Daisy, l'elfa domestica

***

Si poteva pensare che, vista l'indole dei Malfoy e l'antichità del Manor, non esistesse una stanza in cui una ragazza come Rose potesse sentirsi a proprio agio.

Invece c'era. Tanto nella camera da letto di Scorpius aveva predominato il verde, tanto in quella in cui era stata ospitata predominava un delicato celeste pastello, diffuso sia sulle pareti che sulle poltrone. I mobili erano in legno chiaro e le tende, un tempo bianche, si erano ingiallite, dando alla stanza l'aspetto malinconico di un'epoca lontana. Quel posto aveva permesso a Rose di trovare la sua serenità, ma non era accaduto subito.

Non che si fosse pentita di avere lasciato la Tana; piuttosto, si era resa conto che l'ultima volta che aveva usato uno di quei letti era stato in compagnia di Scorpius, e il ricordo delle notti trascorse con lui l'aveva angosciata. Quando pensava al suo ex ragazzo si ritrovava a detestare anche se stessa. Non poteva perdonarlo per averla ingannata, né tanto meno per essere stato un assassino.

Tanto aveva sofferto nei primi giorni, che non aveva nemmeno aiutato Draco a svuotare la stanza Maledetta dai suoi artefatti più macabri, sebbene lei stessa - durante una cena senza argomenti - avesse chiesto che quei resti umani e animali potessero ricevere una degna sepoltura.

Solo quando Rose si fu rassegnata a non poter cambiare il passato, tornò a concentrarsi sul presente. La mattina si svegliava dolcemente avvolta tra lenzuola morbide e di ottima fattura, dalle quali dava il buon giorno ai delicati ricami che pendevano dalla cima del letto a baldacchino. Nessun altro in casa condivideva con lei le stesse buone maniere; non c'era nessuno per cui il nuovo giorno fosse meritevole di essere festeggiato.

La giovialità era sicuramente ciò che più le mancava della Tana. Se negli ultimi tempi c'era stata tensione in casa Weasley, era stato anche per colpa sua. Dei suoi silenzi, del suo continuo sfuggire alle domande e anche agli abbracci di sua madre e di sua nonna, sentendosi in qualche modo immeritevole del loro affetto. La famiglia la trattava ancora come una bambina innocente, ma lei non lo era più.

Si rotolò tra le lenzuola, auspicando che il tempo fosse così clemente da lasciarle trascorrere un'altra giornata in giardino. Là fuori era facile perdersi nei propri pensieri senza dare fastidio a Draco. Lui non era particolarmente entusiasta della sua presenza, per questo Rose gli faceva il favore di stargli alla larga. Contemporaneamente, lo faceva anche a se stessa.

Si stiracchiò. Nello stesso istante, un'elfa domestica dal volto rugoso vestita di una tunica infeltrita apparve accanto al camino. Le aveva portato il vassoio della colazione, che traballava con le sue braccine ossute.

"Sei sveglia, signorina? Bene. Vieni a mangiare."

"Grazie, Daisy." Rispose pigramente la ragazza, che però si guardò bene dall'alzarsi in sua presenza e sprofondò ancora di più sotto le lussuose coperte.

Rose aveva conosciuto l'anziana serva la sera stessa in cui era arrivata al Manor. Draco, ancora confuso e vagamente irritato per la sua richiesta di ospitalità, dopo avere discusso con lei sul perché avesse lasciato la Tana e avere provato a convincerla a tornare indietro, si era infine deciso a prepararle una camera per la notte. Daisy, una sorta di governante in mezzo agli altri elfi, era stata incaricata di accompagnarla al terzo piano. Rose aveva pregato che non fosse la stessa camera in cui aveva dormito Scorpius e l'elfa si era indignata.

"La stanza del padroncino non è adatta ad accogliere un'ospite! E se anche lo fosse, nessuno oserebbe oltraggiarla!"

L'elfa l'aveva condotta in una grande camera accogliente, che ben si adattava alla personalità di Rose. C'erano un letto a baldacchino e una coppia di poltrone celesti, dallo schienale alto, di fronte al camino, affiancate da un tavolino centrale che era il posto in cui Daisy aveva riposto il vassoio.

"È tardi, devi alzarti. Non mi piacciono le ragazze pigre." La sgridò l'elfa.

