Grimmauld Place Numero Dodici II

Vi allego la mappa di Grimmauld Place che ho usato per scrivere questi capitoli (ci servirà anche per il prossimo). L'ho presa da Pinterest, ma come potete vedere c'è il nome di chi probabilmente l'ha disegnata per primo: FirePhoenix86. Devo precisarlo perché c'é chi non ha nient'altro da fare - e da dire - che mettersi a fare i maestrini (o per meglio dire, le maestrine).

Nella versione di GM scritta da me c'è solo qualche differenza, cioè che il quadro di Walburga sta accanto alla scala, e che tra la soffitta e la scala c'è un pianerottolo.

***

Era quasi mezzanotte quando una ragazza piena di lentiggini varcò la soglia del camino del numero dodici di Grimmauld Place per la seconda volta nell'arco della stessa giornata.

Col suo abbigliamento sembrava una pantera: una felpa nera aderente sopra a dei leggins dello stesso colore e scarpe da ginnastica. Se la casa avesse potuto formulare un pensiero, avrebbe detto di lei che fosse una ladra, e avrebbe avuto ragione. Rose stessa sentiva di esserlo, ma con una giustificazione in apparenza validissima.

Il fatto era che nè lei nè Draco potevano abbattere i sortilegi intorno alla soffitta. Quello era un lavoro da Auror. Rose però poteva spiare la casa, raccogliere nuovi indizi e sperare in un po' di fortuna.

Le luci esterne non raggiungevano in alcun modo il seminterrato, e quando la luce verde svanì dal camino la Gryffindor si ritrovò immersa nel buio. Fortunatamente, dopo avere trascorso un intero giorno a lucidare la casa, la ragazza sapeva perfettamente in che direzione muoversi.

Doveva sbrigarsi: c'era la possibilità che il suo arrivo avesse fatto scattare gli Incantesimi Sensori. Procedette a tentoni fino alle scale. Una volta raggiunto il pian terreno, i sottili fasci di luce che dalla strada attraversavano i fori della porta l'aiutarono a muoversi senza inciampare.

Pochi rumori esterni disturbavano la pigra quiete della casa, dove regnava ancora un silenzio assordante. Ogni dimora legata ai Maghi Oscuri che Rose avesse mai visitato, si era sempre caratterizzata per essere spettrale.

Quando un brivido le ossigenò la mente, si ricordò della stanza spoglia di fianco alla porta d'ingresso. Era stata la più facile da pulire e, dato che Rose non aveva scorto tracce di impronte tra la polvere, aveva dedotto che i Figli di Salazar non la usassero mai.

Zia Ginny le aveva spiegato che in passato era stata una sala da pranzo, ma che di recente il vecchio tavolo e le sedie traballanti erano stati spostati in soffitta, per una ragione che non riusciva a ricordare.

Ormai era soltanto una stanza vuota, la carta da parati verde smeraldo ancora intatta, un nascondiglio perfetto. Infatti, la neonata esperienza di Rose nel settore dello spionaggio, le aveva insegnato a stare vicino alle uscite.

Attraversando lo stretto corridoio, urtò per sbaglio la tenda davanti al ritratto. Il suo cuore si fermò, mentre il tessuto rosso ondeggiava. Rimase immobile e, nel silenzio, udì un mormorio. Sembrava che la signora Black stesse parlando nel sonno.

Rose proseguì con cautela fino alla stanza vuota; a quel punto, un altro rumore attirò la sua attenzione. La ragazza pensò che qualcosa stesse accadendo ai piani superiori, invece era dietro di lei.

Qualcuno aveva iserito le chiavi nella serratura e l'aveva fatta scattare, una volta, poi un'altra e un'altra ancora. Quando la porta si aprì, Rose era già corsa ad appiattirsi contro la carta da parati verde.

"Ed eccoci qua!" Disse la voce allegra di James, a una ragazza che ridacchiava al suo fianco. "Casa Black, appena tirata a lucido! Aspetta di vedere l'arazzo con l'albero genealogico. È talmente folle che potrebbe fare da tappezzeria a una casa degli orrori."

James accese le luminarie. La luce schiarì anche una parte del pavimento e del muro della vecchia sala da pranzo, la cui porta era rimasta aperta. Parlava ad alta voce, supponendo che in casa non ci fosse nessuno.

