Appuntamento coi Nott

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Trevor aveva paura.

Aveva sempre odiato il buio e anche il paesaggio deprimente della brughiera. Solitamente, sapere di dover vivere per sempre nella residenza di famiglia, in quella landa desolata, era per lui un motivo di afflizione. L'idea però diventava di colpo rassicurante, se pensava che invecchiare significava essere sopravvissuto alla vendetta dei Figli di Salazar.

C'era poi l'incertezza, le volpi affamate, il non sapere cosa si nascondeva nel buio intorno a lui e se, di lì a poco, un compagno di scuola sarebbe sbucato fuori da un cespuglio per picchiarlo e attaccarlo con una delle Maledizioni Senza Perdono.

Non vedeva l'ora di tornare ad Hogwarts, dove sperava di essere al sicuro ora che tutti i ragazzi più grandi si erano diplomati. Senza Scorpius o Albus nei paraggi, la sua permanenza in Sala Comune sarebbe stata per lo meno sopportabile.

Ormai mancavano poche ore alla partenza, ma sembravano non passare mai, soprattutto perché suo padre lo aveva portato a incontrare una delle persone che Trevor voleva vedere meno di tutte: Draco Malfoy.

"Smettila di tremare, sembri un debole." Lo rimproverò Theodore, sottile e rigido al suo fianco.

"Non voglio farlo." Lo supplicò Trevor. "Ti prego, non farmi parlare con lui."

Le preghiere andavano avanti da più di un giorno, ma non erano servite a nulla.

"Finirà presto, vedrai." Rispose il padre, seccato dalle sue rimostranze. "Voglio solo che Draco smetta di cercarmi una volta per tutte. Dagli la certezza che quella bestia di suo figlio è stato il tuo carnefice, convincilo che non c'entri nulla con la sua morte e ce ne libereremo entrambi. Perché tu non c'entri nulla, non è così?"

Trevor si sarebbe guardato le scarpe, se avesse potuto vederle. Non capiva quale delle due risposte avrebbe deluso di più suo padre. Tra di loro non c'era mai stato un vero dialogo, quindi di solito il ragazzo doveva tirare a indovinare.

Theodore Nott conosceva molto bene le Arti Oscure, le praticava e non si era mai vergognato per avere avuto un padre Mangiamorte condannato ad Azkaban. Il più delle volte appariva deluso dall'evidente fiasco ambulante che era il figlio, e Trevor era sicuro che avrebbe amato invece i Figli di Salazar. Il ragazzo, però, non gliene aveva parlato perché temeva di sentirsi dare del fallito. In ogni caso, Theo odiava avere torto, e aveva già garantito a Draco Malfoy che né lui né Trevor fossero complici del vecchio Nott.

"Se anche fosse, non te lo direi." Disse Trevor a mezza voce, per non turbare la quieta oscurità. "Troveresti comunque un motivo per umiliarmi."

Avrebbe ottenuto più considerazione se avesse parlato al suo mantello nero. Non importava quanto intensamente Trevor provasse a confidarsi col padre; Theodore continuava a trattarlo con sufficienza. Rimase in silenzio, e i due Nott non fecero altro che aspettare.

Poco dopo, qualcosa scoppiettò nel buio della brughiera. Due sagome si stavano avvicinando. Avevano altezze diverse e una era senza dubbio una ragazza.

"Theo."

"Draco."

Dopo il freddo saluto dei due adulti, ci si aspettava che anche i più giovani dicessero qualcosa. Trevor, però, sentiva la mascella irrigidita e le parole uscire con difficoltà.

"Ciao, Trevor." Disse Rose con voce attenta. Era gentile ma sembrava studiare ogni parola, come se lo stesse analizzando. "Mi fa piacere rivederti. Ho pensato tanto alla nostra breve chiacchierata."

A Hogwarts, Rose Weasley era famosa non soltanto per essere imparentata con gli eroi del Mondo Magico, ma anche per la sua spiccata bravura in ogni materia. Tutti dicevano di lei che fosse una ragazza particolarmente brillante, ma Trevor in tutta onestà non se n'era mai accorto. Secondo lui, chi si faceva ingannare da Scorpius non doveva essere molto sveglio, a prescindere da quanti voti alti prendesse agli esami.