Rose prese un gran sospiro e obbedì. Era inutile opporre resistenza. Da una parte si sentiva in obbligo, essendo stata ospitata controvoglia, dall'altra sperava che l'elfa, una volta accontentata, se ne sarebbe andata.

"Eccomi, sono in piedi." Le disse, forzando un sorriso e mostrandosi fiera dei suoi ricci scombinati e del pigiama rosa stropicciato. "Prima faccio colazione, prima sarò pronta a iniziare un'altra giornata di silenzi imbarazzanti col tuo padrone!"

Daisy la seguì con lo sguardo mentre si sedeva in poltrona e iniziava a mangiare il porridge.

"I capelli sono in disordine, signorina." La rimproverò l'elfa. "Hai usato la lozione che ti ho portato ieri sera?"

Rose socchiuse gli occhi, lieta di avere la bocca piena e di non poter parlare. Non aveva obbedito a nessuno dei suggerimenti di Daisy per la notte e la lozione era rimasta sul comodino, ancora nella stessa posizione e con la stessa quantità di prodotto con cui le era stata consegnata.

L'elfa se ne accorse e strinse gli occhietti rancorosi. Rose aveva imparato a comprenderla: la puntigliosa creatura non poteva fare a meno delle sue strambe regole, perché le teneva a mente fin dalla gioventù. Anche se non aveva ancora avuto il coraggio di chiederlo a lei né tantomeno a Draco, la ragazza era sicura che fosse la stessa elfa tanto amata da Astoria, la madre dello strambo Aiden.

"Il padrone non ti sposerà mai se non farai come ti dico."

Un boccone le andò di traverso. La ragazza afferrò il bicchiere d'acqua e lo svuotò in un solo sorso per mandarlo giù.

"Cosa?" Esclamò Rose, che a quel punto non era più sicura di sentire ancora le palpitazioni. "Il padrone... Te l'ha detto lui?"

"No." Ammise Daisy con riluttanza, intuendo che senza quella conferma l'ospite avrebbe continuato a fare di testa sua. "Ma è chiaro che lo farà. Per quale altro motivo saresti qui?"

Rose sospirò per l'equivoco. Draco non l'aveva certamente accolta per ragioni romantiche. Per di più, le continue visite di suo padre e la pioggia di lettere che riceveva da parte dei numerosi parenti Weasley lo stavano facendo ammattire.

Durante la prima settimana, Ron era piombato al Manor a qualsiasi ora del giorno e della notte. Le discussioni con Draco erano state sempre le stesse:

"Riportala a casa, io non la voglio qui!"

Frase alla quale suo padre rispondeva sempre:

"Allora perché l'hai lasciata entrare?"

Ricevendo sempre la stessa risposta:

"Preferivi che restasse a dormire in giardino?"

Rose, all'inizio, si era rifiutata di parlare a Ron e si era limitata a spiare le conversazioni dalla tromba delle scale. Non era soltanto un capriccio: anche se non aveva niente di personale contro la famiglia, men che meno nei confronti del padre, si sentiva offesa dal loro atteggiamento.

La trattavano come se non fosse in grado di pensare con la propria testa. Così, quando non aveva più potuto evitarlo, la ragazza aveva affrontato Ron e glielo aveva spiegato a chiare lettere: "Ho preso la mia decisione. Resterò qui fino a quando Draco me lo permetterà."

Naturalmente, Ron non aveva capito. Nessuna ragione al mondo avrebbe potuto spiegare la presenza di sua figlia in casa dell'odiato nemico dei tempi della scuola, dal quale era stato deriso e disprezzato per anni e che per poco non aveva fatto ammazzare lui e i suoi amici in più occasioni. Accettare Scorpius nella vita di Rose non era stata una decisione indolore, ma almeno lui si era presentato come un ragazzo per bene.

Draco era diverso. Non potevano accettarlo e, se mai si fossero ritrovati ad avere un nipote in comune, Ron avrebbe giocosamente cercato di aizzarglielo contro. Rose immaginò che dovesse odiare Draco ancora di più, ora che, a conti fatti, non si affannava a cacciarla di casa. Lui infatti sembrava sì ansioso di liberarsi di lei, ma non per questo la metteva alla porta.

Rose non si illudeva: quello di Draco era puro opportunismo. Non la voleva in casa, ma era molto meglio che i Weasley continuassero a crederla in preda a una crisi - scaturita dalla morte di Scorpius e alleggerita dalla vicinanza alla sua tomba - e che non si ponessero altre domande.

