Il piano di Dorian I

***

"Come mi hai trovata?"

Incollata alla parete, Rose cercava un modo per divincolarsi. Erano pochi i muscoli che ancora rispondevano ai suoi comandi, il resto del corpo era come morto. Ancora più strana, era la sensazione di estraneità che provava nei confronti di Albus.

Esteticamente, in lui non c'era niente di diverso dal cugino che conosceva e col quale era cresciuta; la differenza esisteva sotto la pelle, ed era abissale: a guardarlo negli occhi gelidi, del tutto diversi da quelli che era solito mostrare in famiglia, si sarebbe detto che un Dissennatore gli avesse risucchiato l'anima.

"Ho usato Revelio." Rispose il ragazzo, sprezzante. "Non dirmi che non te lo aspettavi?"

Calypso gli stava accanto, le mani ai fianchi. Lo sguardo severo che rivolgeva alla prigioniera era come il muto rimprovero di una educatrice. Rose non riusciva a scagliarsi contro Albus, ma sapeva che con lei non avrebbe avuto difficoltà. Prima che potesse insultarla, però, un urlo femminile proveniente da lontano spezzò il silenzio.

Rose rabbrividì, percependo il terrore nella voce della ragazza di James. Rimase in ascolto, attenta ai suoni provenienti dall'alto, al terzo piano, dove con ogni evidenza era in atto un duello. Sebbene l'attacco li avesse colti di sorpresa, James lottava tenacemente contro gli aggressori.

Anche Albus prestava ascolto, ma era gelido, come se la sua coscienza si fosse smarrita in un pozzo oscuro e irraggiungibile. Sembrava soltanto infastidito dal coraggio di James.

"Al, c'è tuo fratello, lì sopra! Che cosa stai aspettando? Vallo ad aiutare!"

Rose tentava di scuoterlo, ma invano. Calypso gli sfiorò il braccio, dicendogli dolcemente:

"Forse dovremmo iniziare. Gli altri potrebbero metterci del tempo."

"Perché stai facendo tutto questo?" S'intromise Rose, prima che lui avesse il tempo di rispondere alla Slytherin. "Tu non sei così! Cosa ti è capitato?"

Qualcosa scintillò negli occhi di Albus. La sua mascella si irrigidì e si rivolse alla cugina con disprezzo: "Cosa vuoi saperne tu, di chi sono io veramente? Ti sei mai preoccupata di scoprirlo?"

Rose non trovò le parole, non era nemmeno sicura di comprendere. Sapeva soltanto che il cugino covava un rancore vecchio di anni, la cui origine era per lei ignota. Si chiese quando mai non fosse stata abbastanza attenta nei suoi confronti, quando avrebbe dovuto occuparsi di lui. Durante l'infanzia erano stati amici e confidenti, ma poi...

Se ne rese conto: Albus aveva iniziato a comportarsi in modo strano già durante il primo anno a Hogwarts, ma lei non gli aveva prestato attenzione, presa com'era dallo studio e dalle sue nuove amicizie.

Forse anche lui, come Scorpius, avrebbe voluto essere salvato in tempo? La odiava per questo, perché era sua amica e l'aveva abbandonato?

Qualche piano più su, si continuava a combattere; Rose si domandò quanto ancora James sarebbe riuscito a resistere.

"Scappa!" Gridò la voce del ragazzo.

Albus e Calypso si preparono all'attacco. Rose ne approfittò per osservare le loro bacchette: erano ancora quelle che avevano usato a scuola.

Lontano, qualcuno lanciò un Incantesimo, che probabilmente si infranse sulle pareti. I due bersagli mobili correvano a perdifiato lungo le scale, i loro passi pesanti echeggiavano per le stanze vuote.

"Oddio, ce ne sono altri!" Esclamò la Babbana, ansante, quando arrivarono al piano terra.

Rose avrebbe preferito che James si limitasse a fuggire; tuttavia, i fratelli Potter erano troppo orgogliosi per evitare un confronto. I loro sguardi si erano incrociati attraverso la porta aperta. Mentre James avanzava, Albus era già pronto ad accoglierlo.

