Insaziabile 🍋

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Novembre 2024 [presente]

Draco stava ancora fissando il giaciglio in cui aveva appena fatto sesso con la ragazza di suo figlio. Non riusciva a credere che fosse successo davvero. Non era previsto, né voluto. Non lo era mai stato.

Voci aggressive nella sua testa lo rimproveravano senza pietà. Era lui l'adulto, avrebbe dovuto reagire, fare qualcosa, opporsi in qualsiasi modo a quelle avances mozzafiato, ma non l'aveva fatto. La verità era che Rose lo aveva provocato, ma che Draco si era preso la figlia di Hermione perché la voleva.

L'aveva baciata nel sonno, confondendo la sua carne morbida e il seno sodo per quelli che aveva toccato molti decenni addietro. Spesso ci pensava ancora, durante le notti più cupe, in cui il bisogno di avere una compagna si faceva irrefrenabile. Si era dunque illuso che i suoi sogni fossero diventati realtà e che Hermione fosse ritornata da lui. Aveva amato quei baci ancora timidi e inesperti, il modo in cui nel dormiveglia l'aveva sentita gemere. Sapeva quanto fosse calda e pronta per lui e nulla gli avrebbe impedito di prenderla. C'era soltanto un dubbio che non riusciva a togliersi dalla testa: stava succedendo davvero? E se era vero, chi diavolo c'era sotto di lui? Non poteva essere Hermione, se n'era andata. E se invece...

La realizzazione più sconvolgente nell'aprire gli occhi e riconoscere Rose, non era stato scoprire di essere andato assurdamente vicino a fare sesso con lei, ma che ormai anche lui lo volesse. Non si era più sentito così desiderato da troppo tempo, per fingersi indifferente a lei che, nuda sul suo letto, gli si aggrappava ai capelli, aspettando con disperazione di sentirlo farsi strada nel suo corpo.

Gli aveva confessato di amarlo, con quegli occhi languidi e innocenti. Nelle sue parole, c'era sempre stata la purezza di una gioventù sana. Aveva percepito la sincerità dei suoi sentimenti - forti come quelli del primo amore - e li aveva bramati tutti per sé. Da qualche parte dentro di lui, si rendeva conto che Rose diceva il vero: non gli restava nient'altro che lei. Era la sua ultima possibilità di essere amato da una donna. Dopo di lei, nessun'altra sarebbe mai più strisciata nel suo letto la notte, mostrandosi nuda e chiedendogli di essere messa incinta. Neanche Hermione l'avrebbe fatto.

Non aveva potuto fermarsi. Ogni attimo goduto con lei era stata la più grande magia. I suoi movimenti impacciati, quel ventre caldo e accogliente che lo stritolava, i baci e quel modo intenso che aveva di aggrapparsi a lui, come se non esistesse nient'altro di più importante. Era stato come tornare indietro nel tempo, quando tutto era più semplice e ricominciare una nuova vita aveva avuto il sapore della speranza. Tra le sue braccia, Draco sentiva di avere trovato la vera felicità che stava cercando.

La desolazione che per anni si era portato nel cuore, era scomparsa; pensò seriamente di volerle dare un figlio, ma quando lei lo aveva chiesto espressamente, in un barlume di lucidità aveva affrontato la propria eccitazione e si era reso conto di non poterlo permettere.

Se fosse dipeso soltanto da lui, non avrebbe cercato di allontanarla. In un altro frangente, se Rose fosse stata solo un po' più grande, avrebbe lasciato che lei l'amasse.

Era così dolce, caparbia e, sì, persino attraente, che poteva innamorarsi di lei. Rose lo capiva come neanche Hermione poteva, e sembrava accettarlo così com'era. Se solo avesse potuto tenerla con se... Con lei poteva riavere una famiglia. Così giovane e fresca, poteva dargli altri figli. Avrebbe potuto gonfiare quel corpo col suo seme, dormire al suo fianco, starle accanto per sempre.

Ma non poteva farlo. Draco non era più un ragazzino, ma temeva ancora il giudizio dei suoi genitori; anche la reazione di Hermione lo preoccupava, e non era pronto per lasciarla andare. E cosa ne avrebbe detto Scorpius, se fosse tornato dal regno dei morti?

