Finite Incantatem I
I capitoli conclusivi di questa storia non possono che essere lunghi. Tutto volge al termine, ogni trama si chiude. Meritano di essere letti tutti d'un fiato.
(Ps: non attualmente revisionati, è un periodo in cui sono stanca 🥲)
***
Quindici anni prima.
Col naso schiacciato sul vetro della finestra, il piccolo Scorpius osservava con curiosità la neve soffice che cadendo dal cielo colorava di bianco il cortile dei Malfoy. Era confortevole sapere che quella distesa gelida non potesse fargli alcun male, perché lui era in casa, al sicuro, accudito dalla sua famiglia e allietato dai giocattoli sparsi sul tappeto: i cubi magici e un esercito di soldatini in armatura medievale, che in assenza del bambino avevano preso a lottare tra di loro.
C'era pure un minuscolo elfo domestico che lo seguiva dappertutto e che si era addormentato sulla poltroncina verde preferita del bambino. Scorpius però non era geloso e lo aveva lasciato riposare.
"Scorpie, amore, è ora di andare a letto."
Astoria si inginocchiò di fronte all'adorato figlioletto, raggiungendo in quel modo la sua altezza. Portava un lungo maglione bianco sopra dei lucidi pantaloni neri che riflettevano le fiamme del camino. I suoi capelli chiari erano legati con eleganza dietro la nuca, lasciando che soltanto alcuni ciuffi dorati le incorniciassero il viso. Scorpius adorava la sua mamma, che ai suoi occhi era bellissima e gentile.
"No! Voglio ancora giocare." Si lamentò il bambino, pur essendo consapevole che fosse inutile; all'occorrenza, Astoria sapeva essere irremovibile.
"Abbracciami. Vedrai che il tempo passerà più in fretta." Rispose infatti la giovane madre, spalancando le braccia nelle quali Scorpius si tuffò.
La strinse forte ad occhi chiusi, amandola e sentendosi amato da lei. D'un tratto, avvertì il sonno avanzare. Lo riscosse il rumore delle spade dei suoi soldatini, e a quel punto si ricordò di voler ancora giocare con loro. Si allontanò dalla madre e ne sollevò uno per un braccio, guardandolo dimenarsi nel goffo tentativo di raggiungere l'avversario a terra.
"Rimettili a posto." Ordinò sua madre, con fermezza. "Ci potrai giocare domani."
Ma il domani sembrava troppo lontano. Scorpius agguantò un altro dei suoi soldatini e se lo portò al petto, mettendo il broncio. Era pronto a sbattere i piedi, pur di giocare altri cinque minuti.
Astoria si rialzò, facendo dell'altezza un mezzo di persuasione. Cercò di convincerlo dolcemente ad andare di sopra con lei, ma il bambino scosse la testa e strinse di più il suo broncio.
La voglia che aveva Scorpius di vincere quella sfida divenne sempre più forte e impetuosa. Il sangue gli arrivò al cervello e qualcosa di inarrestabile esplose in lui. La sua Magia si abbattè all'esterno, divampando da ogni parte del suo corpicino come un fulmine improvviso.
I soldatini corsero a nascondersi dietro agli orli delle tende. Aiden si riaddormentò dopo un breve brusco risveglio. Astoria era precipitata a terra.
Scorpius, spossato dalla violenza della scarica elettrica, zampettò confuso verso la madre. Gli occhi della donna erano rivolti al soffitto, segnati da una sofferenza che non aveva parole; i capelli solitamente impeccabili erano sfuggiti irreparabilmente dal suo chignon.
"Mamma, che fai?" Le domandò, spaventato. Il piccolo non aveva idea di cosa fosse successo, ma capiva che ciò che vedeva non era normale.
Quando Astoria cercò il suo sguardo, il bambino riconobbe in lei una cupa consapevolezza che non avrebbe più dimenticato.
"La mamma ti ama tanto." Mormorò con decisione. "Ricordatelo, Scorpius. Non dubitare mai del mio amore per te."
Il resto fu molto confuso. La mamma aveva già smesso di muoversi quando il papà si era precipitato in salotto. Draco la chiamò così disperatamente che gli fece gelare il sangue, si gettò accanto a lei e le tastò il collo. Non sembrava più lo stesso padre di sempre, quando si rivolse al bambino:
"Resta qui con Aiden. Non allontanarti, hai capito?"
Scorpius annuì. I soldatini gli erano scivolati dalle mani ed erano corsi a nascondersi dietro le tende insieme agli altri. Al bambino non importava più. Anche se aveva solo quattro anni, non credeva che gli sarebbe più importato di qualcosa.
Draco sparì con Astoria tra le braccia per un arco di tempo che sembrò interminabile. Scorpius non si era mosso di un centimetro, e quando Draco tornò da lui e se ne accorse ne rimase stranito. Anche il bambino notò qualcosa di strano nel padre: quel suo viso solitamente liscio e pallido era ormai gonfio e arrossato; gli occhi umidi si perdevano nel vuoto e le sue mani tremavano.
"Dov'è la mamma?" Chiese Scorpius, ma sapeva che fosse accaduto qualcosa di brutto.
Draco non rispose subito. Stava ancora vagando per lo spazio insopportabile dei suoi pensieri.
"Ricordi cos'è successo?" Domandò al figlio, con un sussurro esausto.
"Sì." Rispose prontamente il bambino, lieto di avere una risposta. "Io mi sentivo strano e poi la mamma è caduta per terra senza un motivo."
