Il Patto di Sangue

Questo flashback riparte da quando Draco è andato via da Hogwarts, dopo avere parlato a Scorpius!

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Febbraio 2024 [flashback]

Durante la colazione in Sala Grande, non c'era stato un solo essere vivente, quadro o fantasma che non fosse rimasto ugualmente sbigottito e addolorato nell'apprendere, direttamente dalla persona della Preside McGonagall, dell'incidente accaduto al professor Kettleburn e del suo immediato ricovero al San Mungo.

Voci di stupore si erano sollevate persino tra le file degli Slytherin. Un motivo in più perché, nella confusione generale, nessuno si accorgesse di quel manipolo di studenti che aveva continuato la colazione nel totale disinteresse.

"Ha avuto quello che si meritava. Peccato solo che non sia morto." Mormorò Scorpius alla banda che sedeva attorno a lui. "Il nostro Corvetto è pieno di sorprese, non trovate? Non credevo che avrebbe avuto il fegato di provare a uccidere un insegnante."

Lo cercò nella tavolata accanto, senza riuscire a trovarlo. Non aveva ancora avuto modo di congratularsi con lui. Dylan aveva saltato la cena ed era assente anche a colazione.

"Da quella volta a lezione se l'è presa sul personale." Spiegò Albus, con scarsa emozione.

Tra tutti, era lui a conoscere meglio il Ravenclaw, ma non per questo era immune alla gelosia. Scorpius non si complimentava spesso con nessuno e, quando lo faceva, il senso di competizione tra i ranghi si accendeva peggio che a lezione: tutti i confratelli mettevano a disposizione dei Figli di Salazar le loro abilità e tutti si aspettavano che il loro impegno venisse riconosciuto.

Il capo, però, era solito credere che la fedeltà gli fosse dovuta e non vedeva motivo di dispensare complimenti come se avesse a che fare con dei bambini. Ciò che apprezzava veramente, erano le iniziative dei singoli che potevano portare considerevoli vantaggi anche a lui, fosse anche solo la soddisfazione di sapere che un conformista come Kettleburn fosse stato messo a tacere.

"E di Trevor che ne facciamo?" Domandò Caius, che stava masticando un boccone a bocca aperta. Indicò il compagno che sedeva sommesso qualche posto più in là.

Scorpius scrutò la figura sgradevole di Nott, consapevole che tutte le Maledizioni Cruciatus del mondo non sarebbero bastate a domarlo. Prima di conoscerlo non sapeva che potesse esistere un tale idiota disperato, disposto seriamente a tutto, persino alla tortura, pur di venire accettato in un gruppo. Era necessario prendere seri provvedimenti contro di lui, o non se ne sarebbe mai liberato.

"Ho qualche idea." Affermò Malfoy, riflettendo. "Non so ancora come, ma la sua punizione dovrà essere esemplare."

Più tardi, quella mattina, Scorpius rientrava a Hogwarts ancora scosso dallo scontro col padre. Teneva Rose per mano, lieto che il guastafeste non fosse riuscito a spaventarla, ma anche così furioso con Draco e coi suoi tentativi di intromissione che aveva infine deciso di ritornare in Sala Comune prima che la ragazza si accorgesse del suo lato più oscuro. Le disse di voler restare da solo e Rose credette di comprenderlo.

"Ci vediamo alle tre?" Le domandò Scorpius, bisbigliando. "Nei Sotterranei abbiamo delle aule abbandonate davvero molto discrete."

L'intimità era un argomento che metteva Rose ancora in imbarazzo. Erano stati insieme soltanto la sera precedente e per lei era stato strano, complice anche il fatto che l'ambiente interno della Stamberga Strillante lasciasse molto a desiderare in quanto a romanticismo. Accennò ugualmente un sorriso timido, gli diede l'assenso e si scambiarono un bacio.

Imboccando la via per i Sotterranei, Scorpius incontrò Lily Potter, che risaliva le scale proprio in quel momento. Portava un maglioncino leggermente stropicciato e aveva qualche ciuffo di capelli fuori posto. Si guardarono senza parlarsi, ma sapevano entrambi cosa fosse successo laggiù e questo a Lily, chiaramente, non piaceva.

Lo Slytherin rise di lei, sapendo che di lì a poco si sarebbe imbattuto anche nel suo amante. C'era infatti un Ravenclaw tremolante che gironzolava per il corridoio nel modo meno disinvolto possibile. Quando era nervoso, Dylan diventava davvero una frana.

