• XVI •
Temere l'amore è temere la vita.
E chi ha paura della vita,
è già morto per tre quarti.
Bertrand Russell
Infilo la chiave nella serratura della porta blindata, ma una voce agitata e fuori di sé, mi costringe ad origliare. E so che è sbagliato ed è da maleducati ascoltare le conversazioni altrui, però dopo quello che è successo, penso sia lecito non rispettare del tutto la loro privacy.
<< Non è andata a scuola, di nuovo! Ha fatto sega, o come dicono loro, con Libera e quegli scapestrati dei suoi amichetti. La porteranno sulla cattiva strada, possibile che non te ne freghi nulla? >>
Socchiudo le palpebre e provo ad immaginarmela: è in piedi davanti mio padre, si porta una mano perfettamente curata alla fronte e scuote la testa, come se io le provocassi sempre l'emicrania.
È arrabbiata con me anche nella mia fantasia, non mi sopporta perché non le do più ascolto, perché faccio sempre come voglio. Ed è ancora più infuriata con mio padre, dal momento che giustifica sempre i miei comportamenti.
E immagino anche lui: è seduto tranquillo a risolvere le parole crociate con la sua amata penna a sfera, la stessa che non presta mai a nessuno, gli occhiali da vista calati bene sul naso visto che da vicino non vede più tanto bene, e una pazienza infinita che, purtroppo, non è riuscito a trasmettermi.
Forse ciò è dato dal fatto che non sono davvero sua figlia e che, alla fine il DNA è più forte dell'affetto e del bene messi assieme.
<< Suvvia, non essere così melodrammatica. È stata una ragazzata, a diciotto anni penso sia normale >> le risponde pacato il mio papà, il mio eroe.
Sorrido, ecco, lo ha fatto di nuovo.
<< Normale? Tu, alla sua età, uscivi solo due volte la settimana perché dovevi prepararti per gli esami! E non ha più diciotto anni, ne sta per compiere diciannove, dovrebbe mettere un po' di buon senso, cazzo! >>
Mamma ha perso le staffe, non è da lei dire parolacce né alzare la voce in questo modo. Ha sempre temuto che i vicini ascoltassero tutto e, per lei vale il detto "i panni sporchi si lavano in famiglia".
<< E tu, alla sua età, cosa facevi? >> le domanda provocatoriamente.
Me lo immagino di nuovo: ha posato la penna a sfera e ha chiuso la settimana enigmistica, la osserva con durezza, con uno sguardo che ai suoi occhi chiari proprio non si addice.
<< Questo non me lo merito e tu lo sai! >> gli risponde la donna che, sono certa, lo ama ancora.
Adesso la sua voce è più bassa, tuttavia la fragilità che mi arriva, m'irrompe dentro.
"No, mamma non vergognarti. Le cavolate vanno fatte, le scelte sbagliate vanno prese. Erano i tuoi diciannove anni, era troppo presto per smettere di commettere errori. Non vergognarti di ciò che sei. Non te lo meriti, mamma..."
<< Scusami, non avrei dovuto >>.
Nonostante il suo dolore, lui non riesce ad essere cattivo, a fargliela pagare. Probabilmente, perché l'amore non svanisce nel giro di ventiquattr'ore, forse l'amore non svanisce mai.
<< Davvero non c'è più niente da fare? >> gli domanda speranzosa.
Sta piangendo, non lo fa mai... Ma la risposta di papà non arriva, non credo che arriverà mai.
<< Mi raccomando, non dirle niente quando torna a casa. Questo è il suo modo di metabolizzare la questione, non puoi farle una colpa per un tuo errore >> si raccomanda.
<< Rischia di rovinare il suo percorso scolastico così facendo e io non voglio >>
<< Il suo percorso scolastico, come lo chiami tu, è quasi finito. Non sarà un giorno saltato a rovinare questi cinque anni di superiori >> sdrammatizza.