Non poteva funzionare. Se Draco fosse rimasto con Rose, avrebbero avuto il mondo contro. L'unica soluzione era separarsi al termine della missione. Draco sarebbe rimasto solo per sempre, ma almeno avrebbe riavuto Scorpius: l'ultimo ricordo che gli restava di Astoria.

Tuttavia, la voglia che aveva di Rose non gli era ancora passata. Più ragionava su come allontanarla, più il desiderio di averla aumentava. Si tratteneva dal correre nella sua stanza per oltraggiare anche il suo letto, ma la tentazione era forte.

Soprattutto perché, poco prima di cacciarla, Draco non stava affatto pensando a un'altra donna. Sognava, piuttosto, quella folle realtà alternativa in cui lei poteva essere la sua nuova compagna; in cui l'avrebbe tenuta su quel letto e sbattuta senza sosta fino alle prime luci dell'alba.

Quando la paura si attenuò, Draco ritrovò il coraggio di toccare quelle lenzuola, intrise dell'odore dei loro corpi uniti, e con quel gesto l'eccitazione ritornò impellente e incontrollabile.

Capì allora la ragione per la quale l'aveva mandata via: Astoria era morta su quel letto, le lenzuola stesse erano state scelte da lei. Era il loro talamo nuziale, e Rose non era Astoria, non poteva prendere il suo posto. Tuttavia, ora che Draco sapeva di poterla trovare nell'altra stanza, ancora vogliosa, convinta che lui non sarebbe tornato a cercarla... Immaginò la sua meraviglia e la passionale gratitudine con la quale l'avrebbe accolto, e si sentì morire.

Decise di andare da lei, ma non ebbe bisogno di fare molta strada per trovarla. Era ancora davanti alla sua porta, quando lui l'aprì. Non se n'era mai andata.

"Lo sapevo che saresti tornato." Gli disse Rose, ancora in camicia da notte e a piedi nudi, con la pelle d'oca che era ovunque sul suo corpo infreddolito. "Tu hai bisogno di me, quanto io ho bisogno di te."

Draco si avvicinò lentamente. La vedeva a malapena, grazie alla luce grigia che entrava dalle grandi vetrate del Manor. Sagomando le sue forme, le ombre la rendevano ancora più attraente. Poteva vedere che avesse freddo e desiderò di poterla stringere tra le braccia per scaldarla.

"Odio ammetterlo, ma è vero. Nessuna donna mi ha mai parlato come hai fatto tu. Un uomo non dimentica certe parole."

I dolci occhi di Rose si spalancarono e sul suo viso comparve un breve sorriso. Draco non riuscì più a resistere. Doveva toccarla. L'abbracciò, afferrandola per i fianchi, mentre le braccia gelide della ragazza si incastravano attorno alle sue spalle.

"Non ho fatto niente di speciale. Sono stata sincera, ti ho detto quello che pensavo."

Sapeva che Rose poteva sentirlo duro contro di lei, e la strinse in vita perché lo sentisse meglio. Lei sussultò, gli occhi socchiusi. Non vedeva l'ora di farla urlare.

"Avevi un piano che riguardava me." Le ricordò, scendendo a baciarle la guancia, fino al collo, sentendola scaldarsi.

"Ce l'ho ancora, se vuoi saperlo." Rispose lei. "Salvarti, è il mio piano. Salvarti dalla morte, dai tuoi rimpianti, dell'estinzione. Ti amo così tanto."

Draco intrappolò le sue labbra in un bacio violento, e capì dal suo gemito che a lei piaceva.

"Tu credi di amarmi." Le sussurrò, spezzando i baci. "Se solo sapessi di cosa sono capace... Con un uomo migliore di me non avresti mai conosciuto le Arti Oscure. Io invece ti volevo. Mi servivi. Sei la mia complice, ma sei anche la luce di cui avevo bisogno per non precipitare nella mia oscurità. Ogni volta che ti ho fatta sentire sgradita, ti ho voluta più che mai."