Alla fine, Ron si era arreso. Prima di andarsene, però, aveva preteso da Draco la sua parola: doveva prendersi cura di Rose, e se non l'avesse fatto - lo minacciò - avrebbe rimpianto Voldemort.

Hermione non aveva più cercato sua figlia, né aveva dato sue notizie, e questo a Rose era dispiaciuto. Quando ci pensava, nei numerosi momenti di solitudine che costellavano le sue giornate, la ragazza provava a immaginare quanto la sua fuga da Malfoy avesse potuto ferirla. Non solo era scappata di casa, ma era pure andata da qualcuno che Hermione aveva sempre creduto appartenere a lei soltanto.

Rose le voleva ancora bene e parlava anche a lei nelle lettere che spediva alla famiglia, ma sua madre non aveva mai scritto nulla di proprio pugno. Non rimaneva altro da fare che rimandare il chiarimento a quando tornare alla Tana per una visita non avrebbe significato essere quasi trattenuta a forza.

"Il padrone non vuole sposarmi." Spiegò la ragazza, con pazienza, all'elfa. "Lui non mi ha mai invitato a restare, ho fatto tutto da sola. Temo sia interessato a un'altra..."

Scoprire che Draco e Hermione erano stati insieme le aveva fatto male, ma la parte peggiore era stato sapere che si volessero ancora. Se la gelosia poteva essere una persona, sarebbe stata Rose, ormai costretta a sopprimere la fiamma che ardeva per Draco e a rassegnarsi ad abbandonare i suoi sogni. Daisy non si rendeva conto di quanto male le facessero quelle illusioni spacciate per realtà.

"Io non vedo nessun'altra donna qui intorno, e non ne vedo da anni." Commentò l'elfa con la sua vocina severa. "Se farai come ti dico io, dovrà sposarti per forza. È così che funziona."

Rose immaginò che fossero gli stessi discorsi che tanti anni prima aveva ascoltato anche Astoria. L'elfa sembrava programmata per ripetere un solo copione. La ragazza non riuscì più a prenderla sul serio e la lasciò esternare le sue raccomandazioni per la giornata senza darle ascolto. Quando Daisy finalmente si Smaterializzò, Rose tirò un sospiro di sollievo. Non sarebbe stato facile vivere in una casa dove un'elfa domestica anziana e autoritaria insisteva per darla in sposa a mago che poteva solo spezzarle il cuore.

Più tardi, Rose si apprestò a raggiungere Draco in salotto. Era lì che trascorreva le sue mattine, a districare la posta e a mettere da parte - con sommo fastidio - le numerose lettere indirizzate a lei. Anche quel giorno lo aveva sentito borbottare fin su per le scale. Draco si lamentava sempre delle lettere, o di lei, o di entrambe, ma poi non le dava occasione di discuterne, faceva finta di niente e cambiava argomento.

Gli piaceva lamentarsi e non voleva seriamente liberarsi di lei, tuttavia Rose cercava di non dargli fastidio. Non voleva andarsene dal Manor. Le piaceva vivere con lui - per quanto non facessero altro che incontrarsi di tanto in tanto durante la giornata, il che era sempre meglio che sgattaiolare al Manor di nascosto come accadeva prima - e poi, non avrebbe saputo dove altro trasferirsi. Tornare a casa, al momento, era fuori discussione.

Anche quel giorno, Rose entrò in salotto con disinvoltura, sapendo che Draco avrebbe smesso di borbottare non appena l'avesse vista. S'imbatté però in una sorpresa: non era da solo. C'era Dorian con lui, stravaccato sulla sua poltrona preferita come se gli appartenesse. Rose avrebbe fatto meglio a non farsi vedere da Greengrass, che infatti al suo arrivo distorse le labbra in un largo sorriso maligno.

La ragazza sentì di odiarlo. Ripensò alla crudeltà che gli aveva letto in faccia a Grimmauld Place e agli orribili pettegolezzi scolastici che circolavano su di lui. Era un freddo assassino quello che si stava facendo beffe di lei.

"Se mai avessi dubitato di quanto si dice in giro, adesso avrei la prova davanti ai miei occhi!" Esclamò Dorian. "Lo sai che stanno tutti sparlando di te? Chiunque venga in visita a casa nostra pensa che hai perso il cervello. E non è che i miei genitori si sforzino di negarlo."