"Magia accidentale." Mormorò l'uomo, tristemente. Abbassò lo sguardo con l'anima a pezzi, prima di ricordarsi di suo figlio. "Non preoccuparti, piccolo. Non è stata colpa tua. La mamma è in pace. Solo, d'ora in avanti ci dovremo prendere cura l'uno dell'altro."
Draco lo prese in braccio e se lo accucciò contro la spalla. Scorpius si accorse che le sue guance erano umide. Scoppiò a piangere anche lui. Dopo averlo accompagnato a letto, il padre dovette consolarlo per tutta la notte.
"Voglio la mamma!" Continuò a urlare disperatamente il bambino, fino a quando non crollò addormentato.
Scorpius capì molto presto che la mamma non sarebbe più tornata. Alcuni mesi dopo, quando Draco decise che fosse in grado di accettarlo, conobbe per la prima volta il luogo di sepoltura di Astoria. Scorpius non aveva mai saputo cosa fosse la morte, ma adesso - e per molti anni ancora - la incontrava sotto le vesti di sua madre. Non sapeva nemmeno cosa fosse un assassino, ma da quel giorno ebbe prima il sentore e poi la certezza di essere uno di loro. Due amare consapevolezze che non lo abbandonarono mai più.
***
Febbraio 2025 [presente].
Gli ultimi due giorni in casa Dursley erano stati ugualmente rilassanti e angoscianti. Rose si era sentita libera di assecondare la stanchezza della sua gravidanza e di dormire quanto voleva, ma nei momenti di veglia non faceva altro che chiedersi cosa ne fosse stato di Scorpius e dei Figli di Salazar. Più tempo passava, più le sue paure aumentavano. Non aiutò nemmeno la notizia ascoltata al telegiornale babbano per cui un clochard era stato brutalmente pugnalato in un edificio abbandonato di Londra. Si era parlato di coltellate, quindi di un'arma tipicamente babbana, ma Rose chissà perché aveva pensato a Lily e ai diciassette anni compiuti quello stesso giorno.
Dopo avere riposato fino a sera, la ragazza non ebbe nulla da fare che restare sotto le coperte a rimuginare su quanto odiasse non ricevere notizie dal Mondo Magico. Aveva l'impressione che lo zio Harry si fosse dimenticato di lei e che neanche i suoi genitori volessero più vederla. E se invece era successo loro qualcosa di grave? L'avrebbe mai scoperto?
Si distrasse dai suoi pensieri quando si accorse di un piccolo gufo che aleggiava oltre la finestra della camera degli ospiti. Rose tentennò. Lo zio Harry le aveva imposto di non mettersi in contatto con nessuno, il che doveva significare che nessuno doveva mettersi in contatto con lei. I gufi potevano essere intercettati. Questo però era molto piccolo e qualcuno dei suoi parenti poteva averglielo inviato di proposito perché passasse inosservato.
Solo quando aprì le imposte si accorse che la creaturina scintillava di blu e che non portava alcuna lettera. Cercò di scacciarlo, temendo una trappola, ma quando lo toccò quello si dissolse. Si era trasformato in un foglio di carta che scivolò sul pavimento. Rose afferrò la carta consunta e la rigirò tra le mani, sorprendendosi nel trovarla vuota. Accese la luce per controllare meglio, e a quel punto trovò le uniche laconiche parole scritte in posizione centrale:
Finite Incantatem.
Controllò il foglio anche dall'altra parte. Nulla. Soltanto quella formula banale che le riportava alla mente gli esami scolastici. Sembrava uno scherzo. Chi mai poteva inviarle una lettera del genere? Era impossibile che qualcun altro all'infuori della famiglia avesse scoperto il suo alloggio.
La sensazione che fosse in corso qualcosa di oscuro non smise di angosciarla. A un tratto udì dei rumori in giardino, dei mormorii pronunciati da voci familiari. Quando due persone a cavallo della scopa apparvero davanti alla sua finestra, Rose sobbalzò.
"Hugo?" Stranita ma felice di rivedere il fratello si affrettò a farlo entrare, per poi accorgersi che il ragazzo che gli sedeva dietro era Trevor Nott, che a sua volta la salutava imbarazzato.
Hugo adagiò i piedi al pavimento con delicatezza.
"Non chiudere la finestra!" L'avvertì.
Ma Rose non aveva mosso un muscolo, troppo intenta a contemplare l'improbabile accoppiata davanti a lei.
"Hugo, buttami la scopa!" Stridette sottovoce una ragazza in giardino. "Questa casa è incantata, non posso Materializzarmi!"
Dopo essere smontato dalla scopa assieme a Trevor, il ragazzo lanciò giù il fedele mezzo. Con l'eleganza di una giocatrice di Quidditch, Lily levitò verso la stanza di Rose con soltanto i piedi poggiati alla parte inferiore del manico. Si unì al gruppo, ma per non affrontare la cugina perse tempo a pettinarsi i capelli.
Le nuove curve di Rose spiccavano con evidenza al di sotto del pigiama stretto. I due ragazzi non mancarono di notarlo e ne rimasero ugualmente abbattuti.
"Per le grosse tette di Morgana, credevi davvero di potercelo nascondere? Prima o poi ci saremmo chiesti cosa diavolo ci facevi con un bambino in braccio!" La sgridò il fratello, indicando la sua pancia. "Se quel vecchio pervertito ti ha messo le mani addosso contro la tua volontà, gliela farò pagare cara!"