Con gli occhi fissi sulla luce che si infrangeva sul muro e sulle ombre allungate dei nuovi arrivati, Rose pensò a una scusa che potesse spiegare la sua presenza notturna a Grimmauld Place. Durante le pulizie aveva perso il suo braccialetto preferito, quindi era tornata a cercarlo. E no, non poteva aspettare l'indomani perché... glielo aveva regalato Scorpius e non riusciva a dormire senza. No, non l'aveva trovato, probabilmente l'aveva dimenticato da un'altra parte...

"Cos'è quella roba?" Domandò allegramente la ragazza babbana. "Ci giocavano alle marionette, lì dietro?"

"Quello? Non puoi neanche immaginare cos'è... O meglio, chi è. La marionetta più brutta che tu abbia mai visto. La vuoi conoscere?"

Quando James tirò le tende, esplose un urlo disumano, che spaccava i timpani e inacidiva il sangue. Le parole pronunciate dalla donna del ritratto si perdevano in un suono acquoso, impastato di secrezioni.

"Sozzura! Lurido traditore del suo sangue! Come osi recarmi disturbo in compagnia della feccia babbana? Come osi insudiciare la casa dei miei padri? Infame abietto, che disonora la mia dimora, dove fummo sempre puri..."

"Santo cielo, ma è pazza?" Esclamò l'ospite, senza neanche provare a sovrastare le urla della donna. Sembrava che la signora Black fosse niente di più che una insolita attrazione da circo. "Mi dicevi che questi... come si chiamano, aveva qualcosa a che fare coi cavalli... Ah sì, Purosangue, si sposavano tra parenti stretti. Mi sa che con questa donna la genetica ha proprio esagerato. Che porcheria!"

"E aspetta di sentirla parlare del figlio Traditore del Sangue!" Rispose James, pieno di entusiasmo. La signora Black, intanto, continuava a urlare. "Ehi, vecchia, che mi dici di Sirius Black?"

"Quel traditore del suo sangue, vergogna della mia carne...!"

Ogni impropero era accompagnato dalle risate fragorose di James e della sua amica. Per un po', si aiutarono a vicenda a stuzzicare la Signora Black colpendola nei suoi tasti più sensibili, per poi compiacersi del risultato.

Quando il gioco venne a noia, la donna era ormai rimasta senza voce. Continuò comunque a imprecare contro James e la sua impudenza finché il ragazzo non chiuse le tende. A quel punto, tornò finalmente il silenzio.

"Vedi, bisogna farla stancare per liberarsi di lei." Spiegò il mago alla sua amica.

"Il tuo mondo è pieno di sorprese." Commentò la ragazza, che aveva abbassato la voce di un'ottava per farsi sensuale.

Ridacchiando e scambiandosi effusioni, la coppia risalì le scale in modo goffo, arrancando e sbattendo i fianchi contro la ringhiera, che vibrò a ogni colpo.

Quando furono abbastanza lontani, Rose tirò un sospiro di sollievo. Se avesse voluto minacciare uno qualunque dei Potter, il materiale non le sarebbe mancato. Anche James si intrufolava a Grimmauld Place di nascosto. A quanto pareva, era pure riuscito a rubare le chiavi al padre.

Valutò di andare via. Forse Albus e i suoi amici avrebbero rinunciato a riunirsi nel Quartier Generale se c'era anche James.

"A meno che James non sia uno di loro!" Disse Rose a se stessa. Ma l'idea parve subito da scartare.

Una porta si richiuse qualche piano più su; contemporaneamente, qualcuno si Materializzò in corridoio.

Rose tornò ad appiattirsi sul muro. Chiunque ci fosse dall'altra parte, doveva essere una donna, e stava borbottando qualcosa. Lei la conosceva; l'aveva ascoltata per sette anni tra le file degli Slytherin.

"È inaudito. Comportarsi così con una povera donna indifesa!" Brontolò Calypso. Tirò le tende e stavolta parlò dolcemente: "Tutto bene, signora Black?"

Rose pensò che il quadro avrebbe ripreso a urlare, o almeno a inveire. Dal corridoio, però, giunsero soltanto dei singhiozzi: la signora Black stava piangendo.

