La Profezia III

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Albus aveva rivoltato ogni angolo del piccolo salotto buio, distruggendo ragnatele e calpestando uova schiuse di Doxy. A esclusione dell'imbottitura del divano di velluto verde smeraldo, non era rimasto altro luogo in cui cercare. Con un colpo di bacchetta, rimise a posto i pochi vecchi libri della libreria e continuò le ricerche nelle camere da letto al piano di sopra.

La dimora dei Black, situata al numero dodici di Grimmauld Place, era stata ripulita dei suoi beni più preziosi anni orsono, da un tizio poco raccomandabile di nome Mundungus Fletcher. Harry non era mai riuscito a recuperare quella parte dell'eredità di Sirius, ma a conti fatti non gli era importato provarci. Albus era interessato ancora meno del padre alla preziosa argenteria dei Black prodotta dai Goblin, perché ciò che andava cercando con scrupolo, stanza per stanza, aveva un valore decisamente più alto. Questo spiegava perché trascorresse ogni attimo libero dalla frequentazione dell'Auror School, per tornare alla seconda casa della sua famiglia e rivoltare in lungo e in largo ogni anfratto delle stesse stanze buie.

"Albus?" Lo chiamò Calypso, dal pian terreno. "Sei ancora là sopra?"

Era sempre un errore urlare vicino alle scale. Le tende che coprivano il quadro di Walburga Black si erano spalancate all'improvviso e la donna del ritratto aveva cominciato a sbraitare:

"Chi osa infangare la casa dei miei padri?"

"Siamo solo noi, signora Black, come sempre. Non ci sono sudici ibridi in questa casa, si rilassi!" Strillò Calypso, esasperata.

Walburga parve calmarsi e permise alla ragazza di tirare le tende. Albus la sentì salire le scale e raggiungerlo al terzo piano, nella stanza dove, tanto tempo prima, aveva dormito Sirius Black. Di recente, il suo letto era stato anche il posto in cui i due amanti avevano goduto della loro ritrovata intimità, ma in quel momento Albus non poteva essere meno incline a rifarlo.

Avendo poco tempo libero, quando tornava a Grimmauld Place si ricordava sempre di avvisare la sua ragazza, desiderando riabbracciarla e sfogarsi con lei su quanto odiasse studiare come Auror. Quel pomeriggio le aveva promesso di uscire, ma poi era scappato al piano di sopra a controllare che Scorpius non avesse nascosto il libro di Clodoveo in un altro degli angoli più improbabili della casa di cui si fosse ricordato durante la notte.

La camera di Sirius Black era ancora come il suo proprietario l'aveva lasciata. Dato che nessuno era ancora riuscito a spezzare il suo Incantesimo di Adesione Permanente, le pareti erano ancora tappezzate da poster e fotografie babbane, che immortalavano con fierezza un gran numero di donne e motociclette d'altri tempi. L'unica foto semovente ritraeva quattro giovani studenti di Gryffindor, uno dei quali ammiccava alla macchina fotografica passandosi una mano tra i capelli neri arruffati.

Albus ignorò per l'ennesima volta la foto di suo nonno - che era troppo impegnato a sorridere in eterno nel suo piccolo riquadro per occuparsi di lui - e iniziò a svuotare il vecchio baule ai piedi del letto, molto simile a un cassonetto dei rifiuti: oltre ai libri di scuola in brandelli, vi erano i resti consunti di un manico di scopa e una divisa da Quidditch mangiata dai tarli. Tutto finì gettato sul pavimento, il che costrinse Calypso a raccogliere i pezzi da terra come una mamma babbana coi giocattoli del figlio.

"Ci ho già guardato io qui dentro, Al. Smettila di fare così."

"Non posso darmi per vinto, amore. Devo continuare a cercare!" Tastò il fondo del baule, nella speranza di trovare l'accesso a uno scompartimento segreto.

"Amore mio, ti rendi conto che l'unico posto in cui non abbiamo ancora controllato sono le grondaie? La verità la sai anche tu. Nessuno del gruppo l'ha preso o spostato, e questo significa soltanto una cosa. Abbiamo perso il libro di Clodoveo."

Albus si rialzò dal pavimento e, stupidamente, diede un calcio al baule di legno. Saltellando su di un piede, si sedette sul grande letto a baldacchino e tirò dei pugni anche al materasso.

"Quel maledetto figlio di un Mangiamorte! Dev'essere per forza opera sua. Scorpius l'avrà riportato al Manor di nascosto."

Calypso rimise tutto in ordine, richiuse il baule e lo raddrizzò contro i piedi del letto.

"Sono d'accordo. Credo che quel bastardo, prima di crepare, si sia ricordato dei tarocchi. Sai, la profezia su Rose e la carta della Morte... Quando ha capito che le cose iniziavano a mettersi male, ha fatto fuori il libro per fermare il nostro lavoro sulla Bacchetta. Povero illuso egocentrico."

Albus si massaggiò il piede indolenzito. Stabilì di stare bene e andò a dare un calcio allo stendardo della Casa di Gryffindor, appeso alla parete.

"Lui voleva fregarci. Voleva che suo padre lo trovasse e capisse che la Bacchetta era in mano nostra." Precisò, riflessivo. Calypso non era a conoscenza di alcuni dettagli, infatti fissava Albus con aria interrogativa. Il ragazzo si fece coraggio, la guardò negli occhi e le spiegò il problema: "Cal, io e Dylan abbiamo commesso un errore. Non potevamo servirci continuamente agli Occhiali Traduttori per leggere il testo, così abbiamo ricopiato a mano delle traduzioni e le abbiamo infilate in mezzo alle pagine. Credevamo sarebbe stato meglio che metterle altrove e rischiare di perderle. Scorpius lo sapeva, ci ha visti farlo, ma come potevamo immaginare che l'avrebbe rubato? Era il nostro capo. Nessuno ha mai toccato quel libro, da quando lo abbiamo messo in soffitta insieme agli altri!"

