Sangue di Unicorno

(continua dal precedente capitolo)

*

Dylan aveva preso possesso della Torre di Astronomia. Gli studenti non avevano il permesso di accedervi all'infuori dell'orario delle lezioni, ma il Ravenclaw si era intrufolato lo stesso. Aveva bisogno di un posto tranquillo in cui potersi dedicare alle prove tecniche di una serie di Incantesimi Oscuri così complessi, che neanche la McGonagall in persona li avrebbe saputi replicare.

Il ragazzo aveva scelto la Torre anche per avere modo di osservare i tetti innevati dei negozi di Hogsmeade. Voleva distrarsi con le luci e le decorazioni festive, fantasticando essere laggiù mano nella mano con Lily, che invece aveva visto uscire dal parco di Hogwarts in compagnia di Lou Smith.

Scacciò il malumore, per evitare che questo lo distraesse dal suo lavoro, e stabilì che avrebbe trasformato la sua rabbia in una maggiore prestanza negli incantesimi.

Mentre sedeva per terra, recitando alcune formule e agitando la bacchetta in aria, qualcuno bussò alla porta per tre volte di seguito. Era Albus, che entrò massaggiandosi le mani coperte dai guanti, sorpreso dal freddo gelido.

"Hai saputo? Dobbiamo andare."

"Sì." Ammise il Ravenclaw, sospirando. "Il suo elfo è appena venuto a dirmelo."

Stavano calando le tenebre e ormai non c'era motivo di attendere. Riunirsi a notte fonda sarebbe stato molto più complicato di una incursione pomeridiana.

"Sei pronto?" Albus era molto allarmato. Non potevano rischiare che qualcosa andasse storto, ma la possibilità c'era ed era molto alta. Nessuno di loro aveva mai maneggiato della Magia Oscura così potente.

Dylan annuì e si rimise in piedi. Insieme, i due ragazzi sgusciarono giù dalla Torre e scesero tutte le scale fino alla Sala d'Ingresso. Si respirava aria di festa, e un'occhiata alle decorazioni in Sala Grande li afflisse. Si sentivano distanti, di passaggio in un mondo che non gli apparteneva ma che, in fondo, non gli mancava davvero. Solo una cosa invidiavano, della banale realtà dei loro coetanei: la possibilità di stare con chi amavano.

Una volta all'aperto, il problema era capire come raggiungere la Foresta Proibita senza attirare l'attenzione del grosso cane terranova di Hagrid, che fiutava gli studenti scalmanati ancora meglio del suo enorme padrone. Il guardiacaccia era in casa, dove la luce era accesa. Non soltanto il fumo usciva dal camino, ma anche un odore dolciastro che ricordava quello dei biscotti al cioccolato, sebbene girasse voce che i suoi dolcetti fossero di aspetto e compattezza più simili a quell'artefatto babbano chiamato "cemento armato".

Albus e Dylan si nascosero dietro lo stesso Incantesimo di Disillusione. Il terranova se ne stava accucciato sul gradino d'ingresso della capanna, arrotolato su se stesso. Non entrava mai in casa, e non perchè Hagrid non ci avesse provato. Amava stare all'aperto, quasi avesse una sorta di sadico interesse nel fare la guardia, puntando uno per uno gli studenti malfattori che si aggiravano intorno alla capanna, ringhiando e sbavandogli addosso. Non per niente, Hagrid lo aveva legato con una catena molto resistente realizzata dai Goblin.

Al passaggio di Albus e Dylan, il cane si mise in ascolto. Alzò la testa e la puntò proprio dalla loro parte. I due non si lasciarono intimidire e continuarono a camminare in silenzio. Quando furono troppo vicini alla capanna, il cane ringhiò inferocito, scattò sulle zampe e abbaiò, tirando continuamente la catena che gli bloccava il collo.

"Che succede, Batuffolo? Che ti prende?" Domandò la voce infantile di Hagrid, che era uscito a controllare.

