Ardemonio

***

Agosto 2024 [presente]

Draco ci aveva provato in tutti i modi, ma non c'era stato niente da fare: quella dannata porta non voleva aprirsi. Dopo avere esaurito gli incantesimi ordinari e averla presa a calci come un Babbano, nella speranza di rompere la serratura, aveva tentato di Materializzarsi dentro la stanza, ma neanche così aveva avuto fortuna: Scorpius aveva sigillato i suoi segreti con degli incantesimi straordinari.

Non gli restava altro da fare che incendiare la porta, ma il timore di attivare la Traccia di Potter e delle complesse spiegazioni che ne sarebbero conseguite, convinsero Draco a ritirarsi in biblioteca per cercare una soluzione più discreta al problema.

Sfogliò i tomi più antichi in suo possesso, qualcuno dei quali aveva attraversato la Manica ed era scritto nella lingua antenata del francese, confidando di trovare in essi delle soluzioni strappate all'oblio.

La svolta arrivò due ore dopo, con un volume rinascimentale che, nel bel mezzo di stregonerie degne del peggiore dei Maghi Oscuri, aveva conservato un vecchio incantesimo di Annullamento la cui efficacia era garantita sulla maggior parte dei sortilegi non-violenti.

Era ormai notte fonda e Draco era stanco. Dopo quasi quarantott'ore di veglia, e dopo avere assicurato la bara del figlio al cimitero di famiglia, l'unica cosa che spingeva le sue membra esauste ad andare avanti era il desiderio di vendetta.

Il funerale era stato molto intimo, proprio come Draco lo aveva voluto. Avevano presenziato soltanto i Malfoy, i Greengrass e un tenebroso senso di perdita che attanagliava tutti in una morsa letale. Sua madre e la signora Greengrass, di solito due donne molto composte, si erano date conforto a vicenda, ma il signor Greengrass aveva usato un atteggiamento più pratico nei confronti di Lucius: dato che era scomparso non soltanto un nipote condiviso ma anche l'ultimo erede Malfoy, Greengrass si era sentito in dovere di richiamare alla memoria la storia millenaria della famiglia e tutti i suoi fasti, un po' come a dire che il meglio era andato.

Per un po', Draco era rimasto da solo a fissare quei due spiazzi di terra rialzata sotto ai quali riposavano sua moglie e suo figlio, all'interno di un enorme cimitero di famiglia che ospitava generazioni di antenati Malfoy. Draco aveva creduto di non farcela quando era morta sua moglie, ma senza Scorpius l'idea di andare avanti sembrava impossibile.

I ricordi riaffioravano da soli, partendo dalla prima volta in cui aveva tenuto suo figlio tra le braccia - un fagottino indifeso che temeva di non meritare - a quando questo aveva iniziato a camminare, poi la morte di Astoria, Scorpius che cresceva e andava a Hogwarts, gli anni migliori del loro rapporto prima che iniziassero i problemi.

Tuttavia, oggi erano proprio quei problemi a dargli una speranza; l'arma stessa a cui Draco aveva intenzione di aggrapparsi.

Una bacchetta.

Peccato che non sapeva dove fosse. Dato che qualche parte doveva pur iniziare a cercare, aveva scelto di partire dalla stanza in cui Scorpius trascorreva il suo tempo quando era in casa.

Dopo ore di estenuanti letture, si fece forza e si trascinò ancora una volta verso l'ala est del secondo piano. Aprì il vecchio tomo e lo lasciò fluttuare in aria; puntò la bacchetta contro la maniglia d'argento e, leggendo, pronunciò una formula in latino.

La punta della sua bacchetta scintillò di giallo, ma nulla accadde. Riprovò a voce più alta. Stavolta Draco udì qualcosa: un click, la conferma che la serratura era scattata. Ce l'aveva fatta! Non gli restava che entrare. Impugnò la maniglia e l'abbassò. Quella effettivamente si aprì, ma accadde anche dell'altro.

Una fiamma emerse dall'oscurità. Si espanse in grandezza, sempre di più. Quando esplose, il fuoco si scagliò con violenza contro di lui.

Draco non riuscì a mettersi in salvo, ma soltanto a coprirsi la testa prima che l'onda infuocata lo travolgesse e lo scagliasse lungo il corridoio. Solo allora l'Ardemonio si dissolse gradualmente in una delicata brezza incendiaria; quando scomparve, la porta si richiuse da sola.