Era agguerrito, proprio come Rose avrebbe temuto sarebbero state le reazioni della sua famiglia. Insonorizzò la stanza, così da non disturbare i Dursley con le loro chiacchiere, e si affrettò a calmarlo:
"Non è un pervertito, non mi ha fatto nulla! Spiegami piuttosto cosa sta succedendo. Perché non sei a scuola? Non avrai mica qualcosa a che fare coi Figli di Salazar!"
Lily sbuffò come se avesse ascoltato qualcosa di estremanente ridicolo; Hugo sbottò offeso:
"Portare addosso la genetica dei Malfoy ti ha fatto diventare scema! Sto cercando di salvare il Mondo Magico, e queste due zucche vuote si sono unite a me. Siamo venuti a vedere come stavi. È facendo delle stupide insinuazioni che pensi di ringraziarmi?"
"Non è solo questo. Ci serviva anche un posto in cui passare la notte." Precisò Trevor, che puntava imbarazzato il colletto del pigiama di Rose.
Ma la ragazza non riusciva ancora a capire, così Lily decise di renderle le cose più facili:
"Hugo e Trevor hanno lasciato Hogwarts ieri sera per giocare a fare i piccoli Auror, e si da il caso che mi abbiano salvato la vita. Dorian ha cercato di uccidermi su ordine di Scorpius; se sono sopravvissuta, è soltanto perché questi due mi hanno trovata in tempo. Sono rimasta con loro perché non potevo più tornare dai Figli di Salazar."
Rose non domandò come mai anche Trevor avesse abbandonato il gruppo. Ne conosceva già il motivo e andava fiera di lui. Non riusciva però a guardare Lily allo stesso modo di sempre, neanche ora che aveva scoperto quanto fosse andata vicino a non rivederla mai più. La brutta esperienza non aveva reso la cugina meno colpevole.
"Sapevo che eri qui perché papà me l'ha scritto in una lettera." Spiegò ancora Hugo. "Probabilmente non doveva farlo, ma credo che avesse bisogno di sfogarsi. Li hai feriti tutti, lo sai? Non accetteranno mai chi ti ha fatto questo."
La sorella si accarezzò la pancia. Era troppo sensibile a causa della gravidanza e apprendere la certezza del rifiuto le faceva venire voglia di piangere. Decise di non volerci pensare.
"Potete sistemarvi qui, posso duplicare delle coperte. Cosa sta succedendo coi Figli di Salazar?"
La domanda aveva reso la cugina e lo Slytherin più nervosi di prima. Fu Hugo a rispondere al loro posto.
"Scorpius e i suoi amici pazzi si sono segregati a Londra, in casa dello zio Harry. Si nascondono dietro a una barriera di Magia Oscura che nè gli Auror e nemmeno lo zio Bill riescono ad abbattere. Nessuno sa che intenzioni hanno, e chiederlo a questi due è inutile! Sui Figli di Salazar sanno risponderti solo a indovinelli."
"Perché sono Maledetti, non possono svelare i loro segreti agli estranei o moriranno." Disse Rose, ed ebbe subito un'idea. "Ma possono parlarne tra di loro! Trevor, Lily, iniziate una conversazione! Io e Hugo non interverremo, ascolteremo soltanto!"
Dopo qualche momento di esitazione, i due sovversivi si convinsero a stare al gioco. Lily raccontò a Trevor dei nuovi progetti di Scorpius: uccidere i tre simboli della Pace Magica: Shacklebolt, Harry Potter ed Hermione Weasley; dell'intenzione di conquistare il Ministero e della sadica imposizione per cui Albus avrebbe dovuto giustiziare il padre.
Rose aveva costretto Hugo a restare zitto e fermo per non rischiare di uccidere qualcuno, e al termine del dialogo tra Lily e Trevor, il ragazzo si lasciò andare a un'invidiabile sfilza di imprecazioni. Lei, invece, stava già elaborando un nuovo piano.
"Devi correre ad avvisare lo zio Harry." Gli disse. "Sei l'unico tra noi che può farlo."
Hugo annuì con decisione. Prese la scopa e si preparò ad andare, quando la sorella si ricordò della strana lettera che ancora teneva tra le mani.
"Siete stati voi a mandarmi questo?" Mostrò loro la carta ingiallita con le parole Finite Incantatem. "Era stata trasfigurata in un gufo."
Lily la prese tra le dita, con la bocca socchiusa dallo stupore, vinta da un'insolita tristezza.
"Non è possibile. I gufi-lettera dalle ali blu sono opera di Dylan. Lui riesce a farli viaggiare anche quando non conosce l'indirizzo del destinatario. Non so cosa significhi." Aggiunse in risposta allo sguardo interrogativo di Rose. "Ma credo sia un avvertimento. Potrebbe avertelo mandato su ordine di Scorpius."
"Una specie di minaccia?" Intervenne Hugo, allarmato, salendo a cavalcioni sulla scopa. "Ci devono soltanto provare! Fortuna che ti credono morta, così possiamo giocare d'anticipo."
Lily abbassò lo sguardo. Aveva accarezzato malinconica la scritta, prima di restituire la lettera a Rose.
"Già." Rispose tristemente. "Possiamo ancora sistemare tutto."
Hugo stava prendendo la mira per sgusciare fuori dalla finestra. C'era imbarazzo tra Trevor, Lily e Rose; Rose stessa era sicura che la sua disapprovazione per Lily fosse più che evidente. La cugina, infatti, sopraffatta dal disagio, supplicò Hugo di portarla con sé.
"Non voglio farmi arrestare, mi nasconderò. E a un certo punto dovrò chiederti un favore."