I due ragazzi accellerarono il passo sapendo di essere ancora invisibili agli occhi del Mezzogigante, ma non a quelli di Batuffolo, ed essendo decisi a seminarlo prima che il guardiacaccia avesse la pessima idea di sciogliere la sua catena.

Finalmente varcarono i confini della Foresta Proibita. L'abbaiare del cane spezzava il sottile brusio del vento che si infrangeva sulle fronde degli alberi. Dylan avvertì una punta di terrore nell'inoltrarsi in un ambiente ostile come quello della foresta, della quale non riusciva a vedere nulla. Sapeva che fosse abitata da moltissime creature pericolose, tra cui i Centauri, che non erano famosi per la loro ospitalità. Con loro avrebbe potuto discorrere di Astronomia, se solo lo avessero lasciato parlare prima di cercare di ucciderlo.

"Ha detto di aspettarlo qui." Commentò Albus, scrutando l'orizzonte del Castello.

Il cane di Hagrid, che parve essersi calmato dopo avere abbaiato senza sosta per diversi minuti, riprese a ringhiare inferocito. Dylan capì che Scorpius dovesse essere vicino. Apparve infatti poco dopo, dopo avere annullato il proprio Incantesimo di Disillusione. Ciò che proprio non si sarebbe aspettato, era di trovare Rose Weasley accanto a lui.

"Come... come hai potuto portarla?" Esclamò Albus, esterrefatto.

Anche Dylan pensò, irritato, che Scorpius doveva essersi ammattito se si presentava con lei dopo tutti quei discorsi sulla segretezza. Malfoy ringhiò alla stregua di Batuffolo, tirò Rose per il polso e la pose davanti a lui. La Gryffindor si era fatta spostare senza opporre la minima resistenza, come una bambola.

"L'hai Imperiata?" Domandò Dylan. "Meno male, Scorpius, ci hai fatto prendere un colpo."

"Certo che l'ho Imperiata, secondo voi sarebbe venuta spontaneamente? Imbecilli... Siete degli imbecilli, ecco perché il capo sono io!"

"Perché proprio lei?" Domandò Albus, con fare incerto.

"Serve un cuore puro per attirare una creatura pura. Andiamo." Scorpius si inoltrò davanti agli altri, trascinando Rose per le spalle. Una volta addentrati, accese il Lumos e lo stesso fecero i due compagni. "Va bene qui."

Erano arrivati in una piccola radura circondata dagli alberi e ricoperta dalla neve. Scorpius trascinò Rose nel mezzo e le ordinò di restare immobile. Insieme ai suoi scagnozzi, trovò riparo dietro ai cespugli.

Dylan percepiva che neanche Albus avesse il coraggio di chiedere quale fosse il piano. Per quanto tempo ancora Rose avrebbe fatto l'esca? Da sola, al buio, poteva attrarre ogni genere di creature. D'un tratto, il Ravenclaw comprese. Si voltò verso Scorpius, che vigilava attento sulla sua ragazza, e gli disse:

"Rose non serve ad attrarre l'Unicorno. Tu vuoi che sia in pericolo, perché soltanto così l'Unicorno verrà a salvarla."

Malfoy non negò. "Non avevo scelta." Replicò titubante. "Rose è l'unica ragazza pura che conosciamo. Se l'Unicorno non si presenta per lei, non lo farà per nessun altro."

Dylan era perplesso. Poteva aspettarsi che Scorpius sacrificasse persino la sua ragazza per ottenere la Bacchetta, ma faticava ad accettarlo. Era meschino. Dovevano pur esserci dei limiti al Male che era loro concesso compiere, bisognava pur conservare una qualche forma di pudore, delle regole, altrimenti come conseguenza sarebbero precipitati nell'abisso, come anche Kettleburn aveva predetto.

"Ora capisco come mai hai iniziato a uscire con lei proprio in questo periodo." Commentò Albus, da dietro un alto cespuglio, con voce piatta. "Sapevi che ci sarebbe servita."

