Difesa Contro le Arti Oscure II
***
Nel complesso, quella degli Incubi era stata un'esperienza terribile. Persino il professor Kettleburn lo capì ed ebbe il buon gusto di dispiacersi per ridotto i suoi studenti a degli straccetti madidi di sudore e sgomento.
"Coraggio, siete stati bravissimi!" Esclamò loro, con un sorriso forzato.
Un paio di studenti si rialzarono, facendo pressione sulle braccia esauste e tremolanti, altri annuirono al professore per educazione. Quando suonò la campanella, tutti si affrettarono ad andarsene.
"Sono molto orgoglioso di voi." Continuò il professore, anche nessuno condivideva il suo entusiasmo. "Il vostro prossimo compito sarà scrivere un tema di cinquanta centimetri sull'esperienza di oggi e su quello che avete imparato!"
Seguirono vaghi mormorii di assenso e qualche borbottio sarcastico non meglio decifrabile. La classe era molto più interessata a recuperare le loro cose e a fuggire via. Anche Dylan si era rimesso in piedi. Rose lo vide lanciare occhiate rabbiose al professore mentre recuperava la borsa, e si domandò il perché di questo repentino cambio d'umore.
"Complimenti anche a te, Rose." Le disse il professore, avvicinandosi a lei. Le occhiate di Dylan si fecero più nervose. "Sei l'unica che è rimasta in piedi. Hai avuto molte difficoltà?"
"Abbastanza, ma ho fatto del mio meglio." Ammise. Non voleva aggiungere altro mentre aveva ancora le idee così confuse. Non sapeva cosa pensare di Dylan e del suo inaspettato talento, ma non le sembrava giusto gettarlo in pasto all'insegnante senza prima capire cosa fosse successo.
"Ti ho visto, sei stata molto coraggiosa! Conto su di te quest'anno, per i M.A.G.O." Aggiunse il professore, e le fece l'occhiolino. Poco distante, il Ravenclaw aveva ascoltato ogni parola e stava tremando.
Mary barcollava con l'andatura di uno zombie, la fronte sudata e l'espressione stremata di chi ha appena dovuto camminare per miglia con un Centauro sulle spalle.
"Non mi sento più le braccia. E nemmeno la voce." Sbiascicò Mary, rauca, toccandosi il collo.
"Posso parlarti un momento?" Il professor Kettleburn si era avvicinato a Dylan, l'unico in tutta la classe che non aveva avuto premura a sgusciare via. Si mise sull'attenti, i tremori che tradivano il suo nervosismo.
"Siediti a terra." Ordinò Rose a Mary in un sussurro. L'amica alzò un sopracciglio, perplessa. "Comportati come se fossi molto stanca."
Dato che non aveva alcun bisogno di fingere, Mary si accasciò sul pavimento, stendendo le gambe in avanti e poggiando la schiena al muro. Aveva capito le intenzioni di Rose, ma semplicemente approfittò dell'occasione per chiudere gli occhi e riprendere fiato.
A parte loro, la classe era ormai vuota. Rose si inginocchiò accanto a Mary, come se fosse preoccupata per lei. Intanto osservava Dylan, che aveva perso ogni traccia di superbia e che, sotto lo sguardo del professor Kettleburn, era diventato il solito scoiattolo intimorito e febbricitante.
"Sei stato molto bravo, Dylan." Gli disse il professore, cauto. "Forse troppo. Che tipo di incantesimi hai usato?"
"H-ha importanza?" Rispose il ragazzo, con grande stupore di Rose. Non conosceva il Ravenclaw così bene, ma in sette anni non l'aveva mai sentito rivolgersi con arroganza a nessuno, figurarsi a un professore. "Lei n-non aveva specificato quali f-fatture usare e quali no."
Dylan voleva tenere testa all'insegnante, ma non ci riusciva molto bene. Era ormai preda dei tic nervosi, scosso da scariche elettriche.
Il professor Kettleburn gli rispose con indulgenza: "Beh, Dylan, questa è una scuola, ed è normale che certe magie non siano ammesse."
"E allora a cosa è servita tutta quella storia sul fatto che dobbiamo saperci difendere dai pericoli là fuori? Si aspetta forse che affrontiamo il Male a suon di Fatture Pruriginose?"
La Fattura Pruriginosa era stata una delle ultime che Rose aveva sentito usare da Mary, che infatti riaprì gli occhi, pronta a litigare. Rose scosse la testa per convincerla a mantenere la calma.
