Nott Manor II
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Rose passò il pomeriggio a riflettere in camera sua. Se ne stava seduta a letto e ogni tanto si affacciava alla finestra per osservare i campi di Ottery St Catchpole estendersi a vista d'occhio fino all'orizzonte, intervallati da colline ondose. Pur essendo mancata da casa per molte ore, nessuno in famiglia se n'era accorto.
Credendola stremata e bisognosa di riposo, i suoi parenti erano stati amorevolmente disposti a riposare finché ne avesse avuto bisogno. Giunta la sera, si fece preparare un Distillato della Pace; lo portò in camera sua e lo gettò dalla finestra.
Prese il suo zaino e lo riempì con degli snack che aveva rubato in cucina. Recuperò un maglione pesante e lo indossò sopra la t-shirt. Caricato lo zaino sulle spalle, si avvicinò alla porta per origliare. Le voci dei parenti arrivavano flebili dal pian terreno. Per sicurezza, richiuse la porta a chiave, poi scomparve.
Riapparve poco dopo nella brughiera, vicino al muro di cinta dei Nott. Era una notte tranquilla, ma per riuscire a vedere dove metteva i piedi, Rose poteva contare soltanto sulla luce di un quarto di luna, riflessa dall'erba umida.
La casa era silenziosa e immersa nell'oscurità. Sembrava disabitata. Si avvicinò ancora di più al cancello sperando di percepire dei rumori, ma non sentì altro che il verso degli uccelli notturni.
Pensando che i Nott fossero usciti, ma che sarebbero potuti tornare da un momento all'altro, decise di aspettarli appostata lungo il pendio della collina, sul quale si distese, senza perdere di vista l'ingresso di casa.
Non sapeva quanto tempo fosse passato: il buio, gli uccelli notturni, lo spionaggio, era tutto così coinvolgente da farle perdere la cognizione del tempo; probabilmente però erano già trascorse delle ore, e ancora non era successo nulla. Questa eccessiva immobilità la insospettì. Era sicura che dentro stesse succedendo qualcosa di strano.
Si rialzò e tornò al cancello, pensando di intrufolarsi in giardino e avvicinarsi abbastanza da verificare le sue teorie. Cercò di elaborare un piano, ma nella sua testa continuavano a echeggiare le voci di Albus, Lily e Dylan, che strepitavano l'una sopra l'altra nel tentativo di metterla in guardia.
"Io e Al non ce lo perdoneremo mai se ti dovesse capitare qualcosa!" Ripeteva la voce di Lily.
"Possibile che non riesci a startene tranquilla per due minuti di fila?" La rimproverava Al.
"Non mi spaventavano i rischi di questa storia prima di vederti quasi morire davanti ai miei occhi!" Esclamava Dylan.
Rose le lasciò sfogare per un po', finché decise che non voleva più ascoltarle.
"Mi dispiace, ragazzi, ma devo farlo."
Avvicinò la bacchetta al lucchetto e mormorò "Alohomora". La serratura scattò. Rose spinse il cancello e scivolò all'interno, poi lo lasciò socchiuso.
Si mosse di nuovo a tentoni attraverso il giardino dei Nott, inciampando nelle pietre che un tempo avevano delineato aiuole ormai assenti, e avvicinandosi alle mura del palazzo. Sfiorò la pietra dell'edificio con le dita e, in questo modo, percorse l'intero perimetro, passando con attenzione sotto le finestre, curiosando tra le prese d'aria del seminterrato, cercando di forzare la porta di servizio che però era ben chiusa.
Alla fine, ritornò al punto di partenza con molti più dubbi di prima. Non aveva scoperto nulla. Non c'era nessuno, lì dentro. Pensò di ritornare al suo posto, sul pendio, e aspettare ancora, anche se il pensiero che Nott fosse andato in giro a giustiziare altri innocenti, senza che lei potesse fare nulla per impedirlo, la faceva stare male.
Divenne ancora più buio, quando una nuvola di passaggio coprì il solitario spicchio di luna. Rose si muoveva con difficoltà. Quando arrivò a pochi passi da dove ricordava fosse il cancello, sbatté contro qualcosa di rigido e imbottito che, poco dopo, parlò:
"Sei una ragazzina molto invadente."