Non ottenne risposta. Dai rispettivi nascondigli, i tre ragazzi continuarono a osservare Rose. Intontita dalla Maledizione Imperius, la Gryffindor sostava al suo posto perfettamente immobile. Da lontano, si sentiva ancora il cane abbaiare, ma era quasi coperto dal rumore del vento e dalla neve che ricadeva morbida dai rami.

Poco dopo, i Figli di Salazar riconobbero il soffice rumore della neve calpestata. Non era una creatura magica: c'era una luce che arrivava dal sentiero. Qualcuno stava seguendo i loro passi. La luce raggiunse presto la radura, illuminandola.

"Ehi, ma tu sei... Rose Weasley? Che stai facendo quaggiù?" Esclamò l'intruso. Dylan non riusciva a capire chi fosse, ma subito si levò l'urlo furioso di Scorpius a togliere ogni dubbio.

"Trevor Nott!" Esplose il compagno, uscendo allo scoperto. "Ti avevo avvisato!"

Andò verso di lui brandendo la bacchetta. Albus lo rincorse, urlando:

"Non ucciderlo, non potremmo spiegarlo!"

Trevor aveva la bocca spalancata; si era ritratto, puntando la luce del Lumos contro Scorpius come se fosse un Patronus.

"Lo sapevo, voi state combinando qualcosa. State combinando qualcosa!"

Si mise in fuga, ma Scorpius gettò da parte Albus e gridò:

"Crucio!" Trevor cadde in avanti, a faccia in giù sulla neve, dove iniziò a contorcersi e a urlare per il male lancinante. "Silencio!"

Lo Slytherin più giovane non fu più un grado di urlare, ma continuò a dimenarsi, rotolando su se stesso, la faccia contorta in espressioni di raccapricciante dolore.

Anche Dylan uscì dal nascondiglio, e controllò che il sentiero fosse sgombro.

"Chi è questo, e cosa voleva?" Domandò ad Albus.

Scorpius aveva gli occhi fuori dalle orbite. La sua faccia stravolta dai segni della follia era stata schiarita dalla bacchetta di Trevor, incastrata per terra tra la neve. Il Lumos si spense quando il suo proprietario perse i sensi.

"Scorp, basta! Ci metteremo nei guai!"

"Il nostro caro compagno di Casa vorrebbe fare il Mangiamorte, eh? Beh, allora consideralo un rito di passaggio." Tolse la Maledizione Cruciatus e rimase a osservare il ragazzo che giaceva inerme sulla superficie gelida. "Vuoi ancora fare parte del gruppo, Nott?"

E senza una vera ragione, gli assestò un forte calcio sullo stomaco. Trevor si rianimò quanto bastava per girarsi dall'altra parte e vomitare. Si sdraiò ancora e svenne, mentre Scorpius faceva sparire la poltiglia acida dall'odore insopportabile.

"Avrebbe raccontato tutto alla scuola." Si giustificò agli amici, una volta calmatosi. "Stavolta lo avrebbe fatto."

"Potevamo Obliviarlo." Suggerì Albus.

"Tutto inutile. Quelli come Nott sono cani, bisogna bastonarli per tenerli a bada. Vedrete che da oggi la smetterà di darci fastidio."

"E adesso che facciamo?" Chiese Dylan. "Non possiamo lasciarlo lì, l'Unicorno non verrà mai se..."

Aveva cercato per istinto Rose, che immaginava ancora immobile alle sue spalle, ma si accorse che non c'era più.

"Dov'è andata?" Gridò Scorpius, per la prima volta sinceramente preoccupato. "Rose! Rose!"

Si dimenticarono di Nott e si misero in cerca della ragazza. Non poteva essere andata lontano, ma il buio e gli anfratti della foresta complicavano le ricerche. Poi, la videro. Poco distante da dove l'avevano lasciata, stava accarezzando il muso dell'animale più bello e maestoso che avessero mai visto. L'Unicorno era di un bianco argenteo che sembrava brillare al buio.