Per qualche attimo, Dylan aveva smesso di tremare. I suoi nervi avevano trovato sfogo non solo nelle proprie parole ma anche nel tono di voce crescente. I suoi connotati erano cambiati, gli occhi e gli zigomi si erano arrossati. Se nell'aula non fossero rimasti soltanto loro quattro, avrebbe certamente ottenuto l'insolito risultato di attirare per la prima volta l'attenzione su di sé.
"Come puoi rivolgerti così al professor Kettleburn? Sei davvero un maleducato, Corner!" Lo rimproverò Mary, che era esplosa prima che Rose potesse fare qualcosa per impedirglielo, le sopracciglia scure strette tra di loro.
"Fatti gli affari tuoi, Mary." Intervenne il professore con un'occhiata eloquente. "Dylan, credi davvero che sia necessario arrecare danno a una creatura, o ancora peggio un essere umano, per poter dire di sapersi difendere sul serio?"
Dylan adesso appariva combattuto. La sua bocca era serrata, come a impedirsi di parlare. Il professor Kettleburn, però, non aveva intenzione di mollare. Aspettò in silenzio una sua risposta, studiandolo attentamente.
"N-non sto dicendo questo. Credo... credo la nostra magia ci permetta di fare grandi cose, ma che stiamo usando solo una parte del suo potenziale. Scagliare il prurito a un Incubus è un'idiozia, un modo per offendere il nome stesso di Mago, o di Strega." Rispose Dylan, guardando verso Mary. Malgrado gli sforzi di tapparsi la bocca, aveva ceduto. Non stava quasi tremando e Rose ipotizzò che i suoi nervi si placassero quando diceva esattamente ciò pensava. "N-non sto dicendo che voglio fare del male a q-qualcuno." Si affrettò a precisare, dato che le sue parole avevano avuto un effetto sconvolgente. "M-ma l'ha detto lei, dobbiamo imparare a difenderci. E io l'ho fatto, ho dato agli Incubi quel che si meritavano!"
"Quindi vuoi dirmi che tu sai fare grandi cose?" Domandò il professore, accarezzandosi il mento. "Dove hai imparato quegli incantesimi? Ti ho sentito pronunciare delle Fatture che si trovano soltanto nei libri del Reparto Proibito. Chi ti ha dato l'autorizzazione a consultarli?"
"N-non li ho imparati a scuola. A casa, durante l'estate. A-abbiamo tanti libri." Ammise e il suo sguardo scivolò verso il basso. "Io... io... cerco solo di d-dare il massimo. S-studio molto e ho grandi capacità, n-non c'è niente di male, in questo!"
"Lo so già che sei un ottimo studente, Dylan, stai tranquillo." Disse ancora il professore, rassicurandolo. "Il fatto è che poco fa mi hai spaventato. Probabilmente non te ne sei reso conto, ma hai parlato come parlerebbe un Mago Oscuro."
Dylan guardò per istinto la porta, desiderando ardentemente di poter andare via.
"N-non... non era quello c-che volevo. O forse per voi sono Maghi Oscuri tutti quelli che sono più forti degli altri e che vogliono che la loro grandezza sia riconosciuta?"
"In realtà, temo proprio che sia così." Ammise il professor Kettlebur, e si stritolò in mento. "Di solito questo genere di Maghi si impone con la forza, e la loro grandezza si manifesta soprattutto nell'uso della violenza. Pensano che sia nel loro diritto esercitarla, in virtù delle loro capacità superiori. Il forte che sottomette il debole, la legge di natura che si rinnova. Per alcuni, però, non è nemmeno questo il nocciolo della questione: è solo smania di dominio, l'egoistico bisogno di accentrare nelle proprie mani un potere immenso per poterlo gestire a proprio piacimento. Migliorarsi e affinare le proprie capacità è giusto, ma i Maghi Oscuri non conoscono limiti. Più in là si spingono, meno possibilità hanno di tornare indietro. Ora vorrei sapere, Dylan: tu ti riconosci in una di queste definizioni?"
"No."
Il professore si avvicinò al ragazzo e la sua voce si fece più profonda, più convincente.
"Allora ti pregherei di prestare più attenzione alle parole che usi per esprimere la tua rabbia. Io e i miei colleghi sappiamo benissimo quanto vali, non hai bisogno di ricorrere a certi atteggiamenti per farti notare."
Gli occhi di Dylan si strinsero e la sua testa continuò a tremare.
"Mi scusi, professore."
Non sembravano affatto delle scuse, ma il professor Kettleburn non replicò. Si rivolse invece a Rose e Mary, e disse loro, con fare severo:
"Potrei parlare da solo con Dylan, ragazze? Credo che vi siate riposate abbastanza."