Rose raggelò. La voce era simile a quella del signor Nott, ma molto più fioca e stentata, come poteva esserlo la voce di chi non aveva più parlato per anni.
La ragazza indietreggiò, strinse forse la bacchetta e gridò: "Lumos!"
La luce rischiarò il volto più scarno e scavato che lei avesse mai visto. Era un uomo alto e sottile; i suoi lineamenti somigliavano al Nott che aveva conosciuto quella mattina, però era molto più anziano, e in testa aveva pochi capelli, ma bianchi come la neve.
Rose aveva trascorso così tante ore a dare per scontato che Nott Senior fosse sia il Mangiamorte evaso che l'assassino di Scorpius, che incontrarlo non avrebbe dovuto essere una sorpresa. Invece era rimasta senza parole, di fronte a quella terrificante realtà.
"Mi dispiace, mi sono persa." Era una scusa che non reggeva, ma tutta l'attenzione di Rose era rivolta al cancello dietro Nott Senior e ai possibili modi per raggiungerlo.
Dylan aveva detto che l'intera proprietà dei Nott era stata resa Immaterializzabile, il che significava che per salvarsi la pelle doveva usare l'ingegno. Proprio com'era accaduto a Scorpius, pur conscia dei rischi, era caduta in trappola.
"So benissimo chi sei, Rose Weasley." Annaspò la voce dell'uomo, che la guardava irato dall'alto in basso. "Sei già stata qui e so che stai cercando me."
Rose ebbe la fugace visione di Nott Senior nascosto dietro la finestra, tra le pieghe di una tenda, a spiarla mentre parlava con Theodore.
"Perché dovrei cercarla? Io non la conosco."
"Allora devo pensare che sei una ladra, a piombare qui nel cuore della notte." Rispose il Mangiamorte. "E pure molto sciocca, se credevi che la mia famiglia non avesse piazzato Incantesimi Sensori Segreti dappertutto, per proteggerci dai ficcanaso come te."
Si diede della stupida per non averci pensato. Ecco perché, quella mattina, il secondo Nott aveva aperto la porta tanto velocemente a lei e Dylan: li aveva sentiti arrivare nel momento stesso in cui avevano varcato la soglia.
"Sono qui per Trevor, perché sembra sia scomparso." Rose stava improvvisando ogni parola. "Non lo sento da giorni, non si è fatto vivo nemmeno alla morte di Scorpius. Eppure erano amici! Ho pensato che fosse successo qualcosa anche lui."
"La tua bugia mi offende! Mio nipote non frequenta dei Weasley Mezzosangue, e nemmeno quei traditori dei Malfoy!" Rispose subito Nott, la voce sottile e minacciosa. "Quel ragazzo, Scorpius, ha tormentato il mio Trevor per anni. Lui lo odiava! È felice che sia morto."
"Dov'è adesso Trevor?"
Malgrado la paura, si sentiva viva. Nott non aveva negato che il nipote fosse in qualche modo "scomparso", e Rose, naturalmente, sapeva il perché. Aveva solo bisogno di sentirlo dire da lui.
"Mio nipote si trova nello stesso luogo nel quale, pochi giorni fa, mi trovavo anch'io, assieme a una buona scorta di Pozioni Polisucco. È un ragazzo forte, ce la farà. Riuscirà a camuffarsi, quando gli Auror controlleranno Azkaban. La voce di un Mangiamorte in fuga si è diffusa in fretta. I maghi sono disposti a credere all'incredibile quando non sanno in quale altro luogo cercare la risposta, ma ogni tanto finisce per avere ragione."
"È stato lei a uccidere Scorpius." Non era una domanda, perché Rose non aveva più dubbi al riguardo. Aveva comunque bisogno di sentirgli pronunciare la conferma, come se soltanto così potesse trovare pace.
"È tutta qui la risposta che stavi cercando? Sì, sono stato io." Rispose Nott, con una disinvoltura disarmante.
Madama Jocastra aveva canzonato Rose, insinuando che la ragazza fosse troppo innocente per desiderare la morte di qualcuno, fosse pure l'assassino di Scorpius. Nemmeno lei se ne sarebbe creduta capace, ma adesso guardandolo in faccia scopriva di non desiderare altro che questo.