"Vuoi dire, anche poco fa?" Domandò lei, col tono di chi ha appena imparato ad osservare qualcosa sotto una luce diversa.

"Sì."

Draco indossava ancora il pigiama di seta. Non voleva toglierlo. Si sentiva poco attraente a causa delle cicatrici, ma temeva anche di graffiarla. Rose, tuttavia, era nuda al di sotto della veste sottile, e ormai lui poteva sentirla bruciare.

Lei provò a spingerlo indietro, verso il suo letto, ma Draco non voleva tornarci. Non sapeva come giustificarsi, così decise soltanto di Materializzarsi con lei nella vecchia camera per gli ospiti che ormai apparteneva alla ragazza.

Rose non fece domande. Salì sul letto e, senza smettere di baciarlo, trascinò anche lui. Disteso su di lei, Draco stavolta si accorse di quanto fosse strano sovrastarla. Sembrava piccola rispetto a lui, troppo delicata per la ruvidezza della propria pelle, del tutto inesperta per ciò che voleva farle; malgrado l'incertezza dei movimenti, però, lei sapeva con precisione ciò che voleva e, proprio come gli aveva detto, se lo stava prendendo.

Eccitata com'era, gridò all'intrusione. Draco si limitò a gemere contro il suo orecchio. Era ancora stretta, come se non si fosse mai adattata a ricevere un corpo estraneo. Lo turbava non soltanto la giovane età, ma anche il pensiero di stare usando lo stesso corpo avuto da suo figlio - c'era qualcosa di troppo sbagliato in questo - tuttavia, eliminò ogni turbamento non appena la sentì gridare in risposta alle sue spinte. Quelle grida erano per lui soltanto. Non c'era spazio per nessun altro.

Anche se temeva di attirare l'attenzione degli elfi, non volle fermarla. Gli piaceva sentirla urlare il suo nome. Lo faceva sentire importante. Era anche troppo facile, con lei. Non aveva bisogno di picchiare forte per farla impazzire, succedeva e basta. Si contorceva ad ogni spinta e, nell'estasi, gli disse ancora una volta di amarlo.

"Perché continui a ripeterlo? Non mi hai mai sentito dire nulla del genere." Le domandò, colpendola con un ritmo lento e regolare, che la stava ipnotizzando. La intravedeva con gli occhi chiusi e la testa rivolta all'indietro.

"Non lo farai mai." Gli rispose, mormorando. "Ma baciami adesso e capirò."

Draco tentennò. Provava tenerezza nei suoi confronti, ma sapeva di non amarla. Ne era sicuro, perché di fronte a lei non sentiva la stessa soggezione che aveva provato - e che provava ancora - nei confronti di altre donne. La familiare sensazione di inadeguatezza che aveva sempre accompagnato le sue più importanti relazioni sentimentali, con Rose non si presentava affatto. Si sentiva sbagliato per lei, responsabile del suo destino, ma nient'altro. Non poteva ingannarla, o si sarebbe illusa. Non poteva nemmeno deluderla. Così, scese su di lei e la baciò in fronte, continuando a muoversi piano.

Gli occhi di Rose si aprirono languidi e incrociarono quelli di lui, inflessibili, per quanto addolciti dal piacere. Sembravano chiedere una spiegazione che non facesse troppo male. Draco spinse più forte, distraendola. Quando richiuse gli occhi, parve già rassegnata a una realtà che non poteva cambiare.

"Resta con me per tutta la notte." Lo implorò in un sussurro, passandogli le dita tra i capelli e andando a mordergli il labbro inferiore.

Draco stavolta la baciò e ricambiò il morso come segno di assenso; andarono avanti finché ne ebbero le forze.

Un'elfa domestica si era avvicinata al corridoio del quarto piano attirata da strane urla femminili. Aveva il volto scavato da numerose rughe e indossava una minuscola vestaglia rossa infeltrita. Si era alzata durante la notte perché, come molti anziani, non riusciva a dormire. Come di consueto, aveva pensato di ingannare il tempo gironzolando per la casa, controllando che fosse tutto in ordine, finché non li aveva sentiti.