"È... magnifico." Mormorò Dylan, che ne era rimasto incantato. "Ma noi non possiamo avvicinarci. Scapperebbe."

"Ho io la soluzione." Affermò Scorpius. "Rose, mi senti? Spostati e vieni qui, subito."

Le Maledizioni Senza Perdono non erano fatte per avere effetti sull'intero mondo animale, ma ce n'era una che valeva per tutti senza distinzioni. Quando Rose si fu distanziata abbastanza, Scorpius lanciò la Maledizione Mortale sull'unicorno, che si accasciò su se stesso senza neanche emettere un gemito.

Era tutto pronto per il rito. Mentre Dylan estirpava il corno dell'animale, che sarebbe tornato utile per innumerevoli pozioni, Albus passò a Scorpius il coltello d'argento che aveva rubato a cena, e lui squarciò la cassa toracica della creatura, lasciando che le interiora calde si riversassero sulla neve, macchiandola di rosso. Dylan andò ad accendere due candele nere e le conficcò nella superficie ghiacciata. Dalla tasca dei pantaloni ripescò la pergamena ripiegata che conteneva la traduzione del rito e, pronunciando un Incantesimo Oscuro, risucchiò il prezioso sangue di Unicorno all'interno della propria bacchetta. Da una tasca interna del giubbotto, il Ravenclaw tirò fuori anche la loro arma più importante.

L'Invincibile, che al momento era un unico pezzo di legno scheggiato, era bene avvolta in un manto di velluto rosso. Nessun fabbricante sfiorava mai le proprie bacchette, ma c'era un motivo speciale per cui nessuno poteva toccare l'Invincibile. Se Dylan o Albus ne fossero diventati i padroni anche solo per sbaglio, la loro sorte non sarebbe stata diversa da quella capitata a Trevor.

Dylan, servendosi della levitazione, spogliò la Bacchetta del telo di velluto e la lasciò sospesa in aria. Anche Scorpius prese qualcosa dalla tasca: era un ridicolo pacchetto regalo. Aprì la confezione, borbottando qualcosa a proposito di Dorian, e ne tirò fuori due boccette di sangue Ridotte. Le consegnò a Dylan, poi gettò il pacchetto a terra e lo diede alle fiamme.

Il Ravenclaw aprì le ampolle e vi poggiò sopra la propria bacchetta. Pronunciò un'altra formula, e il sangue babbano volteggiò fino alla punta, dove venne assorbito. Presto la sua bacchetta divenne così bollente che il ragazzo riuscì a malapena a tenerla in mano. Tramite una lunga e complicata operazione di Magia Oscura, Dylan trasferì ogni goccia all'interno dell'Invincibile, che durante il passaggio sprigionò una luce rossa e accecante. Al termine del rito, un fumo denso e argenteo vorticò a spirale intorno all'Invincibile. Quando questo si dissolse, la Bacchetta precipitò sulla neve.

Dylan, che aveva dovuto mantenersi lucido e concentrato fino alla fine, crollò esausto in ginocchio. C'era riuscito. Non aveva sbagliato un singolo gesto, né una sola parola. Aveva Maledetto la Bacchetta col sangue degli innocenti, e l'aveva trasformata nell'arma più potente mai esistita al mondo.

"È successo? Ha funzionato?" Chiese Scorpius eccitato, tenendo Rose per mano.

Dylan annuì, ma sentì di odiarlo ed evitò il suo sguardo. L'euforia lo faceva sentire forte e potente, il migliore, e Scorpius sembrava una nullità in confronto a lui. Pensò di usare l'Invincibile per ucciderlo, proprio come lo Slytherin aveva ucciso lo splendido Unicorno, ma proprio in quell'istante ritornò in sé: finire ad Azkaban non faceva parte del piano, non poteva correre quel rischio a causa di Malfoy. Fece levitare l'Invincibile, l'avvolse nella custodia vellutata e si rialzò con calma studiata.