Calypso era rimasta senza parole. Se una tale leggerezza l'avesse commessa qualcun altro, avrebbe certamente dato di matto. Lei, però, amava Albus così tanto che scelse di reprimere il suo disappunto. Si limitò a sgranare gli occhi chiari, meditando forse di svegliare la Signora Black, di ritorno al pian terreno, per lasciarle fare il lavoro sporco al posto suo. Lo abbracciò con dolcezza e la calda vicinanza dei loro corpi portò sollievo a entrambi.

"Va tutto bene." Lo consolava, accarezzandogli i capelli. "Non fa niente se Draco sa che gli avete mentito. Forse non troverà mai i vostri appunti. E se anche fosse, non lo racconterà a nessuno, o rischierebbe di parlare male anche del suo adorato figlio. Mai visto amore più mal riposto di questo, a parte forse quello di Rose."

Albus stava ancora riflettendo. Draco aveva insistito troppe volte a proposito della Bacchetta, per non credere che ne fosse ossessionato tanto quanto lo era Scorpius. Da quando era venuto a interrogarlo a casa sua a Godric's Hollow, Albus non lo aveva più né visto né sentito. Il silenzio lo aveva insospettito già da prima, ma alla luce dei nuovi fatti iniziava a pensare che Draco, in realtà, si stesse preparando a un incontro per il quale non ci sarebbe stata più ombra di diplomazia.

"Credo che la Bacchetta gli serva a qualcosa." Pensò ad alta voce. "Gli fa gola il potere, anche se tenta di negarlo, o forse... Chissà che non voglia tentare una cosa così stupida come riportare in vita Scorpius... Saprà di certo che la Bacchetta può fare anche questo. Nel libro c'è la formula, Scorp ce l'ha fatta tradurre... In ogni caso, possiamo aspettarci che ci attaccherà e che tenterà di rubarcela."

"E tu lascia che ci provi." Rispose Calypso, con un sorriso rassicurante. "Non ha nessuna speranza di batterci! Chissà che questo non sia l'anno della totale estinzione dei Malfoy."

Sorrise e cercò il suo bacio, che arrivò lento e appassionato. Albus non aveva mai amato nessuno come amava Calypso; tenerla tra le braccia, dopo tutta la sofferenza patita nell'ultimo anno, sembrava ancora un sogno.

"Tu glielo avevi detto." Esclamò il ragazzo, dopo un lungo bacio. "Quando hai letto le carte a Scorpius, hai parlato di un male che avrebbe colpito lui e chi gli era vicino. Sapevi già che non era riferito a noi, vero? Parlavi di Draco e Rose."

Calypso continuò a sorridere. Si sforzava di apparire modesta, ma non ci riusciva.

"Non potevo esserne completamente sicura. Il dubbio c'era." Ammise, con orgoglio. "Ma sì, le carte indicavano Scorpius e i suoi legami più prossimi. Per questo mi ero agitata così tanto, quella volta... Non mi importava niente dei Malfoy, ma credevo che a te sarebbe dispiaciuto per Rose."

Albus la baciò di nuovo e la strinse forte. Non sarebbe bastata una vita intera per dimostrarle quanto l'amasse.

"Credo di capire cosa volessero dirci le carte." Commentò, pensieroso, mentre teneva la sua ragazza ancora stretta al petto. "Scorpius ha frequentato Rose e ne ha pagato le conseguenze. Draco probabilmente ci dichiarerà guerra e morirà nel tentativo. Rose continuerà a ficcare il suo stupido naso dappertutto e ci costringerà a eliminarla. Era già tutto scritto. Ma non saremmo arrivati a questo punto se Scorpius non avesse avuto l'assurda convinzione di essere onnipotente."

Calypso cercò le sue labbra per il gusto di baciare quel ragazzo che, in passato, aveva ritenuto la Divinazione una mera stupidaggine. Era fiera di lui, ora che finalmente comprendeva il significato di quell'antica Arte Magica:

"Il libero arbitrio è soltanto un'illusione." Gli disse. "Le nostre scelte possono modificare i singoli eventi, ma non cambieranno mai il nostro destino, che è ineluttabile e superiore alla nostra stessa comprensione dell'esistenza. Le profezie servono a prepararci a ciò che ci aspetta. Non è previsto che la sorte si possa cambiare e provarci significa niente meno che farla avverare. Scorpius diceva sempre di non voler commettere gli stessi errori del Signore Oscuro, ma alla fine è stato proprio ciò che ha fatto. Capisci quanto è ironico?"

Ad Albus l'ironia non interessava. Preferiva pensare alla sua ragazza e soprattutto a riorganizzare il futuro in previsione delle avversità in arrivo. I Figli di Salazar, compatti come mai erano stati, dovevano prepararsi ad affrontare la loro prima vera battaglia col mondo esterno. Il che, si preannunciava divertente.

Albus non aveva più voglia di uscire di casa e Calypso aveva già iniziato a spogliarsi. La stanza di Sirius Black avrebbe assistito, ancora una volta, alla perfetta unione dei Maghi Oscuri più tenebrosi che avessero mai varcato quella soglia, dai tempi in cui Walburga era ancora viva.

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