• I •
Piove,
ma tu sei il Sole.
Anonimo
La campanella della prima ora si sente a distanza.
Noi siamo ancora seduti sulla terrazza del nostro solito bar; aspetto con apatia che i miei amici terminino la loro briscoletta mattutina.
Li guardo: hanno le occhiaie sotto gli occhi di chi, per un motivo o per un altro, dorme poco, i capelli tirati indietro da quel gel che tra qualche ora li renderà crespi, i jeans sdruciti strappati, il drum che pende da un lato delle labbra.
Le sigarette costano troppo e loro fumano tanto, e non hanno intenzione di spendere quei quattro spiccioli che guadagnano per la loro malsana dipendenza.
La partita termina con la vittoria di Giulio e mentre lui esulta, io sbadiglio chiedendomi perché non sono rimasta a dormire questa mattina. La verità la conosco bene, solo che ammetterla mi costa una fatica che non ho voglia di sperimentare a quest'ora. Paghiamo la colazione al barista tanto gentile che ormai ci conosce bene. Noi siamo tradizionalisti: sono cinque anni che io e la mia migliore amica non abbandoniamo la terrazza del locale e il nostro tavolino isolato.
Da lontano il portone di scuola sembra un nido di vespe che si dirigono tutte insieme sulla vittima prescelta, solo che in quest'istituto le vittime sono proprio le vespe.
La nostra classe si trova al terzo piano di quattro, peccato che l'ultimo sia stato dichiarato inagibile e le porte siano state sbarrate.
Si narra che una studentessa, anni addietro, si sia gettata di sotto dopo aver subìto l'ennesimo episodio di bullismo... Leggende scolastiche, nessuno sa con certezza quando sia avvenuto e perché, di conseguenza credo sia uno dei soliti miti, simile alla leggenda della bocciatura all'ultimo anno: tutti la temono benché nessuno ci creda davvero.
<< Svegliati! Sembra che t'è morto il gatto! >>
<< Incisiva come sempre! >>
Libera.
La mia migliore amica dal primo anno di superiori, quando ancora non riuscivamo a posizionare bene l'assorbente sugli slip e la cosa più illegale che riuscivamo a fare era bere una Coca-Cola alle quattro del pomeriggio.
Un nome strano, adatto a lei. Chissà a cosa pensavano i genitori quando lo hanno scelto...
Sento una spinta e una risata dietro di me. Possono essere più insopportabili quei due ragazzi?
<< Non è giornata! >> esclamo guardandoli male, con la piena consapevolezza che mi rideranno in faccia.
<< Acida, hai le tue cose per caso? >>
Alzo il dito medio e regalo loro un sorriso fintissimo.
Bussiamo alla porta e attendiamo il permesso dell'insegnante.
Non so neanche che giorno sia oggi, ho lasciato nello zaino i quaderni di ieri, spero che qualche materia sia la stessa.
Ci fissano tutti, non è una novità, le persone ci guardano da fuori cercando di scovare una motivazione a quel quartetto bene assortito dalle casualità. Sappiamo ciò che pensano, le persone si fidano degli amici sbagliati, gli stessi che parlano e hanno la bocca larga.
Provano a scovare l'intreccio che si nasconde dietro quella situazione.
<< Alla buon'ora! >> esclama la professoressa di lettere.
<< Scusi prof, è colpa mia... Siamo rimaste a piedi con la macchina e sono dovuti scendere a prenderci >>.
Oggi è il mio turno d'inventarmi una balla, poco importa se non ho la macchina né la patente. Ci fa un cenno con il capo per indicarci i nostri posti e noi obbediamo.
Inizia subito a blaterare dei nostri ultimi temi, quindi aspettiamo che passi per i banchi e ci consegni il nostro foglio protocollo. Dieci minuti più tardi, siamo tutti intenti a decifrare il suo commento personale.
Libera ha portato a casa il suo meritato sette.
Io ho guadagnato un altro nove.
Filippo e Giulio hanno collezionato un'altra insufficienza.
<< Avete deciso di mettervi a studiare? Mancano pochi mesi alla maturità! >> ripeto loro per la centesima volta.
<< Stai tranquilla >> mi risponde pacato Filippo dandomi un buffetto sulla guancia.