Il ragazzo non fece domande e la lasciò salire in sella. Pochi attimi dopo erano partiti, lasciando Trevor e Rose soli insieme in camera da letto.
Poteva essere una circostanza imbarazzante per la Gryffindor, ma mai quanto lo era per il giovane Slytherin.
"Hugo mi ha detto che non ho alcuna possibilità con te. Me lo aspettavo - non sono così attraente - ma a quanto pare si riferiva ad altro." Commentò Nott, grattandosi il collo. Non aveva il coraggio di fissare direttamente il fisico ingrossato della ragazza, così ancora una volta si limitò a puntare lo sguardo sul colletto. "Spero che almeno diventeremo amici."
"Lo siamo già!" Rispose Rose con enfasi. "Sono fiera di essere tua amica. Quando questa storia sarà finita, ti aiuterò col Wizengamot. Voglio che tu possa ricominciare da capo."
Trevor si rilassò per la prima volta dopo tanto tempo. La speranza appena accesa si espresse in un sorriso pieno di gioia, che trasformò il suo volto solitamente avvilito in quello di un ragazzo che finalmente aveva trovato un motivo per cui vivere.
*
Hugo e Lily avevano viaggiato per ore. Se la ragazza non avesse conosciuto Magie di livello avanzato, sarebbero già morti congelati. Tramite la bacchetta del cugino aveva incantato anche la scopa perché volasse più rapida, ma al ragazzo non lo aveva confessato e gli aveva lasciato credere di essere un vero asso del volo.
Harry non era a Godric's Hollow e la paura dei due cugini era che, giunti a Grimmauld Place, scoprissero che fosse già andato via. Invece, al riparo dietro ad alcune auto parcheggiate, lo videro chiacchierare sul marciapiede con Bill e un paio di Auror travestiti da Babbani. Si comportavano come passanti che si erano incontrati per caso, invece stavano tenendo d'occhio la barriera nera attorno al numero dodici - invisibile agli occhi dei Babbani, che vi passavano accanto senza notarla.
"Tu vai a parlare a mio padre, io cercherò di superare la barriera." Mormorò Lily. "È inaccessibile a voi, ma non ai Figli di Salazar. Anche se hanno provato a uccidermi, io resterò sempre una di loro. Devo recuperare la mia bacchetta." Aggiunse, in risposta all'occhiataccia del cugino. "Ed è qui che devo chiederti un favore: devi prestarmi di nuovo la tua!"
"Ci dev'essere un criceto zoppo, dentro quel tuo cervello da Bellatrix Lestrange." Sbottò Hugo, ma si fidò di lei e le consegnò la sua fedele bacchetta. "Se Godzilla si accorgerà che sei ancora viva, dovrò correre a organizzarti il funerale!"
"Non ho paura." Ribatté Lily con orgoglio, riponendo l'arma prestata in tasca. "So fare qualcosa che tu non sai."
Si intrufolò nello sporco vicolo cieco dietro di lei e ne uscì volando sottoforma di sparviero. Godendo di una perfetta vista notturna, osservò lo stupore sul volto del cugino. Si avvicinò al palazzo e attraversò la barriera senza intoppi. Era stato come immergersi in acqua.
La finestra del salotto era aperta e, mentre Hugo si faceva coraggio per parlare a Harry, Lily spingeva l'anta con il becco e si faceva spazio per entrare. L'interno era buio e desolato, ma la porta era aperta e Lily poteva udire alcune voci lontane. Recuperò la sua forma umana e si rese invisibile con un Incantesimo di Disillusione.
"Accio bacchetta di Lily!" Mormorò la ragazza. "Dove sei, tesoro? Scorpius ti avrà nascosto da qualche parte, non può averti distrutto..."
Pochi secondi dopo, la sua bacchetta le volò incontro, finendo direttamente tra le sue mani. La Gryffindor rise di felicità. Era stato facile.
Uscì in corridoio e rimase a origliare. Malgrado l'ora tarda, in soffitta era in corso una riunione. La ragazza procedette a passo felpato fino alle scale, ma non andò oltre. Aveva paura che i nuovi sensi sviluppati di Scorpius potessero captare la sua presenza.
"...E così, anche se l'intempestiva distrazione del nostro Corvetto non ci ha permesso di mettere le mani su Shacklebolt, alla fine siamo riusciti a catturare una guardia personale molto ben informata. Dalla lettura della sua mente, è emerso che per domani sera il Ministro e i suoi più fedeli collaboratori ceneranno a Hogwarts per tenere un discorso di incoraggiamento agli studenti. Sembra che siano tutti molto impauriti da questa nuova minaccia, noi." Stava raccontando Scorpius al gruppo, gongolando. "Si da il caso che saranno presenti anche Potter e la Weasley. Divertente! Non hanno la minima idea del favore che ci stanno facendo. I più alti livelli del governo magico moriranno nella stessa notte, di fronte a una gioventù che non potrà fare altro che sottomettersi a me."
I compagni rimasero in silenzio, a parte Dorian che Lily udì sghignazzare. Ripensò ai versi lascivi che aveva fatto per lei, e desiderò di potersi strappare il ricordo dal cervello.
"Pensi che Lily sarà tornata dalla missione, per allora?" Domandò cautamente Albus.
"Sono certo di sì." Rispose Scorpius con studiata gentilezza. "Dobbiamo essere tutti presenti alla Battaglia di Hogwarts del Nuovo Millennio - a parte, ovviamente, la nostra Calipso, che col suo bagaglio ingombrante non ci sarebbe di alcun aiuto. Sarà un evento epocale. Preparati al tuo compito Al, sai già cosa fare. Dylan, se ti vedrò di nuovo distratto te la farò pagare. Faresti meglio a dirmi all'istante cosa ti disturba."