Le voci arrivavano dalla camera dall'ospite, e lei aveva già constatato che quella del padrone fosse vuota. Girò i tacchi non appena comprese di essere di troppo, in quel corridoio. La scoperta l'aveva però rallegrata così tanto che non riuscì a smettere di compiacersene.

"Ci vedi poco, ma anche stavolta hai guardato lontano, cara vecchia Daisy." Mormorò l'elfa a se stessa con soddisfazione, mentre si accingeva, con fatica, a scendere le scale. "Era ora che il padrone si decidesse a farsi avanti con la signorina Rose. Finalmente in questa casa tornerà a risplendere la vita. Proprio come quattordici anni fa."

*

Non capitava molto spesso che Dorian avesse seriamente paura di venire scoperto. La prima volta era accaduto a Hogwarts. Riusciva sempre a farla franca quando tirava il collo al pollame di Hagrid, perché il vecchio Mezzogigante si era ormai rimbambito e dimenticava spesso di controllare la sua aia. Dato che non era possibile ricorrere a mezzi magici, a meno di non creare scompiglio tra studenti e professori che per qualunque altro motivo si avvicinavano alla capanna, un giorno il professor Kettleburn lo aveva convinto ad adottare un cane da guardia. Per Dorian, quel cucciolo di Terranova divenne un'ossessione.

In un tiepido pomeriggio del sesto anno, durante le sue ore libere, convinse i suoi amici Aster e Stella a sgattaiolare fino alla capanna del guardiacaccia.

"Che cosa c'è che dobbiamo assolutamente vedere da Hagrid?" Domandò Stella per l'ennesima volta, inviperita perché avrebbe preferito passare il suo tempo libero da un'altra parte.

"Aspetta e vedrai."

Si nascosero dietro alcuni alberi, che riuscivano a malapena a contenere la grossa stazza di Aster. Un cucciolo nero zampettava tra l'erba di fronte al capanno. In lontananza, c'era Hagrid che si muoveva con la sua andatura pesante verso la Foresta Proibita.

"Io vedo solo un cane." Commentò Aster, perplesso.

"Esatto." Rispose lui, con un ghigno perfido.

"Oh, Merlino, dimmi che non è vero!" Esclamò Stella, alzando gli occhi al cielo. "Greengrass si è stancato di farci mangiare timballo di pollo ogni sera a cena, e ora vuole fare fuori il cane!"

"Non ho mai ucciso una creatura intelligente. Voglio sapere cosa si prova." Si giustificò Dorian.

"I tuoi esperimenti non m'interessano." Ribadì Stella. "Dovresti farli senza di noi e soprattutto fuori dalla scuola!"

Dorian non l'ascoltò lamentarsi di cosa sarebbe successo a tutti e tre se fossero stati beccati dai professori a uccidere un cane. Stella doveva sempre dire la sua, ma lui la conosceva bene e sapeva quanto fosse sadica. Lei e Aster volevano assistere all'esperimento, che lo ammettessero o meno, altrimenti se ne sarebbero andati già molto prima che lui avesse attirato l'attenzione del cucciolo.

Se lo spettacolo non gli fosse piaciuto, avrebbero protestato quando Dorian aveva preso una grossa pietra e l'aveva usata per spaccare il cranio del piccolo animale, immobilizzato dalla sua mano, o si sarebbero tappati le orecchie quando questo aveva guaito disperato prima di esalare l'ultimo respiro.

Il cadavere giaceva al suolo. Dal cranio spaccato fuoriusciva la viscida materia celebrare. Dorian aveva mani e vestiti schizzati di sangue, ed era elettrizzato. Si era divertito non soltanto a uccidere, ma anche a correre il rischio di essere beccato. Per questo aveva voluto dei testimoni. Voleva portare il rischio fino al suo limite, ma anche impressionare qualcuno mostrando loro di cosa fosse capace.

"Ora possiamo tornare in Sala Comune? Vorrei cambiarmi lo smalto. Mi hai fatto venire voglia di mettere quello rosso."

Stella non sembrava affatto turbata. Anche Aster era a suo agio, per quanto controllasse di continuo che Hagrid e chiunque altro della scuola non fossero nei paraggi.

