I Figli di Salazar

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Solitamente, Dorian Greengrass avrebbe evitato di percorrere un marciapiede londinese frequentato da Babbani. Indossando una tunica magica tradizionale e stivali neri di pelle di drago, il pericolo di attirare l'attenzione su di sé era troppo elevato.

Tuttavia, il giovane mago si era stancato di aspettare al chiuso di quella soffitta umida e soffocante, al Numero Dodici di Grimmauld Place, con la sola compagnia di sua sorella, i suoi tarocchi, quel Ravenclaw petulante e la coppia felice. Aveva atteso insieme a loro per troppo tempo e, a quel punto, aveva esaurito la pazienza.

La riunione dei Figli di Salazar, quel giorno, non aveva prodotto nulla di significativo. Sebbene ognuno di loro fosse in grado di evocare il Marchio Nero, nessuno sembrava avere idea di chi effettivamente l'avesse fatto.

Nel pomeriggio, Albus aveva inviato un Patronus al Quartier Generale dicendo semplicemente: Non usate la magia oscura. Ci sono cose importanti di cui dobbiamo discutere. Incontriamoci più tardi. Poi però non si era presentato e, pian piano, dopo averlo atteso invano, quasi tutta la compagnia era tornata a casa.

Dorian era rimasto. Non c'era nulla che lo richiamasse altrove, inoltre non riusciva a pensare a niente di più importante che questo. La morte di Scorpius cambiava tutto. Se era stato davvero uno del gruppo a ucciderlo, la stessa persona sarebbe stata presto anche il loro nuovo leader.

Il messaggio di Albus li aveva sconvolti: era stato lui? Non che Dorian si sarebbe sorpreso, considerato cosa Scorpius gli aveva fatto; ciò, però, avrebbe reso il timido Potter più pericoloso e potente di quanto non fosse. E, Dorian lo doveva ammettere, l'idea non gli dispiaceva. Lui amava circondarsi di alleati forti; solo l'ausilio di maghi potenti rendeva possibili grandi obiettivi.

Alla fine, stufo anche di camminare, andò a sedersi sugli scalini sudici della porta contrassegnata dal numero 12.

Forse là, nell'ombra, al riparo dai lampioni, sarebbe sfuggito agli occhi indiscreti. Era stanco di attirare gli sguardi curiosi dei Babbani. Doveva essere ormai mezzanotte, ma le strade erano ancora piene di quelle sporche creature infestanti.

Il leggero vento notturno scompigliava i suoi lunghi capelli biondi che scendevano oltre la spalla, le punte che gli solleticavano delicatamente il mento. In preda alla noia, decise di intrattenersi: due ragazze dall'aspetto comune stavano passando di fronte a lui, indossando abiti corti e tacchi alti. Il mago nascose la bacchetta nella manica della sua tunica e pronunciò sottovoce un incantesimo.

In quell'istante, una delle due ragazze inciampò e cadde a terra, urlando di dolore. Uno dei suoi tacchi si era spezzato; la sua amica e alcuni passanti accorsero in suo aiuto, mentre lei continuava a gridare: "La caviglia! Credo di essermi rotta la caviglia!"

Dorian ridacchiò soddisfatto. Si disse, tenendo a mente l'avvertimento di Albus, che quello non era certo da considerare Magia Oscura, ma piuttosto uno scherzo innocuo. Con il suo incantesimo, aveva semplicemente paralizzato la caviglia della Babbana, che, priva di forza, si era piegata fino a spezzarsi.

"Dorian!"

l ragazzo alzò gli occhi, percependo la scomoda sensazione di essere stato sorpreso come un bambino colto in fallo. Affacciata alla finestra del quarto piano c'era sua sorella Calypso. I suoi capelli biondi scivolavano oltre il bordo del davanzale, mentre con il suo braccio pallido gli faceva segno di tornare.

Albus. Si trattava sicuramente di lui.

Dorian rientrò rapidamente in casa e si Materializzò all'ultimo piano. La porta della soffitta era spalancata. Abbastanza spaziosa da accogliere comodamente una dozzina di persone con i loro effetti personali, la mansarda era illuminata da una serie di candele sospese a mezz'aria. Anche il mago biondo si unì al gruppo attorno ad Albus.

"Lily sta bene?" Domandava Dylan Corner, di Ravenclaw, un ragazzo dai capelli castani, molto alto e magro.