Lo odiava come non aveva mai odiato nessuno in vita sua. Voleva che le quattro ossa che reggevano quel corpo consunto e prossimo a marcire venissero dilaniate dalla più potente Magia Oscura, e voleva essere lei a infliggergliela.
"Bastardo!" Gridò Rose, sentendo la sua voce echeggiare attraverso le colline. "Schifoso, vecchio bastardo!"
Gli lanciò uno Schiantesimo, consapevole, con suo profondo rammarico, di non essere abbastanza sfrontata da mettere in pratica i suoi più oscuri desideri. Non sarebbe mai riuscita a invocare una Maledizione Senza Perdono. Non era la paura di finire ad Azkaban a frenarla quanto, piuttosto, la voce della sua coscienza.
Il Mangiamorte deviò l'attacco opponendo uno Scudo Non-Verbale. Potevano essere passati decenni dall'ultima volta che aveva usato la magia, ma non c'erano dubbi che ricordasse ancora bene come manovrarla.
"Molto originale." Commentò lui, fingendosi annoiato. "Spero solo che non ti metterai a piangere come quel ragazzo, quando ti farò la stessa cosa."
"Non osare nominarlo!" Strepitò Rose, in preda alla rabbia, e cercò di Disarmarlo.
Nott riuscì a deviare l'incantesimo con un altro Scudo Non-Verbale. Pur essendo senza scrupoli e ancora un abile mago, aveva alcune difficoltà a parlare. Non sembrava nemmeno agile, dato che se ne stava dritto e fermo nello stesso punto.
"Non sei nella posizione di dare ordini." Ribadì lui, severamente. "Sei venuta a cercarmi, hai invaso la mia casa! Tu da sola sei l'artefice di quello che sta per accadere!"
"Lei non può uccidermi!" Esclamò Rose, con macabra soddisfazione. "Ogni Magia Oscura è Tracciata dal Ministero. Se userà la Maledizione Mortale su di me, gli Auror piomberanno qui prima ancora che lei riesca a pronunciare Azkaban!"
"Credi che esista un solo modo per uccidere qualcuno?"
Nott cercò di attaccarla con un Impedimenta, ma lei si tuffò da un lato e lo evitò appena in tempo. Intuì che l'intenzione del Mangiamorte fosse di paralizzarla, così da poterla uccidere con metodi Babbani e dunque non Tracciabili.
Il Mago riprovò a colpirla con una magia a lei sconosciuta; Rose si rialzò gettandosi in fretta dalla parte opposta. Il giardino era però brullo e spoglio tanto quanto la brughiera all'esterno. Questo le precludeva qualsiasi possibilità di nascondersi. Poteva solo sfruttare le tenebre a suo vantaggio. Ordinò "Nox" alla bacchetta, che si spense, facendo precipitare sia lei che Nott di nuovo nell'oscurità.
"Come ha potuto uccidere un ragazzo innocente? Qualsiasi colpa abbia avuto la sua famiglia, Scorpius non c'entrava niente!" Gridò Rose, che si sentiva più forte ora che il buio la proteggeva.
"Nessuno è veramente innocente, a questo mondo." Fu la criptica risposta del mago. Poteva vederlo muoversi, disorientato, a pochi metri da lei.
La mente di Rose lavorò più veloce del tempo stesso. Nott sembrava patire il peso della propria senilità. Sembrava avere problemi di vista e di udito; in più, pronunciava le formule così adagio, ed era talmente lento, che lei era in grado di prevedere i suoi attacchi anche quando non li pronunciava. Ciò che la ragazza poteva dedurre, era che fuggire dalla proprietà di Nott non era impossibile: bisognava solo essere più veloci di lui.
Il Mago Oscuro, però, le stava ancora barrando l'accesso al cancello: sapeva anche lui che sconfinare era la sua unica occasione di salvezza.