"Sta arrivando qualcuno!" Esclamò Aster a un tratto, sentendo scrocchiare le foglie dietro la collina. "Levati di dosso quel sangue, nascondi la bestia!"

Stella provò ad aiutarlo, ma non era così veloce con gli incantesimi e Dorian era ancora troppo entusiasta per porre fine al divertimento. In ogni caso, non avrebbero fatto in tempo neanche provandoci, perché l'intruso li aveva già raggiunti.

Scorpius Malfoy entrò in scena battendo le mani con calma ponderata. Aveva da poco compiuto quindici anni ed era già alto e slanciato. Il suo aspetto dava idea di ordine e compostezza, con i suoi capelli biondo chiaro ben pettinati e la divisa intonsa, priva di pieghe. Dorian però lo conosceva fin da bambino, e la sua pretesa di perfezione non lo ingannava. A scuola non gli aveva mai dato confidenza, considerato che Malfoy era solito fare buon viso a cattivo gioco con elementi che lui disprezzava, ma ora si rallegrava del suo arrivo. Sapeva, da quanto gli era stato raccontato da sua sorella Calypso, che praticasse le Arti Oscure. Dorian era quindi sicuro che anche il giovane parente avrebbe apprezzato l'opera d'arte che giaceva ai suoi piedi, e fu felice di potersene vantare.

"Sono davvero colpito, Dorian." Aveva infatti detto Scorpius. "Ho fatto bene a seguirti. Volevo accertarmi che le voci su di te fossero vere, ma oggi scopro che in verità non ti rendono giustizia. Giuro che non ho mai visto nessuno uccidere con tanto gusto quanto te. Ho osservato molto anche voi due, Aster e Stella, e ora ne sono sicuro. Avete tutti i requisiti giusti per essere parte di un mio grande progetto."

La morte del primo cane di Hagrid era valso loro l'ingresso nei Figli di Salazar. La coppia non aveva mai ringraziato Dorian per questo, eppure senza di lui Scorpius non li avrebbe mai notati. Impararono però a fare della sua amicizia un motivo di vanto, e smisero di lamentarsi ogni volta che Dorian li infastidiva a Pozioni giocando con le budella di rospo.

Allora aveva usato la paura di essere scoperto come base emozionale del delitto. Era la stessa sensazione che cercava di ricreare seviziando le malcapitate babbane, prima di cancellare la loro memoria. Ora la paura stava assumendo una nuova sfumatura. Nulla era più divertente, quando era la sua vita ad essere minacciata.

Qualcosa era andato storto. I Figli di Salazar diplomati erano stati convocati in riunione d'urgenza. Dorian non sapeva cosa fosse successo a Hogsmeade, ma tutto lasciava pensare che Nott si fosse fatto scoprire. E infatti era proprio così: quando Albus raccontò loro l'accaduto, secondo quanto aveva appreso dallo Sparviero, Dorian capì di essere stato uno sciocco ad affidarsi a un idiota senza spina dorsale come lui.

La paura lo annichilì per la prima volta, ma fece del suo meglio per non darlo a vedere. Imitò i compagni quando imprecarono contro Trevor e Rose e nessuno parve sospettare di lui. Soltanto sua sorella continuava a lanciargli delle irritanti occhiate di rimprovero. Da quando aveva scoperto di essere incinta, era diventata insopportabile. Il suo più grande capriccio era stato quello di concedere a Rose una tregua, una decisione che aveva scontentato persino Albus, il quale non credeva che potesse funzionare e temeva che scendere a patti con Draco e Rose sarebbe sembrato un segno di debolezza.

"Lo ama quanto io amo te!" Aveva sentito Calypso rispondere ad Albus quella stessa sera, durante un colloquio in privato. "Non potrò guardarmi allo specchio, se dovrò raccontare ai nostri figli che ho impedito a una coppia di amarsi come qualcuno lo ha impedito a noi! Almeno adesso, se vivranno o moriranno dipenderà soltanto da lei."