"Nulla. Sto bene, ho solo bisogno di tornare in azione. Posso uccidere Shacklebolt, se vuoi."
Sentire la sua voce aveva scatenato in Lily qualcosa di nuovo, una scarica di emozioni, senso di colpa e desiderio, voglia di correre da lui e di aggrapparsi al suo petto per non farlo andare via. Lo voleva ancora. Se Dorian aveva avuto ragione sui suoi sentimenti per il Ravenclaw, la sicurezza che Dylan riusciva a infonderle continuava ad essere un motivo sufficiente per sceglierlo su tutti. Sapere che quella belva di Greengrass gli sedeva a un posto di distanza la stava distruggendo.
"Sì, è un'idea." Rispose Scorpius. "Così io potrò occuparmi della mia cara suocera. Prima di morire le piacerà sapere che saprò prendermi cura di sua figlia, non appena l'avrò trovata."
La riunione terminò in fretta, o così parve a Lily, ancora assorta nei ricordi colpevoli della sera prima. Si appiattì in corridoio, osservando la fiumana di ragazzi stanchi che andava a dividersi tra le tre camere da letto. Aster, Stella e le altre due ragazze entrarono nella stanza matrimoniale, i ragazzi in quella di Regulus Black. Dylan ignorò Albus che lo invitava a entrare con lui e Calipso in camera di Sirius, e proseguì verso il piano inferiore.
"È ancora offeso." Commentò la ragazza incinta, scambiando uno sguardo affranto col fidanzato. "Ci penso io, tu rimani qui."
Lily seguì Calipso giù per le scale, attenta a non fare alcun rumore. Sarebbe scappata in ogni caso, perché Scorpius e Dorian stavano per scendere dalla soffitta. Calipso inseguì Dylan fino al salotto con il grande arazzo, e richiuse l'uscio proprio quando Lily lo aveva appena oltrepassato.
Il Ravenclaw si era accorto della Slytherin, ma fingeva che non ci fosse. Si sdraiò sul divano come per mettersi a dormire, la testa dai capelli castano scuro poggiata al bracciolo consunto.
La strega gli si piazzò davanti, così che il compagno non potesse fare altro che guardarla in faccia, e sbottò:
"Ti sembra il momento per fare il gioco del silenzio? Domani tu e Al andrete in missione insieme. Farete meglio a guardarvi le spalle a vicenda!"
"A che scopo? Ce la caveremo da soli, come abbiamo sempre fatto. Ora vattene, non ho voglia di parlare neanche con te."
Calipso si avvicinò a lui, curvandosi per quanto il pancione di sei mesi glielo permettesse e mormorando:
"Ho cambiato idea. L'altro giorno ti ho detto che preferivo mantenere Scorpius in vita, ma ora lo voglio di nuovo morto. Albus non vuole uccidere suo padre e io non voglio che lui lo costringa a farlo! Distruggilo, Dyl, fallo a pezzi!"
Il Ravenclaw aveva chiuso gli occhi, riflettendo.
"Ci avevo già pensato." Ammise, controvoglia. "Rimandarlo da dove è venuto potrebbe essere più facile del previsto, ma ci servirà l'Invincibile. Nessun'altra bacchetta funzionerebbe. Toglierla dalle sue mani sarà la vera impresa."
Calipso socchiuse gli occhi, irritata dal nuovo ostacolo. Ne spuntavano di continuo e non davano speranze: nessuno di loro si sarebbe mai azzardato a tentare di derubare Scorpius.
"Pensi anche tu che abbia fatto qualcosa a Lily, non è vero? Ecco perché hai cambiato idea." Gli domandò, afflitta. "Non può essere un caso che sia stata spedita in missione segreta proprio quando lei lo aveva minacciato di morte."
Dylan deglutì sonoramente. Lily desiderò mostrarsi a loro, rivelargli di essere sopravvissuta, fino a quando non ascoltò la risposta del ragazzo:
"Se anche fosse morta, non m'importerebbe. Ho chiuso con lei."
"Non fare il drammatico!" Esclamò Calipso. "Se è per il passato, lo sai che non conta. Scorpius manipolava anche lei. O è successo qualcos'altro?"
Dylan prese a calci il bracciolo dall'altra parte del divano.
"Chiedilo a tuo fratello!" Urlò.
Lily rimase senza fiato. Lui sapeva! Ma come? Era stato Dorian a vantarsene? Li aveva visti? Non poteva pensarci, era orribile in entrambi i casi. Doveva andarsene e nella disperazione si trasformò in sparviero, dimenticandosi anche dell'Incantesimo di Disillusione. La Gryffindor lasciò che l'immagine sconvolta di Calipso che realizzava l'accaduto fosse l'ultima che avesse del Quartier Generale e volò via dalla finestra. Superò la barriera e planò sul marciapiede, dove Hugo stava ancora parlando a Harry con fare concitato.
Lily riprese la forma umana davanti agli occhi del padre. Si precipitò da lui e strepitò:
"Scorpius e Dorian sono i peggiori. Non avere pietà di loro, se puoi ucciderli, fallo!"
Gettò per terra la bacchetta del cugino, gli tolse la scopa dalle mani e volò via, prima che Harry o i suoi Auror riuscissero a fermarla. Arrivò in camera di Rose dopo il lungo viaggio velocizzato dalla Magia, dove trovò Trevor già adagiato a terra su una copia della coperta di lana. La cugina era ancora sveglia e la stava aspettando.