"Non ci resta che fare scomparire la bestia." Disse il Ravenclaw ai due Slytherin, dopo avere spento e fatto sparire anche le candele.

L'odore delle viscere dell'Unicorno era nauseante, ma Scorpius lo stava osservando con gli occhi allampanati di un folle.

"Il sangue... ce n'è ancora. Se lo bevessimo saremmo immortali."

"Il sangue di Unicorno è maledetto, lo sanno tutti!" Esclamò Albus, allarmato. "L'immortalità ha un prezzo troppo alto!"

Scorpius, confuso, si ricordò della ragazza alla quale stava ancora stringendo la mano. Rose era sveglia, ma assente. Ponderò a lungo e infine sembrò decidere che un'immortalità maledetta non facesse per lui. Puntò la bacchetta contro il maestoso animale fantastico e lo Trasfigurò in un puledro.

"Merita una sepoltura adeguata. Con questa grandezza sarà più facile scavargli una fossa. Mettetevi al lavoro."

Albus e Dylan scambiarono un veloce sguardo d'intesa. Avrebbero scavato con la Magia, ma era ugualmente irritante che Scorpius impartisse ordini per ogni minima cosa invece di collaborare.

Seppellito l'Unicorno, i due ragazzi duplicarono alcuni banchi di neve e li sistemarono sul quadrato di terreno appena scavato, così da nasconderlo alla vista di occhi indiscreti. Infine, tutti e quattro ritornarono nella radura. Dylan si era quasi scordato di Nott, ma l'intruso gli tornò alla mente quando Scorpius si bloccò davanti a un grosso buco sulla neve.

"Quel pidocchio si è svegliato ed è scappato." Esclamò Malfoy, la voce intrisa di panico. "Dobbiamo muoverci! Non possiamo sapere da quanto tempo è andato via."

Prese Rose per mano e la indusse a correre. Albus e Dylan li seguirono fino al limitare della Foresta. Lì si nascosero dietro agli alberi per spiare la capanna di Hagrid. Il Mezzogigante era uscito di casa e, nei pressi del suo orto, stava tenendo Batuffolo al guinzaglio. Il cane non faceva che tirare, abbaiare e sbavare, ma non puntava alla Foresta Proibita, bensì l'ingresso della capanna, che dalla loro prospettiva non era visibile.

"Stà buono, buono, Batuffolo bello..." Sentivano dire ad Hagrid.

"Dev'essere Trevor." Mormorò Albus, ai due compagni.

Scorpius ringhiò di frustrazione.

"Disilludiamoci e andiamo, forse riesco a lanciargli un Imperius anche da lontano, per farlo stare zitto."

Ma avevano appena tirato fuori le bacchette, quando udirono il suono di un'altra voce.

"D'accordo Hagrid, da qui in poi ci penso io." Era la voce del professor Kettleburn, apparso improvvisamente nella visuale dei Figli di Salazar per dare una pacca al grosso gomito dell'omone. Era colpito dalla luce diretta della capanna, per cui i ragazzi videro che fosse vestito con molta più eleganza del solito, come se fosse appena tornato da un appuntamento.

"Mi dispiace averti disturbato, Andy, ma il ragazzo era terrorizzato e ho pensato che nessuno poteva aiutarlo meglio di te..."

"Ti sono grato per la tua fiducia, hai fatto bene a chiamarmi." Affermò il professore con gentilezza. "Trevor, adesso devi andare in Infermeria. Se c'è qualcos'altro che devi dirci, questo è il momento giusto per farlo."

Da quella distanza, i Figli di Salazar potevano sentire Nott parlare, ma non le parole che stava pronunciando. Ciò fece montare Scorpius su tutte le furie; si conficcò le unghie nei capelli e la rabbia fuoriuscì in un ringhio.