Rose lo vide agitare il braccio e mormorare un incantesimo. Dalla punta della sua bacchetta comparvero dei piccoli Fuochi Fatui. Si formavano come gocce d'acqua da un rubinetto chiuso male, in un flusso regolare e continuo, andando a disporsi a mezz'aria l'uno accanto all'altra. Di lì a poco ci sarebbe stata luce come alla Coppa del Mondo di Quidditch e sarebbe anche scomparso la metà del vantaggio su cui Rose poteva contare.
"Non sono più agile come un tempo." Ammise Nott, che aveva il fiatone per lo sforzo magico messo in atto. "È stato molto più facile, ieri, quando vestivo i panni di mio nipote."
"Bastardo." Ripeté la ragazza, scossa dalla rabbia. "La pagherà per questo!" Sfruttando la luce dei Fuochi Fatui, prese la rincorsa verso Nott e, con un urlo, evocò l'Incantesimo Scudo.
Rose voleva che il vecchio mago pensasse di essere attaccato. Nott abboccò e, per evitare lo scontro, si chiuse in una bolla. A lei non restò altro da fare che ignorarlo e andare dritta verso il cancello, volgendo la bacchetta dietro la schiena per assicurarsi che lo Scudo continuasse a proteggerla.
Il mago, compreso il suo piano, lanciò un Incantesimo Serrante al cancello, che si richiuse vibrando. L'Alohomora non avrebbe più funzionato. Dato che non aveva nulla da perdere, piuttosto che cedere a morte certa, Rose decise di provare a forzare la serratura usando Bombarda. Sotto l'esplosione del suo incantesimo, entrambe le cancellate si spalancarono, ma lo Scudo magico era ormai scomparso.
La ragazza oltrepassò il cancello. Era libera. Alle sue spalle, però, la voce rauca di Nott stava pronunciando un altro incantesimo sconosciuto. Guardò indietro e, grazie alla presenza dei Fuochi Fatui, riconobbe la sagoma di cinque pugnali, sospesi in aria, puntati verso di lei.
Gridando di terrore, Rose si affrettò a richiudere i cancelli. I manici tintinnarono, restando incastrati tra le sbarre, ma lei urlò di dolore quando avvertì una delle lame attraversarle la tibia, tagliandola con la stessa facilità di un coltello immerso nel burro.
Ma non c'era tempo da perdere. Portò la mano alla gamba e strinse i denti; senza guardare, estrasse il pugnale dalla propria carne, velocemente, poi lo lanciò per terra.
Nott era rimasto a guardare, e non aveva cercato di attaccarla ancora. Rose evocò un "Protego", ma il dolore che veniva dalla ferita aperta era talmente insopportabile che la protezione non resse a lungo. Le diede giusto il tempo di fuggire zoppicando nel buio della brughiera, più veloce che potesse, cercando di non pensare alla ferita.
Non aveva il coraggio di guardarsi alle spalle per controllare che Nott la stesse seguendo; proseguì invece nella sua corsa, disperata e dolorosa, lungo l'ormai familiare pendio della collina.
Sfruttò la pendenza per scivolare giù con la gamba ancora sana e, solo quando pensò di essersi allontanata abbastanza, si fermò e si concentrò sulla Materializzazione.
Non era facile, vista la paura e il male insopportabile da tenere a bada. Temeva di Spaccarsi, ma l'ansia di cadere nelle grinfie del Mangiamorte era più forte. Alla fine, riuscì a Materializzarsi e ricomparve fuori dalla Tana: non era riuscita a spingersi fino in camera sua.
Arrancò nel buio, fino a raggiungere la porta di casa, senza fiato ed era terrorizzata come se avesse ancora Nott alle calcagna.
Una nuova luce spezzò l'oscurità. Quando Rose percepì la presenza di sua madre in giardino si sentì meglio. Ormai era al sicuro. Sua mamma si sarebbe presa cura di lei; l'avrebbe protetta, come aveva sempre fatto.
"Mamma." Aveva così tante cose da dirle che non sapeva da che parte iniziare.
"Oddio. Che cosa hai fatto?" Le sentì dire, terrorizzata tanto quanto lo era stata lei un attimo prima.
"L'ho trovato. Ho trovato chi ha ucciso Scorpius."
Crollò in avanti, esausta. Quando si inginocchiò, sentì il sangue sgorgare copioso dalla ferita.
***
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