Lily si gettò sul suo letto, nascose la faccia sul cuscino e lo inondò di lacrime. Rose fu al suo fianco per stringerle la mano.
Quando si fu sfogata abbastanza, la strega fuggiasca sollevò la testa arrossata e rivelò alla cugina:
"Domani sera, mio padre e tua madre saranno a Hogwarts."
Non poteva aggiungere altro, ma continuò a fissare Rose negli occhi, fino a quando il suo volto non si dipinse della stessa consapevolezza che Lily aveva già visto in Calipso.
"Va bene, Lily. Per domani sera saremo pronti."
Esausta, la ragazza più giovane si accucciò tra le coperte e poco dopo si addormentò.
***
Privato della scopa, Hugo non tornò a Little Whinging quella notte, e nemmeno l'indomani. Rose non era in pensiero per lui. Era sicura che lo zio Harry l'avesse riportato a casa e che i suoi genitori si fossero impegnati a impedirgli di scappare. Il problema era che bisognava comunicare alla famiglia che i Figli di Salazar stavano per attaccare Hogwarts.
Approfittando del fatto che i Dursley sarebbero mancati per tutto il giorno, la ragazza lasciò Trevor e Lily in camera da letto e uscì in giardino. Era felice di allontanarsi da quei due, che erano di poche parole: la Gryffindor immersa in dispiaceri di cui non voleva parlare, lo Slytherin che annegava nell'inquietudine.
Rose andò a nascondersi dietro la palizzata, al sicuro dai possibili sguardi dei vicini, e provò a Materializzarsi. Non era semplice, ora che doveva farlo per due, ma funzionò e in men che non si dica atterrò nella sua stanza alla Tana. Era al buio perché qualcuno aveva chiuso le imposte, come a volersi dimenticare di lei e di ciò che aveva fatto.
Il senso di nausea si amplificò quando si rese conto di ciò che stava per fare - affrontare lo spinoso discorso della sua gravidanza segreta con la famiglia - e desiderò di poter tornare indietro. Si disse, però, che se davvero si riteneva nel giusto doveva anche avere il coraggio di dimostrarlo.
Raggiunse la cucina, dove Hugo stava facendo colazione con una tazza di latte. Nonna Molly stava lavando i piatti, dando inconsapevolmente le spalle a Rose. Il rumore dell'acqua era il suono più forte che udivano, seguito da quello delle lancette dell'orologio. Nonno Arthur, seduto a tavola, era concentrato nella lettura di una pagina interna della Gazzetta del Profeta. Rose lesse i titoli in prima pagina: parlavano proprio dell'imminente visita a Hogwarts delle alte sfere del Ministero.
Nonna Molly si voltò per asciugare le mani in un canovaccio, e sobbalzò quando la vide:
"Oh mio Dio!"
Piangendo, si precipitò dalla nipote e l'abbracciò. Anche nonno Arthur si alzò, chiaramente indeciso se dimostrarle affetto o biasimo.
"Harry ti aveva detto di non allontanarti. Non sei al sicuro finché resti qui!" Le disse, ma senza riuscire del tutto ad arrabbiarsi.
Hugo era felice di rivederla. Rose intuì dal suo sguardo furbo che sperava di tornare a Little Whinging con lei.
"Hai portato la mia scopa?" Si lagnò il ragazzo, con la bocca bagnata di latte.
Concentrata com'era su questioni più importanti, la sorella non gli diede retta e lui sbuffò.
"Non sapevo in quale altro modo avvertirvi." Iniziò a spiegare Rose, dopo avere ricambiato il tenero abbraccio della nonna. "C'è qualcosa che la mamma e lo zio Harry devono sapere, a proposito di quello che succederà stasera."
La ragazza raccontò del poco di cui era a conoscenza, affermando di averlo appreso da Lily, che durante la sua fuga aveva cercato aiuto per salvare il padre. Sperava così di tranquillizzare i nonni. Non voleva che i troppi dispiaceri gli causassero un malanno.
Nonno Arthur si affrettò a recuperare pergamena e calamaio per scrivere tempestivamente al genero e alla nuora, tornati a lavoro fin dalla mattina presto. Nonna Molly la invitò a sedere accanto a Hugo, dicendole di mangiare i biscotti appena sfornati. Rose ne prese uno e lo portò alla bocca. Era croccante e le ricordava la sua infanzia felice. Si intristì, sapendo che non sarebbe più tornata.
"Mamma e papà ce l'hanno ancora con me?"
La nonna, che non aveva posto freno allo strabordante affetto per lei, le afferrò la mano:
"Assolutamente no, cara! I tuoi genitori ti ameranno sempre! Non è con te che sono arrabbiati, stà tranquilla!"
Era più facile a dirsi. Abbassò lo sguardo, mordicchiò un altro biscotto, e disse:
"Puoi dirgli da parte mia che lo amo? Deve pur valere qualcosa." Nonna Molly tenne per sé le proprie perplessità, limitandosi a batterle la mano dolcemente. Rose prese un respiro profondo e domandò ancora: "Avete notizie di Draco?"
L'anziana matriarca iniziò a muoversi indaffarata per la cucina, spostando con la magia piatti e tazze ancora piene. Hugo si lamentò quando il vassoio dei biscotti prese il volo.