Anche i capelli di James erano neri, come quelli del fratello, ma i suoi occhi erano marroni e il suo volto manifestava una personalità del tutto contrapposta a quella di Albus. I suoi jeans erano strappati e stava camminando scalzo.

Spalancò la bocca quando riconobbe Rose, evidentemente in trappola. Sembrò che volesse aiutarla, sebbene dovesse anche pensare a proteggere la sua ragazza. La Babbana, per paura, si era infatti aggrappata alla sua schiena. Neanche lei portava le scarpe. La sua calzamaglia mostrava un grosso squarcio all'altezza del ginocchio, sbucciato, ed era vestita in gonna e canottiera. I capelli castano chiaro spettinati coprivano metà del suo volto come una tenda.

"Andatevene da qui!" Li supplicò Rose.

Sperava davvero che potessero farcela. Calypso, però, aveva già sollevato la bacchetta:

"Non così in fretta. Stupeficium!"

James fu scagliato indietro, portando con sé la ragazza. Rose capì che fossero precipitati contro l'antica lampada a muro, perché aveva sentito il vetro infrangersi. Guardò ancora una volta Albus, scoprendolo indifferente.

Altri passi lungo le scale. Un'altra voce maschile e molto conosciuta imprecò.

"La lurida Babbana mi ha spinto!" Si lamentò, dall'ingresso. Si sentì un rumore sordo, che Rose interpretò come un calcio. "Maledetta schifosa."

"Non importa." Rispose Calypso, impaziente. "Controlla soltanto che siano svenuti."

Il nuovo arrivato diede la sua conferma e lanciò un Levicorpus. Il corpo di James entrò in sala da pranzo sospeso a mezz'aria. La testa gli ricadeva da un lato e la bocca era socchiusa, come se fosse stato adagiato su di una barella invisibile. Non era da solo. Lo seguiva il corpo inerme della sua ragazza, coi lunghi capelli che penzolavano verso il basso come una bandiera.

Il burattinaio entrò per ultimo. Con alcuni movimenti di bacchetta, dispose le due vittime uno sull'altra, nell'angolo in fondo alla stanza. Rose impressionata dalla naturalezza con cui Dylan manipolava i due corpi, come se stesse trasportando manichini piuttosto che esseri umani.

"Corner!" Urlò contro di lui. "Bugiardo manipolatore! Se penso che ti ho sempre difeso..."

Dylan la ignorò. Controllò un'ultima volta che James e la sua ragazza fossero davvero incoscienti, poi rubò la bacchetta a James e si sistemò all'altro fianco di Albus.

Rose si ritrovò di fronte a una triade compatta e impenetrabile. Non sembravano nemmeno umani. Le era già capitato di vedere Albus, Dylan e Calypso camminare insieme a Hogwarts, ma non aveva mai pensato che un giorno avrebbe avuto paura di loro.

"Iniziamo?" Domandò il Ravenclaw ai suoi complici.

Albus scosse la testa. "Dovremmo aspettare Dorian, è compito suo."

"Lo sai com'è Dorian, lui le prede se le lavora con calma." Ribatté Calypso. "Tornerà tardi. Se dobbiamo occuparci anche di tuo fratello, è meglio iniziare subito."

Il ragazzo dai capelli neri si prese un momento per riflettere. Fissò Rose, nella cui espressione si fondevano inquietudine e ostinazione. Sembrò volerle chiedere scusa per ciò che stava per fare, invece puntò la bacchetta contro di lei e mormorò:

"Legilimens."

Rose non aveva mai imparato a Occludere la mente. Pur avendo letto molto sull'argomento non si era mai esercitata, anche perché non poteva prevedere che sarebbe finita vittima di un Legilimens per due volte in poco tempo.

Prese dei respiri profondi. Doveva calmarsi, schiarire la mente e suddividerla in scomparti, così che Albus vedesse solo ciò che lei intendeva mostrargli. La spinta esercitata dal cugino era però fastidiosa come il prurito, e non le permetteva di concentrarsi.