"Lo ammazzo... lo ammazzo..." Mormorò.

"È colpa tua, se lo avessi Obliviato non sarebbe successo!" Lo rimproverò Albus.

Dylan se ne meravigliò, e pensò che il compagno doveva essere proprio spaventato per perdere la pazienza col capo.

Anche Scorpius si stupì dell'impudenza del suo migliore amico, e non ebbe la risposta pronta. Trevor, intanto, era già diventato una figura scura in lontananza che camminava a testa bassa verso il Castello.

"Non puoi andare da solo, è pericoloso, laggiù. È meglio che veniamo anche io e Batuffolo." Diceva Hagrid al professor Kettleburn.

"Hai perfettamente ragione, ma vedi, non credo di correre rischi. Darò solo un'occhiata."

Dylan, Albus, Scorpius e Rose si nascosero sotto l'Incantesimo di Disillusione.

"Io e Rose torniamo a Hogsmeade, voi andate al Castello." Ordinò Malfoy in un sussurro. "Non restate indietro e non fatevi beccare."

Dylan sentì i passi di tre persone solcare invisibili la neve e allontanarsi in gran fretta, ma lui non andò lontano e trovò rifugio dietro a una macchia di cespugli. Non sapeva cosa lo avesse spinto a farlo, ma l'attimo di ribellione di Albus ne aveva acceso uno anche in lui. Camminando a gambero, aveva appiattito le impronte che conducevano nella sua direzione.

Aspettò Kettleburn e lo vide arrivare con in mano una torcia a gas prestata da Hagrid. Il professore stava seguendo le impronte che erano rimaste impresse sulla neve e iniziò a contarle, così da stabilire quanti alunni indisciplinati fossero appena fuggiti. Dylan lo pedinò a distanza. Raggiunto il punto in cui lui e Albus avevano seppellito l'Unicorno, lo studente iniziò a sudare freddo.

I blocchi di neve coi quali avevano ricoperto la fossa erano indistinguibili dagli altri, ma Kettleburn si interessò alle tracce di cenere lasciate dal pacchetto bruciato da Scorpius. Dopo avere perlustrato la zona, il professore tornò nella radura.

"Impronte di zoccoli, ma i passi di cinque persone. Quasi tutti ragazzi, considerando quanto è grande il loro piede." L'insegnante parlava a se stesso. "Trevor, che è tornato indietro. Altri tre, che sono sicuramente fuggiti. Il quinto dev'essere ancora nei paraggi. Dove sei, figliolo, perché non ti riveli? Gli studenti non possono entrare nella Foresta Proibita. Correrai meno rischi andando in punizione."

La voce di Kettleburn suonava accomodante, come la sua unica preoccupazione fosse l'incolumità del trasgressore.

"Eccomi." Esclamò Dylan, facendosi largo tra i cespugli, dopo essersi reso di nuovo visibile.

*

Albus trovò un angolo buio, vicino al Lago, nel quale togliersi di dosso l'invisibilità. Era tormentato dalla paura che Trevor avesse parlato. Davanti agli occhi non vedeva altro che la faccia delusa di suo padre, sua madre che piangeva e, all'orizzonte, i contorni tetri della prigione di Azkaban.

"Dylan, sei qui?" Lo chiamò sottovoce per un paio di volte. Non ricevendo risposta ritornò al Castello, diretto in Sala Comune.

Era stravolto, ma non c'erano molti compagni che potessero notarlo; era ancora tutti a Hogsmeade. Soltanto Calypso e Lavinia avevano passato il pomeriggio a studiare Divinazione. Albus le trovò sedute al tavolo, ancora impegnate a vaticinare coi tarocchi, e si unì a loro.

"Oh no, cos'è andato storto?" Calypso era sempre stata molto attenta agli stati d'animo di Albus quanto lo era al responso dei tarocchi. "Avevamo ragione, Lav. Era la carta del Diavolo!"