Malfoy lo salutò con grande entusiasmo e lo condusse nell'aula vuota più vicina, sperando vivamente non fosse la stessa che i due amanti clandestini avevano appena condiviso.

"Io ero... venuto a cercarti." Si giustificò Dylan. "Ho saputo che non sei arrabbiato con me per ieri sera, ma..."

"Non c'è bisogno di mentire con me, Dyl. L'ho incontrata arrivando. Quella ragazza te la sei guadagnata." Il riferimento a Lily aumentò la sua ansia. "Non avresti dovuto fare di testa tua, è vero; ad ogni modo, mi hai reso un grande servigio, e per questa volta ti perdono."

Dylan sospirò amaramente.

"Non è poi la grande cosa che sembra." Esclamò, e Scorpius comprese che volesse parlare di Lily. "Mi usa e basta. Va e viene quando vuole e io non posso farci niente."

"Sei uno spietato assassino, per Salazar! Non puoi farti condizionare da una donna!" Gli ricordò con fermezza. "Usala anche tu, che ti importa?"

"Non credo di avere la stoffa." L'espressione del Ravenclaw si fece pungente. "Non potrei mai usare Lily come esca."

Scorpius odiava le provocazioni. Tipiche dei più deboli, era quello che succedeva quando il padrone, invece di bastonare, allentava la presa: essendosi dimostrato benevolo nei suoi confronti, il Corvetto si era sentito in diritto di sopraffarlo.

"A volte i sacrifici sono necessari, e tu lo sai bene. Se ne darete motivo, non mi farò scrupoli nemmeno con te o con Albus. E bada bene che ho da perdere più di voi! Siete i miei uomini migliori! Evitate quindi di mettermi alla prova. Tornando a noi, sto elaborando un piano per farla pagare a Nott." Gli annunciò. "Tieniti pronto, mi servirai."

"Vuoi che lo uccida?"

A Scorpius non era non sfuggita quella nota interrogativa nella voce del Ravenclaw che metteva in luce i suoi peggiori timori. Come tutti, neanche Dylan voleva esporsi così tanto.

"Non possiamo disseminare un altro morto in giro per Hogwarts, o concluderemmo il lavoro che quel dannato topastro ha iniziato ieri sera. No, pensavo a qualcosa di molto più subdolo, tipo le Maledizioni che tu sembri conoscere così bene. Voglio per lui un tormento costante, perché è questo che lui è per me."

Il compagno elencò una serie di Maledizioni che avrebbero destabilizzato Trevor senza ucciderlo. Nessuna, però, soddisfaceva Scorpius appieno.

"A ben vedere, il più grande smacco che puoi fargli è ammetterlo al gruppo." Suggerì Dylan, infine. "Stringendo il nostro Patto di Sangue sarà marchiato a vita. Non credo che troverai una condanna peggiore di questa."

Ammettere col Ravenclaw che fosse stato geniale avrebbe significato riempirlo di un orgoglio eccessivo e controproducente. La sua idea, però, gli piaceva. Con una sola mossa, sia Scorpius che Trevor avrebbero ottenuto esattamente ciò che volevano.

Il giorno dopo, Trevor venne intercettato da Caleb e Caius, afferrato per le braccia e portato, a suon di spintoni, dentro la più umida e riservata delle aule abbandonate dei sotterranei di Hogwarts. All'interno, Scorpius aveva allestito tutto l'occorrente: pergamena, piuma e calamaio erano stati posizionati su di un banco in posizione centrale, assieme a un piccolo calderone in peltro che apparteneva proprio al ragazzo più giovane e che gli era stato sottratto a lezione.

Otto Figli di Salazar si erano disposti intorno a lui con muta solennità. Sapevano cosa sarebbe successo perché ognuno di loro lo aveva già vissuto in prima persona, e chiaramente, non era un'esperienza che avrebbero voluto ripetere: quel miscuglio di sangue e Magia Oscura poteva essere disgustoso. Stavolta partecipavano soltanto come spettatori, e la vittima del rito sarebbe stato Trevor.

Trascinato a forza di fronte al banco, impaurito a tal punto da assumere un preoccupante colorito verdognolo, guardava una ad una le facce dei compagni nella disperata ricerca di aiuto, strabuzzando gli occhi di fronte ad alcuni di essi che a suo parere erano dei Maghi Oscuri davvero insospettabili.