Quando Madama Jocastra aveva forzato la sua mente, ne aveva preso possesso con così tanta autorità che opporsi era stato inutile. Albus era inesperto e meno preciso rispetto alla strega, eppure, anche se la sua tecnica lasciava a desiderare, sapeva lo stesso cosa fare. Rose capì cosa stava cercando. Più lei si sforzava di nascondere i suoi ricordi più recenti, più lui era in grado di trovarli.

Albus fu presto in grado di vedere ogni cosa: sentì ogni parola che Draco le aveva rivelato circa i Figli di Salazar, seppe del libro, della Bacchetta che lei e il padre di Scorpius avevano concordato di cercare insieme, dell'intenzione di resuscitare il suo erede.

Rose non ebbe più alcun segreto per lui. Aveva fallito.

Avendo ottenuto ciò che stava cercando, Albus allentò la presa. Fu proprio in quel momento che Rose riuscì a concentrarsi sui ricordi che più gli stavano a cuore. Si affrettò a mostrarglieli. Voleva che il cugino li vedesse, così che le immagini potessero comunicargli ciò che nessuno dei due era in grado di esprimere a parole.

Ricordò di quella volta in cui sedeva sul prato intorno alla Tana, in compagnia di un bambino di otto anni, gracile e insicuro, che aveva dei grandi e penetranti occhi verdi. Era una tiepida giornata primaverile e l'erba colpita dai caldi raggi del sole era di un verde brillante. Farfalle colorate volavano intorno ai due bambini, mentre un bruco verde e morbido si arrampicava lungo i jeans del ragazzino. Rose stava raccontando ad Albus una storia, quella di un antico castello e dei maghi e delle streghe che lo avevano fondato.

Il piccolo Albus l'ascoltava a bocca aperta, profondamente affascinato. Staccò il bruco dal suo ginocchio e, con delicatezza, lo accompagnò fino alla cima ballerina di un ciuffo d'erba. "È la storia più bella che abbia mai sentito. Meglio delle Fiabe di Beda il Bardo che la mamma mi racconta ogni sera."

Rose sorrise con fierezza. "È bella perché è una storia vera."

Dopo avere trascorso il fine settimana a leggere Storia di Hogwarts, alla bambina era rimasta una gran voglia di avere un pubblico a cui raccontare le sue scoperte. Non si era divertita a parlarne con sua madre, che conosceva quel libro meglio di lei, o con suo padre, che era sempre distratto. Hugo era troppo piccolo e i suoi nonni erano sempre impegnati. Albus era il pubblico migliore che Rose potesse desiderare perché, oltre ad avere sempre un gran voglia di ascoltarla, pendeva letteralmente dalle sue labbra.

Affascinato da tutto ciò che riguardava la magia, il bambino era sveglio, ma non era un lettore vorace quanto lei. In realtà, non leggeva quasi mai. Diceva di trovarlo noioso e di preferire la pratica alla teoria, sebbene Rose sapesse che a casa sua ci fosse il divieto assoluto di fare sfoggio di Arti Magiche, dato che i Potter vivevano in un villaggio pieno zeppo di Babbani. Nondimeno, i due cugini riuscivano ad andare molto d'accordo: Albus era avido di conoscenza e a Rose piaceva insegnarla.

"Tu sai un sacco di cose." Continuò il piccolo Albus, sputacchiando, gli avambracci che ricadevano molli in mezzo alle gambe incrociate. "Parlare con te mi piace molto di più che parlare coi Babbani del mio villaggio. Con loro mi annoio, anche se la mamma e il papà vorrebbero che diventassimo amici."

"Perché ti annoi?"

"Quando vado a casa loro, i Babbani mi mostrano i loro videogiochi e me ne parlano per secoli... Io non so mai cosa dire e non capisco nemmeno perché gli piacciano così tanto. Dev'essere perché non sanno che esiste la Magia."

