Capitolo 2


*Broke an early promise

Put trust in an unknown

Fell headlong into the arms

Of the first that stirred me 


Mentre aspirava piccoli sorsi di succo, Mirko, con la testa girata verso Annika, la osservava.

Era davvero dimagrita tanto questa volta. Le clavicole sporgevano in modo esagerato e gli zigomi si erano fatti talmente pronunciati che le guance sembravano ancora più infossate. Le labbra erano sempre belle, forse ancora di più e gli occhi... Gli occhi avevano perso quella luce gioiosa, quella di quando lei lo abbracciava con entusiasmo all'annunciarsi di qualche bella notizia da parte di lui.

Quando l'aveva vista per la prima volta, sei anni prima, lì in quel locale ad Amsterdam a servire ai tavoli, aveva pensato subito che fosse sprecata per quel lavoro. Una ragazza di quella bellezza. Così fine e delicata, una figura quasi eterea.

L'aveva guardata con interesse, come faceva di solito per approcciare una ragazza. Però, con lei non sembrava funzionare, anzi, evitava proprio il suo sguardo.

Doveva fare in un altro modo. Desiderava proprio conoscerla.

Aveva preso a frequentare il locale e capito che lei lavorava su turni. Vista la sua frequenza lì, adesso si scambiavano qualche parola in inglese e qualche volta lei aveva sorriso appena. Lui si era mostrato sempre gentile, con modi garbati, toni misurati e gesti delicati.

Lei gli era sembrata molto diffidente. Di sicuro, una ragazza così riceveva tante pressioni dagli uomini. Forse non ne poteva più.

Quella sera lui aveva cenato con altri amici occasionali, incontrati lì durante la sua permanenza. Poi, loro erano andati via e lui aveva aspettato fino all'orario di chiusura.

Quando era venuta per sparecchiare gli aveva detto, Non mi piacciono i tuoi amici.

Hai ragione, non piacciono neanche a me.

Lei aveva sorriso.

Ti accompagno? La proposta gli era venuta spontanea, forse incoraggiato da quel sorriso e lei aveva accettato.

Avevano percorso a piedi alcune stradine interne finché erano giunti davanti a una palazzina bassa. Lei gli aveva spiegato che divideva l'appartamento con altre due ragazze. Però, aveva la stanza tutta per sé, aveva aggiunto.

Mirko l'aveva guardata intensamente e questa volta lei non l'aveva evitato. Le aveva preso la mano ed erano saliti insieme. All'epoca, Annika non era magra come adesso. Tutte le curve più appetitose per un uomo stavano nei punti giusti, specialmente quelle posteriori.

L'aveva fatta godere così tanto che lei gli aveva confessato che era la prima volta che provava un piacere così. Voi italiani siete bravi a letto. Non avete fretta, aveva mormorato.

Vieni in Italia con me, parto tra due giorni.

                                                                                                         ****

Eugenio aveva trovato da qualche parte lì sulla nave un pezzetto di corda, di quelle robuste da marinaio. La teneva nella parte centrale tra il pollice e l'indice e ondeggiava il braccio su e giù, così da far sembrare che la corda prendesse vita, come un essere alato che il ragazzino faceva volteggiare nell'aria correndo ed emettendo strani versi incomprensibili.

Marina non lo perdeva mai di vista, anche mentre si intratteneva a parlare con Antonia.

«Quanti anni ha?» le chiese quest'ultima.

«Undici».

«È un bel ragazzo, con quei riccioli che gli scendono sugli occhi. Fai bene a non tagliarglieli».

«Somiglia a suo padre... Tu, hai figli?»

«Sì, uno. Ha vent'anni. Si è trasferito a Perugia per studiare Veterinaria».

Antonia avrebbe voluto aggiungere altro, così, per sfoggiare ulteriori qualità di suo figlio, come fanno di solito le madri, ma si bloccò. Marina si sarebbe chiesta se Eugenio avrebbe mai frequentato l'Università.

Durante le sue piroette il ragazzino andò a sbattere contro Annika. Lei e Mirko sussultarono e si voltarono entrambi. Quando se lo ritrovò addosso la ragazza allungò una mano per accarezzargli la testa.

Lui la guardò.

Ad Antonia non sfuggì la scena. Eugenio non era solito guardare qualcuno così.

«Oh, accidenti!» Marina si mosse con velocità per andare a recuperare suo figlio.

«Ma non ti agitare!» la fermò Antonia. «Aspetta». Antonia aveva capito che l'oggetto di interesse per il ragazzino era il septum al naso della ragazza.

Marina si fermò un attimo ad ammirare la scena, capitava di rado che Eugenio si interessasse a qualche persona, specialmente se sconosciuta. Quando si mosse verso suo figlio, Annika alzò la testa e incontrò lo sguardo di Antonia. Si fissarono per qualche istante.

La donna notò che gli occhi della ragazza erano tristi e lucidi.

«Mi scusi» mormorò Marina alla ragazza. Appoggiò le mani sulle spalle del ragazzino e lo scostò con delicatezza. Lei accennò un timido sorriso, alzò le palpebre verso Antonia ancora un attimo, prima di allontanarsi da lì e raggiungere una zona poco più avanti. Mirko la seguì, le prese un braccio, ma lei lo strattonò seccata.

