abbiamo impiegato molto ad attirare l'attenzione su di noi. Forse le giacche nere di pelle e gli anfibi scuri non sono proprio l'abbigliamento perfetto per passare inosservati. Ma alla fine poco mi interessa.
Riceviamo non poche occhiate da parte di gruppetti impegnati nelle loro chiacchiere senza senso. Loro mi guardano male, io li fulmino con lo sguardo.

"Questa gente sarà spocchiosa quanto vuoi, ma le ragazze sono deliziose..." dice Marcus, mentre saluta con la mano una ragazza mora

"Per l'amor del cielo, Marcus. Non iniziare." lo castigo subito

"Eddai, che c'è di male? Infondo siamo qui senza alcun inganno, è nostro diritto." interviene in sua difesa Jaden

"Dovremmo in qualche modo ambientarci, no?" ribatte il mio migliore amico

"Regola numero uno. Assolutamente proibito affezionarsi a qualsiasi ragazza del North." ricordo al mio gruppo

La regola numero uno del Patto è senz'altro una delle più importanti. Dopo la morte di Hayley ho chiuso con qualsiasi tipo di sentimento, soprattutto l'amore. L'amore rende deboli e vulnerabili. L'aprirsi a una persona, mostrare le proprie fragilità, non è altro che offrirgli l'arma per distruggerti. E io non posso permettermi il lusso di essere distrutto. Non ancora per lo meno. Non prima di averle reso giustizia.
Non mi sono mai innamorato. Ho avuto molte ragazze, ovviamente. Ma mai nessuna di cui mi sia realmente importato. La mia fama mi precede, questo lo so bene. Una ragazza quando si avvicina a me sa che non potrà essere amata da me, sa che non potrò far altro che divertirmi e sfogarmi. Ahimè sì, sono il classico cattivo ragazzo che si porta a letto le ragazze e il mattino seguente le liquida con la promessa di richiamarle -cosa che chiaramente non succede mai.
Sono Liam Parker, il bastardo del South.
L'amore non fa per me.

"E quelle chi sono?" chiede ad un tratto Josh, indicando tre ragazze che stanno passando attraverso il giardino

Mi volto verso quella direzione e rimango abbagliato da una di loro. È la più bassa del gruppo, ma senz'altro la più radiosa. Bionda, fisico snello e una sicurezza tale da farmi tremare.
Ci passano vicine, le due che non ho minimamente guardato ci lanciano un'occhiata di terrore misto pietà, mentre lei neanche ci fa caso.
Non ho alcun dubbio. Dal modo in cui risalta sulle altre, dal suo abbigliamento che trasuda ricchezza, purezza e nobiltà, so che è lei.
La principessa del North.
C'è qualcosa che non mi dà la possibilità di toglierle gli occhi di dosso, anche quando è già ben che arrivata all'ingresso della scuola.
Rimango fisso a guardare l'ultimo punto in cui sono riuscito a scorgerla.

"Che dicevi a proposito della regola numero uno?" mi sfotte Marcus

"Oh, ma zitto." rispondo prepotente, riuscendo finalmente a spostare lo sguardo tra le risate dei miei amici

Sarà decisamente un anno molto lungo.
E quella perfettina dal fare magnetico non mi renderà sicuramente le cose facili.

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SPAZIO AUTRICE

Ciao popolo di Wattpad! Finalmente sono tornata dopo un luuuuunghissimo periodo di assenza e credo di averlo fatto nel modo più bello possibile, ovvero con una nuovissima storia.
Vi spiego brevemente com'è nata perchè ci tengo anche a ringraziare quella persona che mi ha dato lo spunto per scrivere. Questa storia nasce dalla mia assoluta immersione in quella che era una sceneggiatura nata per un gioco di ruolo. Io e questo ragazzo abbiamo iniziato a far parlare i personaggi e a far succedere le cose in modo assolutamente fluido e naturale. Mi ero talmente tanto appassionata e immedesimata che ho deciso di riscrivere tutto. Ovviamente solo la trama di base e alcuni personaggi sono pienamente in linea con quello che è stato il gioco di ruolo, e che ho riadattato praticamente i 3/4 di quello che succede, in modo da rendere tutto più mio. Ci tenevo quindi a ringraziare M. per avermi fatto conoscere Elena e Liam.
Spero di riuscire a portare anche voi lettori nella storia di questi due ragazzi e a farvi innamorare di loro.
Ovviamente attendo un vostro feedback sul primo capitolo.
Altra cosa importante a cui tengo: la pronuncia del nome della protagonista. Nonostante si scriva Elena in modo totalmente normale, vorrei che lo pronuciaste/leggeste in forma ingelse/spagnola (quindi come se ci fosse un'acca davanti). Per farvi capire meglio, si pronuncia come Helena di The Vampire Diaries (con l'accento sulla seconda E). Scusate per questo piccolo appunto, ma nella mia testa lei è sempre stata così e vorrei lo fosse anche per voi. Ovviamente siete liberi di interpretare le parole come meglio credete ahahah.
Un bacio♡

La vostra Hopy

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