• IX •
Nel tempo dell'inganno universale,
dire la verità
è un atto rivoluzionario.
Anonimo
Rientro a casa.
Il silenzio mi accoglie e io lascio che s'impadronisca di me.
Ripenso alle parole del professore di matematica e rifletto su quanto avessimo bisogno che qualcuno ci dicesse che ha fiducia in noi.
Sarebbe meglio se tutti parlassero guardandosi negli occhi, non ci sarebbero segreti né bugie.
Non ci sarebbe Libera che finge di non interessarsi a me.
Non ci sarei io che ignoro Filippo.
Non ci saremo io e Giulio che fingiamo di volerci bene davvero.
Non ci sarebbe mia madre che non mostra i propri sentimenti a nessuno, ma se li tiene gelosamente per sé.
Evito questi pensieri e posiziono la Moka sul fuoco. Nel frattempo prendo il cellulare e compongo il numero di Ciccio.
Uno, due, tre, quattro squilli. Risponde prima che scatti la segreteria.
<< Amore? Guarda dove vai deficiente! >>
<< Tutto apposto? >> gli chiedo, divertita dalla sua irruenza.
<< Un coglione mi ha tagliato la strada. Come cavolo guida la gente? >> domanda esasperato.
Chiacchieriamo per qualche minuto, oggi è davvero una giornata stressante per lui, va molto di fretta e a causa del traffico si spazientisce sempre di più.
<< Ti va di andare al cinema questa sera? >> gli domando speranzosa.
<< Al cinema? Stasera? No amore, non te la prendere ma sono già stanco di primo pomeriggio. Pensa questa sera... >>
<< Io sono uscita con la febbre l'altro giorno per te! >> gli rispondo aggressiva.
<< Senti, se stavi così male non saresti uscita. Quindi finiscila di fare questa scena >> ribatte incavolato.
Sono talmente sotto pressione che gli rispondo male e, parola dopo parola, litighiamo violentemente.
Ci tiriamo rabbia contro per altri dieci minuti, ci urliamo sopra volendo aver ragione a tutti i costi finché, stanco, mi attacca il cellulare in faccia dicendomi che sono una ragazzina che non lo capisce.
Persino il caffè si è raffreddato ed è più amaro del solito.
Svuoto il bicchierino di plastica nel lavello della cucina e tiro fuori il libro di storia.
Mi butto sul divano che, sotto il mio peso, esplode in un sonoro poof.
"Il mondo alle porte della Seconda Guerra Mondiale" recita il libro.
Oggi di studiare non ne ho proprio voglia, tuttavia è dall'inizio dell'anno che m'impegno per uscire con un punteggio decente e questo mi motiva a dare il meglio di me.
Mi sforzo di concentrarmi, ma i minuti trascorrono e la mia mente è altrove.
Penso, penso, lo faccio ripetutamente.
Con violenza chiudo il libro e prendo il cellulare: nessun messaggio, nessuna chiamata.
Vorrei uscire, vorrei che la testa si svuotasse di tutti i problemi, vorrei non essere sola.
Compongo il numero di Libera, senza esitazione perché dopo anni lo conosco a memoria. Indugio sulla cornetta verde, un secondo di troppo in cui mi costringo a cancellare il numero per rinchiudermi nella mia solitudine.
Sento la porta che viene aperta e dei passi che giungono in cucina.
Passi leggeri e frettolosi, di chi ha tante cose su cui riflettere e tante altre da svolgere prima che la giornata si concluda.
Sono rimasta seduta su una sedia per quasi un'ora, a rifletterci sembro fuori di testa.
<< Ah, sei a casa? >> mi domanda mia madre.
Annuisco e faccio per andarmene, ma lei si para irremovibile davanti la porta.
<< Ho bisogno di parlarti... >> inizia e purtroppo già so dove vuole andare a parare.
Lo so, ma non sono pronta ad affrontare la situazione. Magari se tardo ancora di qualche giorno, loro parleranno e troveranno una soluzione. O magari no.
<< Sì, domani. Non oggi, devo uscire >> le dico sbrigativa.
<< E dove devi andare? >> chiede scettica.
<< Da Libera. Ceno a casa sua, poi i genitori mi riporteranno a casa >> e mentre lo dico, fuggo nella mia camera.
Recupero il giubbotto, perché di sera cala ancora l'umidità, le chiavi di casa e il cellulare. Allaccio le Adidas bianche ed esco sotto il suo sguardo affranto.
Un leggero venticello smuove le foglie appena nate degli alberi e un brivido mi corre lungo la spina dorsale.
Sblocco il telefono e faccio partire una chiamata. Squilla, non ci impiega molto a rispondere.
<< Che è successo? >> domanda in allerta.
<< Vieni a prendermi, ti prego >> gli dico soffocando un singhiozzo.
<< Va bene, ma tutto apposto? >>.
Annuisco, lo aspetto sotto casa e dopo un suo "dammi una ventina di minuti", attacco.
Spazio autrice.❤️
Ciao, è la prima volta che ritaglio un piccolo spazio per me.
Inanzitutto volevo scusarmi per il breve capitolo, purtroppo è stata un'esigenza in quanto il prossimo capitolo sarà abbastanza lungo.
La storia inizia a cambiare e ad affrontare tematiche importanti, ve ne accorgerete.
Volevo dirvi che la storia è arrivata a 755 letture in soli nove capitoli e per questo grazie mille! ❤️
Vi ricordo di lasciarmi una stellina o anche una piccola recensione.
Secondo voi, come cambierà la trama?
A chi risponde a questa domanda, farò recapitare a casa tante caramelle. 😂
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