"Tutto bene, ma è stata una giornata lunga." Rispose Albus, sbrigativo. Non aveva una bella cera. "Scusate se vi ho fatto aspettare, ma non potevo proprio allontanarmi. Mio padre non ha voluto sentire ragioni."

"Ha già scoperto qualcosa?" Chiese Calypso.

Albus prese teneramente la sua mano e la baciò.

"Non ancora. Ma ho scoperto io qualcosa di interessante." Calò il silenzio. Tutti si chiedevano la stessa cosa: lui sapeva cos'era successo a Scorpius? Albus si affrettò a raccontare: "Sono stato al Manor, stamattina. Non è stata una mia idea, ho dovuto accompagnare Rose, ma così ho potuto origliare una conversazione tra mio padre e Malfoy. Il Ministero ha imposto una Traccia sulla Magia Oscura. Chiunque la userà verrà rintracciato e arrestato immediatamente."

"Non può essere!" Strillò Calypso, visibilmente sconvolta. Albus le baciò di nuovo il dorso della mano, annuendo con sguardo mesto.

"Stai scherzando?" Esclamò Aster, il volto squadrato distorto dallo shock. La sua ragazza, Stella, si coprì la bocca larga, nascondendo il viso sottile e appuntito.

"Ci troveranno!" Disse il Ravenclaw, indietreggiando per istinto da Albus. "Siamo spacciati!"

"Non possono farlo." Si infervorò Dorian. "Cosa significa che ha messo una Traccia sulla Magia Oscura? Le Arti Oscure non sono soltanto omicidi e costrizioni. Come pensano di creare i Repellenti per lumache o i Doxicida, se è vietato usarle?"

"Mio padre vuole beccare chi uccide." Spiego Albus. "È convinto che l'assassino userà di nuovo le Arti Oscure, e ha tutte le intenzioni di trovarlo." Tornò il silenzio. La solita domanda continuava ad aleggiare nell'aria. Dato che Albus era appena arrivato, fu lui il primo a parlarne: "Allora, chi di voi è stato?"

Per qualche motivo, gli occhi di Albus caddero su Dorian, ed entrambi distolsero lo sguardo.

"Speravamo che ce lo dicessi tu." Commentò Aster. E Stella domandò:

"Non sei stato tu?"

Albus scosse la testa, perplesso, e domandò a sua volta: "Non è stato nessuno di voi?" Per sicurezza, cercò la conferma anche in Calypso. "Che strano."

"Che sia un vero Mangiamorte?" Domandò il Ravenclaw, titubante. "In fondo, i Malfoy hanno ancora molti nemici là fuori."

"Sembra che lo pensino un po' tutti." Confermò Albus.

Calypso strinse con forza la mano del ragazzo dai capelli neri ed esclamò con entusiasmo:

"Scorpius non c'è più e l'assassino non salta fuori. Bene. Significa che ci toccherà eleggere il nuovo leader. Albus è la persona giusta, l'ho letto nelle carte. Deve guidarci lui."

"Non possiamo decidere adesso." Disse Stella, aggrappandosi al robusto braccio di Aster, il quale era tre volte più largo di lei. "Dobbiamo riunirci domani e votare tutti insieme."

"Le votazioni sono per i perdenti." Ribatté la ragazza bionda. "Noi abbiamo bisogno di una dimostrazione di forza."

Lanciò uno sguardo dietro di sé; in un angolo, dietro al vecchio tavolo delle riunioni, c'era una piccola cassaforte impolverata. Al suo interno era custodito un'oggetto di vitale importanza: uno strumento non solo potente, ma addirittura unico, creato da loro stessi.

I ragazzi si osservarono a vicenda come se la cosiddetta prova di forza fosse già iniziata.

"Calypso ha ragione." Disse Dorian. "Lasceremo che a decidere sia qualcosa che è più potente di noi."

"Ma non è ancora pronta..." Commentò Dylan, timidamente. "Ha bisogno di essere ultimata. E come faremo, se non potremo più usare la Magia Oscura?"

"Non è vero, Albus ha detto che andava bene. Vero, Al?" Chiese Calypso.

"Sì, sì." Confermò lui, pensieroso. "Era pronta. Beh, è già potente così com'è, almeno."