«Oh, mannaggia!» Marina, insieme a Eugenio si riavvicinò ad Antonia. «Non posso distrarmi un attimo con lui».

«Stai tranquilla» la rassicurò l'altra «non si è infastidita per lui» e intanto non smetteva di fissare la scena poco distante. Anche Marina s'incuriosì.

                                                                                                       ****

Gli occhi di quella donna sembravano scrutarla, per questo aveva preferito spostarsi in una zona più lontana. Prese posto su una seduta rimasta libera. Mirko invece  era rimasto in piedi, a un paio di metri di fronte a lei, appoggiato alla balaustra, col viso rivolto al mare.

Annika ricordò quel giorno che lui era entrato con irruenza nell'appartamento che condividevano, tenendo in mano un volantino.

«Guarda! È proprio quello che ci serve ora» aveva detto agitandoglielo davanti. Lei era rimasta distesa e  impassibile, in uno stato catatonico che durava da mesi. Un'espressione spenta, nessuna voglia di vivere. Non riusciva a condividere nessun entusiasmo con Mirko.

Lui gli si era seduto accanto e aveva preso ad accarezzarle la testa, il collo, la schiena.

«Dai, bimba, partiamo! Ce ne andiamo per un po' lontano da qui, lontano da tutti. I soldi non ci mancano. Ti rimetterai».

I soldi non ci mancano. Già.

Soldi ottenuti con attività illecite e il ricordo di quella a cui aveva contribuito lei, la più illecita di tutte, le provocava il voltastomaco.

Più lui parlava con quel tono effervescente, più lei provava nausea.

Era stato solo per poco tempo, che con Mirko una volta in Italia, si era sentita felice. Le era sembrata una vita quasi normale quella che svolgevano insieme. Aveva sempre capito che gli affari di Mirko non erano del tutto puliti, ma lui era gentile, premuroso. La portava fuori a cena, al mare, a ballare. Le lasciava dei soldi con i quali era libera di acquistare quello che voleva. La faceva sentire amata e apprezzata.

Per la prima volta aveva pensato che la scelta di lasciare casa, la sua famiglia, non era stata sbagliata.

Aveva pianto tanto dopo che, annunciata ai suoi la sua decisione, suo padre l'aveva offesa, le aveva inveito contro e invitata, senza mezzi termini, a lasciare la casa immediatamente. Se doveva andare a fare la puttana, che uscisse subito da lì.

E sua madre era rimasta impassibile.

Le era dispiaciuto lasciare i suoi due fratelli e la sorellina. Annika era la prima di quattro figli. I genitori erano da sempre agricoltori, come lo erano stati i nonni. Vivevano in un paesino della campagna olandese e coltivavano fiori sotto serra. La vendita era assicurata e il ricavato riusciva a mantenere tutta la famiglia.

Una famiglia tutta impegnata nel lavoro con i fiori. I fratelli dopo il rientro da scuola e lei più di tutti, visto che aveva terminato gli studi.

Lavoravano, mangiavano, vedevano la TV. Pochissimo svago. A volte riprendevano l'attività lavorativa anche dopo cena, tanto le serre erano sempre illuminate con luce artificiale, soprattutto quando bisognava raccogliere i fiori, confezionarli e aspettare che il corriere passasse a ritirarli.

Aveva avuto paura Mirko, questa volta. Aveva temuto di perderla quando l'emorragia non si arrestava. Per questo, appena assicuratosi che fosse fuori pericolo, le aveva sussurrato con le labbra vicino all'orecchio, Ci fermiamo, bimba, te lo prometto. Ci fermiamo qui.

Eppure, questa volta Annika non era riuscita a credergli. Non l'avrebbe mantenuta quella promessa. Lei gli rendeva troppo. Una fattrice di prima classe. Tre parti su tre gravidanze.

In fondo, lui non era diverso dagli altri, aveva solo recitato meglio. Lei era cascata nella trappola, si era fidata di quello sconosciuto, un altro che pensava soltanto ad approfittarsene.

Come aveva fatto a non capirlo?

All'inizio lei gli aveva detto di sì. Faremo un sacco di soldi, bimba.

All'inizio lei credeva si trattasse di amore, anche quando un estraneo le stava sopra e Mirko, lì accanto, le teneva il viso girato verso di lui, le stringeva la mano e le diceva, Guarda me, bimba, guarda solo me!

Ma un anno fa era nata una femminuccia e quando Annika l'aveva guardata le era apparsa alla memoria l'immagine di sua sorella neonata. Non era riuscita a trattenersi e mentre le lacrime scendevano copiose, si svuotava anche di tutti gli altri fluidi corporei.

Non le importava di morire.

Aveva accettato di partire proprio perché sperava in un evento funesto. Un'isola sperduta in mezzo all'oceano, disabitata, senza alcun servizio al quale erano abituati poteva essere l'occasione per porre fine a quella vergognosa esistenza, sua e di Mirko.


L'altoparlante annunciò l'apertura della sala mensa. Mirko si girò e la raggiunse. Lei si ridestò da quei pensieri quando la prese per mano e la tirò a sé. Non oppose resistenza e lo seguì.

Si avviarono verso l'interno, Mirko aveva fame.


* dal testo 'Between two points'

Ho infranto una promessa in anticipo

per porre fiducia in uno sconosciuto

Cadere a capofitto nelle braccia

del primo che mi ha emozionato


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