Il mago provò emozioni contrastanti. Da un lato era orgoglioso per suo figlio che, alla tenera età di diciotto anni, aveva progettato un sistema di sicurezza estremamente complesso che rappresentava una sfida anche per alcuni maghi adulti. D'altra parte, fu colpito dalla consapevolezza che l'Ardemonio era stato usato contro di lui. Draco era verosimilmente l'unico a poter accedere ai suoi segreti. Questa delusione gli spezzò il cuore.

Poggiava ancora al pavimento sul gomito sinistro, lì dov'era stato trascinato dal fuoco, il busto sollevato. Non sentiva nulla, a parte uno strano prurito che partiva dal braccio e arrivava fino al fianco destro; quando trovò il coraggio di guardare, si riconobbe a stento.

Non solo le sue vesti erano bruciate su metà del corpo, ma a conti fatti non c'era più neanche il corpo, a meno di non voler definire così la sua carne ustionata.

Alcuni pezzi di lino si erano fusi con quella che poco prima era stata la sua pelle, e che adesso era un patchwork rosa e nero. Le ferite arrivavano fino al polso, risparmiandogli solo la mano, poi dal petto fin quasi all'inguine.

Emanava anche uno strano odore. Fu assieme a questa consapevolezza che arrivò il dolore.

Tremava come una foglia mentre la Maledizione gli consumava la carne viva, divorandolo sempre più in profondità. Non poteva muoversi senza provare un male indicibile e non poteva nemmeno accasciarsi a terra senza rischiare di schiacciare le ferite sul fianco. Sentiva che sarebbe morto. Poteva ancora salvarsi se fosse riuscito a raggiungere il suo laboratorio di pozioni nel seminterrato, ma non sapeva come arrivarci.

Si accorse a stento dell'arrivo di uno dei suoi elfi domestici. Doveva essere apparso all'improvviso e adesso saltellava a destra e a sinistra, tirandosi le orecchie in preda al panico, blaterando qualcosa che Draco non capiva. Intuì soltanto che fossero appena arrivati degli ospiti e che l'elfo stesse chiedendo il permesso di farli entrare per ottenere il loro l'aiuto.

"No!" Rispose Draco, tremante. "Non fare entrare nessuno!"

"Ma il padrone è ferito!"

La vocina acuta dell'elfo gli rimbombava in testa, ed era come se una lama gli trafiggesse il cervello. Voleva che tacesse, ma il servo era anche l'unica creatura in grado di aiutarlo.

"Portami nel laboratorio."

L'elfo corse verso di lui e, con garbo, andò a toccare le tempie del padrone. Seguì un momento di gelo, un effimero conforto per la sua carne rovente, e quando Draco aprì gli occhi si ritrovò steso sulla fredda pietra dei sotterranei.

"Cos'altro può fare Aiden per il padrone?" Domandò l'elfo, fremendo, posando il peso prima su un piede e poi sull'altro.

Draco fece leva sul braccio sano per rialzarsi e si appoggiò al tavolo da lavoro, sentendosi libero di gridare ad ogni fitta che dai muscoli in fiamme arrivava al cervello.

"Prendimi quell'ampolla verde." Indicò tra le mensole un'ampolla ad altezza uomo che Aiden poté raggiungere solo arrampicandosi sullo sgabello e sull'intero scaffale. Una volta presa la pozione, balzò giù e la porse al suo padrone.

Draco la aprì in tutta fretta, e non senza difficoltà, con l'unica mano che ancora rispondeva ai suoi comandi. L'avvicinò alle ustioni e lasciò cadere delle gocce in punti casuali. Ogni goccia era un principio di sollievo, che aumentava man mano che l'effetto dell'antidoto si espandeva fino ad abbracciare l'intera ferita. Se ne versò addosso parecchio finché, esausto, mise via l'ampolla vuota e si accasciò per terra.

L'elfo gli saltellava attorno, agitato. L'Ardemonio non gli stava più divorando la carne, il tremore era diminuito e riusciva a muoversi senza sentirsi mancare, ma il malessere rimaneva.

Esaminò con amarezza il proprio braccio martoriato: era più magro del normale e aveva già iniziato a sanarsi, anche se i piccoli lembi di stoffa nera appartenuti al suo abito si trovavano ancora conficcati tra uno strato già cicatrizzato e uno che lo era di meno.

Li estirpò uno ad uno e il sangue scivolò copioso dalle numerose ferite. Provò a ricordare quale fosse l'incantesimo utile a bloccare le emorragie, ma era passato un decennio dall'ultima volta che l'aveva praticato sul ginocchio sbucciato di suo figlio e i saltelli dell'elfo lo distraevano.