Sembrava voler chiedere qualcosa. Cosa stesse succedendo, cosa ci facessero tutti quanti lì, che razza di gruppo segreto fosse il loro, dato che riuniva elementi provenienti da Case diverse. Troppe domande, che lo portavano sempre di più sull'orlo dello svenimento.

E infatti svenne. Trevor crollò sul pavimento come un pupazzo. Alcuni compagni ridacchiarono, altri si lamentarono del tempo prezioso che avrebbero perso a causa di quel perdente.

"Ho dei compiti da finire, non posso stare qui tutto il giorno!" Lamentava la paffuta Orella Flint, stando bene attenta a non lasciare cadere la colpa del contrattempo su Scorpius.

Infastidito, Albus si chinò sul tramortito e lo scrollò con malagrazia finché non rinvenne.

"Cerca di restare in piedi, vigliacco. Non sono qui per farti da badante."

Trevor si aggrappò al banco per rimettersi in piedi. Fissò il calderone ancora vuoto e, pallidissimo, rivolse il suo muso affilato a Scorpius.

"Cosa vuoi farmi?" La voce gli si era strozzata in gola.

"Dammi il braccio."

Il giovane Nott si guardò intorno in cerca di un appiglio, ma trovò di nuovo dei muri nei volti impenetrabili degli altri studenti. Lo odiavano. Nessuno lo riteneva degno di trovarsi al loro cospetto.

Scorpius era orgoglioso del loro univoco disprezzo. Significava che li aveva addestrati bene e che i loro standard magici erano molto elevati. Peccato che non esistesse soluzione migliore contro Nott che ammetterlo al gruppo.

"Ti prego, Scorp. Perdonami." Supplicò Trevor a mani giunte. "Non volevo raccontare nulla né a Kettleburn né a nessun altro. Mi hai fatto paura e sono scappato, solo questo! Davvero, terrò la bocca chiusa, te lo giuro!"

"Dammi il braccio." Ripeté Scorpius, mostrando il coltello d'argento nascosto dietro al calderone. "O forse preferisci un bel taglio netto sulla gola?"

Trevor, tremando, mostrò il braccio e lo dispose al di sopra del calderone. Chiuse gli occhi con forza, mentre Scorpius gli afferrava il polso per tenerlo fermo.

Poggiò la lama al dito indice e premette. Le goccioline di sangue non ricaddero sul peltro vuoto. Lo spietato leader portò il dito ancora sanguinante verso la pergamena e vi premette la ferita. Riportava in alto la dicitura "Figli di Salazar", seguita dalla firma di undici adepti, sui quali Trevor fece scorrere lo sguardo intimorito. Il manufatto si illuminò di verde, il sangue venne assorbito e non rimase alcuna macchia.

Scorpius, a quel punto, lo lasciò andare, così ripugnato dalla viltà dello Slytherin più giovane da non riuscire neanche a farsi beffe di lui. Gli impose di intingere la piuma nel calamaio e di firmare. Il piccolo topo obbedì e si apprestò a scrivere il suo nome, i cui tratti risultarono eccessivamente frastagliati a causa della mano tremolante.

A lavoro ultimato, Trevor lasciò ricadere la piuma, si guardò il dito e domandò: "Era solo questo?"

Scorpius lo spinse via. Dopo di lui, ognuno dei compagni avvicinò la mano e venne punto sul dito. Alle loro gocce venne aggiunto il sangue di tre minuscole ampolline, arrivate fresche quella mattina direttamente dalle vene di Dorian, Aster e Stella.

Scorpius pronunciò una formula; dal sangue raggrumato sul fondo si andò creando una poltiglia densa e nera che fece ritrarre Trevor, nauseato.

"Cos'è questa roba? Ti prego, Scorpius, dimmelo!"

"Stai per ottenere ciò che hai sempre voluto, Nott." Gli spiegò con fredda pacatezza. "Stai per diventare uno di noi. A onor del vero, fai già parte del gruppo da quando hai firmato la mia pergamena maledetta. La pozione serve solo a rafforzare il concetto. Bevila."

Gli occhi del ragazzo si illuminarono, in conflitto tra ciò che aveva creduto di volere e ciò che desiderava in quel momento.

"Ma voi chi siete?" Domandò esitante.