"Se è così che volete chiamare Scorpius va bene, ma ora servirà un soprannome anche per Nott. Il Matto andrebbe bene, anche se per lui è praticamente un complimento." Albus raccontò alle due ragazze cos'era appena successo nella Foresta. "Forse è già in Infermeria. Dovrei andarci anch'io, sento che sto per svenire."

Si portò una mano alla fronte umidiccia. Calypso, controllato l'ingresso del passaggio segreto, gli strinse dispiaciuta l'altra mano.

"In realtà, abbiamo appena visto Trevor correre nel suo dormitorio." Affermò Lavinia, perplessa.

Albus recepì quelle parole in uno stato di trance. Si alzò con tanta irruenza da far cadere la sedia, raggiunse la camera di Nott e spalancò la porta come se una forza superiore lo stesse guidando. Lo trovò da solo, sdraiato a pancia in giù sul suo letto a baldacchino. Senza pensarci, lo acciuffò per la maglietta e lo schiantò contro il muro con tutta la forza che avesse. Trevor, già dolente di suo, soffocò un grido di dolore.

"Questo è niente, rispetto a quello che ti farà Scorpius. Che cosa hai raccontato a Kettleburn?"

"Niente.. niente, te lo giuro." Nott si toccava lo stomaco. "Non volevo parlare neanche ad Hagrid, ma lui mi ha visto uscire dalla Foresta... Stavo barcollando, non mi reggevo in piedi... Voleva sapere cosa stavo facendo. È stato quel cane ad attirarlo, non la smetteva più di abbaiare. Io non sapevo cosa fare e ho detto... ho detto che un Centauro inferocito mi aveva preso a calci. Solo questo, te lo giuro! Non farmi male!"

"Sei scemo o cosa? Ci sono le nostre impronte nella Foresta, Kettleburn le avrà già trovate!"

Trevor non riuscì a trovare una risposta. In compenso, frastornato, si accasciò per vomitare.

"Io volevo solo fare parte del gruppo." Sbiascicò, dopo che Albus ebbe fatto Evanescere il rigurgito. "Ti ho visto uscire dal Castello con un Ravenclaw. Vi ho seguiti, ma era buio, vi ho perso di vista, e sapevo che non potevate essere andati a Hogsmeade. Voi due non avete una ragazza, proprio come me. Mi sono avvicinato alla Foresta Proibita e ho seguito le impronte. Ed è lì che Scorpius mi ha spaventato."

"Stavi scappando, credeva che volessi fare la spia!"

"Ma non era vero! E non l'ho fatta, anche se avrei potuto. Cos'altro devo fare per fargli capire che sono dalla sua parte?"

Albus non aveva parole per lui, soltanto un odio feroce. Era grato che quel misero idiota fosse già stato Cruciato. Se lo meritava.

"Non lo convincerai mai più, riesci a capirlo?" Gli urlò in faccia. "Ti sei appena condannato a morte da solo."

*

Ritornati a Hogsmeade, Scorpius portò Rose nei pressi della Stamberga Strillante e la fece sdraiare su di una panchina. Si pose davanti a lei - così che dalla strada nessuno potesse riconoscerla, ora che l'Incantesimo di Disillusione era caduto - e le tolse l'Imperius. Rose sbatté le palpebre alcune volte, come risvegliandosi da un sogno ad occhi aperti.

"Finalmente stai meglio!" Esclamò Scorpius. "Eri svenuta! Ti senti bene? Hai bisogno di qualcosa?'

"Sono svenuta." Ripeté lei, sollevandosi lentamente e toccandosi la testa. "Non lo ricordo affatto. Però ora che ci penso... mi sa che ho sognato di accarezzare un Unicorno. Oh, mi dispiace, Scorp, devo averti spaventato."

Scorpius non la lasciò parlare. Inginocchiato di fronte a lei, le sfiorò il mento e la costrinse a baciarlo. Se avesse avuto un cuore, sentirle chiedere scusa dopo averla manipolata con la Maledizione Imperius glielo avrebbe distrutto in mille pezzi.