"Epismendo". Esclamò infine, in uno sforzo di memoria, puntandosi addosso la bacchetta. Il suo corpo smise di sanguinare e Draco tirò un sospiro di sollievo.

Entrava in quel momento una vecchia elfa, che camminava a fatica e aveva le guance cadenti. Si rivolse all'agitatissimo Aiden senza accorgersi di nient'altro.

"Sciocco, Aiden." Lo rimproverò, la vocina resa rauca dall'età. "Hai scordato di avvisare il padrone, sì? Due maghi aspettano ancora fuori dalla porta. Che figure ci facciamo, eh, dimmi?"

"No, no mammina, l'ho avvisato, il padrone, sì!" L'elfo più giovane schizzò incontro alla madre. "Ma c'è stato un problema..."

La madre di Aiden seguì lo sguardo del figlio e solo allora si accorse della presenza di Draco. Strizzò gli occhi mezzi cecati su di lui e inquadrò con orrore il suo corpo bruciato e intriso di sangue.

"Per tutti i Troll!" Esclamò l'anziana elfa, per poi ordinare al figlio di portare le garze al padrone. Aiden scomparve, lasciando Draco da solo con lei che continuava a fissarlo con gli occhietti strizzati.

"Chi c'è alla porta, elfa?" Le domandò. Aveva pescato uno straccio da un cassetto e lo stava usando per nascondere il petto dagli sguardi indiscreti. Era assurdo che la sua serva alta mezzo metro e con le orecchie a punta lo facesse sentire una specie di fenomeno da baraccone.

"Io non so i loro nomi, padrone. Ma dicono di essere amici del padroncino."

Draco trasalì. I Figli di Salazar erano arrivati, e doveva succedere proprio nel momento meno opportuno. Si lanciò un Gratta e Netta con le sue ultime forze magiche e, quando Aiden ritornò con le garze, usò la magia per avvolgere le bende intorno al braccio e al petto. Si sentiva una mummia e i suoi movimenti erano impacciati, ma almeno poteva dirsi pulito e medicato.

"Falli entrare." Ordinò all'elfa. "Portali in salotto e digli di aspettarmi. Se ti fanno domande, non rispondere."

L'elfa s'inchinò rispettosamente e scomparve.

Quando Draco arrivò in salotto - dopo essersi cambiato d'abito e avere ripristinato un aspetto dignitoso - i suoi ospiti lo stavano già aspettando da molto tempo.

Le figure di Albus Potter e Dorian Greengrass stazionavano in piedi di fronte al camino, i palmi rivolti verso le fiamme. Dovevano averlo acceso da sé per scaldarsi dopo la lunga attesa all'aperto. Erano entrambi alti e austeri e portavano dei mantelli, ma il portamento di Dorian emanava quel senso di nobiltà che era insito nelle famiglie magiche più antiche.

"Se non siete qui per consegnarmi la Bacchetta, allora potete andarvene." Sbottò Draco, avanzando in salotto.

"Che maniere." Commentò Dorian, inespressivo. "Da te mi sarei aspettato un'accoglienza migliore, considerando da quanto tempo ti stiamo aspettando. È successo qualcosa?"

I lineamenti di Greengrass ricordavano in maniera incredibile quelli di Astoria e Scorpius, sebbene tra di loro fossero soltanto lontani cugini. Per quanto riguardava sua moglie, comunque, sapeva già che alla somiglianza esteriore corrispondeva una profonda differenza interiore.

"Affatto." Si affrettò a rispondere Draco. Il salotto era ampio e raccoglieva una serie di divani e poltrone disposti intorno al camino, ornati da sontuosi cuscini ricamati. Fece segno ai due giovani di prendere posto e andò a sedersi in poltrona di fronte a loro. "Mi avete disturbato mentre riposavo, tutto qui."

Vedere Albus e Dorian sedere vicini era come osservare due contrari: l'uno coi capelli neri arruffati, la notte, l'altro pallido e biondo, i capelli lunghi fino al mento, il giorno.

"Ci dispiace per il disturbo." Precisò Albus, che non poteva apparire meno dispiaciuto. Era incredibile quanto fossero gelidi i suoi occhi verdi, soprattutto se paragonati al fervore che aveva sempre caratterizzato quelli dei suoi genitori. "Ma abbiamo pensato che fosse meglio per tutti presentarci a un orario meno ovvio."

"Non mi importa." Draco si agitò sulla poltrona. "Io voglio la Bacchetta. Se l'avete voi, e se avete uno straccio di coscienza, dovreste darla a me!"