"Siamo i Figli di Salazar, i migliori praticanti di Arti Oscure di tutta Hogwarts. Qualcuno ne è parte per diritto, altri se lo sono guadagnato. Tu, naturalmente, sei stato solo graziato." Scorpius sottolineò l'ultima parola con disprezzo. "Quel che è peggio, è che sembri pure scontento. Mi stai offendendo, lo sai? Ci hai quasi fatti scoprire l'altra sera. Se Corner non avesse rimesso le cose a posto, noi saremmo nei guai e tu saresti morto. Dov'è la tua gratitudine?"

"Hai ragione, g-grazie." Balbettò Trevor, impaurito. "Ma allora perché... Perché vuoi che diventi uno di voi?"

"Bevi e lo scoprirai."

Con grande coraggio, Trevor sollevò il calderone e portò il bordo alle labbra.

Si costrinse a ingurgitare la sostanza densa fino all'ultima goccia, orripilato. Alla fine si sentì male e cadde inginocchiato sulla pietra, col calderone che gli scivolava dalle mani. Si toccava lo stomaco in preda agli spasmi.

"Anche tu hai bevuto questa roba?" Domandò a Scorpius, col viso contratto dal dolore.

"Io sono il fondatore dei Figli di Salazar. Non avrei alcun motivo per tutelarmi da me stesso! Come vedi, il mio nome non compare neanche sulla pergamena." Precisò. "Vuoi sapere cosa hai bevuto? Hai appena suggellato un patto che ti legherà a noi per la vita. Se parlerai di noi, se proverai a tradirci, pagherai e lo farai con la vita. Noi siamo migliori dei Mangiamorte. Neanche Voldemort è stato così astuto da garantirsi la totale fedeltà dei suoi servitori. Io invece l'ho fatto. Con questa sostanza oscura in corpo e la firma sulla pergamena stregata non potrete più tradirmi, né potrete farlo l'un l'altro. Siamo una famiglia, ma non siamo perfetti. Chi sbaglia paga. È tutto chiaro, adesso? Sei ancora contento di essere stato accolto, vero? Ho realizzato il tuo più grande desiderio?"

Il ragazzo più giovane annuì con scatti frenetici.

"Sì. Grazie, Scorpius."

**

Trevor aveva seriamente creduto che se fosse diventato un Mago Oscuro si sarebbe sentito diverso, un ragazzo del tutto nuovo. Invece, dopo avere assunto quella sostanza disgustosa aveva avuto soltanto una gastrite nervosa, che per fortuna la nuova infermiera scolastica aveva curato in fretta.

Scorpius non gli aveva detto cosa fare a partire da quel momento in poi - se non mantenere un riserbo totale e forzato sul gruppo e la sua esistenza - così il ragazzo frastornato aveva trascorso il pomeriggio nel modo più normale possibile. Al termine delle lezioni, ritornò nei Sotterranei.

Era esausto e voleva andare a rilassarsi in Sala Comune, ma il pensiero di rivedere i Figli di Salazar lo innervosiva. Sospettava che se avesse rivolto la parola a uno qualunque di loro, mostrando così di conoscerli e di frequentarli, sarebbe stato Cruciato di nuovo e senza troppe cerimonie.

Non avendo più molta voglia di rientrare, Trevor restò imbambolato davanti al passaggio segreto, finché dei bisbigli che giungevano da una delle aule abbandonate in fondo al corridoio non attirarono la sua attenzione. Chiunque ci fosse lì dentro, aveva commesso l'errore di dimenticare la porta socchiusa; avvicinandosi, il ragazzo si accorse che le parole erano spezzettate dal suono degli sbaciucchiamenti.

"Mi fai impazzire."

Era stata una voce femminile a parlare, lasciva, poco prima di emettere una serie di urletti che Trevor era abbastanza sicuro di sapere cosa fossero. Si allontanò dalla porta, ma ormai era curioso di scoprire l'identità dei due amanti e andò a nascondersi dietro a un'armatura.

Interminabili minuti dopo, uscivano dall'aula Dylan e Lily Potter. Si tenevano per mano e ridacchiavano con complicità, guardando a destra e a sinistra per assicurarsi che il corridoio fosse sgombro. Trevor si strinse ancora di più dietro l'armatura. La sua statura minuta lo aiutava a rimanere nascosto nell'ombra.

Non osava pensare a come avrebbe reagito Dylan se lo avesse beccato a spiarli. Fino a pochi giorni prima non lo conosceva nemmeno, se non come il solitario secchione di Ravenclaw, ora si era fatto l'idea che fosse uno Scorpius addomesticato.