A riunione finita, quasi tutti i compagni tornarono a casa. Soltanto Albus rimase in soffitta per scrivere una lettera allo Sparviero. Calypso era al suo fianco e aveva costretto Dorian a restare. Non che lui avesse un altro posto in cui andare, se non nel vicolo a sfogare la propria frustrazione sulle ragazze, ma non si sentiva a suo agio in loro compagnia. Sua sorella sembrava furiosa e Albus non gli aveva rivolto la parola per tutto il tempo.

"Ci credi davvero così stupidi, Dorian?" Iniziò Calypso. "Pensavi che non avremmo capito che in questa storia c'è il tuo zampino?"

Era stato scoperto! Com'era possibile? Non poteva essere così scontato. Trevor non aveva mai scritto nulla a Rose che potesse far pensare a un suo coinvolgimento. A meno che, messo alle strette, non avesse poi confessato la verità allo Sparviero. Dorian dovette pensare in fretta, e decise che avrebbe continuato a negare anche l'evidenza.

"Che colpa ho io se Nott è un patetico codardo?" Reagì lui, fingendosi offeso. "Lo abbiamo sempre saputo che non era degno di diventare uno di noi. Avrà voluto aiutare Rose per ripulirsi la coscienza!"

Albus continuò la sua scrittura come se la discussione non lo riguardasse, ma la sua mano scattava nervosa. Calypso gridò con rabbia:

"È proprio a causa della sua viltà che non può avere deciso da solo di fare la spia! Qualcuno deve averlo minacciato, e non puoi che essere stato tu! Sei l'unico abbastanza stupido da provarci!"

Dorian scattò in piedi trascinando la sedia: "Se devo stare qui solo per sentirmi accusare ingiustamente..."

"Siediti!" Ordinò Albus a gran voce, e nella foga versò per sbaglio la boccetta dell'inchiostro sulla pergamena. "Non abbiamo ancora finito con te."

Dorian ritornò cauto al suo posto. "Cosa significa?"

Mentre Albus evocava un incantesimo per rimuovere l'inchiostro, Calypso ritornava a spiegare:

"Lo Sparviero ha usato il Legilimens su Trevor, e tu non c'eri nella sua mente, non un singolo ricordo, nemmeno un pettegolezzo! Sospetto, vero? Si direbbe che Nott ti abbia Occluso di proposito. Ma poco importa se non abbiamo prove concrete; la sua bravura in Occlumanzia resta l'unica ragione per la quale sei ancora vivo. Non interrompermi!" Sbraitò inviperita, perché Dorian aveva provato a ribattere. "Qual è il tuo piano? Tu vuoi il potere, non è così? Ecco perché continui a sfidare Dylan, ecco perché operi alle nostre spalle. Tu vuoi la Bacchetta!"

"Tu sei pazza! La gravidanza ti fa vaneggiare!"

"Il pazzo sei tu, se credi di poterci fregare! Per il tuo bene, ritorna coi piedi per terra! Sei già fin troppo fortunato ad avere una sorella incinta che non vuole iniziare la sua prima gravidanza con la tua morte sulla coscienza!"

Quindi era lei il tasto debole da premere. Calypso lo stava mantenendo in vita, non per amore fraterno, ma per amore di un bambino non ancora nato. Il figlio di un Mezzosangue, un altro disgustoso impuro che avrebbe vantato degli antenati babbani e che Dorian avrebbe dovuto chiamare nipote. Mai! Piuttosto, era preferibile la morte, meglio se quella del bambino. Se non avesse avuto scelta e se sua sorella avesse continuato a minacciarlo, sapeva dove colpire. Nel frattempo, per ognuno di loro c'era ancora una possibilità di salvezza, e lui voleva giocarsi bene la sua:

"Lo Sparviero è al corrente delle vostre assurde teorie? Perché se lo è, dovrò farci un bel discorsetto. È ovvio che Nott non abbia alcun ricordo di me, ci conosciamo a malapena!"

"Risparmia il fiato." Intervenne Albus. Aveva terminato la sua lettera. La ripiegò e la mise da parte, prima di concentrarsi su Dorian. "Stiamo concordando un nuovo piano d'azione. Tu e Trevor ci dovete un grosso favore, quindi sta zitto e ascoltami. Queste sono le vostre ultime carte e dovete giocarvele bene..."

*

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