Albus Potter

*

Albus era appena tornato da un'altra lunga giornata di addestramento. L'Auror School lo stava facendo ammattire. Gli scoppiava la testa per il troppo tempo passato a trattenersi di fronte agli Auror e ai colleghi, i quali lo conoscevano fin dai tempi di Hogwarts per essere un ragazzo mite e introverso.

Riapparso nel camino di casa Potter, aveva ignorato la famiglia riunita a cena ed era corso al piano di sopra a cambiarsi. Lungo il tragitto, aveva sentito Ginny lamentarsi per la sua fuga e suo fratello James deriderlo. L'unico che non aveva pronunciato una parola era stato il padre.

Harry aveva sempre avuto un occhio di riguardo per il figlio di mezzo, credendolo quello che più di tutti avesse bisogno di sostegno e comprensione. Riponeva in lui una fiducia che era più una speranza, volendo che anche Albus trovasse la sua strada. Non aveva alcun sospetto concreto sulla sua vera indole, né tantomeno pensava a un suo avvicinamento alle Arti Oscure, ma avrebbe certamente capito qualcosa se Albus si fosse ribellato alla carriera che Harry aveva scelto per lui.

Albus non aveva altra scelta che continuare a fingersi dalla parte dei suoi nemici. Una volta divenuto Auror a tutti gli effetti, però, avrebbe messo a soqquadro l'intero sistema. Avrebbe neutralizzato il Ministero dall'interno, in favore dei Figli di Salazar.

Ginny si piazzò davanti alla porta di casa, cercando di fermare il figlio prima che uscisse. Lo aveva sgridato per la sua maleducazione e aveva preteso di sapere dove stesse andando, ma era stato come parlare al muro.

Non solo il ragazzo era di poche parole, ma a lavoro aveva accumulato così tanto stress, che urlò alla madre solo per dirle di lasciarlo in pace. Ginny, incredula, gli aveva permesso di andare. Quando Albus aveva sbattuto la porta, la famiglia aveva iniziato a discutere di lui.

"Non si può andare avanti così, Harry. Devi parlare a tuo figlio!" Gridava sua madre. "È assente e aggressivo! Non sta bene, da quando il suo migliore amico è morto!"

"Quando avrà voglia di sfogarsi, lo farà." Rispondeva suo padre, con un atteggiamento positivo. "Ha solo bisogno di essere lasciato in pace, lo so perché è come me. Diamogli un po' di tempo."

"Qualcuno si ricorda che stiamo parlando di Albus?" Intervenne la voce sarcastica di suo fratello James. "Forse non ve ne siete accorti, ma vostro figlio è un sociopatico. È sempre stato così. A meno che non ci sia un altro fratello di cui non sono stato informato, è tardi per preoccuparsi per lui."

Non volendo ascoltare altro, Albus si incamminò lungo la Church Lane. Laggiù si era dato appuntamento coi suoi amici, e non vedeva l'ora di raggiungerli.

A differenza di Scorpius, Albus non aveva mai odiato i suoi familiari. Li avvertiva però come nemici ed era il motivo per cui li teneva a distanza: se avessero saputo la verità, Harry e Ginny non avrebbero compreso.

Calypso, Dorian, Dylan, Aster e Stella erano già arrivati al luogo dell'incontro e lo stavano aspettando. Stretti nei loro giubbotti ingombranti, procedettero in direzione del cimitero di St Jerome. Albus adorava la compagnia dei morti, nella quale si era rifugiato spesso durante le sue pigre vacanze estive; ora aveva trasformato il cimitero in una base fissa in cui portare i Figli di Salazar quando non avevano di meglio da fare che restare nella noiosa Godric's Hollow.

"Sapete che giorno sarà domani?" Esordì Stella, con un sorrisetto allusivo.

"Certo che sì. Non dimenticherò il numero quindici finché vivo." Sbottò Calypso, stringendosi forte al braccio di Albus. "Il giorno in cui ci siamo liberati di Scorpius sarebbe da celebrare ogni mese."

Si fermò per baciare il suo ragazzo, e Albus ricambiò con passione. Divennero subito così viscidi - e il rumore degli sbaciucchiamenti così irritante - che il resto del gruppo fece finta di vomitare e proseguì senza di loro.

Giunti a destinazione, i ragazzi si Materializzarono all'interno del cimitero. Soltanto Albus si aggrappò alle inferriate, mise un piede sul muretto e lo scavalcò. Si ricordava ancora di quando era stato deriso dagli amici Babbani di suo fratello per non esserne stato capace.