"Calypso, cara! Splendida fanciulla dal sangue puro!" Esclamò la donna, sincopando, rauca, tra le lacrime. "Sono così felice di vederti. Quell'orribile ragazzo, quel traditore del suo sangue, si è preso gioco di me!"

"Lo so, signora Black. Lo abbiamo sentito fino in soffitta e, mi creda, siamo tutti d'accordo sul fatto che James sia un completo imbecille. Mi dispiace tanto."

"Oh, come vorrei che il mio Regulus non fosse morto. Come vorrei che avesse sposato una ragazza come te! La mia stirpe sarebbe salva e la dimora dei miei padri non sarebbe caduta in mano agli abomini!"

Il suo pianto aumentò di intensità, tanto che Rose pensò che James l'avrebbe sentita, anche se si era chiuso in una stanza due piani più su.

"Non tutti i Potter sono pessimi. Pensi ad Albus! Io e lui stiamo insieme, e un giorno questa casa sarà nostra. Quando accadrà, le sue tende rimarranno sempre aperte, glielo prometto."

La signora Black accennò a calmarsi. Rose non sapeva quasi nulla della donna del ritratto, se non ciò che aveva appena origliato, ma era rimasta colpita dall'evidente rispetto reciproco che intercorreva tra lei e Calypso. Per qualche motivo, le aveva fatto gelare il sangue.

Che la bionda Slytherin fosse proprio la ragazza di Albus, invece, non l'aveva sorpresa affatto. Quei due si meritavano a vicenda.

"Che fine ha fatto il giovane Malfoy?" Domandò la signora Black, in tono affranto. "Non lo vedo da tanto. Oh, è un ragazzo così per bene, di ottimo lignaggio. Lui sì, che sarebbe adatto a te. Riesco proprio a vedervi insieme, sareste una coppia purosangue di altissimo livello."

"Scorpius è morto e sepolto, signora Black. Non lo rivedrà mai più."

Rose aveva odiato quelle viscide allusioni da prozia zitella, quasi quanto sembrava averle odiate Calypso. I matrimoni tra consanguinei non erano più considerati accettabili da molto tempo. La signora Black, però, non fece caso all'inspiegabile livore nelle parole della ragazza, ed esclamò con stupore:

"Morto? Per Salazar, questa è una vera tragedia. È sempre il sangue migliore ad andarsene, le famiglie migliori a scomparire. La feccia, invece, non muore mai."

"Si sbaglia, Signora Black. La feccia, ogni tanto, muore."

Rose strinse i pugni e li morse per impedirsi di urlare. Odiava Calypso con tutto il cuore. La ricordava ancora, nel giorno del funerale, con quella finta aria affranta, tutta zucchero e condoglianze. Era stata solo una recita, falsità allo stato puro. Rose non aveva mai conosciuto la vera Calypso prima d'ora.

Avrebbe voluto sbucare dall'altra parte e litigare con lei. Accusarla di essere complice dell'omicidio, dirle che Draco aveva ragione, e che Scorpius meritava di tornare in vita. Rose avrebbe trovato la Bacchetta, e i Figli di Salazar sarebbero marciti ad Azkaban.

Ma dall'altra parte ci fu un silenzio prolungato. Stava succedendo qualcosa, tuttavia, quando Rose se ne rese conto era già troppo tardi: una forza invisibile l'aveva inchiodata alla parete. Non poteva muoversi. I palmi delle mani, disposti lunghi i fianchi, aderivano alla tappezzeria come sulla colla. Spalle, gambe e piedi erano completamente immobili.

Spaventata, la ragazza poté soltanto voltarsi a sinistra, per guardare entrare i suoi aggressori.

Per prima cosa, vide una mano puntare la bacchetta verso il lampadario e accenderlo. Gli occhi di Rose, abituati al buio, lacrimarono.

Tuttavia, non ebbe bisogno di asciugarli per capire chi fosse la persona che, in quel momento, si faceva avanti. Quei capelli neri, arruffati, avevano ancora il sapore di un'infanzia felice. Allo stesso modo, la chioma bionda della ragazza al suo fianco era inconfondibile.

"Ciao, Rose." Disse Albus, gelido. "Non saresti dovuta tornare."

*

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