• II •

Il primo giorno che ti ho vista,
qualcosa dentro di me si è spaccato.
Dicono che accada
quando due anime sono predestinate.
Bukowski


Io non ho mai creduto ai colpi di fulmine.

Ho sempre pensato che fossero belle storie da vedere al cinema; trame sempre più articolate e strappalacrime riescono ad illuderti tanto da portarti a sperare che ci sia una base di realtà in novanta minuti circa di pura finzione.

Non ci credo ai sogni, alle belle parole, al "volere è potere".
La vita mi ha insegnato a credere solo a ciò che vedo, a non credere che tutti i sogni e le ambizioni si possano realizzare; il destino gioca la propria partita a scacchi e spesso, a perdere sei proprio tu!
  
Qualcosa, tuttavia, non è andata come mi aspettavo: una mattina uguale ad un'altra, poco importa che fosse mercoledì o giovedì, mi ha strappato le convinzioni nel tempo di un respiro mozzato, più breve.

La prima volta che l'ho visto e ho incrociato i suoi occhi, dentro di me qualcosa s'è rovesciato, come un bicchiere di vino rosso che cade creando un disastro.

Ecco, più o meno, mi sentivo così...

Lui era il vino rosso sulla mia tovaglia bianca...
 
Le farfalle nello stomaco, lo sguardo perso e il contatto fisico non rientravano nelle mie priorità. Quando l'ho incontrato, pensavo di non aver posto né tempo e né voglia per l'amore; quell'emozione portava rogne, brutti pensieri, tante paranoie ed io ero già troppo stanca di soffrire.
  
Ci siamo frequentati quasi per passatempo, per giocare agli innamorati, a quella coppia che nessuno dei due era pronto ad affrontare.

Lo avrei capito solo dopo e, in parte, non lo avrei capito mai.

Gli corro incontro; mai una volta che scendesse dalla macchina e mi aspettasse a scuola, mai una volta che venisse a salutare i miei amici, mai una volta che si presentasse con una rosa.

Scuoto la testa, tentando di dissolvere pensieri che iniziano ad essere troppo rumorosi per essere ignorati.
  
Apro lo sportello e mi butto sul sedile in modo da evitare le gocce insistenti di pioggia.

Ciccio indossa gli occhiali da sole nonostante il brutto tempo, sostiene che lo infastidisca il bianco sporco del cielo, per lui non è rilevante quanto a me infastidisca parlare con una persona che non mi guarda negli occhi.

<< Odio questo parcheggio! È la seconda volta che mi devo spostare. La prossima volta ti aspetto vicino al bar! >>

Alzo gli occhi al cielo, innervosita dal suo comportamento.

<< La prossima volta puoi anche aspettarmi a casa! >>

Si volta e il suo sguardo si addolcisce, mi sfiora una guancia e mi attira a sé per baciarmi. Una macchina dietro di noi ci avvisa con il clacson che stiamo bloccando l'uscita, cosicché lui impreca azionando il motore.
  
Quest'ultimo periodo è sempre più nervoso e sembra quasi gli sia dovuta la mia presenza nella sua vita. Probabilmente mi sbaglio, sarà l'ansia per la maturità, sarà che con i miei genitori i rapporti vanno a scatafascio, saranno i mille dubbi...

Lui non ne sa niente, non voglio addossargli i miei problemi: è un ragazzo più grande, mi sento quasi in dovere di dimostrargli che non sono una ragazzina, anche se i miei problemi non sono comuni a tutte le ragazze della mia età, ma questo lui non lo sa.

Arriviamo a casa sua in un quarto d'ora.
È lì che l'ho incontrato, è lì che qualcosa dentro di me non ha funzionato ed è sempre lì che il mio cuore, per la prima volta, si è fermato solo per battere un po' più forte.

Quella casa ormai la conosco bene, ci passiamo la maggior parte del tempo, lontano dagli sguardi altrui e dove ritroviamo noi stessi dopo una delle nostre frequenti litigate.

Lo vedo armeggiare tra i fornelli, muoversi con nonchalance mentre prende il pacco di pasta, il sale, l'olio...