Albus scosse appena la testa: "Non sappiamo di cosa stai parlando."

"Oh, lo sapete invece. Ditemi, allora, chi di voi è stato? Chi ha avuto il piacere di distruggere per sempre la mia discendenza?"

Draco scrutò torvo i ragazzi in cerca di un qualsiasi segno di debolezza, ma quelli erano due perfette maschere impassibili. Sicuramente eccellevano entrambi in Occlumanzia.

"Sei di nuovo fuori strada, Draco." Rispose Dorian. "Noi siamo venuti solo a farti le condoglianze. Scorpius era nostro amico, lo sai bene. Siamo tutti sconvolti per quello che è successo."

"Davvero." Fece eco Albus. "Si dice in giro che ci sia stata una fuga di Mangiamorte e che gli ex amici di tuo padre abbiano cercato vendetta per il vostro vecchio tradimento. Se tutto questo è vero, e probabilmente lo è, posso solo immaginare quanto sia sconvolgente per te venirlo a sapere. Ti ammiro molto, Draco. Non so come riuscirei a dormire la notte se fossi al posto tuo."

Draco avrebbe voluto Schiantarlo, ma strinse i denti e lasciò correre.

"Questa è una possibilità." Disse poi, riferendosi alla ritorsione da parte dei Mangiamorte. "L'altra è che un gruppo di ragazzi appena usciti da Hogwarts, dediti illegalmente alle Arti Oscure, abbia fatto fuori il loro leader perché era diventato un elemento troppo scomodo. Indovinate a quale delle due sto pensando?"

Di nuovo, nessuna emozione scalfì i volti dei due giovani Maghi.

"Capiamo il tuo dolore, ma credo che dovresti tornare a concentrarti sui fatti." Riprese Albus. "Hai già detto a mio padre che potrebbe essere stato uno dei Nott?"

"Ho detto tante cose a tuo padre, ma tutto ciò che ho voglia di raccontargli adesso è qualcosa di molto interessante a proposito di suo figlio." Sbottò Draco, spazientito. Stavolta, gli occhi di Albus tradirono un'emozione. "A meno che, voi non mi portiate la Bacchetta."

La risata gelida di Dorian echeggiò tra le pareti del salotto.

"Ma non c'è nessuna bacchetta, Draco!" Esclamò lui. "Quella di Scorpius era solo una fantasia, uno dei suoi tanti, folli, sogni di grandezza! Ne abbiamo discusso in passato, è vero, ma non l'abbiamo mai realizzata. Non hai idea di quanti riti oscuri servivano, quanto sangue dovesse scorrere perché si attivasse. Era semplicemente impossibile."

"Avevo capito che per voi non ci fosse nulla di impossibile."

Fu l'unico momento in cui i due ragazzi condivisero un'occhiata, che poteva anche essere scambiata per sincera:

"Abbiamo ancora i nostri limiti." Convenne Dorian, e Albus annuì.

"E chi è il nuovo capo, adesso?" Domandò Draco. Aveva un'idea ben precisa della gerarchia del gruppo che Scorpius aveva denominato Figli di Salazar e, secondo lui, il posto di suo figlio era stato occupato non dal più nobile o dal più intelligente, ma dal più pericoloso; per l'esattezza, il nuovo capo doveva essere proprio l'assassino di Scorpius. Albus e Dorian rimasero zitti e immobili come due statue, con l'ombra del fuoco sul volto a dargli un aspetto diabolico. "Quindi devo tirare a indovinare? Ma no, non ne vale la pena. Sono sicuro che presto o tardi lo scoprirò."

Dorian riprese a parlare come se nulla fosse:

"Devi sapere che non siamo noi i tuoi nemici, Draco. Siamo dalla tua parte e vogliamo aiutarti ad andare in fondo alla questione."

"Ah, volete aiutarmi." Draco finse di credergli. "E in cambio vi aspettate il mio silenzio, suppongo."

"Mi sembra un patto equo. Inoltre, non farebbe bene alla reputazione già vacillante dei Malfoy se si venisse a scoprire in cosa era invischiato Scorpius." Disse Albus, col tono di chi è costretto a evidenziare qualcosa di ovvio.

"Non farebbe bene neanche ai Potter."

Gli occhi di Albus vibrarono di nuovo, ma Dorian intervenne:

"Il punto è che il Ministero si sta già organizzando a perseguitare chiunque pratichi le Arti Oscure. Ci considerano uguali al Mangiamorte che ha ucciso Scorpius. Non si rendono conto che è solo grazie a noi se millenni di storia magica, magie antichissime, non vanno perse per sempre. Ci attendono tempi bui, come neanche tu li hai mai vissuti. Davvero credi che non sarebbe più conveniente per tutti fare fronte comune?"