Rose si rimise in piedi e aiutò Mary a tirarsi su. Recuperate le borse, avvolsero la sciarpa attorno al collo e si avviarono all'uscita. Quando furono in corridoio, Rose si appoggiò all'angolo del muro più vicino alla porta e si piegò leggermente in avanti per ascoltare meglio.
Mary, che era andata avanti di qualche passo, tornò indietro preoccupata:
"Non dirmi che stai per vomitare." Esclamò la ragazza. "Perché potrei seguirti a ruota."
Rose portò un dito alle labbra e si rimise in ascolto:
"Non voglio le tue scuse. Voglio che tu capisca cosa sto cercando di dirti." Stava dicendo il professor Kettleburn.
"H-ho capito perfettamente."
"No, non credo." La sua voce calò di un'ottava. "Devi stare molto attento, Dylan. Maghi migliori di te hanno creduto di imboccare la via della conoscenza e poi si sono smarriti. Non andare troppo oltre, non allontanarti dalla strada maestra."
"Crede che io sia capace di farlo?" Dylan non aveva risposto per un lungo periodo. "Voglio dire, di andare oltre?"
"Certo che lo sei. Ma ti conosco da quando avevi undici anni, ti ho visto crescere, e so che quella non sarà mai la strada giusta per te. Tu sei un bravo ragazzo, ma mi rendo conto che i tuoi compagni non ti hanno mai capito abbastanza e probabilmente ti senti solo. Questo però non è un buon motivo per sbagliare. So che la tentazione è forte, so che senti il bisogno di espandere il tuo potere, ma so anche che se non ti poni dei limiti arriverai al punto da pentirtene amaramente. Pensa a Lord Voldemort, ricorda cos'era diventato e la fine che ha fatto."
"Io non sarò mai come lui, professore." Affermò Dylan, solenne. "M-mi dispiace averle dato un'impressione s-sbagliata, ho esagerato e non accadrà più. V-volevo solo farle capire quanto tengo allo s-studio e a fare le cose per bene, ma s-so che esistono dei limiti e n-non sono così s-stupido da oltrepassarli."
"Beh, sono contento di sentirtelo dire." Rispose l'insegnante, che parve rilassarsi. "In realtà, sei stato bravo. Meriteresti dei punti per la tua Casa, ma non posso darteli, non oggi. Mostrami qualcosa di più scolastico, la prossima volta, e ti valuterò come meriti."
"Lo farò, professore. Ora posso andare?"
"Ma certo. Soltanto, tieni a mente quello che ci siamo detti."
Dylan era stato più veloce del previsto a uscire dalla classe; Rose non lo era stata abbastanza da spostarsi prima che lui la trovasse a origliare. Anche Mary, che per sentire meglio si era seduta sotto le gambe dell'amica, scattò in piedi solo quando il Ravenclaw le aveva già scoperte.
"Ti prego, non te la prendere." Disse Rose, che era arrossita fino alle punta delle orecchie. "Sei stato così strano, prima. Volevo solo sapere cosa non andava."
"T-ti è mai venuto in mente di chiedermelo?" Stava ancora tremando.
"Oh, ignoralo." Sbottò Mary, ma era anche lei visibilmente a disagio. "Corner è solo un Ravenclaw nevrotico, non gli dobbiamo nessuna spiegazione. Andiamo."
Rose non voleva allontanarsi così di punto in bianco, ma non sembrava che Dylan avesse altro da dire. Seguì l'amica sperando che, durante il tragitto verso Erbologia, potesse sentirsi meno triste.
"Andavamo d'accordo. E se adesso mi odiasse?" Le domandò Rose, qualche passo più in là.
"Per così poco? Dovrebbe essere ancora più pazzo di quello che sembra."
Dylan le superò a passo svelto, ma non prima di avere dato una violenta spallata a Mary, che rimbalzò addosso a Rose.
"Idiota!" Gridò Mary, con tutto il fiato che le era rimasto. "Sei un idiota, Corner!"
Si massaggiò la spalla, mentre lui continuava a camminare come se nulla fosse. Presto sparì alla vista, giù per le scale.
"Oh no." Disse Rose, fissando Mary in volto.
Ogni centimetro del viso scuro della sua amica era coperto di pustole dalla punta gialla e disgustosa. Poteva sembrare una Fattura Furnunculus, da sempre in voga tra gli studenti del primo anno, se non fosse stato che ogni pustola era anche un piccolo vulcano: la punta spingeva, e dal cratere scivolava fuori una quantità davvero impressionante di pus. Rose si portò una mano alla bocca.
"Che c'è?" Domandò Mary, messa in allarme. Si toccò il viso e andò nel panico. "Oddio! Oddio! Che schifo! Cos'è questa roba?"