"Temo di no." Ammise Molly, a disagio. "Tuo padre è andato a cercarlo qualche giorno fa, ma lui non gli ha mai aperto la porta. Si direbbe che in una situazione del genere un uomo adulto dovrebbe assumersi le proprie responsabilità, e invece... comunque, crediamo stia bene. Non devi preoccuparti per lui, cara, non sei sua mamma."
Parlare di Draco metteva tutti a disagio. Lui non piaceva a nessuno, e malgrado sapessero del bambino volevano ancora separarli. Rose avvertì la stessa voglia di piangere che aveva avuto la sera prima, ma poi senza un vero motivo le balenò in mente una frase curiosa pronunciata da Albus.
Ha talmente tanti traumi legati alla figura materna, che forse ti accetterà come seconda mamma.
L'aveva detto a proposito di Scorpius, con un fare irrisorio che sul momento l'aveva spinta a non prestare attenzione al significato. Ormai trovava quest'affermazione estremamente interessante e subito ripensò a Aiden, l'unico che conosceva bene le debolezze del ragazzo. Se solo gli avesse fatto più domande, quando vivevano sotto lo stesso tetto!
***
Tornato da Godric's Hollow, Draco si gettò in poltrona devastato dalle preoccupazioni.
Parlare con Potter e assicurarsi che il figlio maggiore venisse neutralizzato era stata l'unica cosa giusta da fare per proteggere Rose, e anche la sua ultima possibilità di diventare un buon padre; ma cosa ne avrebbe detto Astoria del suo operato, se avesse soltanto abbandonato Scorpius al suo destino?
Lasciò cadere la testa indolenzita sullo schienale. Dietro le palpebre, riviveva le frenetiche ore appena trascorse. Avrebbe voluto essere più espansivo con la ragazza, farle capire che la notizia di avere un figlio da lei lo aveva sì spaventato, ma anche riempito di speranza. Tuttavia, le angosce a proposito di Scorpius e dei suoi progetti lo avevano distratto.
I suoi progetti...
"Aiden!" Scattò dalla poltrona mentre urlava il nome del servo. L'elfo ricomparve all'istante, ma con aria indisponente. Con il ritorno del suo padroncino si era trasformato anche lui, e ormai era pronto a dare battaglia. "Voglio dare una mano a mio figlio, ma prima ho bisogno del tuo aiuto. Come credi che potrei essergli utile?"
Le spalle sottili dell'elfo si rilassarono.
"Siete davvero dalla parte del padroncino?" Domandò, seppur con diffidenza. "Ma è stupendo! Lui ha aspettato questo momento per anni! Credeva che sarebbe stato più facile riportare in vita sua madre che ottenere il sostegno di suo padre, e invece siete arrivato prima voi!"
"Riportare in vita sua madre?" Ripeté Draco mormorando. Le nubi iniziavano a diradarsi.
Aiden annuì, euforico. I suoi spiragli di diffidenza si erano dissolti: non aveva motivi per dubitare della fedeltà di Draco, non dopo le sue parole e il tanto sguazzare nella Magia Oscura in favore di Scorpius.
"Per quale altro motivo credevate che volesse la Bacchetta Invincibile? Secondo voi aveva previsto che sarebbe morto? No!" Affermò l'elfo, ridacchiando nervoso. "Lui rivoleva sua madre! È sempre stato questo il suo unico obiettivo. Il padroncino si è rivolto alle Arti Oscure quando ha scoperto che la sua unica speranza di vincere la morte poteva trovarsi tra quei vecchi libri proibiti. Davvero non lo avevate capito? Un giorno ha trovato notizia di una bacchetta dagli infiniti poteri. Ha fondato i Figli di Salazar perchè loro lo aiutassero a trovarla e poi a costruirla. Il padroncino è potente, ma non poteva fare tutto da solo!"
"Non può farlo!" Esclamò Draco, con una veemenza eccessiva che insospettì l'elfo. "Mia moglie è morta da troppo tempo, non ha più nemmeno un corpo! Se l'Invincibile ha restituito a Scorpius soltanto la metà del suo, cosa potrebbe accadere ad Astoria? Non sarebbe più lei!"
L'elfo scrollò le spalle. Il suo silenzio indusse il Mago a riflettere su quanto aveva appena ascoltato: Scorpius si era avvicinato alle Arti Oscure a causa della perdita di sua madre. Probabilmente, aveva sempre covato dei sensi di colpa più profondi e turbolenti dei suoi, essendo un bambino, ma il peggio era che lui come padre non se n'era mai accorto. Per anni si era convinto che il figlio fosse cresciuto male soltanto perché privo dell'influenza positiva della madre. Scoprire di non conoscere affatto il sangue del suo sangue si stava rivelando sconvolgente. Ora più che mai era felice che ci fosse un altro bambino in arrivo: voleva riparare ai suoi errori.
Scorpius non tornò a casa, quella notte, e Draco rimase sveglio ad aspettare notizie da Potter. Dover confidare così strettamente nell'operato dell'antico rivale suscitava in Malfoy la stessa frustazione di un tempo, che comunque preferiva al disagio di andare a cercare l'Auror personalmente. Quando più tardi suonarono alla porta, il Mago sapeva già chi fosse e per questo non andò ad aprire. Spiando da una finestra, aveva riconosciuto il profilo infuriato di Ron Weasley, spalleggiato da altri figuri che dovevano essere due dei suoi fratelli maggiori.
"Malfoy! Vieni qui e affrontarmi, vigliacco!" Sbraitava Weasley contro la porta. "Lurida serpe, come hai potuto toccare mia figlia?"