Dylan fece per aprire la bocca, poi rinunciò, mordendosi il labbro. Credendo di avere vinto, Calypso spalancò un sorriso e dichiarò:

"Allora è deciso, lo faremo domani!" La ragazza cercò il consenso dei compagni, e tutti a parte Dylan si dissero d'accordo.

"Al, hai detto che sei stato al Manor." Domandò Dorian. "Hai parlato con Malfoy?"

"No, mi sono nascosto. Da ciò che ho sentito, non credo che parlerà..." Tutti si rilassarono visibilmente, anche se Albus non aveva ancora finito la sua frase, "... ma dobbiamo stare attenti. Temo sia in cerca di vendetta. Per fortuna, non sa di questo posto. Dobbiamo ripulirci di tutto ciò che potrebbe apparire sospetto, e lo porteremo qui, dato che avevamo già iniziato a farlo." 

Sulla grande libreria che copriva per intero la parete più lunga, già colma di libri e pozioni, c'era ancora dello spazio libero. Suonava come un'idea sensata, ma Dorian storse il naso: 

"Io non ne ho bisogno. Nessuno si sorprenderebbe di trovare dei vecchi tomi di Magia Nera in casate antiche come la mia. Pensateci voi a ripulirvi. Corner, per esempio. Una collezione di libri proibiti in mano a un Mezzosangue di Ravenclaw è praticamente una confessione."

Dylan tremò nel sentirsi tratto in causa. Strizzò gli occhi su Dorian, e ribatté: "Pensi che voglia andare in vacanza ad Azkaban? Non sono uno stupido, so cosa fare."

"Che ne sarà della roba di Scorpius?" Domandò Calypso ad Albus.

"Se suo padre saprà entrare nella sua stanza, è probabile che se ne sbarazzerà. Neanche lui vorrà avere delle seccature dagli Auror." Rispose il ragazzo, scrollando le spalle.

"Beh, suppongo che presto ci toccherà stabilire dei turni di guardia per sorvegliare Grimmauld Place." Propose Dorian.

"Io e Aster lavoriamo già abbastanza durante il giorno." Ribatté Stella, con condiscendenza. "Ma se tu, che sei ricco di famiglia, hai voglia di sprecare il tuo tempo qui dentro, fai pure."

Dorian si domandava quante possibilità avesse di ricucirle la bocca senza ricorrere all'uso della Magia Oscura.

"È preoccupante che tu dia per scontato che gli Auror non possano trovare il nostro Quartier Generale, se davvero lo volessero. Forse vuoi abbassare la guardia. Lavorare al Ministero ti ha fatto dimenticare da che parte stai?"

L'insinuazione era stata così intollerabile per Stella che svuotò i polmoni sull'accusatore, in preda alla rabbia:

"Non osare ripeterlo! Ho dato tutta la mia vita ai Figli di Salazar, tutte le mie energie!"

"E malgrado ciò, vuoi tirarti indietro proprio adesso che rischiamo di essere scoperti! Se ci fosse Scorpius te l'avrebbe già fatta pagare!"

All'indignazione di Stella seguì uno sgomento generale. Niente, in quella stanza polverosa che in poche settimane aveva già visto abbastanza, avrebbe potuto suonare più offensivo che tirare in ballo Scorpius.

"Dorian!" Esclamò Calypso, che non riusciva a credere alle proprie orecchie.

"Non osare!" Aster si era fatto avanti, sfoderando i suoi enormi pugni.

"Aveva ragione Scorpius." Dorian sostenne senza alcuna paura lo sguardo di tutti. "Voi Mezzosangue siete inaffidabili, delle bandiere al vento. Avevate bisogno del suo regno del terrore per rigare dritto! Guardatevi! È morto da due minuti, e vi state già lamentando come Babbani! Non posso sopportarlo! Se qualcuno dovesse tirarsi indietro proprio ora che le cose si mettono male..."

"Nessuno può farlo, lo sai bene." Disse Albus, che si era irrigidito. "E comunque, nessuno ha intenzione di farlo. Calmiamoci."

"Noi Mezzosangue valiamo quanto voi." Disse Aster a Dorian, a denti stretti. "Tua sorella l'ha capito."

Calypso si strinse con orgoglio al braccio di Albus. La voce di Dylan si affacciò timidamente:

"I Figli di Salazar non sono nati per fare distinzioni tra Purosangue e Mezzosangue. Questo è stato l'errore di Scorpius. Adesso che lui è morto, dovremmo tornare a mettere in primo piano il nostro potenziale. Noi esistiamo se rimaniamo uniti. Esiste il gruppo, non il singolo."