"Devo andare. Gli allenamenti della squadra stanno per iniziare." Sentì bisbigliare Lily, che si era messa in punta di piedi per lasciare una scia di baci sul collo del ragazzo.

Dylan era estasiato, ma anche un po' afflitto. Se avesse potuto, l'avrebbe tenuta per sempre con sé.

"Quello Smith... Non mi hai più detto se c'è qualcosa tra voi." Lo chiese titubante, temendo forse di irritarla.

"No, siamo usciti solo quella volta. È una zucca vuota. L'ho mollato. D'accordo, sa tutto di Quidditch ed è un ottimo elemento per la squadra, ma che mi importa? Io sono più brava di lui."

Trevor era sicuro che Dylan non avesse nemmeno ascoltato il riferimento al Quidditch. Si era tranquillizzato non appena avuta la certezza di essere rimasto il solo per lei.

"Vorrei che potessimo riprovarci." Le disse ancora, colmo di speranze. "Voglio andare a Hogsmeade con te, la prossima volta. Che ne dici?"

La Gryffindor si ritrasse. Non era più in vena di moine e incrociò le braccia.

"Ci ho ripensato. Non sono ancora pronta per renderla ufficiale."

Dylan sembrava uno a cui avessero lanciato un Confundus. Fissò la ragazza a bocca aperta, riuscendo appena a formulare un pensiero:

"È perché Malfoy ci ha scoperto? Ma puoi stare tranquilla, a lui non importa! Tuo fratello invece capirà. Lo sanno tutti che vuole Calypso. Sarebbe un ipocrita se cercasse di ostacolare noi, dopo quello che Scorpius sta facendo a lui."

"Tutto questo non c'entra nulla." Rispose lei, sempre più nervosa. "Se ci tieni a saperlo, ho deciso che voglio essere uno spirito libero, d'ora in poi. Sono giovane, voglio fare quello che mi pare senza giustificarmi con nessuno. Se tu non sei d'accordo, possiamo anche chiuderla qua."

Trevor, che non aveva mai toccato una ragazza neanche per sbaglio, si immedesimò talmente tanto in Dylan da sentirsi male per lui. Lily Potter faceva parte della squadra di Gryffindor ed era la migliore in campo, ma era impossibile vedere in lei soltanto una stella dello sport ora che l'aveva conosciuta meglio. Era bella e aveva fascino, ma con gli uomini sapeva essere così tagliente da mettere paura. Ora capiva perché non avesse mai sentito dire che lei stesse frequentando qualcuno.

"Sarò più presente." Si affrettò Dylan a dirle. "Non m'importa se quest'anno ho gli esami, d'ora in poi metterò te al primo posto, farò tutto quello che vuoi."

La testa di Lily scattò decisa su di lui: "Non ci pensare nemmeno! Non sarò l'alibi dei tuoi fallimenti! Te lo dico un'ultima volta, Dyl. Non sarò mai la tua ragazza. Avremo solo questo, prendere o lasciare."

Alcuni primini si riversarono in corridoio diretti alla lezione di Pozioni. Dylan sembrava disperato, ma fece in tempo a dirle che voleva vederla lo stesso, che lei era già corsa via, prima che qualcuno li vedesse e si domandasse perché un Ravenclaw e una Gryffindor si incontravano da soli nei Sotterranei di Hogwarts.

Trevor uscì dal nascondiglio quando anche Dylan, lasciatole il tempo di allontanarsi per prima, si dileguò lungo le scale. Gli dispiaceva un po' per lui. Aveva una relazione segreta con una ragazza che era decisamente oltre la sua portata; pur essendo un giovane Mago Oscuro di tutto rispetto, si faceva trattare da lei come pezza per i piedi.

Fu allora che si rese conto di quanto gli facesse piacere saperlo. La sua non era una gioia perfida, ma soltanto sollievo. Era confortante sapere che i Figli di Salazar non erano infallibili e che le attenzioni di una ragazza erano sufficienti a portare scompiglio. Accendeva la speranza di potersi liberare di loro, un giorno, senza colpo ferire.

La serata in Sala Comune trascorse tranquilla. Nessuno dei nuovi confratelli gli diede considerazione alcuna, quasi non lo avessero mai osservato bere il loro stesso sangue. Trevor si guardò bene dal rivolgergli la parola e loro lo lasciarono in pace. Questa tregua gli diede l'opportunità di studiarli da lontano, seduto al tavolo in mezzo a libri e pergamene, senza venire infastidito. Sembrava che la sua teoria sui Figli di Salazar e le donne portatrici di sventura fosse ancora valida.