Guardò le proprie mani unte di una viscida roba verdognola, e mancò poco che entrambe le ragazze rimettessero la colazione.
"Corri in Infermeria, ti prego." Supplicò Rose, guardando il soffitto e premendo sulla bocca anche l'altra mano.
"È stato Corner!" Gridò ancora Mary, disperata, mentre il pus scendeva a sgocciolare dal mento. "Quel lurido, schifoso...!" Seguirono una serie di improperi talmente volgari che i quadri alle pareti si indignarono.
"Mary, lascia perdere! Vai in Infermeria!" Non sapeva più da che parte guardare pur di evitare quello spettacolo disgustoso.
Usando la sciarpa per nascondere la faccia, la ragazza sgattaiolò via imprecando.
Quando arrivò all'ingresso, le riflessioni di Rose su Dylan e Mary vennero bruscamente interrotte dalla presenza distante di Scorpius. Anche da lontano, poteva vedere i suoi occhi azzurri brillare. Si dimenticò persino della lezione di Erbologia, dove anche lui sarebbe stato presente, troppo presa ad ascoltare il suo cuore che batteva rapido, a riempire i polmoni di ossigeno e a rimanere ben salda sulle gambe.
Sapeva di essere perduta quando si rese conto di non riuscire a smettere di pensare a quanto fosse bello il sorriso di Scorpius. Ma lui non l'aveva ancora vista, perché stava ridendo con un amico.
Immersa nei suoi pensieri, ci mise un po' a capire che quell'amico era proprio Dylan, e che lui, a differenza sua, non si stava affatto divertendo. Il ragazzo di Ravenclaw era più alto di Scorpius e gli stava parlando sottovoce, ancora tremolante.
Probabilmente si stava sfogando, raccontandogli tutto quello che era successo a lezione. A ben guardare, però, questa spiegazione non aveva alcun senso. Scorpius non aveva smesso un attimo di ridere di gusto: e cosa c'era di divertente nel combattimento contro gli Incubi, nel rimprovero del professore o, peggio ancora, nello brutto scherzo a Mary?
Rose si avvicinò a loro. Quando Scorpius la vide diede una leggera gomitata a Dylan, che smise di parlare e la guardò male.
"Weasley." La salutò lo Slytherin, allegro. "Tutto bene a lezione?"
Sentire Scorpius pronunciare il suo nome era come musica per lei, ma davanti a Dylan non era propensa a lasciarsi andare alle smancerie.
"Sì." Rispose Rose, esitando. Osservò Dylan tremare e non riuscì a trovare il coraggio di rimproverarlo. Non credeva che fare una scenata di fronte a Scorpius fosse il modo migliore per conquistarlo. "Tu, invece?"
"Sai com'è Aritmanzia, una vera noia. Fortuna che la nuova professoressa arriva sempre in ritardo."
Dylan li salutò, sbrigativo e imbronciato, diretto alla sua prossima lezione.
"Vi stavate divertendo un sacco. Posso ridere anch'io?" Domandò Rose a Scorpius, una volta rimasti soli.
Entrambi si strinsero nella sciarpa e nel mantello prima di inoltrarsi all'aperto. Per raggiungere le Serre, dovevano affrontare la neve e l'aria gelida di gennaio.
"Oh, credimi, non era niente di importante." Rispose lui con noncuranza, allungando un braccio attorno al collo di Rose. "So che non sembra, ma Dylan è un tipo simpatico."
La temperatura in Scozia era precipitata abbondantemente sotto lo zero negli ultimi giorni, ma Rose poteva giurare di avere caldo.
"Che stai facendo?" Gli domandò la ragazza, che era di nuovo arrossita.
Non poteva credere che Scorpius la stesse abbracciando. Anche se lo conosceva da molto tempo e le loro conversazioni erano sempre state ambigue, nessuno dei due si era mai azzardato a toccare l'altro.
Rose se la godeva più di quanto volesse dare a vedere. Gli era così vicino che poteva perdersi nella profondità dei suoi occhi, crogiolandosi nel desiderio che potesse avvicinarsi solo un po' di più e baciarla.
"Voglio solo scaldare la mia Weasley preferita mentre andiamo a lezione. Cos'è, è illegale, per caso?"
"No, non lo è." Rispose lei, che ormai aveva assunto l'aspetto di un pomodoro coi capelli ricci.
Scorpius la scrutò con un sorriso furbo, mentre camminavano imprimendo sulla neve delle impronte profonde. Raggiunsero le Serre in silenzio, timidamente abbracciati, consapevoli che i loro cuori battevano all'unisono.
***
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top