Sembra sia nato per fare tutto ciò che fa, mi domando ancora perché stiamo insieme.
Lui è troppo per me ed io sono un tale disastro...

Tutte le persone di cui mi circondo sono simili, non riesco a legarmi a nessuno a parte che a poche persone.

Non conosco le loro storie, ma so che si rispecchiano nella mia. Te le senti dentro certe affinità, col tempo impari a riconoscere gli sguardi, le movenze, le insicurezze degli altri quasi come fossero le tue.

Si chiama "empatia": la capacità d'immedesimarsi nelle emozioni altrui.

È una qualità bellissima, ma è una fregatura poiché ti rende vulnerabile.
  
Sono legata a Libera.

Non so neanche come e quando sia successo, non ricordo nemmeno più la prima cosa che ci siamo rivelate, tuttavia ricordo ancora il suo sguardo. Uno sguardo forte, di quelli che sanno leggerti dentro, di quelli che non ti giudicano, bensì comprendono tutto quello che nascondi e, come una caccia al tesoro, cercano le tue paure, cercano la bambina che tieni dentro e che non vuoi far uscire.

Vi auguro di trovare un'amica come lei: così diversa, ma allo stesso tempo troppo uguale a voi...
Un'amica forte quanto un uragano quando si tratta di proteggervi e tanto fragile quando si tratta di affrontare le proprie paure...
Un'amica che piange quando vi vede piangere e un'amica che ride quando vi vede ridere.
E se la trovate, nonostante le differenze, nonostante colori il mondo di un colore diverso dal vostro, non scappate perché di legami rari il mondo sembra esserne pieno, ma di autenticità ce n'è davvero poca.
  
Sono legata a Filippo.

Lui è l'acqua del mare.

Quando sono triste o sono felice, quando penso che la vita sia orribile o quando rifletto su quanto sia preziosa, c'è solo una cosa da fare: andare al mare.
Mi perdo a vedere l'orizzonte, quella linea appena percettibile che divide o unisce due infiniti: quello del cielo e quello del mare.
Che sia fredda o calda, l'acqua mi rilassa.
Nuotare in apnea mi aiuta ad evadere da questa realtà; mi sento protetta, al sicuro, il silenzio rassicurante attutisce ogni schiamazzo in superficie mentre la pace sembra accarezzarmi.
Filippo è il mio mare sulla terraferma, in città, in montagna, dovunque.
Vorrei dirglielo, tuttavia non penso capirebbe, quasi nessuno ci riesce.

Ciccio porta i piatti di pasta al sugo in tavola, ero talmente assorta nei miei pensieri che mi ero quasi scordata di lui.

Il suo cellulare vibra sul divano, in questo modo lo avvisa dell'arrivo di un messaggio.

Lo guardo sorridere mentre lo legge e prima che io possa tenere a freno la lingua, gli domando chi sia il mittente della notifica.

<< Che fai, indaghi? >> mi chiede circospetto.

Il suo comportamento riesce sempre a farmi sentire sbagliata, come stessi in torto per avergli posto una semplice domanda.

Spesso ho avuto dubbi sul suo interesse nei miei confronti, poi ho raggiunto la conclusione che abbiamo due modi diversi di vivere una relazione.
Lui ha giustificato questa diversità con la differenza di età e mi ha tranquilizzata; siamo finiti che io mi sono adeguata a lui, ai suoi atteggiamenti e al suo modo di vivere, ho accettato tutto purché stessimo insieme e non me ne sono pentita.

Solo che a volte vorrei che mi venisse incontro, mi desse più attenzioni, mi capisse di più e imparasse a riconoscere i miei occhi soprattutto.

"Lo sai che faccio un lavoro che mi occupa tanto tempo e mi toglie molte energie", questa è la sua scusa per non vederci la sera, per non uscire quando c'è la partita, quando litighiamo e lui non vuole riconoscere di aver sbagliato.

<< È un mio collega di lavoro. Mi ha scritto che oggi è una giornataccia >> mi dice mentre mi sorride e il mio cuore si placa.

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