Era l'estate dei suoi dieci anni, James e i suoi amici ne avevano dodici ed erano tutti più alti di lui. Avevano trovato per primi quel tratto delle mura che non era monitorato dalle telecamere di sorveglianza. Volendo fare i ribelli, si erano intrufolati nel cimitero con l'intento di imparare a fumare, ma Albus non c'era riuscito.

Intimidito dagli scherni, non era più riuscito a controllare la sua magia ed era infine volato dall'altra parte, tramite un balzo che era stato troppo lento ed elegante per essere naturale. I Babbani ne erano rimasti impressionati ma, non riuscendo a trovare una spiegazione logica, avevano cambiato argomento.

Si appostarono in mezzo alle tombe. James e i suoi amici si esercitavano ad aspirare le loro sigarette e, quando ci riuscivano, tossivano ripetutamente. Albus, intanto, scorse delle grosse pietre sul prato e decise vendicarsi: le fece levitare e colpì i Babbani alla schiena. Loro, stavolta, non poterono ignorare che qualcosa di davvero strano fosse accaduto. Gridarono ai fantasmi, gettarono via le sigarette ancora accese e se la diedero a gambe così in fretta che le loro magliette si incastrarono tra le inferriate e si strapparono.

Di ritorno a casa, James fece una scenata al fratello:

"Mi hai rovinato il pomeriggio! Neanche ti avrei portato, se papà non avesse insistito!"

Tenne il muso per qualche giorno, ma non disse mai nulla ai loro genitori: Harry e Ginny non avrebbero approvato neanche che James fumasse.

Ad ogni modo, era la stata la prima volta che Albus aveva saggiato il gusto della vendetta. Non era un ragazzo adatto allo scontro, ma quel giorno imparò di poter sempre contare sulla Magia.

"È strano che i Babbani non vengano qua la notte." Commentò il biondo Dorian Greengrass, il quale aveva osservato Albus scavalcare. "Dovrebbe essere facile anche per loro."

"Dicono che questo posto sia infestato dai fantasmi." Spiegò Albus, senza trattenere un sorriso. "Non tutti ci credono, ma nessuno vuole rischiare di essere preso a sassi in faccia. Cos'è, ti mancano le tue prede? In effetti, è strano vederti qua. Di solito non vuoi fare altro che torturare i Babbani."

Dorian mostrò un ghigno: "Sarebbe un buon modo per festeggiare il nostro primo mese di libertà."

Calypso e Stella stavano sparlando di una Hufflepuff di loro conoscenza che da pochi giorni era stata assunta al Ministero. Stella stava raccontando, con sagace sarcasmo e dovizia di particolari, tutti gli errori da novellina imbranata a cui aveva assistito. Calypso rideva a crepapelle.

Aster e Dylan discutevano delle caratteristiche della nuova Firebolt X, il modello appena uscito sul mercato. Dylan non amava viaggiare sulla scopa, ma da quando si era dovuto improvvisare artigiano aveva maturato un certo interesse per i manufatti magici.

Dorian non prendeva parola con nessuno. Considerando quanto spesso aveva alzato il naso per aria, si sarebbe detto che fosse terribilmente annoiato. In più, negli ultimi tempi era entrato in contrasto con Dylan. C'era stato un litigio. Albus non aveva preso le parti di nessuno, ma se avesse dovuto farlo avrebbe scelto il Ravenclaw. Dorian, infatti, si comportava in modo subdolo e sospetto.

Camminarono verso la parte più interna del cimitero, in una zona piena di tombe in pietra, molto antiche, incassate al terreno.

Aster si gettò seduto sul suo sarcofago preferito, un pezzo di lastra consumata da oltre un secolo di intemperie, che era anche uno dei pochi sedili che non si sarebbero spezzati sotto al peso del suo ingente fondoschiena. Stella e Calypso lo imitarono, ancora prese dal commentare l'orrenda pettinatura della compagna di Hufflepuff.

Dylan si ritrovò per un momento troppo vicino a Dorian. Lo schivò con disprezzo e andò ad appoggiarsi a una grande statua, la riproduzione di un angelo che decorava una lapide squadrata. Riprese la discussione con Aster come se niente fosse.

Dorian, invece, continuò a fissare il Ravenclaw con uno sguardo assassino che irritava Albus, ancora in piedi accanto a lui. Dato che era anche suo cognato, Albus avrebbe voluto andare d'accordo con lo Slytherin più grande, ma Dorian non era tipo da fare amicizia. Prepotente ed egocentrico quasi quanto lo era stato Scorpius, era imprevedibile e per questo nessuno si fidava di lui.