Ma poi aveva scoperto che Rose conosceva i Figli di Salazar e che li aveva persino protetti durante il processo, e lì gli era sorto un dubbio. Era un'infiltrata? Era stata mandata da qualcuno per tenerlo d'occhio? Lo avrebbe messo alla prova?

"Non avevo capito che avremmo avuto un'ospite." Si lamentò Theo. "È la Weasley, la ragazza di tuo figlio? Si è parlato tanto di lei, durante il processo. Per Salazar, perché mai continui a portarti appresso il prodotto di un Traditore del Sangue e la sua Mudblood?"

Trevor aveva percepito l'imbarazzo dei nuovi arrivati, almeno fino a quando suo padre non aveva accennato ai genitori di Rose. Questo li aveva innervositi entrambi e Malfoy aveva fatto un passo avanti per imporsi.

"La sua presenza qui non è in discussione." Ribatté.

"Sua madre è a capo del Wizengamot." Insistette Theodore. "Ci ha interrogati tutti, questa settimana, lo hai dimenticato? Perché l'hai portata qui?"

"Perché lei sa." Rispose Trevor, scrutando il viso attento della ragazza, avvolto nella penombra. "Sa tutto, ma non parlerà, perché è una di noi."

"Non sono affatto una di voi." Si affrettò a precisare Rose. "Ma non sto nemmeno col Wizengamot, non in questo caso. Sono solo in cerca della verità. Trevor, io credo che tu sia innocente ma credo anche che ci stai nascondendo qualcosa. So che Scorpius ti ha fatto del male, forse anche più di quanto hai già confessato al Ministero. Se mi raccontassi tutto quello che sai, potremmo aiutarci a vicenda."

"Aiutarvi a fare cosa?" Domandò Theo, che sembrava disturbato dalla presenza della ragazza e dalla conversazione a lui incomprensibile.

"Non siamo più soli, Theo." Spiegò Draco. "A Hogwarts è sorta una nuova generazione di Maghi Oscuri, e tuo figlio si è invischiato con loro in qualche modo."

Theo fissò il ragazzo sbalordito, come se al suo posto ci fosse una creatura mai vista.

"Non è possibile." Balbettò. "Trevor è... Lui è... Come lo hai scoperto?"

Non era chiaro a quale dei tre presenti fosse rivolta la domanda. Le risposte che avrebbe ottenuto sarebbero state diversamente lunghe e complesse, per questo la lasciarono tutti scivolare via.

"Non posso parlarne." Disse il ragazzo a Rose. "Ormai è finita. Sarà molto meglio per tutti se li lascerete in pace."

Non si fidava di lei. Il suo viso era angelico, ma anche Albus a prima vista sembrava un ragazzo qualunque, e loro erano cugini. Se uno era in effetti un pericoloso ribelle con una doppia vita, poteva esserlo anche l'altra.

"Di chi parlate?" Insistette Theo, sempre più esasperato. "E cosa c'entra tutto questo con mio padre?"

"Vogliamo saperlo anche noi. Ecco perché siamo qui." Ribatté Malfoy.

"Perché dici che non puoi?" Domandò Rose, che era rimasta concentrata sulla risposta di Trevor. "Sei stato minacciato?"

Trevor tentennò, non sapendo cosa fare e a chi rivolgersi. Anche suo padre era in attesa di spiegazioni. Probabilmente, sperava di scoprire che il figlio fosse qualcosa di meglio di un incapace. Se davvero si era avvicinato a dei giovani Maghi Oscuri, a Theo non sarebbe importato se anche da lì il ragazzo ne fosse uscito sconfitto. Almeno si era dato da fare nell'ambiente giusto.

Trevor avrebbe potuto accontentarlo pronunciando una semplice sillaba, ma non osava farlo. La paura era troppa. Impugnò la bacchetta, accese il Lumos e lo puntò contro il volto della ragazza. Abbagliata dal getto di luce improvviso, Rose si coprì gli occhi, emettendo un sottile lamento. Draco sbottò a Theo:

"Fallo smettere! Cosa crede di fare, abbagliarla a morte?"