"La società Purosangue sparla di me da prima che tu nascessi." Gli rispose Draco cupamente, torreggiando davanti a lui. "Ci sono abituato."

Dorian si sporse in avanti, con l'espressione maliziosa e poco mascolina di chi è in vena di confidenze.

"Ma lei ha l'età di tuo figlio. C'è chi dice che avete una relazione! Non sono soltanto i Purosangue a indignarsi."

"I Purosangue e tutti gli altri devono imparare a farsi gli affari loro." Si intromise Rose, portando le braccia al petto e strizzando gli occhi su di lui. "Riferisci ad Albus da parte mia che ho apprezzato il suo scherzetto, e che troverò il modo per ripagarlo con la stessa moneta!"

Dorian rise di scherno. Appariva sempre tranquillo e rilassato, come a voler dimostrare di avere tutto sotto controllo.

"Beh, tesoro, Al sa come manipolare la sua famiglia. Pensi che sia arrivato dov'è ora contando solo sulla fortuna? Non è uno sprovveduto e sicuramente non ha paura di te."

"È ovvio che non è uno sprovveduto." Disse ancora Rose. "Nessuno di voi lo è. Siete solo degli spregevoli assassini."

Il ghigno di Dorian si allargò, felice come se avesse appena ricevuto un gran complimento.

"Tu la conosci meglio di me." Si rivolse a Draco. "Fa di proposito la finta tonta o le viene naturale? Perché giù nei sotterranei c'è del sangue umano che bolle in favore di Scorpius, e lei dovrebbe saperlo."

Rose si morse la lingua. Niente era più irritante di ricevere una lezione di coerenza da Greengrass, ma lei non voleva dargli alcuna spiegazione. Non ne doveva più a nessuno. Bastava che soltanto lei sapesse di volerlo fare per Draco.

"Se dici un'altra parola su di lei, ti mando via a calci." Lo sgridò Draco e Rose si sentì sciogliere nel sentirsi difendere da lui. "Spiegami piuttosto in cosa consiste questo nuovo piano di cui mi stavi parlando."

Se Dorian avesse colto l'occasione per domandarsi quanto ci fosse di vero nelle voci sulla loro presunta relazione, non lo diede a vedere. Si gettò sullo schienale a gambe aperte e spiegò:

"Al vuole attaccarti. Ha capito di essere stato un idiota a lasciare le sue traduzioni dove Scorp poteva rubarle, e sa che stai già lavorando alla Pozione della Resurrezione. Ho dovuto dirgli della vipera, sai, mi ha messo alle strette. Ora rivuole i manoscritti e, ovviamente, vuole togliere a te l'occasione di giocare con la Morte. Io sono qui per trovare delle falle nei tuoi sistemi di sicurezza. Più informazioni avrà, più facilmente potrà attaccarti."

"Merlino, quanto sei viscido." Commentò Rose, scotendo la testa. "Fingi di stare dalla nostra parte per indurci a farti delle confidenze che andrai a riferire ad Albus. Non puoi credere seriamente che ci cascheremo!"

"Non mi hai lasciato finire." Sbottò il ragazzo. "Io sono costretto a raccontargli qualcosa, o sospetteranno di me. Se verrò ucciso - cosa che mi guarderò bene dal fare accadere - voi non avrete più nessuno dalla vostra parte."

"Sempre se lo sei davvero." Replicò Rose. "Come faccio ad essere sicura che non ci stai mentendo?"

Dorian sgranò gli occhi. Qualsiasi cosa gli fosse passata per la testa, era la ragione delle parole pronunciate dopo:

"Non puoi." Rispose mellifluo. E a Rose sembrò di avere già avuto quella conversazione. "Ma senza di me avrete più probabilità di morire che di trovare l'Invincibile. C'è una sentenza di morte sulle vostre teste. Se avete voglia di buttarvici a capofitto, fate pure. A me non tange. Tanti saluti a Scorpius, io penserò a sopravvivere."

"Come mai riesci a raccontarci così tante cose sul vostro gruppo?" Intervenne Draco. "Possibile che mio figlio non vi abbia vincolati in nessun modo al silenzio?"

Rose intuì che volesse giocare d'astuzia. I Figli di Salazar non sembravano al corrente del loro incontro notturno con Trevor e di tutti gli indizi che ne avevano ricavato.