Hermione non si era presentata, il che per Draco era un bene. Nel frangente in cui si trovava, non poteva pensare ad affrontare anche lei.
Lasciò che Ron sfogasse i suoi improperi in giardino. Quando rimase senza voce e fu costretto ad andare via coi suoi fratelli, erano ormai trascorse delle ore.
Altri due giorni passarono senza risoluzioni. I Figli di Salazar si erano rinchiusi al Quartier Generale, e di Rose non c'erano notizie. Non che Draco le avesse domandate a qualcuno, ma quasi sperava che Harry si disturbasse a tenerlo aggiornato sulla salute della ragazza.
Afflitto, arrivata la sera decise di fare due passi per schiarirsi le idee. S'incamminò lungo il cimitero, perché i discorsi sulla fine del riposo eterno di Astoria lo avevano turbato. L'idea che il loro unico figlio potesse trascinarla indietro con la stessa violenza con la quale il ragazzo stesso era tornato, lo riempiva di orrore. Sua moglie non meritava un trattamento del genere.
Quando arrivò di fronte alla lapide di Astoria, il cuore gli balzò in gola. La lastra di marmo era scheggiata e la sua bara era stata oltraggiata. Spalancata oltre il luogo di sepoltura, si era già riempita di muffa e ragnatele.
I resti di Astoria non c'erano, e soltanto Scorpius avrebbe potuto manovrali. Draco si guardò intorno, febbricitante, quasi sperando che lei o il figlio fossero ancora nei paraggi.
"Tori!" Gridò senza pensarci, la sua voce che echeggiava nell'oscurità. "Tori, puoi sentirmi?"
Continuò a chiamarla, sempre più sconvolto, intanto che la sua mente si abituava all'idea che anche lei fosse tornata.
D'un tratto, tra i contorni rigidi delle lapidi gli parve di vedere un'ombra diversa dalle altre. Spiccava nel buio per il suo pallore e si muoveva lenta e flessuosa come un fantasma. Draco fece abituare gli occhi nella sua direzione, le emozioni così tanto alla deriva che presto gli parve di non averne nessuna.
La visione di lei lo aveva stordito. Astoria si stava avvicinando, vestita del suo abito da sposa, macchiato sugli orli di terra umida. I suoi capelli, lunghi fino ai fianchi, oscillavano sinuosi. L'espressione era statica e i suoi occhi erano spalancati come quelli di un cadavere.
Draco le corse incontro, fermandosi solo a un paio di metri da lei. Anche Astoria si era arrestata e lui non voleva spaventarla. Si accorse che aveva ancora la stessa età e la stessa bellezza del giorno in cui era morta.
"Sei splendida." Le disse, ammirando la sua figura eterea. "Sei proprio come ti ricordavo. Non potrei mai dimenticare quella notte, quando ti stringevo tra le braccia e l'unica consolazione che avevo era sapere che te n'eri andata in pace. Prima che esaltassi l'ultimo respiro, ti avevo promesso che non avrei mai incolpato nostro figlio per quel che ti aveva fatto. Ho mantenuto la promessa. In effetti, ho sempre pensato di essere io il vero responsabile della tua morte. Non avrei dovuto permetterti di sposarmi. Te l'avevo detto che con me avresti conosciuto solo infelicità! Mi sarei accontentato di passare la vita senza di te, pur di saperti al sicuro."
L'anima di Astoria sembrava intrappolata nell'involucro di una bambola. Resasi conto del dolore del marito, la donna si riscosse e scivolò verso di lui. Gli sfiorò la guancia con delicatezza, fissandolo con occhi spenti e labbra rigidamente serrate. Era cambiata, ma nel cuore di Draco era sempre la stessa.
Astoria era una parte di lui. La sua luce negli anni peggiori, la prima donna con cui aveva trovato la pace. Le doveva tutto, ma non trovava parole abbastanza grandi per dimostrarglielo, sebbene avesse avuto molti anni per pensarci. La gioia nel rivederla era stata travolgente.
Si sporse in avanti e la baciò, sorprendendosi di quanto la sua bocca fosse gelida. Per tutta risposta, Astoria gli sfuggì e scappò via veloce, lasciando dietro di sè soltanto una scia soprannaturale. Draco non riuscì a vedere dove fosse andata; udì soltanto il rumore arrugginito del portello di un vicino mausoleo che si richiudeva con un tonfo.
Sgusciò fino alla cripta. Il grosso portone di ferro stridette al suo passaggio. Il Mago accese il Lumos e scorse Astoria raggomitolata in un angolo della cella polverosa, sotto una ragnatela così grande da coprire per metà il nome di un'antica Malfoy.
"Perché sei scappata?" Le domandò dolcemente, ma lei nascose il volto contro il muro. "Non puoi parlare, vero?"
La donna si mosse lentamente. Lo guardò affranta e scosse il capo con un breve cenno. Era un vero peccato. Avrebbe voluto ascoltare i suoi pensieri, sapere da quanto tempo era di nuovo in vita.
"Torniamo a casa. Qui non va bene, il tuo posto è con me."
Le porse la mano. Lei l'accettò. Quando gli fu vicino ancora una volta, Draco realizzò che fosse davvero lei. Lo stesso corpo, la stessa carne, la stessa anima. Sua moglie era tornata.
***
*
Note Autrice.
Credo sia difficile che Draco e Astoria come coppia non piacciano (in questa trama, intendo), ma considerando che abbiamo Rose incinta lei qui è chiaramente di troppo! Che succederà nel gran finale?
*
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