• VI •

Prima di essere schiuma
saremo indomabili onde.
Cesare Pavese

La lezione è ripresa da un po'.

Beatrice parla fitto con Giada, a volte mi guardano, soffocano una risata.
Le ignoro sospirando, la mia testa è da un'altra parte.

Era un bacio innocuo, era preoccupato per me, ma allora perché mi sento così vuota?

Libera mi parla, non capisco di cosa, credo lo faccia perché spera che l'ora finisca più in fretta. L'ascolto senza capirla davvero, nel frattempo scrivo qualche appunto relativamente importante sul fascismo.

La testa mi esplode, d'altronde me la sono cercata.

Il cellulare s'illumina di nascosto nell'astuccio.

AMORE: resta a casa domani. Puoi approfittarne, quando lavorerai non potrai più farlo.

Ignoro anche lui, sempre lavoro, lavoro e lavoro.
Adesso penso solo al momento in cui tornerò a casa e dormirò fino a domani mattina.

Venti interminabili minuti dopo, la campanella suona e tutti sembrano felici che Mussolini sia rimasto sepolto nel libro di storia, me compresa.

<< Mi spieghi che cos'hai? >> mi domanda Libera.

Mi squadra con sospetto, con gli occhi sembra dire "lo so che non me la racconti giusta, so che non mi hai detto tutto".
Scuoto la testa, anche se so che non le basterà come risposta.

Di sottecchi noto Giada alzarsi, un falso sorriso le sporca il viso troppo truccato, sicuramente ne avrà un'altra in mente delle sue.

<< Mi chiedevo una cosa... >> dice con fare civettuolo a Filippo.

I miei sensi sono in allerta, la mia migliore amica la fissa con astio.
Né io né Libera vogliamo che qualcuno entri nel nostro piccolo gruppo, soprattutto alcuni compagni di classe che vogliono solo creare scompiglio.

Un'altra storia è che io non voglia che un'altra ragazza si avvicini troppo a Filippo, anche se questo nessuno ovviamente lo sa, tuttavia penso che lo presuppongano dal momento che gli stanno sempre appiccicate come le mosche alla carta moschicida!

<< Potresti accompagnarmi a casa dopo la scuola? Per favore... >> gli domanda spavalda, mostrando un'innocenza che non possiede.

Filippo sorride, leggermente a disagio, me ne rendo conto solo io, o almeno credo. Quando si trova in una situazione scomoda, distoglie lo sguardo con un movimento quasi impercettibile.

Lui guadagna tempo, Giulio ride, Libera si nasconde dietro il suo spiccato sarcasmo e io? Beh, io scappo in un ostinato silenzio, tanto chi vuol capirmi ci riesce anche senza aver bisogno di troppe parole.

La mia migliore amica mi afferra la mano sotto il banco e la stringe nella sua: è una nostra tradizione, un modo per sfogare la rabbia.

<< Non può. Deve accompagnare noi >> le risponde Libera.

Intercetto lo sguardo di Filippo, mi scruta come volesse interpretare i miei pensieri.

"Lascia perdere, è solo tempo perso..."

<< Davvero? >> domanda nuovamente mettendo un finto broncio.

Filippo non sembra neanche notarlo, le regala uno dei suoi sorrisi più belli e io non posso far altro che rimanerci male, di nuovo.

<< Mi dispiace. Azzurra ha la febbre, non posso mandarla con il pullman >>.

Sento il cuore accelerare non appena pronuncia il mio nome. Lo guardo e scopro che lui mi sorride.

Il suo sorriso è come il Sole che si specchia nell'acqua al tramonto, uno spettacolo.

Oppure è il fulmine che rischiara il cielo durante un violento temporale, una meraviglia.

Giada mi lancia un'occhiataccia e torna dalla sua compagna di banco, odiosa e subdola quanto lei.

<< Mi accompagni a fumare? >> domanda Filippo a Giulio, che non se lo fa ripetere due volte.

Ci lasciano lì, a vederli con un drum che già penzola dalle loro labbra prima che spariscano nel corridoio.

<< Adesso mi dici cos'hai fatto? >> mi domanda nuovamente Libera e so che questa volta non posso rifiutare.

Le racconto quello che è successo ieri sera, dell'intervallo, dei nostri silenzi, di quel bacio affettuoso.
Vuoto tutto, tutta la rabbia, tutta la frustrazione.

<< Potete non parlarvi più,  ma non capisci che sei insostituibile per lui? Tu gli piaci! >> afferma convinta.

Scuoto la testa, perché un ragazzo che mi ama già ce l'ho e glielo ricordo.

<< Lo so, però... >> si ferma, dubbiosa se continuare oppure no il suo discorso.

La esorto ad andare avanti, forse ho un lato masochista.

<< Azzù, parliamoci chiaro. Non ti vedo più entusiasta come un paio di mesi fa. Sembri una moglie intrappolata in un matrimonio infelice >> mi dice cauta.

Che ne può sapere lei? Chi è per giudicare?

La verità è che non sa più di tanto, eppure ha la convinzione di sapere tutto. In un altro momento non mi avrebbero dato fastidio le sue parole, tuttavia non riesco proprio a mandarle giù e glielo dico. Neanche la sua faccia sconvolta placa il mio sfogo, neanche quando si alza ed esce dalla classe.

Tutti gli occhi sono puntati su di me, sento già qualcuno parlare a bassa voce della reazione di Libera e del possibile motivo.

Ho capito una cosa, ne ho le palle piene di persone che pretendono di sapere.

Frugo nello zaino per cercare le cuffiette, sono le 12.15.

L'ultima ora è di buco.

~

<< Amo, andiamo a cena fuori stasera. Ti porto al ristorante che ti piace tanto, sei contenta? >> dice canticchiando un motivetto felice.

Sono a casa, la faccia sembra mi vada a fuoco e sono cinque minuti che lo metto al corrente di come mi sento debole.
La sua unica risposta è stata "sicuramente hai bisogno di un pisolino".

Vorrei non uscire stasera, ma sentirlo così felice m'impedisce di farglielo presente. Accetto fingendo entusiasmo, il pensiero del mio letto non si scolla dalla mia mente.
Lo saluto e chiudo la chiamata, infilo gli auricolari e mi lascio cullare dalla voce modificata con Auto-Tune di qualche rapper emergente.

Sono esausta.

Abbandono lo zaino sul pavimento della mia stanza, le chiavi sulla scrivania e mi tolgo i vestiti per infilarmi una tuta comoda.

Non appena appoggio la nuca sul cuscino, tutto inizia a girare finché lo stato di dormiveglia non si trasforma in un sonno profondo.

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