Dorian si irrigidì nuovamente in poltrona. Rifletté e, infine, ammise a malincuore:

"Se anche esistesse qualcosa di simile a un vincolo, dimenticate che, come per ogni legge, anche in questo caso esiste una scappatoia. Mi riferisco ai non-detti, alle allusioni, ma soprattutto alla volontà. È questo a fare davvero la differenza. Io non ho alcuna volontà di tradire Scorpius o il gruppo. Voglio solo riportare indietro il nostro vecchio capo. L'obiettivo non è contraddittorio, quindi la Maledizione non può colpirmi, ammettendo che ce ne sia davvero una."

Se Dorian era libero di parlare, o almeno di alludere a informazioni che potessero aiutarli a ottenere la Bacchetta, non era chiaro come mai continuasse a tacere su di un argomento così fondamentale:

"Davvero non hai idea di chi sia lo Sparviero?" Gli domandò Rose.

"Se anche l'avessi, e anche ammettendo che possa dirvelo, Albus e gli altri sapranno che l'avete appreso da me. Io ci tengo alla mia pelle. Se devo giocare, lo faccio soltanto quando so di non poter perdere."

"I tuoi giri di parole mi irritano!" Strillò Rose. "Rispondi alla domanda e basta!"

"Arrivateci da soli!" Strillò lui in risposta. "Vi sto già dando tutto l'aiuto possibile. Ti ho anche messo in contatto con quel pusillanime di Trevor Nott!"

"Vi siete alleati?" Esclamò la ragazza, stupefatta. Il coinvolgimento di Nott aveva sorpreso anche Draco, che si limitò a farle un cenno col capo per invitarla a continuare. "Non un solo traditore nei Figli di Salazar, ma addirittura due?"

La notte in cui si erano incontrati, Trevor si era dimostrato pentito e insoddisfatto della sua appartenenza alla congrega. Ciò poteva motivare la sua ribellione. Dorian, però, sentì il bisogno di ribadire che Nott non era l'alleato di nessuno, semmai uno schiavo, e che lui non era affatto un traditore. Rose lo ignorò. I tasselli stavano tornando al loro posto.

"È proprio come pensavo. Le lettere di Trevor hanno un significato nascosto! Quando dice che qualcuno che lo disturba, si riferisce allo Sparviero!" Rose diede un'occhiata al raccapricciante omicida - che però non confermò le sue ipotesi - e tornò a rivolgersi a Draco: "Non risponde, quindi forse è vero! Lo Sparviero è a Hogwarts! Non ci abbiamo mai pensato... E se non fosse nemmeno uno studente, ma un insegnante? Trevor non ha mai precisato il ruolo della persona che lo sta infastidendo!"

Dorian ascoltava le sue teorie con ilare curiosità, ed era impossibile decifrare i pensieri che si celavano oltre la sua maschera di sarcasmo. Pur non avendo ricevuto da lui una sola conferma, Rose si convinse di avere ragione: lo Sparviero e l'Invincibile dovevano trovarsi a Hogwarts.

"Se la Bacchetta è davvero a Hogwarts, è come se l'avessimo già trovata." Commentò Draco. "Sembra troppo facile. Ma se lo Sparviero fosse un insegnante..."

Sembrava impossibile. I professori di Hogwarts erano quasi tutti molto giovani. A parte Hagrid, il professor Longbottom e pochi altri, nessuno aveva ricordi dell'epoca precedente alla guerra, il periodo in cui si parlava di Magia Oscura con molta più frequenza, per cui nessuno poteva dire di averla mai realmente conosciuta. Almeno in teoria.

Le Arti Oscure erano moralmente bandite da anni. Eppure, se i Figli di Salazar rappresentavano l'eccezione alla regola nell'ambito dei giovanissimi, niente faceva escludere che ne esistesse una anche tra i professori. C'era proprio da chiedersi chi potesse essere questo grande e infallibile attore e, per questo, c'era da averne paura.

"Gradirei che tornaste a concentrarvi su di me." Disse Dorian, rialzandosi dalla poltrona. Cercò l'attenzione del padrone di casa e gli parlò in tono supplichevole: "Io ti ho aiutato, ora tu devi aiutare me. Non posso tornare al Quartier Generale senza informazioni; devi darmi qualcosa da riferire ad Albus. Qualsiasi cosa!"

"Digli questo." Draco gli strinse la spalla come a un figlio. "Gli unici a entrare in questa casa saranno gli Auror, quando vi arresteranno per avere provato ad abbattere gli Incantesimi intorno al Manor."

*

TBC

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