Scorpius sedeva sul divano accanto a Calypso, con un braccio intorno alle sue spalle. Ogni tanto lo vedeva scendere a baciare la guancia della ragazza, malizioso come un amante, oppure le forzava un bacio in bocca che lei finiva per concedergli per rassegnazione, dopo essersi ritratta più volte.

Al riparo della Sala Comune di Slytherin, Trevor aveva già visto quei due comportarsi alla stregua di una coppietta immatura molte altre volte. Ogni famiglia Purosangue era al corrente della loro promessa di matrimonio, per cui non se n'era mai stupito. Ma adesso Scorpius frequentava Rose Weasley - li aveva visti proprio quella mattina tubare affiatati per i corridoi - ed era strano che lui continuasse a corteggiare Calypso, o forse a insidiarla, in un modo tanto sfacciato.

"Questo è per dimostrarti che non mi sono scordato di te." Gli sentì dire a un certo punto, dopo avere rubato l'ennesimo bacio alla cugina. "E per mettere in guardia chiunque ci avesse sperato."

Nessuno commentò, ma Trevor vide Caius e Caleb rivolgere degli sguardi timidi ad Albus, seduto al loro fianco sull'altro divano, che a sua volta era sbiancato come se avesse visto la morte in faccia. Trevor non poteva sbagliarsi, su questo. Conosceva bene la sensazione.

Arrivata la sera, dopo avere passato più tempo a spiare i confratelli che a fare i compiti, si stava ancora sforzando a scrivere un tema per Incantesimi da consegnare il giorno dopo. Quasi tutti i compagni erano andati a dormire e non c'era ombra neanche dei più temibili.

Soltanto Orella Flint era ancora in circolazione. Era una delle ragazze del suo stesso anno, paffuta, coi capelli scuri corti sopra le spalle, massiccia sia per corporatura che per carattere. Non aveva mai avuto la certezza che facesse parte del gruppo di Scorpius, ma ci avrebbe scommesso i gioielli di famiglia che un donnino così amabile avesse attirato la sua attenzione. Orella prese posto di fronte a Trevor, col volto ingrugnito e minaccioso.

"Ordine del giorno." Gli disse con la sua voce rauca e scontrosa. "Da oggi in poi sarai sotto il mio totale controllo. Ti pedinerò, saprò tutto quello che farai e, se non mi piacerà, lo riferirò a Scorpius. Hai capito bene?"

"Cosa speri che faccia?" Trevor era ormai troppo stanco per lasciarsi impressionare dalle minacce. Non riusciva nemmeno a scrivere due parole di senso compiuto nel suo tema. "Scorpius ha già chiarito abbastanza che non potrei tradirvi neanche se lo volessi."

"È proprio questo il punto, zuccone. Conta la volontà, ma non c'è niente che ti impedisca di crearci problemi senza che te ne accorga. Io sarò qui per evitarlo, quindi occhio a quello che fai."

Gli puntò il dito tozzo sulla faccia, con un'espressione che non ammetteva repliche. Guardandola, Trevor pensò soltanto che se accanto a lei ci fosse stato un maiale, non avrebbe notato differenze.

Nei giorni seguenti, Orella si rivelò effettivamente l'ombra più minacciosa che avesse mai avuto. Non sembrava avere niente di meglio da fare che pedinarlo per tutto il giorno. Si sedeva accanto a lui a lezione, si imponeva come partner per le esercitazioni; riusciva a scoprire cose su di lui che non avrebbe dovuto sapere, ed era ancora lei che veniva a cercarlo quando il capo aveva qualcosa di cui informarlo.

Col passare delle settimane, infatti, Trevor iniziò a notare che i suoi compagni di Casa sparivano dalla circolazione per almeno un paio d'ore quasi tutti i fine settimana. Quando accadeva, a fine serata Orella piombava al suo cospetto come un gigante ostile, informandolo di un qualunque nuovo ordine del giorno.

Comprese molto presto che, pur facendo parte del gruppo, non era stato ammesso alle riunioni. Era stata forse questa la scoperta più sconvolgente da quando Scorpius gli aveva dato da bere la pozione sanguinolenta. Malgrado i suoi sforzi, nella vita di Trevor non era cambiato nulla. Faceva parte dei Figli di Salazar, ma restava ancora un emarginato.

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