Capitolo 12

Diverse ore prima. Una strada della città di Mosca.

Leviathan aveva scelto di non fidarsi minimamente di Raphael.
Di non accettare la sua momentanea offerta, di continuare a non essere d'accordo con lui e con il non allearsi.
Nathan lo aveva visto nella sua espressione, nel mentre che lui ed il suo Demone avevano momentaneamente abbassato le armi -ma non la difensiva- solo per poi lanciarsi contro i nemici, i quali avevano fatto un salto all'indietro.
Aveva visto Raphael spalancare le sue bellissime ali bianche, di cui alcune piume erano crollate a terra, mentre Ronnie, il suo protetto, si era aggrappato alla maglia dell'angelo, strattonandone il colletto per arrampicarsi senza che questo provasse anche solo a protestare, andando a circondare il suo collo con le braccia.
Aveva visto la mandibola di Leviathan allungarsi, come se questa fosse composta da acqua, portando il crescere di una lunga schiera di denti, pericolosi come lame, mentre il demone si era buttato addosso al nemico per assaltargli la collottola e strapparla via, ma finendo con l'essere fermato dal tirare fuori del castano di un fucile dalla mano, puntato subito in sua direzione.
Nathan si era dunque gettato addosso a Leviathan per spostarlo, evitando che i proiettili dell'arma potessero anche solo sfiorarlo, facendo perdere l'equilibrio ad entrambi e crollando dunque a terra, rotolando di lato.
Nathan aveva udito Raphael ridere, ridere di gusto, agitando le ali ed emettendo un verso distorto.
-Sei sempre lo stesso. Non riuscirai mai a mettere da parte quel piccolo torto?- l'angelo sorrise, allungando la mano ed indicando poi il cielo con un dito -Solo perché il signore degli angeli, lassú, stava scegliendo se perdonarti definitivamente o meno dopo i tuoi cinquecento anni di espiazione... Non credere che sarebbe cambiato qualcosa se non mi fossi intromesso-
Leviathan digrignò i denti -Sei solo un bastardo- sputò, alzandosi, mentre Nathan stesso lo faceva a sua volta - Sei tu quello che sarebbe dovuto cadere all'inferno. Non io-
-Fufufu. Io?- l'angelo scosse il capo, appoggiando teatralmente la mano sul petto, per poi trasformare la propria espressione in un ghigno crudele e pazzo, tanto pazzo da far sentire un brivido perfino al castano appeso alla sua schiena, mentre una lieve smorfia gli attraversava il volto, per poi riscuotersi e tornare all'espressione originale.
-Io? Angelo casto del creato? Non ho fatto nulla di così concreto da essere gettato in pasto ai lupi- Raphael allargò ancora di più il proprio sorriso, sollevandosi da terra con un salto -Beh. É un gran peccato, comunque. Mi sarebbe piaciuto poter riappacificare il nostro rapporto... Ah. Comunque, mio caro... Sei quasi andato contro al patto. Se fossi riuscito a colpirmi...- si finse addolorato, assumendo quell'aria da presa in giro che faceva solo imbestialire di più il Demone, sul punto di esplodere in nuovi digrignare di denti e soprattutto sul punto di riattaccare ancora, fregandosene palesemente del cosiddetto patto e delle sue conseguenze.
A Leviathan non importava del suo destino: l'unica cosa che lo prendeva, in questo momento, era il desiderio di farla pagare a quel verme e di farlo sprofondare nella disperazione, la disperazione più pura che sarebbe stata interrotta solo dalla morte.
Voleva che soffrisse come il gesto che l'angelo aveva fatto aveva portato sofferenza a lui.
Voleva che implorasse, in ginocchio, per essere salvo da quelle torture, da quelle mani che avevano graffiato il suo corpo per duecentocinquanta anni.
A quell'implorare, il demone dell'acqua avrebbe riso.
Avrebbe riso e gli avrebbe sputato in faccia senza alcun tipo di rimorso, dimostrandogli quanto lo disgustava, quanto lo odiava e quanto lo avrebbe odiato fino a che la sua vendetta non sarebbe stata portata a termine, così che la fiamma animale che riempiva il suo petto da così tanto tempo si sarebbe spenta, per poi lasciarsi morire.
Ovviamente, prima, avrebbe donato a Nathan il suo regalo: quello che l'umano tanto desiderava; il tramutarsi in una creatura leggendaria...
Ma in generale, al demone dell'acqua, le pietre non importavano: gli sarebbero servite, ma poi le avrebbe lasciate a qualcun'altro, un alleato che Nathan avrebbe scelto per lui.
L'unica cosa per cui era partito e aveva cercato un protetto era la creatura che stava davanti al suo sguardo e che spiccava il volo e spariva dalla sua visuale, andandosene, portandolo a stringere i denti, con essi che tornavano normali in lunghezza e forma e la cosa che sbatteva di nuovo contro il suolo.
"Lingua di fata, non durerai a lungo, puoi starne certo"

*

Presente

Eevain vide i diversi nemici che si stavano preparando a gettarsi contro lei e Helel ed istantaneamente lasciò che il tirapugni scivolasse al di fuori del tatuaggio disegnato sulla sua mano e che finisse al di sopra di essa, per poi, d'istinto, afferrare la biondina con le cuffie, emettendo un solito - nyaa - e permettendole di utilizzarla come un cavallo da traino, cosa che fece accigliare alquanto il demone Dantalion ed il suo protetto, Noctis, un giovane dai capelli bianchi e gli occhi azzurri, i quali se ne stavano in prima fila, pronti a sferrare un attacco tramite la spada di uno ed il potere dell'altro.
Dietro alle spalle dei due, poco lontano, vi erano Gavriel ed Elissa; anch'essi a guardare con perplessità la scelta dell'angelo sopra alla protetta invece che il contrario, cosa che sarebbe stata molto più normale.
Eppure Helel sovrastava Eevain con sicurezza e l'azzurra sorrideva con l'aria certa di chi era pronta alla mossa successiva, guardandosi attorno con i suoi occhi allegri e simpatici, quasi da cerbiatto nella loro innocenza.
- Ciao a voi - fece, salutando le persone armate che stavano catapultandosi loro addosso -Mi dispiace dire che non potrò fare la vostra conoscenza, nyaaa. Ma magari, se non tenterete di uccidermi, nyaa, potremo provarci, prima o poi- sorrise ancora, continuando a salutare con la mano ininterrottamente, sembrando quasi fregarsene del fatto che la spada di Noctis stava cercando di centrare la sua gola con la sua punta.
-Beh, bye bye nyaaa-
La lama schizzò in avanti, senza fermarsi neppure un istante, emettendo un sibilo mentre l'attacco semplicemente penetrava l'aria invece che la ragazza dai capelli azzurri, la quale era sparita, come se non ci fosse mai stata.

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