"Trevor, basta!" Si lamentò Rose. "Perché lo stai facendo?"

Senza darle spiegazioni, la invitò a togliere le mani dal viso. Rose decise di assecondarlo e, strizzando gli occhi, si mostrò alla luce del Lumos.

"Dimmi cosa vuoi da me." Le ingiunse. Negli occhi della ragazza non riusciva a distinguere nulla. Aveva bisogno di farle una domanda diretta. "Sei qui per conto dei Figli di Salazar?"

Rose esplose nello stupore più netto e genuino che Trevor avesse mai visto. Fu anche il momento in cui lui si sentì davvero stupido. Abbassò la bacchetta e la spense, sperando che nessuno dei presenti avesse notato il suo imbarazzo.

"Chi diavolo sono i Figli di Salazar?" Si intromise Theodore, al limite della pazienza.

"Qui c'è un equivoco enorme." Commentò Rose. "Trevor, io non ho mantenuto il segreto sui tuoi compagni di Casa perché voglio proteggerli. L'ho fatto perché devo arrivare a loro prima degli Auror. Quello che invece voglio sapere da te, è il motivo per cui tu stai continuando a proteggerli."

Trevor si grattò la testa, non sapendo se fosse più nervoso per la brutta figura o per la paura di rispondere alle domande della Weasley.

"Scusa per il Lumos." Le disse, sommesso. "Non sapevo se fidarmi e ho cercato di capirlo guardandoti negli occhi. Volevo assicurarmi che non fossero come quelli di Albus."

"Albus Potter?" Esclamò Theodore, piacevolmente sorpreso. "Il figlio più giovane di Harry Potter pratica le Arti Oscure?"

"È la prima volta nella vita che sono davvero felice di non somigliare a lui." Disse Rose con sollievo, rispondendo al ragazzo. "Trevor, so che sei spaventato, ma sappi che con noi puoi parlare. Solo tu puoi dirci cos'è successo veramente a Scorpius e perché."

"No." Trevor era così confuso che credette di essere stato lui a parlare, quando invece era stato suo padre. "Trevor, non rispondere." Gli intimò Theo. "Non ci metteremo contro dei Maghi Oscuri che sono chiaramente più potenti di questi due. In ogni caso, se vogliono informazioni dovranno prima spiegarci cosa vogliono. La Weasley non si metterebbe contro sua madre se non ci fosse un ottimo motivo, e noi non concepiamo la beneficenza."

"Ti darò tutto l'oro che vuoi, anche se la tua famiglia meriterebbe ben altro." Rispose subito Draco. Quella che doveva essere un'offerta, era più simile al ringhiare minaccioso di un cane. "Il tuo ragazzo non vuole ammetterlo, ma io so cos'ha fatto. È stato un tramite per i Figli di Salazar. Lui li ha messi in contatto con tuo padre, e tuo padre ha ucciso mio figlio per loro volere. Ho già fatto un grosso sforzo ad accettare che Trevor non abbia ottenuto il lungo soggiorno ad Azkaban che gli spettava, non mi sarai anche d'ostacolo a stanare i Figli di Salazar."

"Mi sembra un'ottima ragione per non immischiarci." La voce di Theodore era modellata dal timore. "Non mi interessano i tuoi galeoni, sono molto più propenso a non fare la fine dei nostri parenti. Trevor andiamo, questa conversazione è finita."

Theodore girò i tacchi così velocemente che, quando anche Trevor si mosse, si era già allontanato di parecchi metri. Era felice che suo padre avesse dato retta almeno alla paura per decidersi a toglierlo da quella situazione difficile. Quando anche lui voltò le spalle a Rose, però, ebbe la netta sensazione di stare commettendo uno sbaglio.

Si fermò, suscitando i richiami irritati del padre, e provò a riflettere. Voleva parlarle, aiutarla. Non c'era molto che potesse dirle senza rischiare la morte, ma forse lei avrebbe capito... Tornò indietro, trovando sia Rose che Malfoy esattamente dove li aveva lasciati. Non si erano mossi di un passo, incapaci di arrendersi.