"Anche io ho un'amica Babbana, giù al paese." Affermò Rose, che ne faceva un motivo di vanto. "Anche lei ha i videogiochi, ma a me piacciono. Forse i tuoi amici non giocano a quelli giusti."

Albus scrollò le spalle. Guardò verso la Tana, per accertarsi che la famiglia non fosse in ascolto. Si avvicinò un po' di più alla cugina e le sussurrò, con una mano a coprire la bocca:

"A me non piacciono i Babbani, ma non dirlo a nessuno." Gli occhi di Rose si spalancarono per lo stupore. "Sono noiosi. I maghi invece sono interessanti, e anche tu. Ma non i Babbani."

Rose aveva sempre sentito parlare bene del mondo babbano. Nonno Arthur, per esempio, lo adorava. Lei e Albus erano solo dei bambini, ma anche loro sapevano che una simile ostilità era malvista, qualcosa per cui venire socialmente condannati. Ecco perché Albus le aveva rivelato il suo segreto a bassa voce.

Rose non avrebbe fatto la spia. Albus era un bambino introverso, molto serio, che non parlava a nessuno, ma non era cattivo. Osservò il suo broncio preoccupato, come se fosse in attesa di un rimprovero, e decise che non avrebbe pensato male di lui. Lasciò che ogni dubbio scivolasse via e gli sorrise con affetto.

"Sono contenta che ti piaccio. Anche tu mi piaci." Gli disse.

Albus si rallegrò visibilmente, e sorrise contento.

"Certo che mi piaci." Esclamò il bambino. "Mi sembra che tu sei l'unica che ama la Magia quanto me. A James non gli importa tanto, se ne sta sempre coi Babbani... Io non lo capisco perché fa così."

"Non lo so, ma so che neppure i nostri cugini che vanno a Hogwarts amano studiare quanto noi. Forse tu ed io siamo speciali!"

Albus si illuminò in volto. "Sì... Siamo speciali! Io sono speciale e ho una migliore amica speciale!"

Rose sapeva che quella piccola spinta che l'aveva colpita vicino al cuore, portasse il nome di commozione.

"Sono la tua migliore amica?" Gli domandò, scoprendo di volergli bene come non ne voleva neanche a suo fratello. Si gettò in avanti e lo abbracciò.

Le piccole braccia di Albus si strinsero subito attorno alle sue spalle. "Ma è normale, sei proprio come me! Certo che sei la mia migliore amica!"

Gli voleva bene fin dal profondo del cuore. Con la schiena stirata in avanti si sentiva scomoda, ma non le importava d'altro che di esternare tutto l'affetto che provava per il suo confidente più caro e sincero.

"E tu sei il mio." Gli disse, il mento poggiato alla sua spalla. "Ti voglio bene, Al."

Il ricordo si interruppe all'improvviso. Rose si concentrò sull'Albus del presente e lo vide sconvolto. Sentiva che stava per uscire dalla sua testa, ma lei non aveva ancora finito. Rievocò un altro ricordo e sperò di trattenerlo.

Era un pomeriggio di novembre, quando incontrò l'Albus undicenne da solo in Biblioteca. Rose stava cercando un tavolo isolato in cui iniziare a studiare Storia della Magia, quando si accorse del cugino che sedeva in un tavolo in fondo, circondato da dozzine di libri e pergamene. Si accomodò di fronte a lui, poggiò il libro di Storia della Magia, volume 1, sul tavolo e lo salutò affettuosamente.

Albus alzò appena la testa dalla sua pergamena, immerso nella scrittura di un tema. "Ciao. Tra un secondo vado via, ho quasi finito."

Rose si rabbuiò, ma giustificò la freddezza del cugino pensandolo molto assorto dall'istruzione magica tanto desiderata. Non si parlarono fino a quando Albus, recuperati libri e pergamene, non si alzò per andare via, salutandola in fretta.