Non sento la risposta di mia madre poiché mi decido a girare la chiave, aprendo così la porta.
La casa è impregnata di luce in ogni angolo.
Oggi, dopo tanta pioggia, il Sole splende alto e fiero in un cielo azzurro decorato da qualche piccola nuvola passeggera.
Eppure, il mio umore è totalmente all'opposto e stavolta non sono in grado di rispecchiarmi nel cielo, ma ho scelto di tornare a respirare, a sorridere. Serro i pugni e prendo un respiro, incamero più ossigeno possibile, questa è una di quelle decisioni che ha la capacità di cambiarti la vita.
Mi dirigo in cucina e li trovo entrambi seduti intorno al tavolo, proprio come avevo immaginato. Mamma prova ad asciugare le lacrime, ma il mascara che ha usato non è waterproof, quindi le ha cerchiato gli occhi castani di nero.
<< Sei bella lo stesso anche con il viso sporco >> le dico per rassicurarla, per farle capire che io le voglio bene così com'è.
Lei alza lo sguardo e mi osserva, ecco che arriva la sfuriata, però prima che lei apra bocca la precedo.
<< Oggi non sono entrata a scuola. Ho fatto sega e vi chiedo scusa >>.
Aspetto una loro risposta, ma noto che sono leggermente disorientati da questa mia spontanea confessione. Solitamente non faccio altro che accampare scuse per giustificarmi, ma ho quasi diciannove anni, devo prendermi le mie responsabilità.
Mia madre ha sbagliato, ma avrebbe potuto abortire e nascondere per sempre il proprio tradimento, ma ha preso un'altra decisione: la più difficile.
Io non voglio altro che seguire il suo esempio.
<< Papà, promettimi una cosa >> lo guardo fisso negli occhi.
Non ho tempo per pensare che non è stato lui a regalarmi la vita, perché mi rendo conto che i suoi occhi sono uguali ai miei: fieri, testardi, gentili.
<< Promettimi che resterai sempre tu mio padre, anche se... >>
<< Tu devi conoscerlo, perché ti completerà, ti offrirà un nuovo pezzo di te. Io sarò sempre tuo padre, ti ho cresciuto e non cambierà mai il fatto che ti amo come prima che lo scoprissi >>.
Gli occhi mi si riempono di lacrime, finalmente riesco ad affrontare il disastro che è diventata la mia vita. La guardo in volto e l'affronto, solo così si può crescere.
<< È un momento commovente, ma non azzardarti più a saltare la scuola. Solo per questa volta non ti dico niente >> s'impiccia mia madre con il sorriso sulle labbra.
La sua bambina sta crescendo, forse adesso ha compreso che non può far altro che rimanere a guardare.
**
Ho chiacchierato coi miei per qualche minuto, finché non è diventata un'ora e ho avvertito il bisogno di riflettere e di rimanere da sola.
Mi sono rintanata in camera mia, seduta sul pavimento gelido, con la schiena poggiata all'armadio, protetta tra il letto e le mura. È il mio angolino, sin da piccola, anche se solo adesso ci entro alla perfezione.
Ripenso alle parole di Filippo, al modo in cui mi ha presa per mano e mi ha portata sotto quell'albero.
<< Scusami >> mi ha detto.
<< Di cosa? >> gli ho domandato confusa.
<< Dimentica tutto ciò che è successo l'altra sera. Non c'è mai stato nessun bacio, nessuna rivelazione. Fai come vuoi, ma non evitarmi! >>
Aveva stretto le labbra in una smorfia infastidita e mi aveva fissato negli occhi. Io, al contrario, difficilmente sono riuscita a sostenere il suo sguardo.
Avrei voluto chiedergli tante cose, ma quella sua richiesta mi aveva lasciata a bocca aperta.
Dovrei esserci abituata, eppure non è così: mi stupisce sempre, non è mai stato banale, perché è talmente complicato?
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