"Avete ragione." Disse loro, timidamente. "È andata così come ha detto il signor Malfoy. Mi dispiace. Per tutti e due. Non tutto quello che ho raccontato al Wizengamot corrisponde al vero. Anche se Scorpius mi tormentava spesso, potrebbe non essere questa la ragione per cui è morto. Può darsi che, dal canto mio, ho solo dovuto reggere il gioco a qualcuno che non mi ha dato scelta. So che avrei meritato Azkaban, ma vi prego di credermi: non mentivo quando ho detto di avere liberato mio nonno sotto l'influsso della Maledizione Imperius."

Li sentì respirare pesantemente mentre assorbivano il colpo; Theo, nel frattempo, ritornava da lui imprecando e ricordandogli di avergli ordinato di tacere.

"Grazie, Trevor." Rispose Rose. "Ti andrebbe di raccontarci meglio? Ho bisogno di sapere con chi hai parlato. Chi ha osato manovrarti non può restare impunito."

Non potevano vederlo, ma il ragazzo aveva scosso la testa. Era così difficile. Il suo istinto gli urlava di scappare e mettersi al sicuro. Trevor lo avrebbe ascoltato, se solo non ci fosse stata quella vocina dentro di lui che continuava a dirgli di fare la cosa giusta.

"Non posso fare niente per voi, mi dispiace." Le rispose, poi tacque temendo così tanto per la propria vita da sentirsi male.

"Ora basta, Trevor." Tuonò Theo. "Hai detto fin troppo. Ti ordino di venire via con me, subito."

Gli ordini del padre gli facevano sempre tremare le gambe. Stavolta, però, le sue parole sembravano arrivare da molto lontano. Al ragazzo fischiavano le orecchie e più di ogni altra cosa sentiva la propria coscienza scalpitare. Voleva svuotarsi, mettersi a nudo, tanto quanto bramava essere aiutato.

"Non posso fare niente neanche per me stesso." Disse ancora Trevor, senza nascondere i segni dalla propria malinconia. "Ero convinto che coi Figli di Salazar sarei diventato più forte e rispettabile. Volevo rendere mio padre e mio nonno fieri di me. Ma ho sbagliato, e sono finito in trappola. Vorrei biasimare Scorpius per quello che mi ha fatto, ma so che la colpa è stata anche mia. Io li ho provocati, Scorpius ha fatto la stessa cosa ed entrambi abbiamo pagato. So che tra poco toccherà a voi. Fermatevi, qualunque cosa stiate facendo, prima che sia troppo tardi."

Infine obbedì al padre e si incamminò verso casa con lui, che stava ancora imprecando e minacciando di picchiarlo non appena fossero rientrati. A Trevor non importava, non sentiva nulla se non una paura molto più grande di quella che poteva incutergli il genitore.

"Anche tu fai parte dei Figli di Salazar!" Gridò Rose alle sue spalle.

Non era una domanda. Alla soluzione, c'era arrivata da sola. Lui, semmai l'aveva guidata nella direzione giusta. Dovette rinunciare a farle capire quanto fosse felice di non essere più da solo nel baratro in cui era precipitato. Lei lo aveva visto, e chissà, magari un giorno avrebbe mantenuto quelle languide promesse pronunciate al solo scopo di persuaderlo e sarebbe tornata a salvarlo.

"Lasciaci in pace, Weasley!" La denigrò Theodore, urlando mentre proseguiva per la sua strada.

"Ho visto molti sparvieri, ultimamente, a Knockturn Alley e persino qui. " Insistette la Weasley. Passato lo stupore, la sua voce si era fatta più ferma e decisa. "Mi chiedevo se li avessi incontrati anche tu."

Era stata una domanda così stravagante da rivelarsi subito per quello che era, sospetta. Il ragazzo si fermò. Aveva le mani sudaticce e la mente annebbiata. Dopo averci riflettuto un momento, voltò soltanto il capo nella sua direzione e rispose con un nodo alla gola: "No."

Riprese a camminare, sentendo la proprio coscienza contorcersi nella sporcizia e il corpo emaciato prossimo allo svenimento. Aveva come la certezza che se avesse pronunciato un monosillabo diverso, avrebbe vinto niente di meno che un viaggio istantaneo nell'aldilà.

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