Si assicurò che Rose stesse bene. Le propose di andare da Mielandia a fare scorta di zuccheri, ma lei sostenne che fosse più romantico restare abbracciati su quella panchina, di fronte allo spettacolo delle luci a forma di cuore appese ai muri dei negozi. Scorpius acconsentì. Non aveva alcuna voglia di andare. Anche se fingeva di avere tutto sotto controllo, era terrorizzato all'idea di tornare al Castello.

Mentre riposavano abbracciati, in silenzio, lo Slytherin guardò alle sue spalle. Circondata dalla neve, era la vecchia Stamberga Strillante, quella casa buia e abbandonata che un tempo si era detta abitata dagli spettri. Il ragazzo rifletté, e si rese conto che quella poteva essere la sua ultima occasione di stare da solo con la sua fidanzata. Se Nott avesse parlato, Scorpius non avrebbe avuto altra scelta che scappare da Hogwarts con l'Invincibile, e così facendo avrebbe perso Rose. E non riusciva a sopportare l'idea di perderla senza prima averla avuta almeno una volta.

Fissò intensamente la Stamberga Strillante e, quando anche Rose se ne interessò, la convinse ad andare laggiù a curiosare.

*

"Eccomi." Aveva sussurrato Dylan, in tono di sfida.

Il vento aveva creato rumore tra gli alberi e aveva fatto cadere altra neve al suolo. Kettleburn non lo aveva né visto né sentito, ma rimaneva di guardia.

"Ammettendo sia vero che Trevor sia stato colpito da un Centauro, voi qui stavate facendo qualcosa." Commentò ancora il professore, fermo al centro della radura. "Dovreste stare più attenti. I tuoi compagni sono già fuggiti, tu cosa stai aspettando?"

Dylan non ne sapeva niente di Centauri, e immaginò che fosse un modo con cui il professore voleva spingerlo a tradirsi. Il pensiero di essere manipolato gli portò il sangue al cervello. Proprio lui, che aveva appena generato un potere oscuro le cui capacità si perdevano nell'infinito, doveva farsi prendere in giro da un insegnante scialbo che non possedeva nemmeno un quarto delle sue capacità. Pur avendo la Bacchetta Invincibile in tasca, Dylan decise di non usarla: si sentiva così forte da farcela anche da solo.

Lo Maledì.

Chiunque avesse osservato la scena, avrebbe visto l'insegnante rovesciare indietro gli occhi; le sue braccia spalancarsi, irrigidite, la lampada cadere a terra insieme alla bacchetta, spegnendosi nella neve. Il corpo di Kettleburn tremava sotto la spinta di leggere convulsioni. Dylan si avvicinò a lui, gli puntò la bacchetta alla tempia e mormorò un Confundus.

"Trevor è stato colpito da un Centauro, hai riconosciuto le impronte. Era da solo, e non hai mai trovato altre orme umane." Mormorava il Ravenclaw, rassicurante, all'orecchio del professore. "Adesso uscirai di qui e tornerai al Castello. Se ti sentirai male, non preoccuparti, è giusto così."

Kettleburn si mosse a tentoni sulla neve, continuando a tremare, ma obbedendo ai suggerimenti appena ricevuti. I suoi passi erano veloci e scattanti, a volte accompagnati da gemiti animaleschi, l'unica espressione del dolore che gli era stato concesso avere. Superò la capanna di Hagrid, che non lo vide passare. Neanche il cane si accorse di lui, impegnato com'era a sgranocchiare un osso. Arrivato a metà strada dal portone, il professore ricadde per terra, faccia a faccia con la neve. La Maledizione che Dylan gli aveva scagliato aveva fatto effetto. Se non avesse ricevuto immediato soccorso, sarebbe morto.

Dylan lo lasciò così e se ne andò.

***

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