"Ben detto, Corvetto." Si congratulò Stella, anche se la sua voce aveva perso di tono dopo l'urlo bestiale di poco prima.

"Questo vale anche per te." La rimbeccò Dylan, severamente, facendola arrossire.

I ragazzi si squadrarono torvi ancora per un po', fino a quando Albus non decise di intervenire:

"Sentite, penso che siamo tutti d'accordo sul fatto che siamo una famiglia. Senza Scorpius siamo anche più forti di prima, è solo questione di riorganizzarci. Una volta trovato il nuovo leader, stabiliremo con calma quali misure di sicurezza adottare per proteggere sia noi che il nostro Quartier Generale. Adesso però è tardi e siamo tutti molto stanchi e stressati."

Di lì a poco tutti i membri del gruppo seppellirono l'ascia di guerra, si salutarono e stiracchiarono i muscoli prima di Materializzarsi. Alla fine, rimasero in soffitta soltanto Albus, Calypso e le candele ormai consunte che volteggiavano in aria.

Calypso condusse Albus a quello che era stato il suo posto abituale al tavolo delle riunioni, alla destra del capotavola. Sulla sbiadita superficie in legno aveva disposto i suoi tarocchi francesi a formare una croce equilatera, con al fianco una colonna di quattro carte.

"Le ho fatte sette volte." Spiegò al ragazzo. "E il risultato è sempre lo stesso."

Albus analizzò i tarocchi con attenzione, ma non aveva mai studiato Divinazione e tutto ciò che sapeva al riguardo lo doveva a Calypso. Vi riconosceva la carta della Morte, al centro della croce equilatera, sovrapposta dalla carta del Matto.

"Cambiamento e nuova rinascita." Affermò, come se stesse stilando un elenco. Calypso annuì, pervasa da un'euforica impazienza. E poi, il Diavolo capovolto, l'Appeso, la Torre al rovescio, il Papa, l'Imperatrice, la Forza, la Temperanza, il Mondo. "Credo voglia dire che seguirà un periodo di crisi a questi cambiamenti, ma che poi tutto si sistemerà. O qualcosa del genere. L'Imperatrice è una carta positiva anche per le coppie, se non sbaglio, quindi forse rappresenta il nostro futuro." Albus si passò una mano tra i capelli, a disagio. Si sentiva uno sciocco, ma almeno aveva reso felice la sua ragazza.

"Sì! Le ho fatte pensando tutte le volte a te come nostro capo e, guarda! Sono convinta che la carta del Papa sia tu. Sei tu che ci guiderai, tu porterai i Figli di Salazar alla grandezza!" Calypso non era una vera veggente, ma Albus avrebbe giurato che vedesse sul serio delle cose invisibili agli altri perché così sembrava, quando riversava lo sguardo in un punto lontano. "Vedrai che sceglierà te. Sarai tu il capo, sei tu il più forte tra noi!" Era come se volesse trasferire in lui tutte le sue certezze.

Albus non poteva essere sicuro del responso. Non sentiva di avere fatto molti progressi negli ultimi tempi, però non aveva nemmeno voglia di contraddire Calypso. Era bello avere una ragazza che credeva tanto in lui.

"Anche Dorian è forte." Disse, soltanto.

Calypso storse il naso:

"Dorian è un soldato. Sa obbedire ma non sa comandare."

Si premurò di raccogliere i tarocchi dal tavolo e di riporli nella custodia di velluto.

Albus si ritrovò a fissare la cassaforte, chiedendosi se le carte avessero ragione e se la sua vita fosse destinata a cambiare. A dire il vero, era già cambiata.

Se non fosse che era tutto successo troppo velocemente, Albus avrebbe già potuto rallegrarsi di molte cose: una di queste era proprio davanti a lui.

Calypso aveva messo via le carte e adesso stava incassando la vecchia sedia al tavolo. Albus la cinse in un abbraccio e la strinse forte, assaporando l'odore dei suoi capelli, la morbidezza della sua pelle, come se finora non si fosse mai preso abbastanza tempo per adorarla. Guancia a guancia, entrambi socchiusero gli occhi.

"Siamo liberi." Sussurrò Albus al suo orecchio.

Calypso annuì in silenzio, intrecciando le mani alle sue, mentre una lacrima scivolava via.

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