Pochi secondi dopo, era già tornato. Il motivo non aveva nulla a che vedere con Rose. I suoi occhi verdi e rancorosi guardavano oltre le spalle della cugina, dietro la quale cercava di nascondersi. Rose si voltò per controllare, ma non vide nulla di strano. C'era solo James, seduto a un tavolo coi suoi compagni di classe.

"Hai paura di James?" Gli domandò Rose, stupita.

Albus si irritò. "Non ho paura di lui, è solo che non voglio farmi vedere."

I primi mesi a Hogwarts non erano stati facili per il piccolo Albus. Il suo incubo peggiore si era avverato quando il Cappello Parlante lo aveva Smistato in Slytherin. In tutta la famiglia Weasley, era l'unico a cui fosse toccata quella sorte ambigua. James, naturalmente un Gryffindor, non aveva perso occasione per prenderlo in giro. Ogni volta che incontrava il fratello, lo trattava alla stregua di un Mago Oscuro e fingeva di avere paura di lui.

Il peggio era arrivato quando Albus, che non conosceva nessuno nella Casa di Slytherin, era riuscito a farsi in fretta un nuovo amico, Scorpius Malfoy, che era l'incarnazione stessa dell'emarginazione. La scuola intera aveva mormorato il suo nome con disprezzo, quando la professoressa Sinistra lo aveva chiamato durante lo Smistamento. Anche col passare dei giorni, l'antipatia generale nei confronti di Malfoy non era diminuita. Come il resto della scuola, neanche James si fidava di lui. Quando aveva scoperto che il fratello si era avvicinato al figlio di un Mangiamorte, era passato dall'ironia al sarcasmo pungente.

"Credo che James, a modo suo, sia solo preoccupato per te." Gli disse Rose, volendo consolarlo. "Scorpius non passa inosservato. Io vi osservo, in classe, e mi sembra un bravo ragazzo, ma lui non ha ancora avuto modo di conoscerlo."

Rose era contenta che Al, lontano da ogni altro familiare, avesse trovato almeno un amico. Non aveva pregiudizi nei confronti di Malfoy - che aveva già conosciuto sul treno e che aveva trovato piuttosto affascinante - ma le dispiaceva che quei due insieme fossero delle prede facili non soltanto per James, ma anche per gli altri bulletti della scuola.

Per fortuna, Malfoy era perfettamente in grado di difendere entrambi. dove Albus era un tipo insicuro, Scorpius era decisamente un superbo. Se l'uno aveva difficoltà a difendersi, l'altro poteva contare sulla propria risposta sempre pronta.

"Scorpius è geniale." Affermò lo Slytherin, con convinzione. Gettava occhiate risentite al fratello. "Sa tutto sulla Magia, come te e anche di più. Lui è come un vero Mago dovrebbe essere. James e tutti gli altri non valgono uno zellino."

Rose controllò ancora una volta il tavolo del Potter più grande, intuendo che non sarebbe andato via ancora a lungo. Era ridicolo che Al restasse bloccato in Biblioteca soltanto per non passare accanto al fratello. Decise di aiutarlo. Ripose i libri in borsa e disse al cugino:

"Andiamo, stai dietro di me."

Albus la seguì per l'intero tragitto, nascosto per quanto possibile dietro di lei, che era di pochi centimetri più alta. La fuga andò meglio del previsto: James era troppo impegnato a copiare gli appunti del compagno per notare che i suoi parenti gli passavano accanto.

Raggiunto il corridoio, sentendosi finalmente libero, Albus si rilassò. Guardò la cugina come se intendesse ringraziarla, ma sul suo volto era tornata una strana espressione. C'era molta tristezza in lui.

"Ci vediamo." Le disse soltanto, e iniziò a camminare.

Rose era sempre più sicura che qualcosa che non andava. Albus stava cambiando e lei lo stava perdendo. Lo chiamò, riuscì a fermarlo e lo raggiunse.

"Ti voglio bene." Gli disse. "Sei il mio migliore amico, ricordi?"