"Ti ho già detto quanto mi dà fastidio che ti sia messo a gareggiare con Dylan?" Mormorò Albus al ragazzo biondo.

Dorian lo guardò di traverso, glaciale. "Io non gareggio. Mi faccio avanti." Dal tono, si capiva che non volesse continuare il discorso.

"Come mai sei qui?" Insistette Albus.

"Vado dove c'è l'azione." Spiegò l'altro. "Da quando tu e il Corvetto avete avuto la brillante idea di regalare i nostri segreti a Malfoy, potreste essere attaccati da un momento all'altro. Beh, io voglio esserci quando accadrà."

"Spero non sia una velata minaccia."

"Non stavolta." Rispose Dorian, con un ghigno. "In realtà, sono qui per proteggervi. Mi manda lo Sparviero."

Albus trovò irritante che l'Animagus avesse parlato con Dorian e non con lui, ma doveva essere la verità. Se Greengrass avesse mentito, lo Sparviero in persona avrebbe potuto smentirlo.

"Al, sai quando tua cugina entrerà in carica?" Domandò Stella, che era ancora di buonumore. "Credevo dovesse iniziare il primo settembre."

Le teste di tutti si voltarono dalla sua parte, ma a Albus non gli piaceva parlare di Rose. Dopo sua sorella Lily, era stata la parente che aveva amato di più.

"Rose non andrà a lavoro." Spiegò il ragazzo. "Ci ha rinunciato. Sua madre dice che è depressa."

Avrebbe voluto che fosse vero. Almeno avrebbe rinunciato anche a fare la ficcanaso.

"Sua madre non è affatto depressa, eh?" Scherzò Aster. "Non con Malfoy, almeno."

Stella gli diede un pugno sul petto. Era come sperare di scalfire il cemento con una piuma, ma bastò perché il ragazzo si rendesse conto di essere stato inopportuno.

Albus abbassò lo sguardo, incupito. Pur diffidando della propria famiglia, non era poi così cieco da non riconoscere il bene. Proprio come Rose, lo zio Ron si era sempre comportato bene con lui, e sicuramente non meritava di essere tradito.

Calypso si alzò dal sarcofago e andò a coccolare il suo ragazzo. Cullandolo con affetto tra le braccia, suggerì:

"Dobbiamo separare tua zia da Malfoy. Li faremo litigare prima che scopra qualcosa."

"Tutto inutile." Disse Dylan, con lucida concretezza. Con le scapole appoggiate alla statua, si torturava le unghie, e in alcuni punti era già uscito del sangue. Il suo sguardo si caratterizzava per un'aderenza alla realtà che era superiore a quella di chiunque altro. "Se Malfoy avesse voluto aprirsi con qualcuno del Ministero, l'avrebbe già fatto. Ora che ha il libro, penserà soltanto a recuperare la Bacchetta."

"Sono d'accordo." Aggiunse Stella. La ragazza distese le gambe sul sarcofago, usando il grosso braccio di Aster come schienale. "Chi è quell'idiota che, potendo avere l'Invincibile, si denuncerebbe al Ministero? Andiamo, quella gente è insopportabile. Dei conformisti spaventosi. Ogni giorno devo impormi di non Maledire nessuno, ma accidenti se vorrei farlo!"

Albus conosceva la sensazione. Passò il braccio sulle spalle di Calypso e l'abbracciò, felice di avere il suo conforto. Come se gli avesse letto nel pensiero, Aster gli domandò:

"Neanche tu ti trovi bene tra gli Auror, eh? L'ho chiesto a Teddy, e lui non sa mentire."

Albus sentì la frustrazione tornare a galla. Se non avesse avuto Calypso, non sarebbe arrivato a sera ancora sano di mente.

"Ecco, non è l'allenamento. I loro incantesimi difensivi sono ridicoli." Ammise il giovane Potter. "È la loro mentalità quella che detesto. La lotta al Male, i nemici dei Maghi Oscuri... Mi fanno venire voglia di rivelarmi, di punirli per la loro insolenza e poi ucciderli."

Calypso lo baciò, e Albus si sentì subito meglio. La ricambiò con la consueta passione, ma anche con un uso spudorato della lingua.

"Un giorno avremo la nostra vendetta. Gli Auror faranno la fine di Scorpius." Mormorò Calypso sulle labbra ancora umide del suo ragazzo.