I Figli di Salazar avrebbero fatto carte false pur di restare nell'ombra e Draco non era così sciocco da lasciarsi incantare. Prima che potesse dare loro una risposta, la porta del salotto si aprì scricchiolando e vi apparve la figurina intimidita di Aiden. Il piccolo elfo barcollò nella sua direzione, fece un reverente inchino ed esclamò:

"Mi perdoni, padrone, ma devo farle sapere che c'è una donna che chiede di vederla."

Di tutte le donne che gli venivano in mente, sua madre compresa, Draco non riusciva a immaginarne nessuna che venisse a trovarlo a quell'ora della notte. La curiosità ebbe la meglio e non si preoccupò nemmeno che Albus e Dorian potessero ascoltare.

"Ti ha detto il suo nome?"

"Sì, Hermione Weasley." Rispose l'elfo con la sua vocina acuta. "Ha detto di chiamarsi così."

Albus sobbalzò e fissò il padrone di casa con un'insistenza diversa da prima. Draco era certo di sapere a cosa pensasse il ragazzo: incontri segreti che si perpetravano da anni, l'ipocrisia dei Malfoy che finiva per distruggere l'armonia dei Weasley e dei Potter.

Si rendeva conto di doversi comportare normalmente se non voleva alimentare sospetti, ma la notizia che Hermione si fosse presentata in casa sua era così inaspettata che gli aveva scosso i nervi e sconvolto la mente.

Dorian cercò per primo di tirarsi fuori da quella situazione imbarazzante e si mise in piedi, imitato poi da Albus che continuava a fissare Draco con aria di rimprovero.

"Credo sia meglio andare." Commentò Dorian, con un colpetto di tosse.

Anche Draco scattò in piedi di riflesso, lasciandosi sfuggire un gemito per aver schiacciato le ferite sul bracciolo della poltrona. Per fortuna, i due ragazzi non parvero farci caso.

"Deve avere certamente qualcosa di importante da comunicarmi." Riuscì a dire Draco, apparentemente rivolto al cuscino, usando un tono degno del più pomposo impiegato del Ministero. Ordinò all'elfo: "Aspetta un paio di minuti, poi portala qui."

"Allora abbiamo un accordo?" Domandò Dorian, con premura. "Possiamo fidarci l'uno dell'altro?"

Nessuno di loro si sarebbe mai davvero fidato dell'altro. Lo sapeva il Mago più adulto, lo sapeva Dorian e lo si poteva leggere nello sguardo sprezzante di Albus che, proprio come Draco, stava trattenendo le accuse in vista di un bene superiore. Scorpius era la sua priorità, ma il tempo per vendicarlo non sarebbe mancato e al momento era più utile che i Figli di Salazar si togliessero dai piedi.

"Sì, va bene."

Albus non cambiò espressione, ma Dorian gradì visibilmente la risposta.

"Perfetto." Disse con un ghigno. "Resteremo in contatto."

Si Smaterializzarono appena in tempo. Poco dopo, Aiden era di ritorno con quella che ai tempi della scuola era soltanto la Granger e che adesso era una quarantacinquenne sposata, con un cognome diverso e qualche ruga in più, ma con ancora la stessa zazzera di lunghi capelli ricci e lo stesso sguardo intelligente dell'ultima volta che era stato con lei da solo nella stessa stanza.

Hermione era vestita alla babbana, con una maglietta a maniche corte e un paio di jeans. Detestava profondamente il luogo in cui si trovava, e ogni oggetto, ogni parete su cui posava lo sguardo, le suscitava un visibile senso di disgusto. Tuttavia, si fece coraggio e andò verso di lui, piena di una compassione che Draco aveva già visto in lei in passato. Per un attimo, ebbe l'impressione che l'età fosse l'unica cosa ad essere cambiata tra di loro.

"Ciao, Draco." Disse Hermione. "È davvero un peccato rivederci proprio in questa circostanza."

La donna si coprì il volto con le mani, e pianse.

***

Note Autrice.

- Qua apprendiamo che il cognome di Dorian - il ragazzo che ha fatto spezzare la caviglia a una passante nello scorso capitolo - è Greengrass. Ho immaginato che Astoria avesse un cugino di parte paterna, e che Dorian (20 anni) e Calypso (18) fossero i suoi figli. Entrambi sono quindi cugini di secondo grado di Scorpius.

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