"Io... Devo andare." Albus si girò e proseguì per la sua strada, ignaro di aver ferito Rose. Non era più il bambino affettuoso di un tempo, il migliore amico che teneva a lei.

"Al, ti ho detto che ti voglio bene!" Gridò la ragazza.

Albus la guardò per un'ultima volta. Rose non riusciva a capire come mai sembrasse tanto deluso, dato che era lei a non essersi mai sentita più triste.

Il "bene" pronunciato da Rose continuò a riecheggiare nella sua mente anche quando il ricordo si dissolse. Albus aveva interrotto il contatto di netto, gli occhi stravolti e intrisi di sangue per averli tenuti spalancati troppo a lungo.

Dylan e Calypso erano molto preoccupati. Disposti ai suoi lati, aspettavano di sapere cosa fosse accaduto. La Slytherin era la più impaziente e nervosa: il suo fidanzato, in effetti, non aveva una bella cera.

Rose non smise di fissarlo. Era affranta. Gli voleva davvero bene e, proprio come sette anni prima, si domandava perché fosse cambiato. Albus, dal canto suo, sembrava furioso. Aveva compreso di essere stato manipolato, e non gli piaceva. Ignorando le domande della sua ragazza e dell'amico, disse alla cugina:

"Mi sono accorto molto presto, da bambino, che nessun altro in famiglia condivideva la mia stessa ossessione per la Magia. Dovevo tenere per me le mie riflessioni, o tutti avrebbero capito che sono un diverso. Ammetto che c'è stato un periodo in cui ho creduto, sperato, che tu fossi come me, ma poi ho capito. Tu non ami le Arti Magiche. Hai soltanto un'ottima memoria. Non comprendi la Magia, non t'importa farlo, ti accontenti di replicare all'infinito le sciocchezze che hai imparato a scuola. Sei solo un grande serbatoio di informazioni. Soltanto quando ho incontrato Scorpius ho capito di non essere solo, che ce n'erano altri come me, in grado di amare seriamente la Magia e di comprenderla in ogni sua sfumatura. E c'erano davvero, tanti e molto più vicini di quanto pensassi." Accennò a Dylan e Calypso. "Ecco come sono nati i Figli di Salazar. Io non sono mai cambiato, Rose. Ho soltanto ritrovato me stesso."

"Come hai potuto?" Esclamò la ragazza. Aveva il cuore a pezzi. Non riusciva a sostituire la vecchia immagine del cugino con quella sterile che aveva appena incontrato. "Hai recitato per tutto questo tempo. Sei venuto da Malfoy con me, sei stato al funerale, hai persino lasciato che mi dispiacessi per te e ti consolassi! Sei un mostro, Al! Che cosa gli avete fatto?"

L'accenno a Scorpius turbò i tre ragazzi. Rose percepì la loro ostilità, con Calypso che lanciava sguardi d'odio e Albus che stritolava la propria mascella. Dylan rigirò tra le mani la sua bacchetta, nervoso, dopo avere posato in tasca quella di James. Rose si ricordò di controllarla, riconoscendola per quella che il Ravenclaw aveva sempre posseduto.

"Io sono un mostro?" Sbottò Albus. "E tu cosa pensi di essere? Neanche i migliori Maghi Oscuri osano scherzare con la Morte, ma tu sì. Come se Draco Malfoy fosse un povero padre innocente, come se Scorp lo meritasse!"

"Se non lo merita, allora dimmi cosa ha fatto!" Rose aveva gridato, esasperata.

"Non ha più importanza! Ciò che conta, è che sto per salvarti la vita. Ringraziami adesso, perché tra poco non ricorderai più nulla."

Rose capì che volesse Obliviarla e si impaurì, quasi come avesse ammesso di volerla uccidere. Non voleva ripartire da zero, né tantomeno lasciare campo libero ai Figli di Salazar. Mentre seguiva con lo sguardo la bacchetta di Albus che si avvicinava alla sua fronte, cercando le parole giuste per fermarlo e per guadagnare tempo, avvennero più cose contemporaneamente.

***

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