Albus socchiuse gli occhi, così inebriato dall'idea della vendetta da eccitarsi fisicamente. Strinse la ragazza per la vita, fantasticando su ciò che avrebbe voluto farle dietro al muro della cripta più vicina, stupenda e tenebrosa com'era, e su ciò che voleva fare ai suoi colleghi, desiderando con ardore di poterli guardare soffrire. Ambiva a delle torture lente, adrenaliniche, mozzafiato, in entrambi i casi.

"Sono stufo di sentir dire quanto me, e quelli come me, siano un pericolo per la società magica." Albus poggiò la fronte a quella di Calypso, gli occhi verdi stretti dalla rabbia. "I veri nemici della magia sono loro, ma nessuno riesce a vederlo."

Lei lo afferrò per le guance e lo fissò negli occhi con determinazione. La sua fermezza era sempre convincente.

"Lo so, amore, ma devi resistere." Disse al suo fidanzato. "Siamo sopravvissuti insieme a momenti peggiori. Ce la faremo anche stavolta, io ti starò accanto. Sempre insieme."

"Sempre insieme." Ripeté Albus, prima di tuffarsi sulle sue labbra ancora una volta. Impedì suoi istinti di prendere il sopravvento. Potevano aspettare. Il tempo per giacere con Calypso non sarebbe più mancato.

Intanto, il gruppo aveva scelto di ignorare le loro effusioni imbarazzanti ed era tornato a discutere degli affari loro.

Dorian era andato in giro e si era isolato. Vedere sua sorella attaccata a un ragazzo doveva dargli il voltastomaco, ma secondo Albus era anche il suo stato di sangue a disturbarlo. Quando la coppia si fu ricomposta, Dorian tornò indietro accompagnato da nuove idee omicide.

Dopo averci ragionato, era giunto alla conclusione che il loro prossimo obiettivo doveva essere Draco Malfoy. Ucciderlo significava eliminare tanti altri problemi. Naturalmente, andava fatto con discrezione, per non attivare la Traccia.

Dylan, gli diede dell'idiota. Dorian cercò il sostegno di Albus, ma anche lui glielo negò.

"È troppo tardi." Spiegò. "Dovevamo farlo subito. Ora c'è il rischio che gli Auror ci scoprano." Albus diede un calcio a una pietra, che rimbalzò su una lastra di marmo. Sospirò, abbassando le spalle. "Ne parleremo alla prossima riunione, ma posso anticiparvi qualcosa." Tutti gli occhi erano puntati su di lui, così come un tempo lo erano stati su Scorpius. Si sentiva importante quasi quanto lui. "So che Rose e Malfoy si incontrano di nascosto al Manor. Non è come pensate!" Aggiunse, quando il gruppo espresse in coro il proprio disappunto. "Stanno complottando contro di noi, li ha visti lo Sparviero. Si sono alleati! Rose sa tutto. Se Draco morisse, lei accuserebbe noi."

I ragazzi erano sconvolti. Soltanto Dylan si comportava come se la notizia non gli fosse nuova; in compenso, stava pensando a cosa fare. Stella balzò in piedi, le mani ai fianchi:

"Ne sei sicuro? Quella scema sa di noi, della Bacchetta?" Domandò.

"Temo di sì, e ne ho anche un'altra prova." Rispose Albus, abbracciando Calypso, anche lei scossa dalla rivelazione. "Erano settimane che mia madre diceva di voler dare una ripulita a Grimmauld Place. Io l'ho Confusa ogni volta, perché se ne dimenticasse. Oggi, però, ne ha parlato alla Tana e Rose si è offerta di aiutarla."

"Vuole sbirciare nel nostro Quartier Generale." Commentò Dylan, scambiando con Albus uno sguardo arguto. "L'avrà mandata Malfoy."

"Maledetti stronzi, io ve l'ho detto fin da subito che ci avrebbero scoperti!" Li rimproverò Dorian, furioso. Odiava essere trattato con sufficienza, e finalmente anche lui aveva qualcosa da rinfacciare agli altri. Stella si girò dall'altra parte.

Confabularono in cerca di una soluzione. Dorian si isolò ancora una volta per riflettere; al suo ritorno, prese parola con impazienza.

"Ho la soluzione!" Esclamò. "Lasceremo che Rose vada a Grimmauld Place, ma l'accoglieremo come merita."

I compagni si fingevano indifferenti, ma sotto sotto volevano saperne di più. Quando Dorian ebbe spiegato il suo piano, la loro rigida disapprovazione si attenuò. Il suo espediente non sarebbe bastato a fermare i due impiccioni, ma secondo Albus avrebbe fatto guadagnare loro del tempo.

Presto o tardi sarebbe arrivato il momento del confronto diretto. E, se proprio necessario, la fine ineluttabile di altre due vite.

*

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