<< Fate come vi pare! Io ancora che vi sto appresso! >>
L'ora termina e i vari gruppetti parlottano tra di loro, tuttavia percepisco degli sguardi che mi perforano la schiena. Mi volto e Beatrice ci sta fissando, sbuffo apertamente e mi giro verso i miei amici. Non so di cosa stanno chiacchierando, ma so che mi metteranno presto in mezzo.
<< Azzù, sabato sera: pizza o sushi? >>
<< Sushi! Non ci andiamo da un paio di settimane >> rispondo, consapevole di essere l'ago della bilancia.
Azzurra.
Mi piace il mio nome, ma non mi piace associato a me. Avrei preferito un nome normale, come Sara, Alessia, Martina... E invece Azzurra. Non ho mai chiesto ai miei genitori il motivo di quella scelta, non che ci parli molto.
Libera mi riscuote dai miei pensieri chiedendomi se qualcosa non va, le sorrido per rassicurarla dal momento che è solo un altro dei tanti periodi bui; non voglio annoiarla, non voglio caricarle addosso i miei problemi, penso di tirarmi su da sola. Cado e mi rialzo da sempre, per adesso non ho mai fallito.
La classe si zittisce, il chiacchiericcio scompare e tutti si alzano in segno di rispetto. L'insegnante di economia ci squadra con quel sorriso malefico che tanto ci spaventa, posa le varie borse sulla cattedra e si siede.
<< Buongiorno >> ci saluta.
Apre il registro e segna le assenze, gesti comuni e quotidiani, ma oggi qualcosa è diverso e tutti sembrano attendere la stessa cosa, ossia il nuovo giro delle interrogazioni.
<< Filippo, spero che tu abbia iniziato a studiare... >>
Scocco un'occhiata veloce al banco dietro il mio: Filippo guarda un punto sul pavimento, si sfrega le mani, visto che quando è nervoso non riesce a tenerle ferme e persino gli occhiali non nascondono lo sguardo intimorito dall'ennesima insufficienza.
Lui è il tipo di ragazzo che ingloba dentro di sé tanti sentimenti diversi, che non si confida mai, ma che corre da te non appena qualcosa non va...
<< Sai come funziona. Se nessuno si offre volontario al tuo posto, sarò costretta a segnarti un impreparato >>.
Filippo annuisce, tuttavia ho più paura che venga bocciato di quanta ne abbia lui, o forse non vuole ammetterlo ma si è già arreso. Loro non lo capiscono... Non capiscono che per loro farei tutto, sono il mio angolo di paradiso, sono tutto ciò che conta!
Alzo la mano e aspetto mi veda, pregando che non si rifiuti d'interrogarmi un'altra volta al posto loro.
<< Non è così che li aiuterai >> .
Non so cosa risponderle, perché so che ha ragione, ma sono testardi e a 19 anni si pensa di avere il mondo in mano, d'altronde lo penso anche io. Solo che il mio spesso va in frantumi...
Nuvole scure cariche di pioggia si affacciano dalle finestre della classe e noi, tra mezz'ora, dobbiamo uscire e tornare a casa. Ascolto di sfuggita le parole dell'insegnante, non si capisce chi vorrebbe di più che quest'ora interminabile finisse!
Volgo gli occhi verso il temporale che tra poco scoppierà e non appena sento il cielo ruggire, il mio cuore si calma e la serenità mi avvolge. Sebbene sia primavera, sembra una giornata d'inverno, ma nessuno vuole cedere al vento freddo che ci fa rabbrividire.
Accanto a me, Libera sospira.
<< Come ti può piacere il temporale? >> mi domanda mentre mi scruta come fossi un alieno.
<< Mi rilassa >> le rispondo semplicemente.
Sento il cellulare vibrare sul banco, leggo di sfuggita il messaggio e subito sorrido. Il mio ragazzo, preoccupato per il brutto tempo, verrà a prendermi a scuola dal momento che ha il giorno libero.
Non appena usciamo, saluto tutti per dirigermi al parcheggio. Per ultimo saluto Filippo, il ragazzo a cui tengo di più come amico, ma lui mi fissa con uno sguardo glaciale e si volta senza degnarmi di una parola.
Rimango lì per qualche secondo, imbambolata ad osservare la sua figura allontanarsi, chiedendomi perché a volte m'ignori in modo così brusco e rimanendo delusa come ogni volta...
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